30.01.07 - Dipingi la pace. Gli angeli al Borgo vecchio

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30.01.07 - Dipingi la pace. Gli angeli al Borgo vecchio
– 30.01.07 - Dipingi la pace.
Gli angeli al Borgo vecchio sorridono: Qui tu puoi trovare l’amore che ti serve per
riconquistare quel sorriso che avevi perso. Al doposcuola di Dipingi la pace, proprio
qui, io ho ritrovato il mio sorriso.
D. Ramina Aktar.
Un grazie a tutti.
Volevo, lasciare un pensiero scritto,come ringraziamento sincero per la sua
condivisione.
Posso affermare che l'amore verso il Signore e verso i più deboli sono stati il
mio sostegno, il bene che si riceve donando con semplicità è qualcosa di
speciale.
Da quando è incominciata questa mia avventura, tante sono state le difficoltà,
però il Signore ci è sempre venuto incontro.
Adesso p. Paolo è ritornato assieme a noi.....i bambini vanno aumentando
erano in 25 per il pranzo più quelli del doposcuola, adesso sono in 40...tutto
gratuito. Tutti i giorni a piazza della pace n. 3, a Palermo, e a turno i fine
settimana al Borgo della pace. L'aspettiamo......un caloroso abbraccio anche
da parte di p. Paolo, con tanta stima.
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Rosi
Ogni uomo è un’anima che Dio ha riservato nell’eternità. Ogni uomo è nelle viscere
del mistero di Dio. L’isola del silenzio ti immerge nell’oceano delle beatitudini di
Dio. Il senso della vita di ogni uomo è conoscere e entrare nella saggezza e
nell’amore della Trinità. Il senso della mia vita è proclamare la sua santità dentro di
noi, dentro le nostre vene dello spirito. Santo è il Signore del creato. Santo è il
Signore del mio respiro. Santo è il Signore dei miei pensieri, della mia arte, del mio
agire, del mio amare. Santo è il Signore degli universi e dei secoli che Lui ha creato.
Non grido più: Santo è il Signore degli eserciti. Non pongo il mio sostegno nella
carne. Non allontano il mio respiro dal suo respiro. Anche se vivo in luoghi solidari e
aridi non posso non adorare dentro, dove Dio abita, il suo amore per me. Non confido
nel tempo. Non confido nelle forze degli uomini. Cammino di fronte al Signore.
Come chi procede con il volto dinanzi al sole e lascia la sua ombra dietro di sé, così è
chi è di fronte a Dio, lascia la sua vanagloria dietro di sé. Meglio se viviamo sotto la
luce del Signore, la nostra vanagloria svanisce per sempre. Lo Spirito del Signore è
sopra di me, per questo non posso vacillare nelle tenebre della vanagloria. Non seguo
i consigli degli empi. Non indugio nei miei dubbi e nelle malvagità. Non mi siedo in
compagnia degli stolti. Non vivo delle leggi, ma solo della carità di Dio. Le fiamme
di ogni fuoco si spengono. Ciò che infiamma e arde per sempre è la brace dello
Spirito santo dentro di noi. Lo spirito del Signore arde e non si consuma mai dentro di
noi. Le fiammelle delle nostre opere si spengono. Non è vano lo spirito. Non è vano il
respiro che anima. Non è vana l’anima che ha infiammato poeti, scrittori, santi e
profeti. Ecco la brace: le beatitudini di Dio.
Prima sinfonia:
Beati i poveri in spirito
Beati gli umili, sono i più poveri della terra. Beata l’acqua, umile e casta. L’acqua ci
rende limpidi e simili a Dio. La superbia inquina e sporca l’acqua del nostro spirito.
Quanti diluvi devastano la terra. Ogni diluvio però ha sempre una colomba che
annunci l’ulivo della vita, il ritorno dei giorni. Bevo il mio martirio dopo aver bevuto
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il calice di Cristo. La notte del nulla, del rischio. La notte oscura dei sensi, dei dubbi,
ora è la mia casa. Non mangio la condanna del peccato. Viviamo la società dei morti.
