Pagine 4-5 Beati Albert e Marchisio
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Pagine 4-5 Beati Albert e Marchisio
Mirafiori Sud Cronaca Hanno ricevuto il sacramento del Battesimo beati parroci Il nostro Dio non è un mago (meno male) Beato Federico Albert Beato Clemente Marchisio Orario SS. Messe Feriali ore 18 Festive ore 8,30 10 - 11,30 - 18 CONFESSIONI Solitamente durante le SS. Messe festive c’è un sacerdote disponibile. Inoltre, sono disponibili: Don Corrado Venerdì ore 18,30-19,30 Don Giuseppe Domenica ore 18-19 UFFICIO PARROCCHIALE L’Ufficio è aperto il martedì Buona Pasqua a tutti! Il tempo liturgico della Pasqua è veramente bello per la Chiesa e per ogni singolo cristiano. È il tempo della vita nuova, della festa perché la resurrezione di Gesù ha cambiato la nostra vita fin da ora. Molte volte però non godiamo abbastanza di questo tempo di festa, perché troppo concentrati sulla quaresima o perché i preparativi della festa di Pasqua hanno consumato tutte le nostre energie. Il tempo pasquale è anche il tempo a maggior “densità sacramentale”. Ci prepariamo alla Pasqua con il sacramento della confessione, poi la Veglia Pasquale e, nelle domeniche successive, celebrazioni della prima comunione, delle cresime e dei matrimoni, senza dimenticare la messa domenicale, pasqua settimanale della comunità. A volte ho l’impressione che viviamo, magari inconsciamente e senza malizia, questi “riti” come qualcosa di magico: “Vado a prendere l’ostia, così faccio comunione con Gesù”; ” o “faccio il battesimo di mio figlio, così diventa cristiano”. Se poi è vera la notizia che in Torino e provincia sono cinquantamila coloro che si recano dai maghi, con un giro di affari di 30 milioni di euro, forse qualche “interferenza” è entrata anche nella nostra fede. Quando pensiamo o diciamo: “si, vado a confessarmi, ma tanto poi non cambia nulla” oppure “ma tanto chi va in chiesa non è meglio degli altri”, in fondo non pensiamo che Dio sia un mago, che con un segno di croce e due parole “speciali” ti rende capace di non cadere più nello stesso peccato? E se questo non accade, vuol dire che la “magia cristiana” non è buona ed efficace e quindi confessarsi non serve… e non lo si fa più. Ma, per fortuna, il Dio di Gesù Cristo non è un mago e il nostro rapporto con Lui è qualcosa di radicalmente diverso dalla magia. Anzitutto al centro della nostra fede non ci sono delle cose da fare (battesimo, comunione, cresima…), ma un rapporto di fiducia e di amore da costruire tra Dio Padre che fa sempre il primo passo e l’uomo che, liberamente, può accogliere o no la proposta di Dio. I gesti e i riti che noi celebriamo “nascono” da Gesù Cristo morto e risorto per liberarci dal male e dalla morte ed hanno un senso se noi crediamo in Lui come nostro salvatore e desideriamo accogliere la proposta di vita nuova che Lui vuole donarci gratuitamente. Se fin qui ci siamo, prendiamo sul serio la frase di S. Agostino: “Il Dio che ti ha creato senza di te, non ti salverà senza di te”. Dio Padre è molto rispettoso della libertà dell’uomo, perché gliel’ha donata Lui stesso. E desidera che noi lo accogliamo e lo amiamo perché lo desideriamo, non per paura e neanche per forza. Lui si dona a noi sempre e ci dona gli aiuti di cui abbiamo bisogno, ma tutto questo ha bisogno trovare due braccia aperte ad accogliere ed un cuore disponibile ad amare: allora il “miracolo” avviene, la vita cambia. Il dono di Dio richiede la nostra accoglienza e collaborazione non per esserci, ma per potersi sviluppare e portare frutto in noi. Se però incontra poca fiducia in Dio e nel bene che ci vuole donare, indifferenza, superficialità, non disponibilità a cambiare qualcosa della propria vita e cosi via, allora cade in un terreno sterile e rimane improduttivo, “ibernato”. Dobbiamo prendere sul serio il nostro rapporto con Dio e il nostro modo di vivere i sacramenti. Il primo problema è di fede: credo veramente che in questi riti Dio si comunica e si dona a me? Oppure sono solo gesti e parole convenzionali, senza