PMI: L`ALTRA FACCIA DELLA LUNA Dati e spunti per

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PMI: L`ALTRA FACCIA DELLA LUNA Dati e spunti per
PMI: L'ALTRA FACCIA DELLA LUNA
Dati e spunti per uno scenario di innovazione anche nelle
piccole imprese
a cura della redazione di Computerworld Italia
ICT e R&S >> Applicazioni, linguaggi e sistemi operativi
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Sommario
Piccolo è bello....................................................................................... 4
Friuli: parla Confindustria........................................................................ 6
In marcia verso l'innovazione................................................................... 7
“Ecco come una PMI italiana può permettersi un ERP esteso”........................ 9
Glossario............................................................................................. 11
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Introduzione
Brambilla.com. Abbiamo provato a sintetizzare così il concetto che regge la nuova rubrica
lanciata su Computerworld Italia: imprese piccole ma innovative. Brambilla, quindi, è il classico
imprenditore: si è “fatto da sé”, si dà da fare in qualche piccola nicchia produttiva o distributiva
e si lamenta, come tutti, delle tasse e dei servizi pubblici; ma ha anche l'occhio attento alle
idee innovative ed è pronto a sperimentarle, perché conosce l'IT – anche se spesso ci è
arrivato per vie traverse – e le nuove potenzialità che ne può ricavare.
E quando il tempo glielo permette, frequenta anche qualche convegno dove si parla di mercati
emergenti e globalizzazione, e visita qualche fiera locale sull'automazione e l'IT. Insomma il
nostro signor Brambilla è moderno e informatizzato, tanto da meritarsi il suffisso .com che gli
dà anche un doveroso tocco di internazionalità, visto che lui con l'estero ci lavora, anche grazie
all'e-mail e all'e-commerce.
In apertura di questo dossier vi presentiamo le prime due puntate della rubrica, partendo con i
dati di una ricerca del Censis su 530 imprese manifatturiere con oltre 20 addetti e 3 milioni di
euro di fatturato, dalla quale è emerso che per avere successo, anche a livello internazionale,
non è indispensabile essere grandi, a patto di mettere in atto strategie competitive molto
articolate. Procedendo andiamo nel dettaglio un'iniziativa di politica economica, la Legge
Regionale 4/2005 del Friuli Venezia Giulia, che offre un insieme di strumenti d'innovazione tra
cui scegliere. Iniziativa applaudita, come vedremo, anche da Confindustria.
Il dossier continua con un'altra buona notizia: dall'ultimo rapporto dell'Osservatorio PMI & ICT
della School of Management del Politecnico di Milano molte PMI italiane hanno deciso di
rinnovare i propri sistemi informativi (infrastrutture e applicazioni), con un crescente impiego
dell'ICT per innovare sia i prodotti e servizi sia l'assetto organizzativo e dei processi.
Infine analizziamo il caso di una PMI italiana, con 15 dipendenti e meno di 7 milioni di euro di
fatturato, che si è dotata di un sistema integrato esteso, un cosiddetto ERP (Enterprise
Resource Planning). L'obiettivo è comprendere le reali esigenze e i percorsi decisionali che
l'hanno portata a questa scelta.
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PICCOLO E' BELLO
Essere grandi non è indispensabile per avere successo: parola di Censis
di Daniele Lazzarin
Buone notizie per le PMI italiane: per avere successo, anche a livello internazionale, non è
indispensabile essere grandi, a patto di mettere in atto strategie competitive molto articolate.
E' il responso di un'ampia ricerca su 530 imprese manifatturiere con oltre 20 addetti e 3 milioni
di euro di fatturato, curata da AIP (Associazione Italiana Produzione) e dal Censis, e raccolta
nel libro 'Modelli di crescita delle PMI', edito da Il Sole 24 Ore. “Il progetto è partito nel 2006,
con l'idea di comprovare la convinzione, ampiamente diffusa, che la dimensione fosse una
variabile discriminante per la competitività internazionale – spiega Domenico Palmieri,
presidente AIP -: invece è emerso che esiste un nucleo di aziende tra 20 e 250 addetti che
negli ultimi anni si è reso competitivo a livello europeo con un vero recupero strutturale, ben al
di là della ripresa congiunturale, grazie a una serie di scelte che il libro propone come modelli
di crescita per tutte le PMI”.