Mangiano, bevono e sono morti. Cantano, danzano e sono morti. Vestono mode e
chiasso e sono morti. Progettano chiacchiere, disegnano il futuro e sono morti. Non
sono il tiranno dell’intelligenza, tale da essere chiamato benefattore dell’arte e della
filosofia. Vivo la chiesa dell’emarginazione. Soffro la chiesa del silenzio. Il vangelo
oggi cresce sotto la cenere del martirio. Oggi le ciminiere del petrolio e del consumo
sono più alte dei campanili. Sono le nuove torri di Babele, che vogliono conquistare il
cielo. Il nostro peccato è tacere dinanzi ai massacri sui poveri. I martiri sono le torci
ardenti e accese che indicano la presenza dello Spirito Santo. Vivere oggi le
beatitudini è un vero martirio. E’ l’eterna pentecoste della vita. “ Uscire di casa è
come andare alla guerra” (Davide Maria Turoldo). Sono sepolto nel silenzio. Qui
nella morte vivo di gioia. Non si esce dalla tomba se non senza la vecchia carne, ma
con cuore e sangue nuovo. Dentro viaggio l’universo. Nei giorni tristi fluiscono
sentieri nuovi, infiammati di rosa e di giallo d’autunno. Nelle vene dell’anima i
pentagrammi dei giorni tristi cantano i momenti più arditi della vita. Il chicco di
grano non è seminato in uno sguardo ebete, senza luce. Sono felice di essere
archiviato nel silenzio. Beati gli umili della terra, sono i veri poveri in spirito. La
povertà dello spirito è la virtù che piace a Dio. E’ la virtù che ti riempie di Dio. I
poveri sono beati perché ripongono ogni speranza in Dio. Fiduciosi e quindi
disponibili a ricevere la buona notizia di Gesù che ci riempie di divinità e di
risurrezione. In greco," poveri " sono “ i pitocchi” “ptochoi”, i mendicanti, i pieni di
pidocchi.. “ Ptocheion “ è l’ospizio dei poveri. In questa prima sinfonia Gesù
proclama questa gente beata, i pidocchiosi beati. E' un vero assurdo. Gente amata da
Dio, rispettata, a dispetto di coloro che, profumati, ricchi, superbi di tutto, pensano di
essere certi di possedere persino Dio, con le loro ricchezze. Questa sinfonia al
rovescio è uno schiaffo mortale ai benpensanti. Ieri nella proclamazione, una vera
sberla d'umiliazione ai sadducei, ai farisei, che credevano di possedere Dio con la
loro autorità. “Venite, esultavano i discepoli sulla montagna della moltiplicazione dei
pani. Venite, sollecitavano i poveri d’Israele”. E la gente accorreva alla sinfonia della
povertà. “ Venite, accorrete, sentite la buona notizia. Tutta per voi. Sola per voi. Il
regno dei cieli è vostro. Venite, umiliati. Venite, schiavi, servi d'ogni padrone.
Venite, voi accattoni di Dio. Il regno dei cieli è vostro. Venite, il Messia vi lava da
essere “ pitocchi “. Vi spulcia dai peccati. Vi libera dalla miseria del cuore. Venite, vi
profuma con l’incenso divino. Venite, la sinfonia è tutta per voi. Per voi sono i primi
posti. Ascoltate la beatitudine che vi arricchisce dinanzi a Dio. Il Messia vi ha
riservati le prime file. Venite a gioire della ricchezza di Dio. Venite, la vostra umiltà
è il banchetto nuziale di Dio. Venite, voi che non siete sicuri di voi stessi. Venite, voi
macerati dalla ricerca, voi ignoranti di Dio. Voi massacrati dalle notti dell’incerto.
Venite, voi pitocchi del niente. Nessuno può immaginare come il cuore trabocchi di
ricchezze e di letizia. Voi che vi aggrappate al cielo. Chi si aggrappa alla terra, alla
superbia, si sgretola di niente. Venite, voi che chiedete l’elemosina di Dio. In greco
“ptochèuo”. Venite, come bambini (il verbo greco paidiòn” indica quei bambini che
tra i tre e otto anni si fidano dei genitori) a fidarvi di Dio, fonte d'ogni certezza e
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d'ogni sicurezza. Abbandonarsi in Dio è come abbandonarsi nelle braccia di una
madre. Il povero, l’umile si abbandona all’abbraccio di Dio Padre e riceve tutte le sue
ricchezze spirituali. Venite a ricevere il tesoro nascosto nei secoli ai sapienti e agli
intelligenti. L’ignoranza sulla misericordia di Dio è il sentiero della povertà,
dell’umiltà. La povertà, l’umiltà, a sua volta, è la base della vera sapienza. Venite,
ricevete il tesoro, rivelato a voi. Ora vostra eredità. Ora vostra ricchezza. Ora vostro
regno nel cuore. Ora vostra casa e sicurezza. Ora l’eredità di una ricchezza eterna.
