il ROMBO e l`ACUTO Enzo e Luciano

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il ROMBO e l`ACUTO Enzo e Luciano
Cultura | Pronti per l’Expo
Alla scoperta di Modena e delle sue eccellenze
Enzo
e Luciano,
il ROMBO e l’ACUTO
In occasione dell’evento mondiale, «Discover Ferrari & Pavarotti land»
è il progetto che invita a scoprire non solo la città, ma anche
il territorio. Per visitatori curiosi di cogliere il meglio.
Fulcro dell’iniziativa la mostra del Mef, che riunisce cultura,
tecnologia e mito, e la casa museo di Luciano Pavarotti.
Si celebrano due protagonisti indiscussi che continuano
a tenere accesa l’ammirazione di tutto il mondo per Modena
di Stefano Marchetti - foto Elisabetta Baracchi
A
bbiamo ancora in mente una serata a Houston, Texas, quasi
vent’anni fa, con Maurizio Cheli, l’astronauta di Zocca che
era appena rientrato dalla missione sullo Shuttle. Una
signora americana si avvicinò, ci chiese da quale zona dell’Italia
arrivassimo e noi rispondemmo «Modena». In un primo momento
lei apparve disorientata, non aveva ancora ben individuato il luogo,
e allora decidemmo di sfoderare due parole magiche, «Modena: the
town and the land of Ferrari e Pavarotti». Immediatamente la
signora si illuminò con un sorriso sfolgorante: «Ah, Fer - ra - ri! Pa va - rot - ti! Wonderful, you are so lucky!», siete davvero fortunati ad
abitare là. In un attimo, attraverso quei due cognomi, l’ospite americana aveva scoperto un mondo, il nostro mondo. E adesso che
siamo entrati nell’era dell’Expo, Modena ha deciso con intelligenza
di affidarsi a questi due straordinari «marchi» che sono ancora gli
ambasciatori più belli del nostro talento, insieme alle meraviglie
agroalimentari che da qui prendono la strada verso tutti i continenti. Al Mef, l’avveniristico e sorprendente Museo Enzo Ferrari, si
potrà visitare per tutti questi mesi un’emozionante mostra che lega
appunto il Drake e il tenorissimo, due modenesi di genio e di succes-
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Cultura | Pronti per l’Expo
Da sinistra:
Antonio Ghini,
direttore
del Museo Ferrari
di Maranello
e del Mef;
alcuni modelli
Ferrari
esposti al Mef.
Sotto, la mappa
del percorso
«Discover Ferrari
& Pavarotti land»,
che offre tanti
appuntamenti
con la cultura
e la tradizione
so, e in parallelo la casa museo di Luciano Pavarotti, in stradello
Nava, riapre per accogliere visitatori e appassionati desiderosi di
entrare nel mito: apposite navette collegheranno questi luoghi così
ricchi di memoria e di suggestioni, toccando anche una ventina di
altri siti specialissimi, dal regno dell’aceto balsamico a quello dei
salumi, da Sassuolo, con la sua Reggia estense e il grande patrimonio della ceramica, a Nonantola, con la sua abbazia affascinante e
millenaria. «Discover Ferrari & Pavarotti land» è il progetto che
invita a scoprire non solo le città, ma anche il territorio, per visitatori curiosi di cogliere tutto il meglio. «La mostra che ospitiamo qui
al Mef è l’elemento simbolico dell’iniziativa che vuole dare a questo
eccezionale territorio un’identità più completa», fa notare Antonio
Ghini, che dirige i due musei targati Ferrari, quello di Modena e
quello già più radicato nella patria delle Rosse. «A Maranello lo
scorso anno abbiamo accolto più di 330.000 visitatori. Molti di loro
arrivano, trascorrono un po’ di ore al museo e poi se ne vanno.
«La mostra che ospitiamo al Mef è l’elemento simbolico dell’iniziativa che vuole dare
a questo eccezionale territorio un’identità più completa», spiega Antonio Ghini.
«L’obiettivo è di offrire a tutti visitatori delle due strutture la possibilità di restare più tempo
e di scoprire le opportunità e le attrattive di tutto il territorio»
Idea vincente | Discover Ferrari & Pavarotti Land
il tour delle delizie
S
low food, fast cars. Uno speciale passaporto ci porta a
conoscere tutte le ricchezze (e le
ghiottonerie) del nostro territorio.