Il concetto cruciale, continua Francesco Estrafallaces del Censis, coordinatore dell'indagine, è
che per avere successo non basta agire su una sola variabile, per esempio i costi, e quindi la
stessa delocalizzazione produttiva non serve se non rientra in una strategia più ampia.
“Questo gruppo di imprese fa innovazione in modo molto complesso e articolato, agendo su
diverse leve: una chiara strategia di mercato, spesso rivolta a una o più nicchie con prodotti
non solo di alta qualità ma pensati ad hoc per i diversi target; un'attività di distribuzione
sofisticata, basata su canali e opzioni diverse in funzione dei mercati; una nuova cultura
imprenditoriale, con delega di poteri e ricambio generazionale; e un forte ricorso alle relazioni,
sia con altre aziende - per collaborazioni non solo di fornitura ma anche di
commercializzazione, logistica e altri servizi -, sia con banche, enti pubblici come Camere di
Commercio e ICE, e fornitori ICT”.
A proposito di ICT, secondo l'indagine la situazione non è di così grave ritardo come
comunemente si crede. L'uso di e-mail e internet è ormai al 100%, le reti di pc sono
praticamente in tutte le aziende italiane, e oltre l'87% ha un sito web. Il nucleo davvero
avanzato, che usa sistemi CRM, supply chain management ed e-procurement, è intorno al
15%, mentre i gestionali/ERP sono più diffusi (22%). Discorso a parte per il VoIP, che pur
essendo una tecnologia piuttosto recente, è già presente in un'azienda su due, grazie
all'immediato valore di riduzione dei costi.
Per strumenti come ERP e SCM, che coinvolgono più funzioni aziendali e richiedono utenti ben
preparati, la soglia critica è quella dei 50 addetti. Quanto al CRM, a sorpresa l'adozione più alta
in assoluto è nella fascia tra 50 e 200 addetti, mentre e-commerce ed e-procurement sono
uniformemente diffusi. Quanto ai settori, ai primi posti come dotazione di CRM ed ERP ci sono
meccanica, farmaceutico e arredamento, mentre la logistica è sempre negli ultimi posti.
“Questa ricerca sfata due miti sull'impresa italiana: il nanismo imprenditoriale, e la scarsa
propensione all'innovazione, sia tecnologica che gestionale e organizzativa – spiega nella
prefazione del libro Giuseppe De Rita, segretario generale del Censis -. Inoltre conferma tre
cose: che la società diventa sempre più complessa, con crescente differenziazione delle
esigenze, e quindi molte opportunità di nicchia; che l'innovazione in Italia avviene più nelle
aziende che nelle università e nei laboratori; e che è vero che l'Italia è un sistema di piccole
imprese, ma negli anni molte crescono e diventano medie aziende di successo”. Il problema,
conclude De Rita, è che tutto questo riguarda una minoranza di aziende. La maggior parte del
sistema Italia è fatto di imprese statiche, specie del terziario, non esposte alla competizione
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internazionale e spesso inefficienti, e si sa che i processi di sviluppo in Italia non sono mai stati
trainati dalle minoranze”..
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FRIULI: PARLA CONFINDUSTRIA
"Ecco una legge che aiuta davvero le PMI". La parola a Giuseppe Morandini,
presidente Piccola Industria
di Daniele Lazzarin
La diffusa convinzione secondo cui la piccola impresa italiana non innova non piace affatto a
Giuseppe Morandini, presidente Piccola Industria di Confindustria: "L'imprenditore ha capito
che non basta più gestire, occorre innovare, altrimenti il mercato non perdona", ha detto a un
recente convegno del Sole 24 Ore sul tema. Precisando poi che "la dimostrazione è nel fatto
che le poche iniziative di politica economica davvero 'sintonizzate' sulle esigenze delle piccole
aziende funzionano: un esempio è la Legge Regionale 4/2005 del Friuli Venezia Giulia".
