maestri di frontiera

Transcript

maestri di frontiera
collana
MAESTRI DI FRONTIERA
dello stesso autore nel catalogo Àncora
C.S. Lewis
Tra Fantasy e Vangelo
Andreas Hofer
Il Tirolese che sfidò Napoleone
Chesterton e Belloc
Apologia e profezia
La cucina di Narnia
Ricette e menu dal mondo di Aslan
Il destino di Frankenstein
Tra mito letterario e utopie scientifiche
Gli eroi del Signore degli Anelli
Il destino di Frankenstein
Tra mito letterario e utopie scientifiche
Fino all’abisso. Il mito moderno di Moby Dick
Giochi da hobbit
Feste e divertimenti dalla Terra di Mezzo
John Henry Newman
Profilo di un cercatore di Verità
La mappa de Lo Hobbit
Guida + mappa
Quel cristiano di Guareschi
Un profilo del creatore di Don Camillo
Il ritratto di Oscar Wilde
Tolkien: il mito e la grazia
Il catalogo Àncora aggiornato si trova su www.ancoralibri.it
Paolo Gulisano
Un uomo
per tutte le utopie
Tommaso Moro e la sua eredità
© 2016 ÀNCORA S.r.l.
ÀNCORA EDITRICE
Via B. Crespi, 30 - 20159 Milano
Tel. 02.345608.1 - Fax 02.345608.66
[email protected]
www.ancoralibri.it
N.A. 5616
ISBN 978-88-514-1703-1
Stampa: Àncora Arti Grafiche - Milano
Questo libro è stampato su carta
certificata FSC , che salvaguarda le foreste,
in uno stabilimento grafico
con Catena di Custodia certificata FSC
(Forest Stewardship Council ).
®
®
Prima parte
Tommaso Moro e Utopia
I
Il mito dell’altrove
«Se questa vita è così deludente
e così incompiuta,
certamente essa non è tutto»
John H. Newman
Nel 1516 fu pubblicato un libro destinato ad essere non solo un
capolavoro immortale, ma anche a costituire un vero e proprio
paradigma in campo letterario, filosofico e politico. Utopia era nata
dalla fervida mente dell’inglese sir Thomas More.
Colui che in quel momento era uno degli umanisti più in vista
d’Europa, consigliere del re d’Inghilterra Enrico VIII, brillante
avvocato e raffinato intellettuale, pubblicò un’opera scritta in lingua latina in cui descrive un’isola immaginaria, una società ideale.
Moro derivò il termine dal greco antico con un gioco di parole
fra ou-topos (cioè non-luogo) ed eu-topos (luogo felice); utopia è
quindi, letteralmente un «luogo felice inesistente».
Il grande umanista dipinse un opposto idealizzato della società
a lui contemporanea, che egli sottopose a una satira sottile. La
parola utopia da allora entrò nel lessico comune con il significato
di sogno, progetto, immaginazione proiettata nel futuro.
Eppure Moro era tutt’altro che un sognatore, un uomo in fuga
dalla realtà. Era un uomo estremamente concreto, abituato ad
affrontare l’esistenza propria e degli altri, le persone della sua
famiglia, coloro i cui casi giudiziari gli erano affidati e che per
lui erano sempre prima di tutto persone, e non appunto «casi».
Un uomo che si prendeva cura della vita pubblica, della politica,
7
del bene comune dei suoi concittadini inglesi. Un uomo caratterizzato da una profonda, intensa fede, che anni dopo lo avrebbe
portato al patibolo, vittima di quel re che aveva fedelmente servito ma che non seguì nella sua rottura con Roma, con la Chiesa
universale.
