Abstract degli interventi - Associazione di Promozione Sociale Kalia

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Abstract degli interventi - Associazione di Promozione Sociale Kalia
“Le passioni degli Adolescenti e il rischio della dipendenza” - Dott. Rodolfo M. Rabboni,
Psicoterapeuta, Psicologo dirigente presso Dipartimento delle Dipendenze Patologiche,
Ancona – 30.04.2013
L’incontro tenuto dal Dott. Rabboni ha cercato di evidenziare la differenza tra dipendenza
patologica e dipendenza fisiologica in età adolescenziale. Partendo dal considerare il significato del
termine passione come forte interesse che motiva la persona, il Dott. Rabboni precisa: nella
passione c’è libertà ed eccesso. La passione non ha un tornaconto, si fa una cosa perché piace.
Nella dipendenza c’è eccesso patologico e non c’è il piacere, l’azione è ripetitiva, manca il controllo
sull’oggetto. L’azione serve a non pensare, a distrarre dalle emozioni interne. Nell’Adolescente
questo evadere di fronte alle criticità tipiche del periodo della crescita non è patologico, può essere
un’esperienza momentanea. Se invece l’adolescente usa il gioco per evitare non soltanto una
situazione, ma alienandosi da tutto e tutti, allora si crea una dipendenza.
Le “nuove dipendenze” sono senza sostanze, per cui non c’è una dipendenza fisica, ma soltanto
psicologica.
Esistono quattro tipi di giocatori adolescenti:
1. Quelli che ricercano eccitazione e rischio con slote machine o giochi di sport estremo e nel gioco
provano a gestir l’eccitazione, ma nell’eccitarsi e scaricare subito non si mentalizza e dunque non si
impara a capir qualcosa di sé stessi.
2. Giochi di abilità in rete servono invece ad alcuni a sperimentarsi e procurano un rinforzo positivo
immediato.
3. Giochi di ruolo permettono di identificarsi in tanti diversi personaggi, esprimendo così varie parti
di sé (il problema è quando il passato traumatico dell’individuo lo porta a immedesimarsi sempre
nello stesso ruolo/stesse tipologie di personaggi cercando senza riuscire di padroneggiare il trauma).
4. Il giocatore in chat è quello spaventato dalla realtà della relazione che cerca una mediazione
tramite il virtuale. Qui scompare anche il corpo, la sessualità e ciò rassicura l’adolescente… Il
problema è quando non si riesce poi a passare dalla relazione virtuale a quella reale.
In base al dibattito con i genitori intervenuti il relatore ha precisato ulteriori criteri per discriminare
normalità e patologia ed ha indicato quelle che per lo psicoanalista francese Tisseron sono le regole
per lasciare un bambino dai 3 ai 12 anni davanti ad uno schermo introducendo gradualmente
televisione e computer prima solo sotto la supervisione dell’adulto e poi mano a mano dando
sempre maggiore possibilità al ragazzino di gestirsi da solo sempre con il contenimento della regola
data dall’adulto.
Viene trattato anche il tema dell’intimità ed importanza dello “spazio privato”, del limite e delle
regole utili all’adolescente, del legame tra debolezza e dipendenza, della fiducia da dare ai figli…
“Specificità del pianeta adolescenza. Affido e Adozione” - Dott.ssa Daniela Silvestrelli,
Psicologo-Psicoterapeuta della Famiglia, Responsabile Unità Operativa Consultoriale Ancona,
Dott.ssa Valeria Tossichetti, Psicoterapeuta, Psicologo Dirigente Consultorio Familiare,
Ancona - 07.05.2013
L’incontro inizia con la relazione della Dott.ssa Silvestrelli che spiega come funziona il Servizio
Consultoriale da lei diretto, le iniziative, i progetti avviati ed i Servizi che esso offre. La relatrice in
particolare spiega poi come è nata l’équipe adozioni in base alla legge 476 e quale è il percorso che
devono fare i genitori che ricercano un’adozione. Si parla poi del bambino/ragazzo adottato e della
normale “curiosità per le proprie origini”. In ultimo la dottoressa illustra quello che è il percorso
post-adottivo.
La Dott.ssa Tossichetti prosegue partendo dalla definizione di Meltzer ed Harris di famiglia sana,
parla della ribellione adolescenziale, del bisogno di elaborazione dei “lutti” e dell’introiezione delle
figure genitoriali differenziando il processo dell’adolescente adottato o figlio naturale.
E’ stata invitata all’incontro una coppia di genitori affidatari che riporta la sua esperienza e da qui
nasce il confronto nel gruppo che è fatto di diverse coppie di genitori affidatari ed adottivi; essi si
ritrovano nelle esperienze vissute, si confrontano su come affrontare le criticità, si rassicurano nel
sentire nei racconti degli altri le medesime criticità emerse.
