Leggi l`elaborato - Fogli di Viaggio

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Leggi l`elaborato - Fogli di Viaggio
Solo una contesa combinazione di acque separa il Marocco dalla Spagna, l’Africa dall’Europa, ma
abissale è invece la differenza che trovi una volta arrivato a destinazione. E se per particolare
ambizione, per la casualità degli eventi o per un semplice scherzo del destino vi arrivi nel periodo
di Ramadan, scopri come un mondo già di per se caotico, possa in quei giorni sprofondare in una
totale inversione tra il giorno e la notte, oscillare tra la quiete e l’euforia, tra il vivere intensamente
ed il sopravvivere.
Puoi capire il ritmo, il vigore, la dedizione con cui vengono affrontate e vissute le estenuanti
giornate e le interminabili notti di questo nono mese del calendario Islamico, in cui ognuno deve
astenersi, durante il giorno, dal mangiare, bere, fumare, dalla pratica dell’attività sessuale e dal
compimento di qualsiasi gesto ritenuto violento, sia anche il solo litigare, calunniare, denigrare.
Dalla Medina delle Città Imperiali alle campagne, dal deserto del Sahara all’oceano Atlantico, da
Merzouga, Ouarzazete, Essaouira, dall’azzurrità di Chefchaouen alla bianca Agadir, dall’alba al
tramonto tutto sembra avvolto in un’ atmosfera ovattata: persone e animali centellinano i passi;
le case si fanno sonnolente; uffici pubblici, musei e negozi si offrono al pubblico ad orari ridotti.
Il giorno esausto cede poi il passo alla notte, il sole fa staffetta con la luna e la platea di stelle, ogni
piccolo villaggio ed ogni città si accende; va in scena una continua, intensa ed ineguagliabile magia.
Ma è raggiungendo Marrakech, la più intricata e folcloristica delle Medine Marocchine, che
veniamo inghiottiti dall’inesorabile fiume del tempo che lentamente, con il suo scorrere, ci
trascinerà con se fino all’estasi.
Arrivo in una mattina torrida di Agosto; attendo all’aeroporto semi deserto per un tempo tale da
farmi credere che si siano dimenticati del mio arrivo, fin quando vengo raggiunta da un ragazzo
che, con evidente sacrificio, mi accompagna fino alla città. Percorriamo le strade intorno alla
Medina caotiche di traffico e giunti al suo ingresso proseguiamo a piedi. Solo una manciata di
minuti tra angusti vicoli polverosi, alla cui ombra giocano bambini urlanti, e giungiamo davanti ad
un curatissimo portoncino in legno allineato a svariate porte fatiscenti, al cui interno si cela il riad
che mi ospiterà per il soggiorno a Marrakech. Mi viene aperto; entro: quando chiudo la porta alle
mie spalle trovo ad attendermi un microcosmo incantato: aria fresca inebriata del profumo di fiori
d’arancio, un silenzio che smarritosi è andato a trovare rifugio in questo angolo di Medina, il
gorgoglio di una piccola fontana ombreggiata da palme, lo spensierato cinguettio degli uccelli, una
gentile signora che leggera mi viene incontro, come se fosse al di là del delirio che c’è oltre la sua
porta …
… viene da chiedersi se Qualcuno non sia passato da qui solo una volta dimenticando poi di
tornarvi…
Aggirandosi nella Medina alle prime ore del giorno, si avverte un qualcosa che costringe a
muovere passi lenti e silenziosi, come sulle nuvole. I vicoli sono inebetiti dalla calura; alcuni uomini
si ritrovano raggruppati e seduti all’ombra di muri scalcinati; altri provano a tenere timidamente
aperta la porta della loro umile bottega, al cui esterno fanno mostra di se pane secco, verdura,
boccioli di rosa essiccati, borse in paglia, ciabatte, abiti e tutto ciò a cui la fantasia può arrivare
concedendosi solo un piccolo sforzo. Molte attività sono chiuse. Donne con i loro veli in testa e
bambini appesi ovunque, alle spalle, alle braccia o sulla schiena, incedono con il loro pellegrinare
acquistando cibo ed acqua con cui andranno a sfamarsi durante le ore notturne, o si recano alla
moschea per la preghiera del mattino. Un uomo in un angolo, impegna le sue energie ingannando
una donna senza vista anziché ingannando il tempo, tentando di venderle del pollame al posto di
un tacchino.
Si percepisce come ogni movimento del corpo sia misurato con il fine ultimo di trattenere le
energie per arrivare al tramonto. Solo l’uomo della passamaneria è intento nel lavoro che compie
da decine e decine di anni, da centinaia e centinaia di ore, come non sentisse il caldo, la fame, la
sete. Lo trovi fuori dalla sua bottega, ogni giorno ad ogni ora, con fili sottili colorati tra le mani, e
camminando lentamente, avanti e indietro avanti e indietro tra i ganci che li tengono sospesi al
muro, dopo migliaia e migliaia di passi tra le sue mani avviene la metamorfosi: i fili diventano
cordoncino, ricamo o nappa che andranno ad ornare abiti, bottoni, divani; corpetti di tuniche che
avvolgeranno corpi femminili.