In effetti la norma citata da Morandini è definita dal noto sito economico lavoce.info come "un
caso di best practice" di politica economica di incentivi allo sviluppo, e "un approccio quasi
rivoluzionario" con cui la Pubblica Amministrazione propone un 'menu' di strumenti
d'innovazione tra cui scegliere. Le piccole imprese friulane possono chiedere fondi (da 20mila
a 500mila euro) per esempio per ottenere consulenza strategica (su temi come crescita
dimensionale e razionalizzazione organizzativa), per realizzare prototipi e produzioni di prova,
o per assumere manager commerciali a tempo che le aiutino a internazionalizzarsi, o per fare
ricerca e trasferimento tecnologico. Ma anche per favorire il passaggio generazionale della
proprietà o l'imprenditoria femminile. E come dice Morandini, l'idea della regione friulana si sta
dimostrando vincente: in un anno e mezzo di validità della legge le domande sono state 240
(nel 70% dei casi provenienti da realtà sotto i 50 addetti), per complessivi 27 milioni di
incentivi, a fronte dei quali le piccole aziende coinvolte hanno investito di tasca loro 135
milioni. E non sono i soliti contributi 'a pioggia': il finanziamento è legato a un iter di
valutazione che, se i fondi non sono usati per i progetti presentati, ne prevede anche la
restituzione.
"Si tratta in gran parte di progetti, come crescita, espansione all'estero, trasferimento
tecnologico, che richiedono capacità manageriali che noi piccole aziende dobbiamo cercare
all'esterno - commenta Morandini -. Da parte nostra, dobbiamo essere pronti a questi
cambiamenti, accettando 'salti' culturali davvero difficili per noi, come l'apertura a finanziatori
e manager degli assetti di governo societario, o la condivisione con altre aziende di un'unica
struttura commerciale per poter sbarcare sui mercati esteri". Oggi infatti i pilastri per essere
competitivi sono "la qualità assoluta, quella che rende unico l'insieme di prodotto e servizi
connessi; l'internazionalizzazione, che per diventare più facile va affrontata 'facendo rete'; e la
tecnologia, che deve supportare i primi due obiettivi". E qui, ci spiega Morandini, entra in gioco
l'ICT: "Per rendere le loro offerte realmente adeguate a queste esigenze concrete delle piccole
imprese, i fornitori ICT devono ascoltarci di più, per imparare a riconoscere le nostre
specificità". Le piccole imprese, insiste il presidente Piccola Industria in Confindustria, spesso
incontrano ancora grandi difficoltà di dialogo con
Fame di manager
le aziende ICT: "Credo non serva a nessuno,
Ecco alcuni dati sulla Legge Regionale 4/2005 del
neanche a chi li produce, farci comprare
Friuli Venezia Giulia dopo circa un anno e mezzo di
computer o applicazioni che poi si dimostrano
vigenza (dati aggiornati al 2 febbraio 2007):
Business plan: presentati 240, approvati 104,
inutili, difficili da usare o troppo onerosi per i
respinti e ritirati 31, in valutazione 105. Incentivi
nostri budget; ciò che serve non è solo vendere i
già concessi: 27,048 milioni di euro, a fronte di
migliori software, ma offrire garanzie certe e
162,68 milioni investiti dalle imprese. Dotazione
misurabili dei risultati che si possono ottenere in
ancora disponibile: 53,357 milioni di euro.
azienda introducendo le nuove tecnologie"..
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IN MARCIA VERSO L'INNOVAZIONE
L'ultimo Osservatorio del Politecnico di Milano sulle PMI evidenzia l'evoluzione delle
infrastrutture e l'integrazione delle applicazioni
di Ornella Fusina
Il positivo clima economico da un lato, e la necessità di rafforzare la competitività sul mercato
nazionale e globale, dall'altro, stanno inducendo molte PMI italiane a rinnovare i propri sistemi
informativi, sia a livello di infrastrutture che di applicazioni. La buona notizia viene dall'ultimo
rapporto dell'Osservatorio PMI & ICT della School of Management del Politecnico di Milano, che
ha analizzato 1.060 PMI e 60 casi di studio, dai quali emerge un crescente impiego dell'ICT per
innovare sia i prodotti e servizi sia l'assetto organizzativo e dei processi.