Venite, voi, a cui Dio ha riservato il suo sguardo e ha rovesciato i potenti dai troni e i
superbi dalle loro menti. Venite, voi generati dalla madre dell’umiltà, Maria, la madre
di Dio, la madre del regno. Venite con Lei a cantare il magnificat della gloria, il
magnificat della santità, il magnificat della beatitudine della povertà. Venite, voi
vuoti di tutto: Gesù Cristo si è svuotato di essere Dio stesso per arricchirci di divinità.
Venite, voi affamati di Dio. Cristo sulla croce della nullità, della vergogna, del
sangue, del martirio, ha affidato il suo Spirito al Padre. Il vostro cuore affamato è
l’altare privilegiato, dove Cristo Gesù si consacra e riempie le mense del cuore con le
ricchezze dello Spirito Santo. Vivendo la beatitudine della povertà dello spirito, da
pidocchiosi d'elemosina di Dio, diveniamo suoi santi, suoi figli privilegiati. Eredi,
dalla strada di pitocchi e dei peccati, al sentiero divino delle beatitudini che ci
spalancano la mensa del regno di Dio. La beatitudine della povertà è la ricchezza
dello spirito.
Paolo Turturro
Decanato di Magenta
Associazione mons. Romero
Via S. Martino,11 Magenta
Anche quest’anno nel periodo estivo il decanato di Magenta, propone una vacanza solidale
che ha come scopo la conoscenza, lo scambio culturale ed una crescita cristiana. La
condivisione con la vita quotidiana dei ragazzi disabili ospitati presso la missione del
Cottolengo di Tuuru e le varie visite in diverse località al nord del Kenya ci consentiranno
di vivere in comunione con un frammento di realtà africana.
MISSIONE ESTIVA VOLONTARIATO
2007
Kenya perché fiorisca la vita
Periodo: da fine giugno ai primi di agosto,
gruppi di max 6 persone per un soggiorno di 3 settimane.
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Visite:foresta pluviale, villaggi Samburu e Turkana, parco nazionale Samburu, centro sanitario Archer’s Post,
città di Isiolo, città di Nairobi, Baraccopoli di Nairobi Korogocho.
Conoscenza di alcuni progetti in atto nella zona.
Adesioni: entro 31 marzo 2007
Info:
Angelo:cell. 340.8486651 - e-mail: [email protected]
Gloria: cell. 338.1894323 - e-mail: [email protected]
Carissima/o,
il 3 febbraio, in occasione della fiera di S. BIAGIO, il
comune di Magenta ha messo a disposizione
dell'Associazione Mons. Romero uno spazio dalle ore 15
alle 19 nel tendone allestito in piazza Liberazione per
le associazioni di volontariato.
Qui potrai... conoscere meglio l'associazione... trovare
tutte le informazioni sui futuri progetti e iniziative...
vedere realizzati i progetti dello scorso anno... dare un
tuo contributo di idee e proposte Inoltre,se sei
disponibile a dare una mano, contattami allo 029754501
oppure 3408486651 o al mio indirizzo e-mail.
VIENI A VISITARCI !!
Grazie in anticipo e un cordialissimo saluto.
Ass. Mons. Romero
Angelo Rescaldina
Carissimo Angelo,
siamo
felici
di
collaborare,aderendo
all’iniziativa
dell’ass. Oscar Romero.
Provvedi tu per reperire il materiale.
Dicci quello che occorre e te lo invieremo.
P. Paolo.
La solidarietà ama sempre.
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Vigano Matteo di Saronno, Bologna Lentini di Palermo,
Passarini Pierluigi di Mozzecane , Famiglie di Castegnato
(BS), Lisciotto Antonio di Roma, Rosa Angelina di
Cornaredo Milano, Nardiello Anna di Robecco – MI,
Parrocchia san Camillo Messina, Gruppo Scout di Bologna
nella persona di Frascaroli Giacomo di Bologna, Alaimo
Chiara, Alaimo Rosa, Alaimo Rosario di Giampilieri (ME),
Rinaldi Giuseppe e suoi amici di Verona, Zanotti Rosanna
nello spiedo della solidarietà di Castegnato (BS),
Calciolari Grazia di Quistello (MN), Giustiniano Maria di
Novara, Reboldi Claudio di Castegnato (BS), Flavia Strona
di
Torino,
Associazioni
pensionati
e
anziani
di
Castegnato di Brescia ( grazie di vero cuore), il vostro
è un gesto di altissima condivisione, Lonardi Luciano di
Casteldario (MN), ( qui ho sognato la vostra solidarietà
e il vostro sostegno morale, grazie Maria Regina),
Moretti Patrizia per il sostegno all’editoria della
solidarietà ( Ostiglia MN), Mainardi Giuseppe e Mirella (
grazia per il sostegno all’editoria della SOLIDARIETà (
Torino).
