18. Saveria Parentela. Meditazione su Educare

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18. Saveria Parentela. Meditazione su Educare
Mercoledì 13 Gennaio, 2016
Meditazione sulle Tre Vie: “Educare, Uscire, Abitare”
consegnati da Papa Francesco per il Convegno di Firenze
di Saveria Parentela
Carissimi Amici,
questo il mio piccolo contributo frutto dello spirito dopo una profonda preghiera espressione del
mio "Uscire" sui tre temi: EDUCARE/USCIRE/ABITARE che, nel testo di “Evangelii Gaudium”
e nel seguire il Convegno di Firenze ho maturato come riflessione personale e provo con poche
righe a condividere; convinta che la sola riflessione non basti, penso sia importante fare le cose sul
serio con impegno e promuovere piccole, ma tante concrete azioni; le tematiche di Francesco mi
attraggono nel di-venire di quest'opera, perché di questo parliamo di un'opera che si deve
concretizzare, frutto del nostro tempo e del nostro impegno!
Il mio cammino parte dal verbo Uscire, per me è il verbo centrale e, come ci ricorda la parola dal
latino «ex fuori», «andare», o accostato a uscio, questo termine mi ha suscitato un movimento di
idee ed un sentire inevitabile e mi ha condotto verso gli altri due verbi “Educare” e “Abitare”; non
credo che i tre temi siano divisi, sono solo in “nascondimento” l'uno per cercare l'altro!!!
Mi soffermerò sul tema Uscire con due immagini artistiche: un dipinto e uno spazio di architettura;
entrambe mettono in evidenza la luce dell'umanesimo che Cristo ci dona invitandoci a “rinnovarci
nello spirito e nella mente”. Il dipinto ci richiama interrogandoci sul vedere, è l'opera di Brughel
intitolata: Parabola dei ciechi un dipinto del 1568,conservata nel Museo di Capodimonte a Napoli;
mentre l' Architettura che oso chiamare “funzione” è la Porta di una Chiesa come Sainte
Genevieve o San Pietro e la sua piazza.
Nella 1° immagine la Parabola dei ciechi di Matteo 15:14 « Lasciateli! Sono ciechi e guide di
ciechi. E quando un cieco guida un altro cieco, tutti e due cadranno in un fosso!».
Brughel rinnova il concetto con il numero dei ciechi e non solo, infatti il dipinto raffigura sei
uomini ciechi e sfigurati, che camminano a fila indiana in un percorso delimitato da un fiume da un
lato e da un villaggio con una chiesa dall'altro. Il primo uomo è già caduto con la schiena in un
fossato con le mani verso l'alto e, essendo tutti aggrappati l'uno all'altro con i bastoni, sembra
trascinare i propri compagni con lui; nella scena, inoltre, vi è un mandriano sullo sfondo.
La “descrizione” dell'opera meriterebbe molta attenzione analizzando tutta la scena nei dettagli
pieni di “simbologia” a partire dai rimandi come l'antica Grecia in cui la cecità era considerata una
condizione necessaria per ricevere doni sovrannaturali dagli dei etc. Oppure sulla natura degli occhi
dei ciechi non più chiusi ma aperti in un crudo realismo, ogni cieco raffigurato con una sua
patologia oculare, lo “stile” con toni austeri, il “contesto” complesso come nel seicento
rappresentato dalla Riforma, l'Umanesimo, l'Empirismo etc.
Infine quest'opera e la Parabola ci collegano a Bartimeo ed al suo incontro con Gesù narrato da
Marco 10, 46-52; Egli era un mendicante cieco che sostava nelle strade adiacenti alla città di
Gerico, figlio di un certo Timeo. La narrazione ci indica che Bartimeo sostava al di fuori delle mura
di Gerico quando Gesù uscì dalla città seguito da una gran folla, allora l'uomo si mise ad implorarlo
chiamandolo messianico "Figlio di Davide". Alcuni tra la folla gli intimarono di smettere, Gesù
diede ordine di chiamarlo a sé, così il cieco, "gettato via il mantello", si recò da Gesù il quale,
interrogato circa i suoi propositi di guarigione, gli ridonò la vista. Dopo l'evento l'evangelista
afferma che Bartimeo divenne discepolo di Gesù.