Gli imprenditori italiani sono da sempre dei veri maestri dell'innovazione radicale, ovvero di
quell'innovazione di prodotto che non segue l'evoluzione dei modelli socio-culturali dei
consumatori, ma che crea dei nuovi significati e dei cambiamenti radicali di senso, dichiara
Roberto Verganti, ordinario di gestione dell'innovazione del Politecnico di Milano.
E questo avviene spesso, contrariamente a quanto ci si può aspettare, non tanto grazie al
design italiano, ma alla capacità e al coraggio delle imprese italiane di tradurre in prodotti idee
radicalmente innovative. “I prodotti più innovativi creati in Italia, come la libreria Bookworm di
Kartell, alcune lampade Metamorfosi di Artemide o il bollitore di Alessi sono stati disegnati da
israeliani (Ron Arad, ndr) e tedeschi (Richard Sapper, ndr). Il merito di queste aziende italiane
è di aver deciso di produrre quelle idee così innovative”.
Questo modo di innovare presuppone un processo aperto e un grande intreccio di relazioni con
attori esterni, fa notare Vittorio Chiesa, ordinario di strategia e organizzazione della R&D del
Politecnico di Milano: dalle università agli enti di ricerca, alle società specializzate in servizi
tecnico-scientifici e di R&D, fino agli inventori individuali (“Kraft l'anno scorso ha messo un
annuncio sul giornale per cercare nuove idee di alimenti”).
Questo modo di innovare attraverso partnership, che permette di ridurre i costi e i tempi e
accedere a più idee, è da tempo utilizzato da colossi dell'industria, soprattutto ICT (IBM, Cisco,
Intel, Alcatel-Lucent), ma anche automotive e chimica (BMW e Procter & Gamble).
Ora cominciano a vedersi esempi anche tra le PMI italiane. Uno è quello di un'azienda di
Treviso da 7 milioni di euro di fatturato, che produce tappi per l'imbottigliamento del vino e
che per differenziarsi dai concorrenti e aumentare i margini di profitto aveva deciso di creare
un tappo di plastica per vino di qualità. Con il supporto di due università italiane, un ente di
ricerca svedese e un fornitore di macchinari per lo stampaggio, questa azienda (di proprietà di
un ingegnere) ha 'inventato' un nuovo tappo in grado da aumentare il suo vantaggio
competitivo. “Non è trovare l'idea innovativa la parte più difficile, ma le attività di supporto per
realizzarlo, dalla ricerca dei materiali e macchinari alla normativa sulla proprietà intellettuale: è
su queste che occorre fare partnership – afferma Chiesa -, creando un piccolo nucleo di
competenze interne per gestire questo network di partner”.
Venendo al ruolo delle tecnologie ICT, queste possono servire sia per innovare l'output (ovvero
il prodotto o servizio) sia l'assetto tecnico-organizzativo e i modelli di business, ovvero 'il modo
di fare le cose'. Dall'analisi dell'Osservatorio del Politecnico di Milano emerge che in media le
piccole e medie imprese italiane spendono in IT 847 euro per addetto l'anno. Che è la metà o
un terzo rispetto ad altri Paesi europei, ma abbastanza in linea con il dato nazionale (880 euro
per occupato nel 2005, secondo Aitech-Assinform). Con tutte le variazioni del caso a seconda
delle dimensioni della PMI, e con un'avvertenza: un valore elevato di spesa IT può significare
una particolare predisposizione dell’impresa all’innovazione ICT, ma può essere anche il
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sintomo dell’utilizzo di un’infrastruttura IT e di un parco applicativo obsoleti, che richiedono
spese rilevanti di manutenzione, sottolineano i curatori dell'Osservatorio.