Carissimo don Paolo,
Avevo sentito Aurelio sulla possibilità di far fare il tirocinio ad un
gruppetto di mie allieve che sono al momento entusiaste, comunque a
fine mese dovremo ottenere l'autorizzazione dal Consiglio di classe e in
generale anche la preside è favorevole.
Ecco per il progetto dovresti averlo tu, descrivendo le finalità, le
modalità, i referenti e il tipo di intervento previsto su i ragazzi. Poi il
progetto sarà integrato dalle relazioni degli studenti e dei referenti da te
designati (Si è offerto anche Aurelio).
Per cui se hai già una bozza degli anni precedenti me la puoi inviare via
mail ed io la integro con le nostre richieste.
Ti ho già scritto più volte ma non ho ricevuto risposte, come non ricevo
più la tua "LETTERA".
In attesa di tue notizie ti salutiamo caramente
Irene, Gabriele, Maria e Antonio.
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V Domenica del Tempo Ordinario
4 febbraio 2007 - Anno C
Luca 5,1-11: [1]Un giorno, mentre, levato in piedi, stava presso il lago di Genèsaret [2]e la folla
gli faceva ressa intorno per ascoltare la parola di Dio, vide due barche ormeggiate alla sponda. I
pescatori erano scesi e lavavano le reti. [3]Salì in una barca, che era di Simone, e lo pregò di
scostarsi un poco da terra. Sedutosi, si mise ad ammaestrare le folle dalla barca. [4]Quando ebbe
finito di parlare, disse a Simone: «Prendi il largo e calate le reti per la pesca». [5]Simone rispose:
«Maestro, abbiamo faticato tutta la notte e non abbiamo preso nulla; ma sulla tua parola getterò
le reti». [6]E avendolo fatto, presero una quantità enorme di pesci e le reti si rompevano.
[7]Allora fecero cenno ai compagni dell'altra barca, che venissero ad aiutarli. Essi vennero e
riempirono tutte e due le barche al punto che quasi affondavano. [8]Al veder questo, Simon
Pietro si gettò alle ginocchia di Gesù, dicendo: «Signore, allontanati da me che sono un
peccatore». [9]Grande stupore infatti aveva preso lui e tutti quelli che erano insieme con lui per
la pesca che avevano fatto; [10]così pure Giacomo e Giovanni, figli di Zebedèo, che erano soci di
Simone. Gesù disse a Simone: «Non temere; d'ora in poi sarai pescatore di uomini». [11]Tirate le
barche a terra, lasciarono tutto e lo seguirono.
Isaia 6,1-2.3-8: [1]Nell'anno in cui morì il re Ozia, io vidi il Signore seduto su un trono alto ed
elevato; i lembi del suo manto riempivano il tempio. [2]Attorno a lui stavano dei serafini, ognuno
aveva sei ali; con due si copriva la faccia, con due si copriva i piedi e con due volava. [3]Proclamavano
l'uno all'altro: «Santo, santo, santo è il Signore degli eserciti. Tutta la terra è piena della sua gloria».
[4]Vibravano gli stipiti delle porte alla voce di colui che gridava, mentre il tempio si riempiva di fumo.
[5]E dissi: «Ohimè! Io sono perduto, perché un uomo dalle labbra impure io sono e in mezzo a un
popolo dalle labbra impure io abito; eppure i miei occhi hanno visto il re, il Signore degli eserciti».
[6]Allora uno dei serafini volò verso di me; teneva in mano un carbone ardente che aveva preso con le
molle dall'altare. [7]Egli mi toccò la bocca e mi disse: «Ecco, questo ha toccato le tue labbra, perciò è
scomparsa la tua iniquità e il tuo peccato è espiato». [8]Poi io udii la voce del Signore che diceva: «Chi
manderò e chi andrà per noi?». E io risposi: «Eccomi, manda me!».
