borgerhoff mulder
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borgerhoff mulder
Sommario La ricerca partecipativa, strumento per il volontariato .............................................................. 2 Il metodo scientifico ................................................................................................................. 3 Definizione e scopi della ricerca ............................................................................................... 5 Bisogni sociali: quadrante degli attori ....................................................................................... 6 L'analisi participativa: perché? .................................................................................................. 7 Tipi di ricerca............................................................................................................................. 8 Comparazione fra ricerca quantitativa e qualitativa.................................................................. 9 La ricerca operazionale........................................................................................................... 12 Tecniche e strumenti di raccolta dei dati ................................................................................ 13 L’osservazione partecipante ................................................................................................... 15 L’intervista ............................................................................................................................... 17 Popolazione (o universo) e campione .................................................................................... 18 Guida per la conduzione dei focus groups ............................................................................. 19 Il diagramma di Venn .............................................................................................................. 24 Studi di caso (case studies) .................................................................................................... 25 Studi di valutazione ................................................................................................................. 27 Metodo di classificazione preferenziale .................................................................................. 28 Raccolta dei dati nella ricerca qualitativa e saturazione ......................................................... 31 L’investigazione, fra realtà empirica e simulazione ................................................................ 32 Il triangolo della ricerca qualitativa: descrizione, classificazione, connessione...................... 33 Circolarità dell’approccio qualitativo........................................................................................ 34 Condizionamenti extra-scientifici nella ricerca........................................................................ 35 Controllo dei dati qualitativi: triangolazione ed altre tecniche................................................. 36 Le ipotesi scientifiche.............................................................................................................. 40 Grounded theory: la comparazione costante.......................................................................... 43 Mettere fra parentesi (bracketing)........................................................................................... 43 Quanta teoria preliminare? ..................................................................................................... 44 Fra teoria e osservazioni empiriche: le variabili...................................................................... 44 Prospetto della ricerca ............................................................................................................ 49 Una bibliografia, per cominciare ad approfondire.. ................................................................. 55 LLaa rriicceerrccaa ppaarrtteecciippaattiivvaa,, ssttrruum meennttoo ppeerr iill vvoolloonnttaarriiaattoo Nel 2004, alcune associazioni triestine hanno avviato, in collaborazione con il Centro Servizi Volontariato del Friuli Venezia Giulia e con il Dipartimento di salute mentale di Trieste, una preziosa esperienza di formazione nel campo della ricerca partecipativa. Si tratta di un tipo di ricerca largamente utilizzato nell'ambito della cooperazione internazionale e dei progetti di intervento sociale, perché – lungi dall'essere calata dall'alto in una situazione che diventa "oggetto di indagine" – la ricerca partecipativa si fonda su (e pone fra i suoi scopi principali) il diretto coinvolgimento della comunità nelle diverse fasi dello studio. Dalla definizione degli obiettivi della ricerca alla scelta degli informatori, dalla raccolta dei dati alla loro analisi e alla presentazione dei risultati, la comunità è chiamata a collaborare con i ricercatori semplicemente perché quell'indagine non la riguarda solo come "oggetto", ma come soggetto politico che proprio attraverso la ricerca rafforza la consapevolezza dei propri bisogni, la propria identità di gruppo, la voglia di esserci in prima persona. La ricerca partecipativa rappresenta