“E questo tu lo chiami amore?! Affettività e sessualità in adolescenza”
Dott.ssa Claudia Cioffi, Psicologo-Psicoterapeuta Analitico-Transazionale a.p.s. Kalia 14.05.2013
L’incontro è stato introdotto da informazioni e riflessioni sull’adolescenza, mettendo in evidenza
come gli adolescenti si trovino a vivere una fase di grande cambiamento che coinvolge tutta la
famiglia. E’ stata sottolineata l’alternanza di comportamenti “da bambino” e “da grande” tipica
degli adolescenti, che determina reazioni di sconcerto e confusione nei genitori, del loro bisogno di
sperimentarsi in situazioni nuove per trovare una propria identità, pur rimanendo bisognosi di regole
e contenimento da parte della famiglia.
Si è parlato dello stile di attaccamento e della relazione madre-bambino dei primi periodi di vita,
sottolineando come eventuali difficoltà di sintonizzazione della figura materna con i bisogni del
proprio figlio possa determinare fragilità affettive che influiranno sulle sue relazioni affettive future,
determinando dipendenza affettiva ovvero rapporti del tipo “usa e getta”, entrambi caratterizzati da
un’incapacità di entrare in contatto autentico e di vera intimità con l’altro. E’ stato evidenziato come
queste fragilità affettive possano essere alla base della tendenza sempre più diffusa, soprattutto nei
giovani, a sostituire l’incontro reale con l’altro con “incontri virtuali” mediati dall’uso di internet e
dei social network, che permettono di ottenere riconoscimenti effimeri e di controllare la relazione
con l’altro.
Viene sottolineata la tendenza, sempre più diffusa negli adolescenti, a sostituire l’espressione di
pensieri ed emozioni con l’azione per evitare il senso di inadeguatezza e la sofferenza, la tendenza
alla ricerca di gratificazioni immediate, il senso di solitudine e l’incapacità di condividere e
confrontarsi con gli altri, alla luce di un futuro precario e incerto.
Successivamente ci si è addentrati nel tema della sessualità, accennando alle modalità più tipiche e
diffuse di vivere la sessualità dei giovani di oggi, dell’importanza del dialogo con i genitori che può
consentire loro di trovare uno spazio ed un tempo per sentire e pensare e di ricevere informazioni
corrette sulla sessualità. E’ stata sottolineata la difficoltà di ragazzi e genitori a parlare insieme di
sessualità, proponendo spunti di riflessione su come il modo di vivere la sessualità, le convinzioni e
la storia di vita dei genitori incidano fortemente sui messaggi espliciti e impliciti inviati ai propri
figli; è stata evidenziata l’importanza per i genitori di prendere consapevolezza dei propri vissuti
anche rispetto alla sessualità dei propri figli, in modo da riuscire ad affrontare con loro un dialogo
positivo, ponendosi con un atteggiamento accogliente e di ascolto attivo, pur manifestando il
proprio punto di vista e ponendo delle regole.
Infine è stato sottolineato come i giovani abbiano bisogno di comprendere che le emozioni e
l’affettività siano altrettanto importanti e strettamente legate alla sessualità e come i genitori
abbiano l’importante compito di insegnare ai propri figli a valorizzare e rispettare se stessi e gli
altri, focalizzandosi sulle loro risorse e sulla loro ricchezza piuttosto che sui loro limiti.
L’incontro è stato caratterizzato da molti momenti di interazione e discussione sugli argomenti
proposti e si è concluso con indicazioni bibliografiche sul tema.
“Adolescenti e Famiglia: Appartenenza e Separazione” – Dott.ssa Francesca Ciancio,
Psicologa, Psicoterapeuta dell’Età Evolutiva, Libero Professionista, Socia Fondatrice
dell’Associazione Kalia – 21.05.2013
L’incontro è partito dall’enunciare la teoria dello psichiatra Svizzero Carl Gustav Jung che parla di
una prima fase di vita orientata all’adattamento con l’esterno e di una seconda fase di ricerca di
equilibrio interno ed individuazione. L’adolescenza sta a metà strada ed il ragazzo, ancora
bisognoso di sentirsi riconosciuto ed apprezzato in famiglia e fuori, inizia a porsi le prime domande
esistenziali e a ricercare sé stesso, cominciando a sperimentare i propri interessi. Dalla lettura fatta
di una storia enunciata da un saggio cinese, scaturisce la domanda su quanto le aspettative dei
genitori ed i loro desideri irrisolti possano influire sulla crescita dei figli. Partendo dall’assunto che
all’adolescente necessita sia di sentirsi parte della famiglia (oltre che del gruppo di pari) sia di
potersi separare/contrapporsi dai/ai genitori per differenziarsi e sviluppare una propria
identità/personalità, la discussione si è rivolta ad indicare cosa è necessario fare per sostenere i figli
in questi due delicati compiti.