1 Corinzi 15,1-11: [1]Vi rendo noto, fratelli, il vangelo che vi ho annunziato e che voi avete ricevuto,
nel quale restate saldi, [2]e dal quale anche ricevete la salvezza, se lo mantenete in quella forma in cui
ve l'ho annunziato. Altrimenti, avreste creduto invano! [3]Vi ho trasmesso dunque, anzitutto, quello
che anch'io ho ricevuto: che cioè Cristo morì per i nostri peccati secondo le Scritture, [4]fu sepolto ed è
risuscitato il terzo giorno secondo le Scritture, [5]e che apparve a Cefa e quindi ai Dodici. [6]In seguito
apparve a più di cinquecento fratelli in una sola volta: la maggior parte di essi vive ancora, mentre
alcuni sono morti. [7]Inoltre apparve a Giacomo, e quindi a tutti gli apostoli. [8]Ultimo fra tutti
apparve anche a me come a un aborto. [9]Io infatti sono l'infimo degli apostoli, e non sono degno
neppure di essere chiamato apostolo, perché ho perseguitato la Chiesa di Dio. [10]Per grazia di Dio
però sono quello che sono, e la sua grazia in me non è stata vana; anzi ho faticato più di tutti loro, non
io però, ma la grazia di Dio che è con me. [11]Pertanto, sia io che loro, così predichiamo e così avete
creduto.
1. [1]Un giorno, mentre, levato in piedi, stava presso il lago di Genèsaret [2]e la folla
gli faceva ressa intorno per ascoltare la parola di Dio, vide due barche ormeggiate
alla sponda. I pescatori erano scesi e lavavano le reti. [3]Salì in una barca, che era
di Simone, e lo pregò di scostarsi un poco da terra. Sedutosi, si mise ad
ammaestrare le folle dalla barca.
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Siamo “presso il lago di Genesaret”, una località sulla riva nord-occidentale del lago,
che Matteo, Marco e Giovanni preferiscono addirittura chiamare “mare di Galilea” (Mt
4,15; Mc 1,6; Gv 6,1). C’è molta folla che desidera ascoltare Gesù, tanto che “gli faceva
ressa intorno per ascoltare la parola di Dio”. L’accalcarsi di tanta gente è il segno
dell’intenso desiderio, allora come oggi, di poter ascoltare una parola vera.
Come rispondere alle attese? Un colpo d’occhio e una decisione veloce: “vide due
barche ormeggiate alla sponda. I pescatori erano scesi e lavavano le reti. Salì in una barca,
che era di Simone, e lo pregò di scostarsi un poco da terra”. Come un pulpito innalzato in
una chiesa, così Gesù chiede a Simone di mettersi a disposizione. Un gesto discreto, un
semplice favore. Eppure – lo diciamo anche noi – sono le piccole cose che contano.
Non si tratta di aiutare un maestro intrappolato dalla folla, ma di iniziare già a servire la
Parola. Gesù, infatti, “sedutosi, si mise ad ammaestrare le folle dalla barca”. Favorire la
Parola – sfruttando la brezza del lago – non è ancora un annuncio esplicito. Ma cosa sarebbe
mai questa Parola senza il supporto anche di questa voce? Come già s’era autodefinito
Giovanni Battista: “Io (sono) voce di uno che grida nel deserto” (Gv 1,23).
2. [4]Quando ebbe finito di parlare, disse a Simone: «Prendi il largo e calate le reti
per la pesca». [5]Simone rispose: «Maestro, abbiamo faticato tutta la notte e non
abbiamo preso nulla; ma sulla tua parola getterò le reti».
Effettivamente l’attenzione va fissata a questo punto non sul fatto che Gesù ammaestra
“le folle”. Simone è già ormai entrato in relazione con Gesù, tanto che, “quando ebbe finito
di parlare, disse a Simone: ‘Prendi il largo e calate le reti per la pesca’”. Al primo distacco
dalla riva Gesù ora aggiunge, con tono convincente, l’invito ad andare oltre, più al largo,
intromettendosi per sé in questioni che non sono certo di Sua diretta competenza.
Siamo, dunque, in presenza di un singolare intreccio tra la vocazione (chiamata)
all’apostolato e un preciso esercizio lavorativo, come tanti. Gesù infatti chiama Simone a
seguirLo stando sulla propria barca. Cioè lo invita a seguirLo da dentro, dal cuore del
proprio lavoro quotidiano, come scavando dentro l’esperienza provata di Simone. SeguirLo,
ma facendosi come trasportare dalla propria accondiscendenza.