Nella 2° immagine: la Porta, nel significato dell’uscio della porta è intrinseco il senso del verbo
“Uscire” che ci consegna il significato-significante e ci proietta ad uno spazio dall'interno
all'esterno. Pensiamo alle Porte delle chiese che si fanno un tutt'uno con l'interno e l'esterno della
piazza come il Colonnato di San Pietro concepito dal Bernini, il cui concetto è un richiamo alla
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forma aperta dinamica che provoca un misterioso invito e proseguire dalla piazza alla basilica, cioè
«Il rapporto interno/esterno è inteso non come divisione fra due spazi ben distinti, ma come
continuità tra dentro e fuori e viceversa».
La Porta come “segno” e come “funzione”ci indica una ricca profondità dinamica, forte
d’immagini e rimanda a simboli semantici di significati liturgici, biblici, umani, storici, etc., che
certamente voi tutti più di me conoscerete, sottolineo un solo esempio: Cristo la porta per passare
dalle tenebre alla luce.
Ecco anche noi siamo chiamati ad essere porta!
Ora, la tematica di questo incontro ci offre la possibilità di essere testimoni reali non ideologici, la
panoramica descritta sulla cecità e sulla porta ha un significato centrale nei tre verbi: Abitare,
Educare, Uscire.
Il cristiano che vuole seguire Gesù oggi deve coniugare la sua vita in missione dall'interno del suo
cuore all'esterno del suo prossimo e del Creato, ma ciò che profondamente mi desta più attenzione,
ne ho fatto cenno all'inizio, è il nascondimento dei tre verbi che si cercano: l’Educare incontra
l'Uscire e l'Uscire incontra l' Abitare. Infatti, non possiamo uscire se non entriamo e per Educare è
necessario Uscire e diventa indispensabile abitare: abitare l'altro, abitare il luogo, abitare l'idea e se
stessi!
Nulla si può compiere senza la vera preghiera, il rientro a se stessi per poi uscire.
Le due immagini artistiche e i loro significati simbolici-biblici riflettono le tre vie: Educare, Abitare
e Uscire e la loro unità e ci conducono alla “grazia” dell'operare in nome di Gesù come papa
Francesco ci vuole!
La cecità e la porta interrogano l'autenticità del cuore della persona e permettono di andare a
testimoniare la fede; la guarigione dei ciechi da parte di Gesù indica ciò che simboleggia il
cambiamento di vita che avviene in ogni uomo all'incontro con Cristo, così il segno della cecità e
della riconquista della vista narrano il passaggio dalle tenebre alla luce, dalla morte alla vita; mentre
la porta indica la sua costituzione funzionale e se c'è un’ uscita c'è anche un ingresso, essa è anche
costruzione di spazio spirituale!
Uscire può essere visto come la metafora che l'avvento pasquale ci dona, cioè la rinascita e questo
avviene se sappiamo “vedere non solo con gli occhi”, come il cieco che non vede ma sente Gesù e
lo segue... ne è attratto; quando questo accade l'essere umano è capace di Abitare il “luogo” dello
spirito e della terra e farsi dono di se stesso per amore di Dio; uscire per andare incontro al suo
prossimo; Educare attraverso la Parola concreta che per prima accoglie nel proprio cuore.
Concludo esprimendovi la mia piena “gioia e bellezza” di essere cristiana con la viva necessità di
non far morire le “luci” delle cattedrali del cuore che Dio in ognuno deposita e ci invita ad operare
nel qui,ora...cioè uscire... è importante essere disponibili e dire “si” al Signore ogni giorno e non
essere ciechi, aprire la porta del nostro essere ed andare.
Vi saluto in amicizia cristiana con le parole di Romano Guardini che dico a me stessa.: « A che ti
giova la casa di legno e di pietra, se non sei tu stesso una casa vivente di Dio? A che giova che i
portali alti s’incurvino e i pesanti battenti si schiudano, se in te non s’apre alcuna porta e il Re della
gloria non può entrare? ».
Saveria
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Arte e Liturgia
la Fede nell'Artista
Pieter Brughel,
La Parabola dei ciechi, 1568
Museo di Capodimonte, Napoli
Gian Lorenzo Bernini,
Colonnato di San Pietro, 1658
Piazza San Pietro, Roma
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