nessuna conseguenza? Il secondo problema è il nostro coinvolgimento con Lui e con i riti che celebriamo. Un incontro con una persona per noi significativa preparato con cura e vissuto con intensità, lascia tracce profonde nel nostro cuore e nella nostra vita: la trasforma! Perché non applichiamo le stesse categorie all’incontro con Dio? La messa alla domenica o la confessione sono momenti da me attesi e preparati o subiti? Quanta attenzione ed affetto metto nel partecipare a questi momenti (… con tutto il tuo cuore, con tutta la tua mente, con tutta la tua forza…)? Sono poi disponibile a vivere concretamente secondo quello che ho celebrato: perdonato da Dio voglio allontanarmi dal male e donare il mio perdono; accolto alla sua mensa mi impegno a costruire condivisione e comunione? Permetto a ciò che ho ascoltato e pregato, di mettere in discussione il mio modo di vivere, di pensare e di amare? Dio in modo certo semina con abbondanza del buon seme nella nostra vita, ma troverà un terreno capace di farlo fruttificare? Troviamo il coraggio di lasciare agire il dono di Dio e sicuramente sperimenteremo in noi la forza della resurrezione. Come sempre… Buon cammino nella luce della Pasqua. don corrado DE CHIARA Sara MASSA Rayan SCIBELLI Giovanni Abbiamo affidato alla bontà del Signore BRUNO Giulio CAMPANELLA Bruno CHIAVETTA Nunzia COPPOLA Giuseppe DANSERO Catterina Agnese FEDELE Maria GUARNIERI Rosina SANNIA Lidia APPUNTAMENTI PARROCCHIALI Domenica 30 marzo Parrocchia di San Luca ore 18,15 Celebrazione della Redditio Fidei come Unità Pastorale Domenica 13 aprile Ritiro delle famiglie di IV elementare in seminario maggiore Sabato 19 aprile - pomeriggio Ritiro dei cresimandi adulti dell’UP21 Domenica 20 aprile - Ore 10 e 11,30 Messe di Prima Comunione 25, 26 e 27 aprile Pellegrinaggio giovani ad Assisi Sabato 3 e domenica 4 maggio Ritiro del gruppo cresimandi-adolescenti Sabato 10 maggio ore 18 Parrocchia San Barnaba Celebrazione delle cresime adulti dell’Unità Pastorale Ore 20,45 Veglia di Pentecoste e “Redditio Fidei” diocesana dalle ore 15 alle ore 18 e il sabato dalle ore 9 alle ore 12 LA CORALE Domenica 11 maggio – ore 11,30 Anniversari di matrimonio e rinnovo delle promesse matrimoniali per tutti gli sposi Sabato 17 maggio - pomeriggio Uscita dei catechisti al monastero di Bose Sito web: www.parrocchie.it/torino/ beatiparroci e-mail [email protected] Domenica 18 maggio – ore 11,30 Celebrazione delle cresime degli adolescenti Domenica 25 maggio – ore 10,00 Solennità del Corpus Domini Messa alla RSA “Ballestrero” e processione eucaristica Incontro conclusivo dei gruppi giallo e arancio in cascina Telefono: 011.397.84.77 Ecco i volti sorridenti di alcuni membri della nostra corale, che si sono trovati in amicizia e letizia per preparare i canti di Pasqua. Ciascuno ritaglia un po’ di tempo per lodare Dio con il canto. La corale cerca nuove voci ed anche un organista: non occorre essere professori d’orchestra, né tenori, ma bastano un po’ d’orecchio e di voce. Papa Giovanni Paolo II nel messaggio del 1999 ai Pueri Cantores disse: “Il mondo ha bisogno del vostro canto, poiché il linguaggio della bellezza tocca i cuori e contribuisce all’incontro con Dio. La gioia che vi pervade quando cantate deve irradiarsi intorno a voi e suscitare un entusiasmo contagioso”. Giovedì 29 maggio Processione mariana dell’Unità Pastorale 31 maggio e 1-2 giugno Pellegrinaggio diocesano a Roma con udienza dal Papa beatiparroci - via monte cengio 8 - 011 3978477 Un sacerdote e una famiglia in fuga ospiti alla Beati Parroci La nostra parrocchia dà rifugio a don Piero Nota e ad altre cinque persone minacciate di morte in Guatemala La nostra parrocchia ospita, dallo scorso novembre, don Piero Nota, missionario in Guatemala, e un’intera famiglia guatemalteca, composta da padre, due figli e madre insieme alla sorella; tutte persone costrette a fuggire dal Paese dell’America Centrale in quanto minacciate di morte. Ripercorriamo, però, con calma la loro vicenda, a partire dalla