In questo senso la risposta di Simone introduce ad uno snodo tipico di un’autentica
esperienza vocazionale, dove la delusione potrebbe seguire alla fatica e dove il fascino della
parola di Gesù potrebbe contrastare con le durezze di certe attività lavorative. Per questo
Simone, rivolgendosi a Gesù dice: “Maestro, abbiamo faticato tutta la notte e non abbiamo
preso nulla; ma sulla tua parola getterò le reti”.
3. [6]E avendolo fatto, presero una quantità enorme di pesci e le reti si rompevano.
[7]Allora fecero cenno ai compagni dell'altra barca, che venissero ad aiutarli. Essi
vennero e riempirono tutte e due le barche al punto che quasi affondavano.
La capacità simbolica e allusiva dell’episodio si fa più evidente: “E avendolo fatto,
presero una quantità enorme di pesci e le reti si rompevano”. Non si tratta più di affermare
il primato della chiamata cristiana rispetto all’incerta attività di un pescatore (“abbiamo
faticato tutta la notte”), ma la coniugazione tra divino e umano, tra vocazione e professione.
Quasi una sorta d’incarnazione di Dio nelle vicende quotidiane di Simone il pescatore.
Si riflette poco forse sul fatto che la vocazione cristiana, proposta a tutti da Gesù,
s’innesta anzitutto nelle situazioni normali della vita di un credente. La vocazione non è
anzitutto qualcos’altro, una sorta di condizione eccezionale rispetto alla vita, ma la verità
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più profonda dell’uomo raggiunta da Dio. Per questo siamo chiamati a diventare quello che
già siamo per il cuore di Dio: “in lui ci ha scelti prima della creazione del mondo” (Ef 1,4).
Questo, dunque, non crea competizione, ma coinvolgimento: “Allora fecero cenno ai
compagni dell’altra barca, che venissero ad aiutarli. Essi vennero e riempirono tutte e due
le barche al punto che quasi affondavano”. In senso propriamente cristiano questo poi è il
dinamismo profondo di qualsiasi vocazione apostolica: “(Andrea) trova anzitutto suo
fratello Simone e gli dice: ‘abbiamo trovato il Messia (che significa il Cristo)’” (Gv 1,41).
4. [8]Al veder questo, Simon Pietro si gettò alle ginocchia di Gesù, dicendo:
«Signore, allontanati da me che sono un peccatore». [9]Grande stupore infatti
aveva preso lui e tutti quelli che erano insieme con lui per la pesca che avevano
fatto; [10]così pure Giacomo e Giovanni, figli di Zebedèo, che erano soci di
Simone.
Si tratta piuttosto di percepire la ragione profonda che guida il dinamismo vocazionale di
ogni credente, di chi semplicemente accetta di stare davanti a Gesù, seguendoLo senza porre
alcuna condizione: “Al veder questo, Simon Pietro si gettò alle ginocchia di Gesù, dicendo:
‘Signore, allontanati da me che sono un peccatore’”. Entrare, infatti, in relazione con Gesù
significa anzitutto stupirsi di Lui, imparando di conseguenza a percepire meglio se stessi.
C’è un dinamismo singolare in questa relazione che coniuga la chiamata di Simone da
parte di Gesù e la sua profonda coscienza di peccatore: “Grande stupore infatti aveva preso
lui”. Stupore è, dunque, sapersi leggere anzitutto nell’orizzonte dell’amore preveniente di
Dio, senza più alcuna ombra di autoreferenzialità e di tristezza. Nella relazione singolare
con Gesù (Gv 21,15s) Simone diventerà, infatti, “Cefa (che significa ‘Pietro’)” (Gv 1,41).
Ma la dimostrazione di un amore così grande, originato dal più profondo del cuore di
Dio e manifestato pienamente con Gesù (“avendo amato i suoi che erano nel mondo li amò
sino alla fine”, Gv 13,1), sta ormai nell’esperienza della sua stessa diffusività: “Grande
stupore infatti aveva preso lui e tutti quelli che erano insieme con lui per la pesca che
avevano fatto; così pure Giacomo e Giovanni, figli di Zebedèo, che erano soci di Simone”.
5. Gesù disse a Simone: «Non temere; d'ora in poi sarai pescatore di uomini».
[11]Tirate le barche a terra, lasciarono tutto e lo seguirono.