dunque un importante strumento di empowerment e costituisce, già di per sé, un primo momento di intervento sociale. Al tempo stesso, essa offre al volontariato numerosi vantaggi: la ricerca aiuta a comprendere meglio una realtà per intervenire su di essa; permette di verificare la fattibilità di un progetto (molti progetti naufragano a causa della scarsa attenzione prestata agli ostacoli di natura socio-culturale); consente, infine, di documentare e valutare il proprio operato. Dall'esperienza avviata a Trieste, che ha dato poi luogo a vari momenti di ricerca applicata, nasce l’idea di questo nuovo quaderno di Ciesse Informa: uno strumento didattico, concepito innanzitutto come supporto per eventuali futuri corsi su questo tema, ma in grado di “funzionare” anche come testo autonomo, speriamo, per aiutare le associazioni a raccogliere – in modo corretto e affidabile - le informazioni preliminari necessarie a qualsiasi progetto di intervento sociale. Roberto Lionetti Centro Studi CSV Sergio Raimondo Presidente del CSV 2 Dario Mosetti Direttore del CSV IIll m meettooddoo sscciieennttiiffiiccoo Nella ricerca, l’approccio scientifico non è certo l’unico tipo di orientamento di cui disponiamo: possiamo immaginare ad esempio percorsi di ricerca individuale, artistica, mistica, e via dicendo. Ma la ricerca scientifica ha caratteristiche precise, che cercheremo qui di analizzare insieme. Va ricordato, innanzitutto, che il termine scienza indica un corpo di conoscenze che ha un oggetto definito e riconosciuto, e un metodo proprio. Il metodo scientifico è un insieme di regole di pensiero e di comportamento per: - minimizzare i costi della ricerca (non solo in termini economici, ma anche di energie, tempo, persone coinvolte, ecc.) - massimizzarne i benefici - evitare gli errori Lo scopo del metodo scientifico è quello di giungere ad una forma di verità o di osservazione riconosciuta come valida. In quanto insieme di regole di pensiero e di comportamento, il metodo scientifico fornisce al ricercatore (e al volontario) gli strumenti per tradurre in azioni le proprie idee. Il metodo scientifico permette così di raccogliere le informazioni di cui si ha bisogno, di testare le proprie ipotesi e di produrre un sapere: - sopra un oggetto identificato in maniera univoca - valido per tutti i soggetti - valido in qualsiasi contesto - attraverso processi identici nel trattamento dell’oggetto - sistematico - cumulativo e trasmissibile - presentabile in un linguaggio universalmente comprensibile Il risultato finale di un processo scientifico è la produzione di modello, che può essere descrittivo o teorico. Intendiamo, con il termine teoria, un insieme di leggi logicamente connesse fra loro. Esistono ovviamente leggi di tipo deterministico (date le condizioni A e B, si verifica necessariamente 3 l’evento X), e leggi di carattere probabilistico (più frequenti, queste ultime, nelle campo delle scienze umane e sociali). E la dimensione probabilistica implica, a sua volta, il concetto di margine di errore. Secondo Popper, la verità è l’ideale perseguito dalla scienza. Noi non abbiamo, tuttavia, criteri per decidere in maniera definitiva quando una teoria sia vera o falsa. Dobbiamo riconoscere, anzi, che una teoria può essere più vera di un’altra, e pur tuttavia falsa: ciò che cambia, e che fa la differenza, è il concetto di verosimilitudine. Partendo dalle osservazioni, dobbiamo tendere al massimo di verosimilitudine, come approssimazione scientifica alla realtà. In questo percorso, risulta fondamentale l’adozione di un rigoroso metodo scientifico. Con il termine più generale di metodologia si fa riferimento ai diversi aspetti e problemi legati all’applicazione dei metodi scientifici. 4 D Deeffiinniizziioonnee ee ssccooppii ddeellllaa rriicceerrccaa Definizione di ricerca Si può definire ricerca qualsiasi tentativo di aumentare le conoscenze disponibili, attraverso lo spoglio di dati esistenti o la produzione di nuovi dati. La ricerca mira alla scoperta di fatti nuovi, o relazioni tra fatti, attraverso un metodo sistematico e scientifico. Essa è quindi un modo di analizzare la realtà, che consente di comprendere meglio un dato fenomeno attraverso la sua descrizione, analisi e valutazione. Principali scopi della ricerca Sono numerosi i vantaggi che la ricerca è in grado di assicurare a chi opera nel campo sociale. Essa infatti • offre risposte alle nostre esigenze conoscitive • permette la verifica di ipotesi • aiuta a comprendere meglio una realtà per intervenire su di essa • garantisce la fattibilità di un progetto • aiuta a prevenire eventuali ostacoli di natura socio-culturale • aumenta il livello di consapevolezza nelle scelte • consente un costante aggiornamento • permette di documentare e valutare il proprio operato • promuove una sensibilità ai bisogni Il tema dei bisogni è centrale quando si parla di società civile e delle sue organizzazioni. In quanto soggetto che offre risposte concrete ai bisogni che emergono e si esprimono nei diversi ambiti e settori della vita sociale, il volontariato può trovare nello studio dei bisogni un terreno di ricerca particolarmente utile per elaborare, implementare, verificare e valutare i propri progetti. 