storia recente del Guatemala, una nazione che, dopo aver conquistato l’indipendenza dalla Spagna nel 1839, non ha quasi mai conosciuto la democrazia. Un periodo “illuminato” si ebbe con il presidente Arbenz Guzmán, che negli Anni Cinquanta del Novecento promosse una radicale riforma agraria; venne però spodestato ben presto da un colpo di stato militare e la sua riforma divenne carta straccia. Da allora si sono susseguiti diversi regimi dittatoriali, perennemente in guerra contro gruppi armati sostenuti soprattutto dagli indios (discendenti dei Maya), favorevoli a una più equa ridistribuzione della terra. Solo nel 1996, dopo 400 massacri, 250.000 morti e un numero incalcolabile di profughi direttisi per lo più in Messico, è stato concluso un accordo di pace, che non ha tuttavia reso il Paese più sicuro: sono infatti aumentati la criminalità e gli omicidi, a tal punto che, solo lo scorso anno, nel marzo 2007, il ministro degli interni è strato costretto a dimettersi in quanto incapace di fronteggiare la situazione. In questo quadro complesso si inserisce l’esperienza di don Piero Nota, inviato in Guatemala nel 1985 dal Cardinal Ballestrero, Arcivescovo di Torino. Proprio in quell’anno, in un sobborgo di Città del Guatemala dei giovani in bande, non si è limitata agli arresti, ma ha largamente praticato esecuzioni sommarie. Poi, quando ha capito di poter sfruttare per i propri interessi (furti ed estorsioni su larga scala) le stesse bande urbane, le ha messe l’una contro l’altra, peggiorando ulteriormente una situazione già critica. Come se non bastasse, du- cima sul già scarso denaro guadagnato; e se la decima non viene pagata puntualmente, la setta può arrivare anche a punizioni violente nei confronti degli inadempienti. Dopo la firma degli accordi di pace, però, la vita è difficile anche fuori città. Qui infatti i militari, venendo a mancare improvvisamente la guerriglia, si sono ricon- persone: si calcola che i soli territori nel sud-ovest del Guatemala (controllati da sette famiglie) riuscirebbero a nutrire l’intera America Centrale! Don Piero, tuttavia, nonostante la drammatica situazione che lo circondava, non si diede per vinto: anzi, con l’aiuto di una catechista (la madre di cui sopra) e della sua famiglia, creò un Don Piero nota e i bambini di El Limon (la capitale dello Stato), don Piero fondò la parrocchia di Cristo Nuestra Paz. Fin da subito, però, i problemi non mancarono: al termine delle messe o durante le feste popolari di piazza, spesso i reparti dell’esercito passavano a rapire i giovani per portarli a combattere contro i ribelli. Poi, a pace fatta, la polizia, corrotta e crudele, ha iniziato a terrorizzare il quartiere e l’intera città: per contrastare l’aggregazione rante la sua ventennale permanenza a Città del Guatemala, don Piero ha anche assistito all’emersione delle sette, nemiche giurate dei cattolici e autentica piaga in tutta l’America Latina: le sette, infatti, fanno proseliti soprattutto fra i più poveri ed indifesi, che aderiscono ad esse per sentirsi protetti. Una volta entrati in una setta, però, gli iniziati devono tutto al loro “pastore”, compresa una lauta de- vertiti in spietate milizie dirette da comandanti senza scrupoli, milizie che si dedicano al traffico di armi e degli stupefacenti. Milizie che, esattamente come la criminalità organizzata, controllano la vita civile e politica di ogni provincia e hanno favorito la riconquista delle terre da parte dei latifondisti a scapito dei contadini. E pensare che quelle terre, dove si coltiva droga, potrebbero sfamare milioni di centro diurno per ospitare bambini e ragazzi poveri, offrendo loro un pasto caldo e la possibilità di andare a scuola e fare sport. L’obiettivo era quello di dare a questi ragazzi un’alternativa alla vita di strada e all’ingresso in una banda: ecco perché, dopo non molto tempo, visto il successo dell’iniziativa, Don Piero e i suoi collaboratori hanno cominciato a dare fastidio. Ai primi avvertimenti sono se- guite le intimidazioni, fino alle