Così si scopre che se i sistemi operativi delle PMI italiane “non brillano per innovazione”,
perché il 65% delle PMI utilizza ancora Windows 2000 e 2003, ma le infrastrutture del 55% di
queste imprese sono in evoluzione, hanno cioè un buon livello di aggiornamento, anche se non
sono ancora del tutto complete e coerenti; e il 16% possono già considerarsi evolute (il 23%
sono ancora embrionali e il 6% proprietarie). Considerando invece la maturità applicativa, un
buon 45% delle imprese dispone di un portafoglio integrato di applicazioni, in grado di
supportare i processi in modo integrato (per lo più gestionali nazionali e sviluppati ad hoc).
Di conseguenza, la maturità ICT nel suo complesso (infrastrutturale e applicativa) risulta
buona in un terzo delle PMI, le quali dimostrano così di considerare l'ICT un investimento e di
saper utilizzare questa leva in modo proattivo; gli altri due terzi delle PMI devono essere
considerate ancora immature, in quanto utilizzano in modo strumentale la leva ICT: il che
permette di contenere la spesa, ma vincola lo sviluppo futuro dell'azienda.
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“ECCO COME UNA PMI ITALIANA PUÒ PERMETTERSI UN ERP
ESTESO”
Il caso di Clamp, che ha adottato un sistema con CRM, gestione logistica e business
intelligence
di Daniele Lazzarin
Gli sviluppi futuri
Nata nel 1983, Clamp distribuisce prodotti per il
serraggio industriale (collari e fascette stringitubo,
per il cablaggio e per l'identificazione) di
produzione propria o come rivenditore dei
principali operatori del settore, americani, inglesi,
spagnoli e turchi. Ha sede a Cerro al Lambro (MI)
e oggi conta 15 dipendenti con un fatturato 2006
di 6,7 milioni di euro (la previsione 2007 è di 7,25
milioni). Tra i clienti aziendali ci sono Case New
Holland, Jacuzzi, Malaguti, Manuli, Piaggio.
Quanto agli sviluppi futuri del sistema informativo,
"quest'anno estenderemo Baan al nostro
stabilimento di Padova, che gestisce gli ordini non
standard - ci spiega Giuffrida -, mentre negli anni
prossimi occorrerà supportare la crescita
dell'azienda: stiamo valutando se andare
all'estero, e se ampliare la gamma a tubi, raccordi
e viterie, o fornire preassemblati invece di singoli
componenti, come ci impongono le logiche di
riduzione del numero di fornitori dei nostri clienti".
Di sistemi integrati estesi per le piccole e medie
aziende italiane si parla ormai da anni, eppure
queste realtà sono state raggiunte solo in minima
parte dai fornitori ERP. E' interessante quindi
capire dai casi concreti le reali esigenze e
percorsi decisionali di una PMI di fronte a una
soluzione del genere. Qui raccontiamo il caso di
Clamp, specialista di prodotti per il serraggio
industriale con 15 dipendenti e meno di 7 milioni
di euro di fatturato, che ha adottato un sistema
ERP nell'ambito di un'ampia strategia di crescita
tuttora in corso.
"Il progetto è nato 5 anni fa, durante il passaggio
da azienda familiare a struttura più complessa –
ci spiega Matteo Giuffrida, amministratore
delegato di Clamp -. Avevamo già un gestionale
italiano, ma era ormai insufficiente di fronte a
varie esigenze". Una di queste era unificare la
gestione dell'operatività quotidiana: "Molti ormai elaboravano per conto proprio i dati estratti
dal database con strumenti come Excel e Access, 'bypassando' il gestionale". Un'altra era la
necessità di supportare sia l'area commerciale ("con circa 3mila clienti attivi") che quella
logistica ("abbiamo un magazzino di 1.500 mq"), fino allora sguarnite dal punto di vista IT.
"L'alternativa era tra cambiare il sistema ERP, e comprare delle soluzioni per completare il
sistema esistente, una di CRM o SFA (sales force automation), e una di gestione del magazzino
(WMS)". Nel secondo caso Giuffrida avrebbe dovuto rivolgersi a nuovi fornitori, dato che l'ERP
esistente aveva funzioni CRM molto orientate all'e-commerce ("che allora non ci interessava")
e non aveva WMS.