Dedicato a turisti curiosi e appassionati, il percorso «Discover
Ferrari & Pavarotti land» permette
di scoprire tutto il bello e il buono
del nostro territorio. Navette attrezzate collegano, con cadenza oraria, varie località e
musei della città e della provincia, oltre a
celebri aziende e consorzi testimonial delle
eccellenze di casa nostra. I mezzi accolgono i
visitatori ogni mattina alle stazioni dell’alta
velocità di Reggio Emilia e di Bologna, oltre
che alla stazione di Modena, e poi iniziano il
loro giro scandito da una serie di tappe: i
Musei Ferrari di Modena e Maranello, il centro storico di Modena con il Duomo e la
Galleria Estense, il Palatipico alla Palazzina
dei Giardini, la Casa museo di Luciano
Pavarotti in stradello Nava, l’abbazia di
Nonantola, Sassuolo con il Palazzo Ducale e
un minitour della ceramica. Secondo la filo-
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sofia «hop on hop off», i
visitatori possono scendere dalla navetta nel punto
che preferiscono: un’ora
più tardi, passerà un altro
mezzo che li accompagnerà alla tappa successiva.
Il percorso è costellato di tante soste interessanti e gustose: la Consorteria dell’aceto balsamico tradizionale a Spilamberto; le acetaie
Malpighi e Giusti; l’azienda agricola Hombre,
fondata da Umberto Panini alle porte di
Modena, che produce Parmigiano biologico e
possiede una straordinaria collezione di
Maserati; il caseificio 4 Madonne dove si può
seguire l’intero processo di produzione del re
dei formaggi; gli insaccati, prosciutto, mortadella e culatello al salumificio Villani di
Castelnuovo che ha anche inaugurato il
moderno Museo della salumeria; il vino
(lambrusco, of course) all’affascinante cantina nella villa di Cleto Chiarli e alle antiche
cantine Gavioli, con il loro museo del vino e
una sala in cui sono esposte le vetture di
Senna e Villeneuve, oltre a trofei e memorabilia. Ognuno dunque può decidere e scegliere e, se lo desidera, può effettuare il percorso anche con mezzi propri: il passaporto, del
costo di 60 euro, dà diritto a 48 ore di trasporti e visite gratuite in tutti i luoghi.
Peccato restare un giorno solo.
E sicuramente l’emozione di tutti sarà alle
stelle varcando la soglia della «casa rossa»,
la villa di Pavarotti immersa nelle campagne
attorno a Modena: Luciano ci ha lasciato
quasi otto anni fa, eppure qui sembra ancora
vivere nei suoi oggetti più cari, nei suoi abiti
di scena, nel suo frac e nel foulard bianco,
nella miriade di premi conquistati lungo più
di quarant’anni. Ci sono gli spartiti e le lettere che grandi personalità gli hanno indirizzato, oltre a video delle opere più famose.
«Tutto in questa casa parla di Luciano», dice
con commozione la moglie Nicoletta. «Ed è
per questo che abbiamo pensato di realizzare qui anche un museo multimediale dell’opera, un progetto unico al mondo».
I MUSEI PIÙ AMATI
Lo scorso anno il Museo Ferrari
di Maranello ha accolto
330.000 visitatori.
Il Mef ha toccato quota 91.000
più di
ingressi ed è in crescita.
Il mito delle Rosse sono ancora
il testimonial più efficace di Modena
nel mondo
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Cultura | Pronti per l’Expo
«Ferrari e Pavarotti hanno avuto in comune
la modenesità, il successo mondiale, il carisma
e il piacere delle cose di questa terra», ricorda
Antonio Ghini che dirige i due musei targati Ferrari,
quello di Modena e quello nella patria delle Rosse
a Maranello.«In più, nelle loro rispettive carriere
hanno ottenuto tantissimi premi
e riconoscimenti, sono stati sempre al top»
L’obiettivo è di offrire a tutti la possibilità di restare più tempo e di
scoprire le opportunità e le attrattive di tutta un’area: occorre
insomma passare da un turismo tradizionale, basato su mete definite, a un turismo più avanzato che ha un intero territorio (e non
una sola località) come sua meta».
Il fulcro di questo progetto è sicuramente qui, sotto il meraviglioso cofano giallo del Mef che la Ferrari ha assunto in gestione da
poco più di un anno: un luogo incredibile, che ti proietta quasi in un
universo a parte. È qui che si celebra l’ideale incontro fra Enzo
Ferrari e Luciano Pavarotti, due segni dell’eccellenza modenese.