I gesti e le parole di Gesù per Simone si sintetizzano definitivamente: “Gesù disse a
Simone: ‘Non temere; d’ora in poi sarai pescatore di uomini’”. Mai l’esperienza concreta di
un uomo aveva raggiunto una così netta identificazione vocazionale cristiana. Dunque, “per
questo, ogni scriba che diventa un discepolo del regno dei cieli è simile a un padrone di
casa il quale tira fuori dal suo tesoro cose nuove e cose antiche”. (Mt 13,52).
All’inizio dell’episodio che il Vangelo di Luca oggi ha narrato si affermava che Gesù,
mentre stava parlando alla folla “vide due barche ormeggiate alla sponda”. Ora, giunti a
conclusione del racconto, le stesse due barche che avevano accompagnato Gesù nella Sua
predicazione e nel concretizzare la chiamata di Simone, vengono riportate a riva. Non
ormeggiate sulla sponda, ma portate a forza sulla terra ferma: “tirate le barche a terra”.
Quelle barche ch’erano state un po’ tutta la vita di questi pescatori non sembrano essere
attraccate momentaneamente, ma definitivamente abbandonate sulla spiaggia. Per Simone e
per i suoi inizia così una nuova stagione della vita. Infatti, “lasciarono tutto e lo seguirono”.
La chiamata convincente di Gesù non li ha affatto problematizzati e confusi. Qualcuno S’era
dolcemente innestato nelle pieghe della loro esistenza, segnandoli per sempre.
Walter Magni – rettore san Ferdinando – Bocconi - Milano.
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“ Sento che anche Dio non può essere felice senza di me, benché Egli basti a se stesso
in modo assoluto”: (Diario s. Faustina). Egli è la fonte e io ho sete di lui. E’ meglio
che la sorgente soddisfi la mia sete, piuttosto che la sete esaurisca la fonte. Non posso
bere tutta la sorgente. Appena appena un sorso d’acqua mi sazia e forse spreco tanta
acqua della grazia. Quello che hai preso o portato via è cosa tua, quello che resta è
ancora tua eredità. Tutto ciò è l’ascesi dello spirito che Gesù Cristo oggi ci propone
di salire in alto, a bere il divino, prendendo il largo dal tempo. E’ un’ascesi antica:”
Prima di formarti nel grembo materno ti conoscevo, prima che tu uscissi alla luce, ti
avevo consacrato; ti ho stabilito profeta delle nazioni (Ger. 1,4). Tutti noi, nel
battesimo di Gesù Cristo, siamo mandati. Dinanzi a tale chiamata, alla chiamata
all’ascesi alla santità, abbiamo timore. Tuttavia il cielo non ci fa paura. Persino gli
stipiti delle porte vibrano alla voce di colui che grida il divino. Ci sentiamo un po’
tutti dalle labbra impure. Cosa dire del divino. Come essere profeta delle nazioni? Chi
può ardire di palpitare come il cuore di Dio? C’è sempre la speranza che cammina
davanti ai nostri occhi. C’è sempre un angelo che con un carbone ardente tocca, non
solo la nostra bocca, ma ci infiamma l’anima. E’ nel fuoco dello spirito non si può
che esclamare: “ Eccomi, manda me!”. Ecco Gesù sul lago di Genesaret. La folla gli
fa ressa intorno per ascoltarlo, toccarlo, per ardere della sua stessa parola. E’ costretto
persino a salire sulla barca. Non c’è spazio per lui sulla spiaggia. La folle è tanta.
L’ammaestra dalla barca. Penso, in questo momento, a tanti carissimi sacerdoti che
mi confidano lo zelo del loro apostolato, e che si ritrovano, a volte o spesso, a
celebrare con due vecchiette, con i banchi sempre vuoti. Penso all’ardore di Cristo
Gesù che sprona Simone: “Prendi il largo…” Prendo il largo dalla sterilità
dell’annuncio. Prendo il largo dalle pietà popolari che uccidono persino i santi.
Prendo il largo dalle celebrazioni morte, dalle liturgie fredde, senz’anima, senza
cuore. Prendo il largo dalle domeniche senza gioia, senza grazia. Prendo il largo dalle
domeniche di lutto, di pianto, di indifferenza, più feriale dei giorni feriali. Prendo il
largo dalle eucaristie che non mi infiammano, dalle omelie che appiattiscono il
vangelo. Prendo il largo dalle visioni grette della società opulenta che emargina, che
seleziona le persone stesse a colpi di efficienza e di inefficienza. Prendo il largo dai
supermercati dell’opulenza, nuovi epuloni dei nostri tempi. Prendo il largo dalla
mentalità del tempo così sicura che finisce, così certa che deprime. Prendo il largo
dalla pastorale fondata solo sulla sicurezza del mio agire, del denaro, degli affari.