5 B Biissooggnnii ssoocciiaallii:: qquuaaddrraannttee ddeeggllii aattttoorrii Adottando una prospettiva emica (“soggettiva”, “indigena”, interna al gruppo studiato), il volontario può studiare i bisogni espressi, le risorse disponibili ed i servizi offerti, dal punto di vista dei beneficiari. Questa prospettiva permette inoltre al volontario di analizzare i diversi tipi di rischio sociale (isolamento, violenza, sfruttamento sessuale, malattia, stigma, disinformazione ecc.) e di valutare le possibili risposte, privilegiando ancora una volta il punto di vista locale, soggettivo, anziché quello istituzionale, oggettivo, supposto come universalmente valido (prospettiva etica). ISTITUZIONI approccio etico, maggiore distanza sociale, minore qualità nelle relazioni umane Pubblico MERCATO bisogni, VOLONTARIATO rischi, ecc. privato approccio emico, minore distanza sociale, maggiore qualità nelle relazioni umane FAMIGLIA 6 LL''aannaalliissii ppaarrttiicciippaattiivvaa:: ppeerrcchhéé?? Per la natura del suo impegno e i valori su cui si fonda, il lavoro del volontario non può prescindere dall’implicazione di (e dalla stretta collaborazione con) persone e gruppi sociali che sono “oggetto” del suo intervento. I progetti partecipativi si prefiggono di aiutare determinati gruppi di popolazione a compiere, con cognizione di causa, le scelte che permetteranno di assicurare condizioni di vita adeguate a tutti i membri della comunità. Grazie al dialogo fra volontari e popolazione, i progetti di ricerca partecipativa aiutano la gente a decidere quali cambiamenti, innovazioni o interventi possono contribuire a migliorare la loro situazione. Queste soluzioni saranno tanto più appropriate e durevoli, in quanto basate sull’analisi dei problemi effettuata dalle persone direttamente interessate, e sulle opinioni da loro espresse. Il processo di ricerca partecipativa porta la popolazione a individuare le cause dei problemi così come essa li percepisce. E il volontario deve giocare quindi, in questo processo, un ruolo di animatore. Il processo di ricerca partecipativa serve a: - far prendere coscienza alla comunità e allo stesso agente di sviluppo (volontario, cooperante o altro operatore sociale) dei problemi che interessano la comunità; - promuovere la partecipazione dei diversi settori della comunità (in particolare le donne, i poveri, i giovani); - fornire gli elementi necessari alla pianificazione delle attività nel campo in cui si è scelto di intervenire; - raccogliere dei dati per il sistema di verifica e valutazione; - contribuire al rafforzamento della comunità. 7 TTiippii ddii rriicceerrccaa APPLICATA (Ricerca-Azione, Ricerca operazionale, partecipativa, Valutazione Rapida, ecc.) SUL CAMPO DI LABORATORIO (ricerca condotta in un contesto naturale della (elevato grado di controllo sul contesto di vita quotidiana, su cui il ricercatore possiede ricerca ma basso livello di realismo) scarso controllo, ma dotato di alto realismo) NON SPERIMENTALE SPERIMENTALE (il fenomeno osservato si produce (il fenomeno da osservare è prodotto dal indipendentemente dal ricercatore. ricercatore stesso. Caratteristiche analoghe Caratteristiche simili alla ricerca sul campo) alla ricerca di laboratorio) ESPLICATIVA DESCRITTIVA Si distingue di solito fra descrizione semplice (o correlazionale, in quanto spiega un (es.: dimensione di un fenomeno) e comples- fenomeno correlando ad esso determinate variabili, in un rapporto di tipo causale) sa (descrizione di relazioni fra variabili) DIACRONICA SINCRONICA (ogni ricerca che indaga sullo sviluppo (ogni ricerca che studia le relazioni fra cose cronologico degli elementi, anche viste sull’asse della simultaneità, e il cui indipendentemente dalle relazioni che li complesso costituisce un sistema) legano in sistemi: asse delle successioni) RETROSPETTIVA PROSPETTICA (parte dall’effetto per determinare, risalendo (determina la causa e segue una popolazione nel tempo, la causa. Es.: la malattia come nel tempo per valutarne l’effetto. Es: la risultato di determinate condizioni sociali) malattia come causa di aggiustamenti sociali) TRASVERSALE (o di prevalenza) LONGITUDINALE (o di incidenza) (lo studio segue un gruppo di soggetti per un (lo studio esamina i soggetti in un dato momento, per valutare la presenza di un deterdato periodo di tempo, per valutare minato problema). Metaforicamente parlando, l’insorgere di un problema) la prevalenza è come la fotografia di un fenomeno, mentre l'incidenza è come un film DI BASE (o fondamentale) QUALITATIVA QUANTITATIVA 8 C Coom mppaarraazziioonnee ffrraa rriicceerrccaa qquuaannttiittaattiivvaa ee qquuaalliittaattiivvaa QUANTITATIVA approccio orizzontale approccio etico paradigma deduttivo misurazione di determinati comportamenti produce dati generalizzabili ad ampie popolazioni produce dati replicabili produce dati «puliti», «precisi», espressi perlopiù in forma di scelta limitata fra alternative di risposta predefinite dal ricercatore, nel suo linguaggio; la risposta dell’intervistato può essere data, al limite, sotto forma di crocetta, sottolineatura, punteggio da 1 a 10, ecc. la lista delle domande è limitata e normalmente definita prima