«Avevano 37 anni di differenza, ma si conobbero e si stimarono: da
Modena sono arrivati al mondo, restando sempre con le radici e gli
affetti a Modena. Sono nati a Modena, sono sepolti a Modena, non
hanno mai abbandonato questa città e l’hanno portata in vetrina
ovunque», osserva Ghini. Dicono che anche il Drake, in gioventù,
avesse fra i suoi sogni quello di diventare un cantante lirico: di sicuro, facendo cantare il suo talento per la tecnica, ha saputo conquistare le luci della ribalta e dell’ammirazione. «Enzo e Luciano. Just
one stage, the world», dunque «soltanto un palcoscenico, il mondo»,
sentenzia uno slogan che chiude uno dei due video mozzafiato realizzati per l’occasione. «Ferrari e Pavarotti hanno avuto in comune
la modenesità, il successo mondiale, il carisma e il piacere delle
cose di questa terra», aggiunge il direttore del museo. «In più, nelle
loro rispettive carriere hanno ottenuto tantissimi premi e riconoscimenti, sono stati sempre al top. Tra l’altro, entrambi amavano il
cavallo: il tenore aveva anche una sua tenuta con maneggio,
Ferrari scelse il cavallino come simbolo della sua scuderia. Più vicini di così».
Il percorso della mostra consente di scoprire questo suggestivo
filo conduttore fra i due mondi, i motori e il bel canto, fra il rombo e
l’acuto. Tutte le vetture raccontano una storia, e significativamente ognuna è stata collegata alle parole di una romanza celebre, a
Verdi o a Puccini. E tutt’attorno alcuni elementi scenografici, concessi dalla Fondazione Arena di Verona e dall’Amo (Arena Museo
Opera), ci trasportano sempre più in quella dimensione fantastica
e in quella passione che la lirica, come l’automobilismo, sanno
accendere. La deliziosa 166 Inter Aerlux, la prima quattro posti
Ferrari, costruita nel 1948, appena un anno dopo l’apparizione
della prima Ferrari, con carrozzeria in alluminio, è come la
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Il percorso della mostra consente di scoprire
il suggestivo filo conduttore fra il mondo dei motori
e quello del bel canto. Ogni vettura racconta una storia
ed è stata collegata a una romanza celebre. Tutt’attorno
alcuni elementi scenografici concessi dalla Fondazione
Arena di Verona e dall’Arena Museo Opera trasportano
in quella dimensione fantastica e in quella passione
che la lirica, come l’automobilismo, sanno accendere
Sopra, Ferrari da corsa esposte al Mef. A destra, un momento
dell’inaugurazione della mostra: sul palco Antonio Ghini, Nicoletta
Mantovani, Piero Ferrari, Gian Carlo Muzzarelli e Stefano Bonaccini
«Celeste Aida»: celeste come il suo colore, insolito in quello che
sarebbe stato l’universo delle Rosse. Mentre LaFerrari del 2013, la
supercar dotata di un motore Hy-Kers di ultimissima generazione
capace di trasformare in elettricità ad alta tensione l’energia cinetica che andrebbe dispersa, si accompagna con l’iconico «Nessun
dorma» da «Turandot». Fianco a fianco, ecco due auto speciali, la
Maserati Sebring del 1962, che Pavarotti comprò usata con i guadagni dei suoi primi ingaggi, dopo il debutto del 1961 (e oggi è alla
Dorado, il Centro di guida sicura di Andrea De Adamich), e la
Ferrari 330 GT 2+2 del 1964 (3967 cc di cilindrata, potenza 300 Cv)
che lo stesso Drake guidò per diversi mesi, anche per sperimentare
alcune tecnologie, come l’aria condizionata e il servosterzo, richieste dal mercato americano. Al centro del grande anfiteatro delle
emozioni, una F40 del 1987, motore V8 doppio turbo, un vero oggetto del desiderio per tutti gli appassionati, una vettura talmente
esuberante da poter essere affiancata a un’aria potente come «Di
quella pira» dal «Trovatore» di Verdi: Pavarotti acquistò una F40, è
stata l’unica Ferrari che ha posseduto «e ne andava molto orgoglioso. Ma poi la vendette a malincuore, perché temeva che io potessi
guidarla e farmi male», ricorda la moglie Nicoletta Mantovani. E
oggi, rivela Antonio Ghini, la vettura che fu del tenore appartiene
nientemeno che a Sebastian Vettel, pluricampione del mondo di
F1, che proprio in questa stagione è entrato nella scuderia del
Cavallino: «Quando ha acquistato quella F40 non sapeva di chi
fosse stata in precedenza, e l’ha appreso soltanto poche settimane
fa attraverso gli archivi. È stata una bellissima sorpresa, e un legame ancor più forte con Modena».