Virtù che secoli dopo sarebbero state riconosciute dalla Chiesa
stessa, dopo che lo erano state dal piccolo gregge cattolico di Inghilterra, perseguitato a lungo. Nel 1935 Tommaso Moro fu canonizzato da papa Pio XI, e anni dopo un altro papa, san Giovanni
Paolo II, lo avrebbe proclamato santo protettore dei politici, una
categoria di persone che effettivamente ha un enorme bisogno di
protezione sovrannaturale, in primo luogo per sfuggire alle tentazioni del potere cui sono sottoposti, nei confronti delle quali si
rivelano debolissimi nella propria resistenza, con conseguenze che
sono sotto gli occhi di tutti.
Un santo, dunque, l’autore di una chimera letteraria, filosofica,
politica?
La parola utopia in effetti non sembrerebbe appartenere strettamente al «gergo» della Chiesa, che usa terminologie molto concrete
per definirsi e per definire la propria missione: popolo, gregge,
corpo stesso di Cristo. Il cristianesimo nasce a partire da un fatto,
un avvenimento assolutamente concreto: il farsi carne di Dio in
un bambino, Gesù, nonché nella passione, morte e resurrezione
di quest’ultimo.
Se tuttavia è vero che la parola utopia è molto usata nell’ambito
politico e culturale, presenta anche alcuni aspetti religiosi molto
importanti. Un’utopia (il cui significato è letteralmente non luogo,
un luogo che non c’è) è un assetto politico, sociale, nonché religioso
che non trova riscontro nella realtà, ma che viene proposto come
ideale e come modello. Indica una meta intesa come puramente
ideale e non effettivamente raggiungibile; in questa accezione può
avere sia il connotato di punto di riferimento sul quale orientare
azioni praticabili, sia quello di mera illusione e di ideale irraggiungibile.
8
L’utopista – sia come coniatore di utopie, sia come semplice
propugnatore, sia come pensatore utopico critico – può quindi
essere tanto colui che costruisce le sue ipotesi ideologiche prescindendo dalla realtà – come Lenin, che affermava che se le sue
idee non coincidevano con la realtà, tanto peggio per la realtà
– quanto colui che indica un percorso che ritiene al contempo
auspicabile e pragmaticamente perseguibile. Nell’uso comune,
utopia e utopismo sono spesso associati a pensieri e comportamenti velleitari. Molto spesso anche il cristianesimo viene indicato
come un’«utopia». La via mostrata da Cristo sarebbe troppo «alta»,
impraticabile, e quindi utopica, così come una società fondata su
principi cristiani.
Eppure il termine utopia fu coniato da un santo, un martire,
Tommaso Moro, che per difendere i suoi ideali, che erano realtà
ben concrete, finì sul patibolo. Ideali concreti, e non sogni o visioni
ideologiche: la verità, la giustizia, il bene comune del popolo, l’unità
della famiglia.
Moro aveva compreso con straordinaria lucidità dove avrebbe
portato la strada aperta dal suo ambizioso sovrano: all’esatto contrario di un «luogo buono» in cui vivere, ma a un Paese oppresso
da una feroce oligarchia che per egoismo si sarebbe fatta beffe dei
valori per cui Moro si batté fino alla morte, pur di non venir meno
alla verità.
Quelli in cui Moro pubblicava il suo romanzo erano anni fervidi,
anni che precedettero eventi eccezionali e drammatici per la storia
europea e del mondo: Erasmo da Rotterdam aveva appena scritto
– nel 1511 – l’Elogio della follia, un’opera peraltro dedicata allo
stesso Moro, e nel 1513 Machiavelli redasse Il Principe, manifesto
del pragmatismo politico. Infine, un anno dopo Utopia, nel 1517,
Martin Lutero pubblicò le sue tesi, e diede inizio alla Riforma. Si
apriva così una stagione non solo religiosa, ma anche politica, che
avrebbe sconvolto per sempre gli scenari europei.
9
Le utopie prima di Utopia
Utopia rappresenta il capostipite di un genere che avrebbe prodotto nel corso dei cinquecento anni seguenti una lunga serie di
opere immaginarie. Tuttavia, anche prima di Moro troviamo delle
«proiezioni utopiche».