Prendo il largo da me stesso, perchè credo solo alle mie capacità, pensando di essere
l’autore della grazia. Noi invece siamo servi incapaci di generare la grazia. Prendo il
largo, Signore, e conduci tu la barca della tua chiesa, la barca della tua umanità.
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Conducila, ora, affinché possa attraversare le bufere dell’impossibile, le tempeste dei
tempi, oltre le quali c’è la certezza della tua presenza. Prendo il largo dalle false
mentalità filosofiche e sociologiche del tempo e navigo verso la tua parola già
incarnata nello spirito di ogni uomo. Procedo sicuro, anche negli oceani tempestosi,
nella mentalità delle tue beatitudini. Navigo sicuro verso la Trinità, dove abita
dall’eternità al civiltà dell’amore. Prendo il largo dalle diplomazie che non dialogano,
che non aprono vie di comunicazioni e di comunione tra i popoli. Sulla tua parola
Signore, getterò le reti dell’anima. Abbiamo faticato tutto un concilio. Abbiamo
faticato tutti i sinodi. Abbiamo faticato tutte le notti oscure. Abbiamo faticato tutta la
nostra esistenza, correndo dietro opere che ci hanno lasciato l’amarezza delle
delusioni. Abbiamo faticato invano, perché tu non eri con noi, anzi noi non eravamo
con te. Abbiamo faticato male, stancandoci e stressandoci. Abbiamo faticato,
pensando di guidare noi la barca della tua chiesa, del tuo corpo mistico. Tu sei
benevolo, lento all’ira e pieno di misericordia. Sulla tua parola, Signore, spezzo le
catene delle mie sicurezze umane. Sulla tua parola, sgancio gli attracchi delle mie
opinioni di terra, che mi tengono legato e fermo su me stesso, sulla rigidità delle mie
posizioni e non mi slanciano sulle estasi della tua grazia, sulle estasi del tuo amore.
Sulla tua parola, Signore, chiuderò i libri della mia vanità, che hanno pagine di sabbia
e che, come in una clessidra, finiscono nel nulla. Aprirò, nel mio cuore, il libro della
tua Parola, il libro della tua vita. Quel libro che tu stesso, nel grembo materno, hai
sigillato e consacrato dentro di me: il libro della mia coscienza, il libro della mia
anima, dove ancora tu ci rendi innocenti. Guidami,Signore, a calare le reti delle
tenebre, le reti delle opportunità della vita, e a slanciare le reti del tuo spirito; reti
invisibili al tempo, certe all’eternità. Guidami, Signore, a calare dentro l’anima di
ogni persona, le reti della saggezza divina, fondate non sulla prepotenza degli arieti,
non sulla potenza dei leoni, non sulla saggezza delle tartarughe orientali, ma
unicamente sulla tua Parola. Qui, in questo mare di fiele, dove neanche gli scogli
arginano i cavalloni del male, non voglio pescare una quantità enorme di successi.
Qui, in questo mare di futilità, non posso che pescare aria salata, aria malata dal
tempo senza di Te. Donami, nelle avventure dei miei giorni, di pescare soprattutto me
stesso e navigare nel mare del tuo cielo. Non resto qui a pescare pesciolini di acqua
dolce. Tu vuoi che ogni sacerdote diventi luce delle nazioni. Vuoi che peschiamo
anime di uomini, lacerati dai dubbi e macerati dalle incertezze, frutti amari
dell’opulenza degli affari. Le onde burrascose delle cattiverie schiaffeggiano
vergogne. Nelle bufere degli odi non ci salviamo da soli, Signore. Nelle nostre
situazioni peschiamo solo tenebre. Getto dentro di me le reti della tua luce. Donaci,
nel nostro navigare, il viatico della tua luce. Non allontanarti da noi, anche il nostro
cuore, grida di essere sempre peccatore. Assicuraci di non avere timore nel
camminare con te. In te non viviamo di paura. Viviamo nel cavo delle tue mani,
anche quando l’agonia più nera attanaglia il cuore.
Paolo Turturro.
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