Due destini che si uniscono, quelli di Ferrari e Pavarotti. Due
vite straordinarie che sono intrecciate e riassunte nei due video
(vere esperienze multimediali), proposti a cadenza regolare all’interno del Mef. Diciannove proiettori trasformano il padiglione in
un teatro dove le immagini e i suoni, e soprattutto la musica, ci
abbracciano e ci avvolgono. L’epopea di Enzo Ferrari viene scandita lungo gli anni, a partire da quel 1898 che lo vide nascere proprio
nella casa qui accanto: la passione per le corse, i primi successi da
pilota, il circuito del Savio, e poi la nascita della Scuderia, e via via
la Mille Miglia, la Formula Uno, i grandi campioni. Tutto scorre in
parallelo agli eventi della Storia, le due guerre mondiali, i movimenti artistici e i loro protagonisti, il Liberty e il Futurismo, De
Chirico e Giorgio Morandi, il Ballo Excelsior fin de siècle e «Voglio
vivere così», il «Nessun dorma» col «Vincerò» del tenorissimo e
«Nuvolari» di Lucio Dalla. Quindi passano tutti i personaggi che
hanno fatto parte del mito della Ferrari, Clay Regazzoni e Gilles
Villeneuve, e i vip che l’hanno amata e portata nel mondo, Steve Mc
Quinn, Mike Bongiorno, e bellezze patinate di un’altra epoca felice.
Il volante e l’archetto, i cilindri nel motore e la forza della voce: l’impareggiabile percorso di Luciano Pavarotti rivive nelle tappe della
sua eccelsa carriera, «Se quel guerrier io fossi», mentre i simboli del
suo personaggio, il foulard, il Borsalino, si incontrano con quelli
che hanno reso iconica la figura di Ferrari, come gli occhiali scuri
(«O sole mio»). Luciano canta «New York, New York» con Liza
Minnelli sul palco del Novi Sad, e la Rossa sfreccia per le strade
d’America. E, sì, «La donna è mobile», e le curve di belle ragazze
evocano le sinuosità delle auto da sogno. Davvero bisogna brindare
a due vite così, «Libiamo nei lieti calici».
È stata poi completamente rivisitata (di più, riallestita) tutta l’altra sezione del Mef, quella che ci invita nella vecchia officina di
Alfredo Ferrari, il padre di Enzo. Ora questo spazio è divenuto il
museo dei motori Ferrari. «Abbiamo lasciato libere e aperte le
grandi finestre per l’illuminazione, proprio perché a metà
dell’Ottocento questa costruzione era così», indica Ghini. «Non
c’era energia elettrica, e le ampie aperture servivano a far entrare
la luce naturale: questo era un luogo di lavoro, e gli operai dovevano avere le migliori condizioni di illuminazione in ogni ora del
giorno». Come lungo un asse, un ideale decumano, ritroviamo
l’evoluzione della ricerca e della tecnica Ferrari applicate al cuore
stesso delle vetture (da gara o granturismo): il motore.
L’esposizione è divisa in sei settori: quello dei propulsori sperimentali, quello dei motori a basso frazionamento, da 2 a 6 cilindri,
quello degli 8 cilindri, quello dei turbo, fino alla Formula 1. In ogni
area, un video 3D spiega le caratteristiche dei diversi propulsori, e
vengono anche esposti alcuni esemplari (naturalmente ammiratissimi) delle vetture che li hanno montati, dalla monoposto di
Ascari mondiale del 1952 e 1953 alla celebre Sport 750 Monza,
dalla Formula 1 turbo di Villeneuve alla F60, la prima Ferrari che
ha utilizzato il Kers. In una stanza è stato ricostruito anche lo studio di Enzo Ferrari, l’ufficio in cui riceveva ospiti e collaboratori
stretti: la statua di cera, seduta alla scrivania, ci ricorda il legame
che il commendatore aveva per la sua azienda e per quelle creazioni che per lui erano la vita, la sua «religione del lavoro». Non mancano le fotografie della famosa «saletta del museo degli errori»,
dove erano esposti i pezzi che avevano ceduto in gara.
«Lo scorso anno abbiamo contato 91.000 visitatori qui al Mef, e
il trend è in crescita, dunque contiamo di arrivare al break even
entro il 2016», dice Antonio Ghini. Sei su dieci, fra coloro che accedono al museo, arrivano dall’estero. «Ed è curioso notare la differenza di profilo fra i visitatori del Museo Ferrari di Maranello e
quelli di Modena. Là il pubblico è spesso anche familiare, legato in
particolare ai successi della Formula 1, mentre al Mef i visitatori
sono perlopiù gli appassionati di motori, scrupolosi e attenti perfino ai dettagli: se trovano un’imperfezione in una didascalia, ce lo
fanno sapere subito». È il segno di un amore che attraversa le generazioni, nell’automobilismo come nel bel canto, e diventa anche
l’amore per Modena. Un amore così grande, un amore così...
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