A quel punto Clamp ha ricevuto un'offerta 'chiavi in mano' da Baan Italia, poi comprata da
Infor (infatti ora il software si chiama Infor ERP LN): "Rischiavamo di fare il classico 'passo più
lungo della gamba', ma d'altra parte potevamo avere una soluzione che comprendeva tutto:
ERP, CRM e gestione del magazzino". La situazione finanziaria di Baan (allora in crisi) e la
possibilità che venisse comprata, come poi è avvenuto, non ha preoccupato Giuffrida: "Ho
pensato che un eventuale compratore avrebbe comunque supportato e portato avanti il
prodotto".
Contrariamente all'usuale politica di impegno diretto solo sui grandi clienti, Baan ha usato il
caso di Clamp come 'laboratorio' per accumulare competenze sulle PMI italiane: "In cambio,
noi ci siamo impegnati a non chiedere personalizzazioni – spiega Giuffrida – ma d'altra parte
dopo un'attenta mappatura è emerso che tutte le particolarità dei nostri processi critici erano
riproducibili configurando il software, cosa che ritengo valga almeno per l'80% dei processi di
qualsiasi PMI".
Investimento: 200mila euro
Il progetto è iniziato nel maggio 2003, con 'go live' a gennaio 2004: "Siamo partiti senza grossi
problemi, ma il cambio di marcia è venuto con l'arrivo di un direttore operativo abituato a
ragionare per processi – spiega Giuffrida -. Ancora adesso il sistema è gestito da me e da lui".
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Nei due anni successivi sono poi stati implementati SFA, gestione di magazzino, e business
intelligence. La SFA è stata integrata con il ciclo attivo dell'ERP, con accesso dall'esterno in
remoto via VPN. La soluzione per la logistica utilizza radiofrequenza e bar code e gestisce
dimensione del lotto, intervallo di riordino, impacchettamenti e ubicazioni. La business
intelligence si basa su un 'cruscotto di controllo' che misura vari indici di efficienza di
magazzino e di servizio al cliente: "A questi abbiamo legato un sistema di incentivi, per
esempio il 20% della retribuzione dei magazzinieri è legato a questi parametri".
L'investimento fino a oggi, spiega Giuffrida, è di 200mila euro tutto compreso: "Se avessi
tenuto il sistema precedente, comprando solo le soluzioni di CRM e WMS e integrandole, non
avrei speso di meno". Quanto ai benefici, "l'introduzione della contabilità industriale e analitica
è stata cruciale, e il valore di magazzino gestito è aumentato da 700mila a un milione di euro a
parità di magazzinieri; gli errori sono stati azzerati e inoltre ora siamo perfettamente in grado
di valutare i livelli di performance e di servizio".
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GLOSSARIO
CUSTOMER RELATIONSHIP MANAGEMENT (CRM)
Area in cui rientrano soluzioni software e hardware dedicate alla gestione del rapporto con
la clientela
E-PROCUREMENT
Termine che indica i processi di approvvigionamento svolti attraverso sistemi elettronici e
reti
ENTERPRISE RESOURCE PLANNING (ERP)
Un insieme di moduli software, completo di funzionalità specifiche, che consente
all'azienda di integrare in tempo reale i dati e di gestire funzioni e processi operativi
SALES FORCE AUTOMATION (SFA)
Automazione della forza vendita, ossia un'area applicativa che va a supporto di
quest'ultima per svolgere i vari processi coinvolti, dall'avvio alla conclusione della vendita
SUPPLY CHAIN MANAGEMENT (SCM)
Sistema software per la gestione dello scambio di informazioni fra un’azienda e i suoi
fornitori.
VOICE OVER IP (VoIP)
Tecnologia che rende possibile effettuare una conversazione telefonica sfruttando una
connessione Internet o un'altra rete dedicata che utilizza il protocollo IP, anziché passare
attraverso la normale linea di trasmissione telefonica.
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Documento reperibile, assieme ad altre monografie, nella sezione Dossier del sito
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Documento pubblicato su licenza Nuov@ Periodici Italia
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