minacce di morte. E così il Cardinal Poletto, Arcivescovo di Torino, ha richiamato in patria don Piero, offrendo l’ospitalità della Diocesi anche alla famiglia guatemalteca. Ora però il destino della famiglia è legato all’accoglimento o meno della domanda di asilo politico da parte del Governo Italiano: se tornano in Guatemala hanno la certezza di essere uccisi. Nell’attesa, si dedicano ad incontrare gruppi nelle diverse parrocchie dell’unità pastorale, per sensibilizzare le persone sui problemi del loro Paese. «Anche ora che siamo qui in Italia, comunque» confessa il padre di famiglia «non siamo del tutto tranquilli; se telefoniamo ai parenti in Guatemala evitiamo sempre di dare riferimenti precisi su dove siamo e cosa stiamo facendo, per non essere localizzati. Quando eravamo laggiù i nostri telefoni erano sotto controllo». Colpisce però sentir dire, alla madre-catechista, dopo il racconto delle sue vicende travagliate, queste parole: «Nonostante i molti problemi, in Guatemala la gente non smette mai di parlarsi, ascoltarsi, aiutarsi e sperare, cose che qui in Italia vediamo assai meno». Davide Prette Don Pietro Canova - da sessant’anni sacerdote Talvolta celebra la Messa della domenica sera e quella feriale; lo abbiamo visto alla Messa di commiato di Don Giancarlo, a quella di Don Dino ed a quella d’ingresso di Don Corrado, oltre che quella della visita pastorale del Card. Poletto: è Mons. Pietro Canova, il quale abita nella casa parrocchiale ormai da qualche anno e si distingue per un invidiabile sorriso che emana serenità e pace. Il 12 ha festeggiato i sessant’anni di Messa e per fargli le nostre congratulazioni, gli dedichiamo questa intervista. Don Pietro non è un vecchio, perché ti parla di quello che sta facendo e di quello che farà e non ti racconta di come si stava meglio una volta, né ti fa l’elenco dei propri acciacchi: una lezione di vita per tanti. Don Pietro è uno dei più importanti studiosi della Nostra Signora di Guadalupe che secondo la tradizione il 12 dicembre 1531 apparve all’indio azteco Juan Diego (dichiarato santo nel 2002) sul colle del Tepeyac a Città del Messico “per confondere i sapienti e i potenti di turno” (scrive in un suo saggio del 1993): “La Signora che si manifestò a Tepeyac non si presentò come una straniera. Il suo aspetto era simile a quello della gente che abitava nei paraggi. Parlava in nahualt, non in spagnolo, e si servì di parole e di simboli che erano perfettamente conformi alla cultura degli indigeni”. Ogni anno circa venti milioni di pellegrini visitano il santuario della Vergine di Guadalupe, dove si conserva l’immagine della Vergine di Guadalupe: l’immagine non è una pittura, né un disegno – ci ricorda don Pietro – ed è oggetto di approfonditi studi scientifici: un recente studio promosso dalla NASA ha rivelato che nell’iride della Madonna sono impresse le immagini di 13 persone, come se si trattasse di un occhio vero che riflette ciò che gli sta di fronte; si potrebbe trattare delle figure di Juan Diego, del Vescovo e delle altre persone davanti alle quali sul mantello di Juan Diego apparve improvvisamente l’immagine della Vergine. Ci informa don Pietro che, appoggiando lo stetoscopio sul simbolo della maternità, si ascoltano 115 pulsazioni, come quelle di un bimbo, e la temperatura costante dell’immagine è di 36,6°, come quella di una persona; le pupille dell’immagine si aprono e si chiudono come accade agli occhi umani. Ma don Pietro è un vero studioso e, parlando di questo mistero, ci dice che la maggior parte dei fenomeni insoliti sono spiegabili dalla scienza o sono fenomeni di origine psicologica: solo a Torino egli ha circa 1000 libri (mille) sui fenomeni paranormali; insegna ai corsi per esorcisti per indirizzarli a riconoscere le vere manifestazioni del Maligno, che sono poche: molte delle manifestazioni insolite del passato, oggi sono malattie diagnosticabili e curabili; leggendo le Sacre Scritture ed il Vangelo se ne trovano diver- se, riconoscibili anche da chi non è un medico. Una delle