La separazione è possibile lì dove ci sono regole, ruoli e confini definiti, si parla di coerenza tra
genitori e nel linguaggio degli stessi, dell’importanza della distanza generazionale (no genitore
amico), dell’influenza del senso di colpa sia sul genitore sia sul figlio. Viene rimarcata l’importanza
del mentalizzare, cioè il poter creare immagini, oggi sempre più difficile. Si passa a discutere della
rinegoziazione dei ruoli e dell’abbandono delle idealizzazioni, dell’elaborazione dei “lutti” che ciò
comporta. Infine l’importanza del rispettare gli spazi privati dei ragazzi (dal diario ai segreti…)
D’altro lato, si parla del senso di appartenenza che nasce dove c’è possibilità di riconoscere l’altro
nella sua differenza e somiglianza a noi, l’importanza di rispecchiare, empatizzare, gratificare i
propri figli. Temi importanti trattati sono anche quello della comunicazione con l’adolescente e
della capacità di ascolto dei figli. L’incontro termina con la lettura di un passo, tratto dal libro “Il
Piccolo Principe” di De Saint Exupèry, inerente l’incontro del protagonista con la volpe, metafora
dell’educare, dove fondamentali sono :
sapere aspettare-rispettare lo spazio dell’altro ed i suoi tempi;
saper tollerare la frustrazione dell’attesa;
imparare ad osservare/osservarsi;
saper trovare la giusta distanza;
sapersi fermare per lasciare spazio al pensiero;
dare dei “riti”, regole, prevedibilità, che permettono ai figli di crearsi aspettative.
Durante il dibattito emerge il tema del rito di passaggio, della identificazione, del saper
spronare/comunicare con i figli…
Viene distribuita una bibliografia inerente le tematiche trattate.
“Agisco quindi sono. Il significato degli agiti in adolescenza.” - Dott.ssa Federica Lanari,
psicologa a.p.s. Kalia, psicoterapeuta in formazione Area G scuola di psicoterapia
psicoanalitica per adolescenti e adulti – 28 Maggio 2013.
Le trasformazioni in atto nell’adolescenza, come il cambiamento corporeo, il presentarsi di nuove
potenzialità sul piano fisico e cognitivo, portano con loro una profonda messa in discussione
dell’equilibrio interno. Le rappresentazioni che l’adolescente ha di sé non costituiscono più un
riferimento a cui attingere per potersi riconoscere. Questo porta il ragazzo ad essere molto sensibile
alle risposte che provengono dalla realtà esterna, alle immagini che l’ambiente gli rimanda.
Mentre tutto preme verso l’autonomia dall’ambiente, questo assume grande importanza, come il
luogo in cui fare delle azioni di prova per verificare sia se stesso, con le proprie potenzialità e i
propri limiti, sia gli adulti, la loro fiducia, la loro autorevolezza, la loro capacità di resistere ai suoi
urti.
Il ricorso all’azione è allora una modalità di funzionamento che può avere un valore strutturante in
adolescenza. Spesso l’azione diventa un agire più o meno impulsivo, espressione di uno stato
emotivo incontrollato, o di una confusione, o di una sofferenza che non può essere espressa in altro
modo. Ma a priori l’atto non ha una portata né positiva né negativa, potremmo considerarlo un
fondatore dell’adolescenza: è sperimentazione dei limiti, è incontro con l’altro e con se stesso, è in
un certo senso il pensiero dell’adolescente, un’esigenza della pubertà. È comunicazione e
linguaggio.
“La Depressione Adolescenziale” – Dott.ssa Oriana Papa, Psicoterapeuta dell’Età Evolutiva,
Psicologo Dirigente presso l’Ospedale Salesi, Ancona – 04.06.2013
La Dott.ssa Papa parla dell’importanza di considerare sempre che infanzia ha vissuto l’adolescente,
i primi cinque anni di vita sono fondamentali per dare un imprinting alla personalità. Fondamentale
è anche considerare tutto nell’ottica della relazione affettiva, evitando di patologizzare quelle che
sono esperienze umane.
La discussione si articola partendo da tre domande:
1. Sono inevitabili le turbe adolescenziali?
2. Sono prevedibili ?
3. Quando si può parlare di patologia?
L’adolescenza ha inizio a 14 anni, qui comincia la battaglia tra ciò che il ragazzino sente e ciò che si
porta dietro come bagaglio genitoriale.
La depressione adolescenziale può essere di tipo transitorio, importante è sempre ci sia un sostegno,
una rete di relazioni.
In adolescenza esistono tre sottotipi depressivi, che si manifestano con:
1. Sintomi fisici, somatoformi, che si accompagnano ad emozioni di tristezza ed anedonia, senso di
solitudine;
2. Difficoltà a scuola dovute allo spostamento degli investimenti emotivi su altro;
3. Disturbi della condotta, fino ad aspetti delinquenziali.
La relazione prosegue parlando del suicidio e di vari studi fatti in merito, che evidenziano come il
fattore “isolamento sociale” sia da considerarsi predisponente all’atto suicidiario.
Dalla discussione emergono importanti tematiche quali: l’influenza dei media nella genesi
depressiva, il senso/ruolo della solitudine, il senso di potenza dell’adolescente, la gestione del lutto,
l’influenza della conflittualità genitoriale come fattore predisponente alla depressione dei figli…