Continui a camminare senza meta, con l’illusione che la tua stella immaginaria guidi i tuoi passi
orientandoti nell’intricato labirinto della Medina, ma non ci riesce, non puoi calcolare che
d’improvviso, il palcoscenico di Marrakech si aprirà davanti ai tuoi occhi: la mistica Djemna El Fnaa,
sorvegliata dall’alto da minareti e palazzi fatiscenti color ocra. Lo spazio immenso è quasi deserto…
solo un piccolo movimento sul lastricato attira lo sguardo, il movimento di un uomo inginocchiato
a raccogliere quello che sembra essere ciò che rimane di una festa appena conclusa; ma lo noti
appena, devi avvicinarti per capire, accecato come sei dal sole che biancheggia un tutt’uno tra le
sue vesti e la distesa di pietra che si estende fino alla moschea.
Scorre la giornata e la vita ha una graduale, intensa ed inesorabile evoluzione; con l’arrivo del
pomeriggio e l’approssimarsi del tramonto, lentamente dalle porte brulicano persone come
formiche dopo un lungo inverno; un fiume umano si dirige verso la moschea per la preghiera della
sera e se ti ritrovi in mezzo a loro ti senti disorientato, smarrito, come svuotato di qualcosa; ti senti
sasso in mezzo al fiume in piena, tanta è la dedizione per la quale un’intera città,
improvvisamente, svuota le strade e le case per riversarsi in un'unica grande spianata, stendere il
suo telo, inginocchiarsi… e pregare.
Resta solo il vento, messaggero dei Muezzin che richiamano alla preghiera: leggero lamento che
galleggia nell’aria, interrotto qua e là da ritardatari passi che si affrettano verso la moschea.
Ti accorgi poi che tutto è finito perché man mano le strade e le piazze tornano a riempirsi, ogni
persona riprende il suo posto, lentamente ma costantemente, come acqua che torna dopo la
bassa marea: con paziente memoria.
Nelle strade fermenta l’euforia, il silenzio dei passi va a mischiarsi con lo scoppiettio di motorini
urlanti, i clacson delle auto, gli zoccoli di cavalli che calpestano le pietre; per i vicoli si accalcano
decine e decine di carretti a due ruote trainati da uomini ricurvi che andranno ad occupare il loro
posto in piazza, dove avrà vita l’incantesimo più grande.
Cala la notte Marocchina; le strade ed i vicoli traboccano di persone, animali, mercanzie, suoni,
profumi e odori; banchi con montagne di frutta essiccata colorano la notte, uomini su carri da Far
West vendono spremute di agrumi dissetanti, cordoni di cucine itineranti ricoprono la piazza e
saturano l’aria con intensi profumi speziati; un mare di tavoli in legno si distende sotto la coltre di
fumo che sale dai chioschi, andando a creare un'unica grande tavolata in festa. Giocolieri,
incantatori di serpenti, cartomanti ed acrobati si riversano in piazza donando agli occhi spettacoli
che non hanno prezzo; carrozze con cavalli offrono tentativi di crociere tra il mare di folla; uomini
cercano di vendere la loro pazza idea di colore, con piccoli ventagli di paglia intrecciata, palloncini
appesi ad un filo, o con parabole di luce disegnate da eliche in plastica lanciate in aria, con negli
occhi la meraviglia di chi ha a che fare con la più innovativa delle tecnologie. Suonatori e danzatori
improvvisati si avvicendano al centro di cerchi umani provocando emozioni, ricordi; forse un
accenno di malinconia sul volto della donna dal velo nero che sembra cullata dalle note e dai
sogni.
Può succedere che si resti prigionieri in questo turbine di vita, non fosse altro perché non riesci più
a distinguere il battito del tuo cuore che disorientato e disarmato, si è perso chissà dove, si è
confuso chissà con cosa, si è soffermato chissà perché... Ma alzate gli occhi, mirate alla balaustra
di una terrazza panoramica intorno alla piazza e raggiungetela. Non si può diversamente
comprendere ciò di cui si stava facendo parte fino ad un istante prima… se non si sale fino al cielo.
Finita l’ascesa, guardate sotto. Sarete pervasi dall’incredulità dei vostri occhi davanti ad uno
spettacolo di tale entità e dallo stupore all’udire così tanto caos. Resterete per minuti attoniti,
meravigliati, rapiti e un po’ confusi. Chiudete gli occhi. Inspirate la meraviglia.
Poi, sentirete che è giunto per voi il momento di immergersi di nuovo nell’incanto, e non appena
sarete ridiscesi tra la folla, verrete rapiti da capo da quella che è forse, la vera ed unica Piazza dei
Miracoli sulla terra.
Non serve andare poi così lontano per sentirsi in un altro mondo.