Nel mondo classico l’immaginario umano si riversa in primo
luogo nel Mito.
Il termine «Mito» etimologicamente significa «parola», e quindi
sembrerebbe essere un sinonimo di «Logos», termine al quale in
realtà viene spesso contrapposto. Si potrebbe invece sostenere una
complementarietà delle due espressioni, con sfumature diverse: il
Mito – parola di racconto, di narrazione – è la parola di chi domanda, è la ricerca, il grido dell’uomo che chiede un significato
per la sua esistenza e per il cosmo.
Il Logos è la parola che è risposta. Il Mythos presuppone un Logos,
così come ogni domanda vuole una risposta.
Così la narrazione mitologica ha origine con la nascita stessa del
linguaggio dell’uomo. I primi uomini che si radunavano attorno
al fuoco, la sera, nel riferire le rispettive esperienze sulla giornata
tendevano certamente ad esagerare le loro imprese – fantasticando
su quanto avevano compiuto, sulle creature da essi incontrate. Nascono così gli eroi e i loro antagonisti, i mostri. E a seguire foreste
incantate, città dalle mura d’oro e così via. I cacciatori e i guerrieri
della tribù, ingigantendo le loro gesta, vedevano aumentare il loro
prestigio sociale.
La narrazione fantastica primitiva aveva inoltre un valore apotropaico, cioè di allontanamento da un pericolo: ad esempio si
raffigurava il bisonte ferito a morte durante la caccia; oppure un
valore propiziatorio, come quando si raffigurava una donna incinta, nella speranza che ciò accadesse nella realtà.
I racconti fantastici degli uomini primitivi, in un’età che precede
ogni possibile osservazione storica o archeologica, si coagularono nei miti. Possiamo definire i miti come storie di dei e di eroi,
10
collocate in una sorta di passato assoluto, cioè fuori dal tempo
storico, che assumono un valore esemplare per gli uomini delle
età successive.
Sull’origine storica dei racconti e delle figure mitiche si possono
fare solo congetture. C’è chi ha pensato che gli dei non siano altro
che le forze della natura, divinizzate dai primitivi, che non sapevano spiegarle razionalmente.
Secondo il cosiddetto evemerismo (così detto perché basato
sulle teorie del filosofo greco Evèmero, vissuto nel III a.C.) gli
dei non sono altro che uomini delle età antiche, divinizzati dai
loro discendenti per la loro forza straordinaria e le loro imprese
sovraumane.
Con l’inizio dell’età storica, cioè verso il 4000 a.C., i miti andarono a convogliarsi nei riti: si ebbe cioè un passaggio dalla
fase puramente narrativa – anche se tali narrazioni servivano
comunque come spiegazioni della natura del mondo – a una fase
religiosa, in cui i cittadini erano chiamati a una partecipazione rituale necessaria per garantire l’unione con il dio (spesso mediante
l’orgia sacra), e in ogni caso la benevolenza degli dei verso la vita
familiare, sociale, economica del fedele.
In un’altra direzione, l’insieme dei racconti mitologici fornì la
materia ai poemi epici, che in una prima fase, durata vari secoli,
vennero tramandati oralmente, fino ad essere fissati per iscritto
a partire dal VI secolo a.C., ad opera di grandissimi poeti come
Omero e Virgilio.
Opere come l’Iliade, l’Odissea e l’Eneide fanno parte del patrimonio artistico dell’umanità, che vi ritrova, espressi con originale schiettezza, i valori fondamentali della vita: l’amore, il senso
dell’onore, l’attaccamento alla famiglia e alla patria, la religiosità,
la giustizia.
Ed è proprio in Omero che troviamo una prima prefigurazione
«utopica». Nel libro VII dell’Odissea è descritto il giardino di Alcinoo, uno scenario utopico dove le fioriture si susseguono senza
soluzione di continuità con il progredire delle stagioni.
11