passioni di Don Pietro è lo studio della Sacra Scrittura: non solo conosce il greco, ma anche e meglio l’ebraico antico; egli ha creato un data-base delle parole contenute nei Salmi e in Isaia: circa 19.000, delle quali 800 ricorrono una sola volta. Per il Cedor di Verona egli ha curato diverse pubblicazioni ed ha promosso la catalogazione di circa 46.000 libri; il Cedor (Centro di Documentazione Don Pietro Oscar Romero) è di proprietà della Fondazione CUM (Centro Unitario per la Cooperazione Missonaria fra le Chiese), che è un organismo della Conferenza Episcopale Italiana che si cura della formazione dei missionari italiani attraverso varie iniziative rivolte sia ai preti fidei donum, religiosi e religiose, ed anche ai laici; cura in modo particolare i sacerdoti fidei donum italiani all’estero impegnati in scambi e cooperazione tra le chiese, e i fidei donum stranieri in Italia inseriti in servizi pastorali. Il Cedor ha un interessante sito web con il catalogo on-line dei libri posseduti su temi sociali, economici e religiosi dell’America Latina (undici libri scritti dal nostro don Pietro): http://www.ibisweb.it/cedor/Catalog.htm. Tornando alla sua attività di psicologo, che tutt’ora studia casi anche molto critici, gli domandiamo ... un rimedio per la depressione e per lo stress. Egli ci spiega che questi due fenomeni psicologici, nascono da condizionamenti propri della nostra società, dai riflessi condizionati a cui siamo sottoposti. Il modello di vita per essere gratificati dagli altri è quello “efficientista”; l’economia del libero mercato e della concorrenza, premia chi produce di più e chi consuma di più e può permettersi di acquistare il superfluo e di sprecare il necessario; gli altri vengono messi da parte e, se non trovano in sé le risorse per rimanere “a galla”, cadono nella depressione o vengono consumati dallo stress. Non si tratta di una situazione sociale assoluta: in altri Paesi e in altri tempi la società si basa e si è basata su principi diversi. Conoscendo i condizionamenti a cui ci lega la nostra società nelle scelte quotidiane, possiamo emanciparcene quel tanto che basta per conservare la nostra personalità indivi- duale e non soccombere in caso ci mancassero i requisiti per essere tra i migliori. Secondo don Pietro i farmaci e la psicoterapia devono essere il rimedio per i casi più gravi, ma nella maggior parte dei casi il rimedio è quello di adoperarsi per gli altri: con l’altruismo si curano la depressione e lo stress; ma – precisa don Pietro – non basta buttarsi in un’associazione di volontariato per guarire: bisogna soprattutto e prima di tutto far posto all’altruismo; infatti, l’egoismo porta al vuoto esistenziale, per cui pur avendo molto o quasi tutto, niente ci soddisfa. Don Pietro cita Seneca (Se vuoi vivere, impegnati per l’altro), il Corano (Chi fa per gli altri, fa per se stesso) e il Vangelo (Riceverete cento volte tanto). Comprendere e condividere la sofferenza del prossimo aiuta a superare la propria, meglio di una medicina o di una seduta dallo psicoterapeuta. Allo studioso di Sacra Scrittura chiediamo che cosa dobbiamo cercare leggendola: “Scoprire il volto di Gesù, un particolare nuovo di Gesù” e per far questo – continua – sono molto utili i libri che ci aiutano a comprendere meglio il messaggio delle Scritture; non dobbiamo aver timore ad iniziare un libro che ci spiega il Vangelo: se lo troviamo difficile, non insistiamo con la lettura, ma lasciamolo e iniziamone un altro. La lettura, poi, è più utile se è fatta insieme a qualcun altro, anziché da soli. Ci suggerisce di iniziare da qualche libro di Gianfranco Ravasi. In occasione di Maggio Giovani, il GRIS (Gruppo di Ricerca e Informazione Socioreligiosa), di cui don Pietro è presidente della sede di Torino, organizzerà un incontro sulle religioni, le sette e la fenomenologia a esse correlata, a livello culturale, religioso, scientifico e sociale. Salutandolo, gli chiediamo un sorriso da immortalare sulla nostra rivista. Guido Celoni Vergine di Guadalupe