di iniziare la ricerca (questionario standardizzato); ogni variazione nel porre le domande viene percepita come un pericoloso elemento di soggettività la dimensione del campione è ampia QUALITATIVA approccio verticale approccio emico paradigma induttivo descrizione del contesto e del significato di determinati comportamenti produce dati difficilmente generalizzabili produce dati difficilmente replicabili produce dati «densi», espressi nel linguaggio corrente dell’informatore, tutti da interpretare, con possibili riferimenti a contesti multipli man mano che la ricerca si sviluppa, nuove domande sorgono e vengono poste all’informatore: il ricercatore è libero di valutare eventuali aggiustamenti e modifiche dell’intervista; si ritiene che l’uso di una lista predefinita di domande implichi una conoscenza preliminare del fenomeno da studiare, che spesso non esiste. Il ricercatore è dunque incoraggiato a rivedere il suo approccio, le sue ipotesi e le sue domande man mano che egli acquisisce una maggiore conoscenza dei fenomeni studiati. L’uso di questionari standardizzati, di conseguenza, non è incoraggiato la dimensione del campione è ristretta 9 la raccolta dei dati si opera su un’ampia fascia di popolazione, definita in termini di confini demografici, geografici o amministrativi il campione rappresentativo dell’universo indagato è generalmente costituito da un ampio numero di unità sociali l’ampiezza del campione impone un approccio più superficiale e mirato si fa largo uso di dati di archivio, ottenuti attraverso operazioni di spoglio non si suppone che i membri del gruppo oggetto di studio abbiano fra loro altre relazioni al di là di quelle definite dal ricercatore (ad es.: sesso, età, appartenenza etnica, classe sociale, luogo di residenza) l’ampio numero di informatori utilizzati è considerato garanzia dell’affidabilità dei dati la raccolta dei dati si opera in gruppi di persone relativamente piccoli e generalmente limitati (comunità, villaggi, culture) il ricercatore sul campo si concentra nello studio di una singola o comunque di un numero limitato di unità sociali (famiglie, gruppi, villaggi) all’interno di una società ogni unità sociale è studiata in modo approfondito e dettagliato, con attenzione a molti aspetti della vita quotidiana si privilegiano i dati di prima mano, raccolti sul campo dal ricercatore stesso grande attenzione è prestata ai rapporti sociali (di parentela, lavoro, gerarchia, ecc.) che legano i membri del gruppo oggetto di studio lo studio prolungato e approfondito con un limitato numero di informatori è considerato garanzia dell’affidabilità dei dati la ricerca quantitativa permette di ottenere la ricerca qualitativa permette di ottenere risultati di grande affidabilità (replicabilità) risultati di grande validità (precisione) la ricerca quantitativa è considerata da molti la ricerca qualitativa è considerata più più controllata, oggettiva, invadente “naturalistica”, soggettiva, non invadente la ricerca qualitativa fonda la raccolta dei dati la ricerca quantitativa fonda la raccolta dei sull’osservazione partecipante e le interviste dati su questionari, studi di laboratorio, test approfondite a informatori-chiave, metodi carta-e-penna, esperimenti randomizzati, questi che sono considerati altamente scale di punteggi, metodi questi che sono soggettivi considerati oggettivi la ricerca quantitativa tende a produrre dati in la ricerca qualitativa tende a produrre dati in forma numerica forma di descrizioni narrative 10 Ecco qui di seguito un prospetto che pone a confronto ricerca quantitativa e ricerca qualitativa su un tema specifico: quello dei disturbi psicosociali nel bambino e dell’iperattività in particolare. Oggetto di studio Ricerca quantitativa Ricerca qualitativa Disturbi psicosociali nel Misura quegli indicatori (ad bambino (esempio: esempio: attenzione, iperattività) controllo degli impulsi, capacità di completare un compito intrapreso, ecc.) che appaiono associati al disturbo in questione. Il presupposto è che la presenza di determinati valori nella misurazione di alcuni fattori clinici sia alla base di una diagnosi scientifica dell’iperattività o altro disturbo psicosociale. Studia i contesti in cui il bambino manifesta un comportamento etichettato come iperattività. La ricerca qualitativa sottolinea come in una società pluralistica sia importante prestare attenzione ai diversi modi in cui gruppi sociali diversi definiscono ciò che è salute e malattia. Se questo bisogno è facilmente avvertito dagli operatori sanitari quando hanno a che fare con bambini provenienti da minoranze etniche, l’analisi qualitativa estende tale approccio alla nostra stessa società, mostrando come nel lavoro psicosociale sia importante riconoscere la coesistenza di differenti costruzioni sociali di salute e malattia: il comportamento percepito come adeguato da determinati gruppi di persone può essere definito come patologico dagli operatori sanitari così come da persone appartenenti ad altri gruppi sociali. La ricerca qualitativa mostra come molto di ciò che oggi viene chiamato disturbo psicosociale rifletta in realtà solo variazioni culturalmente determinate di stile di vita e relazioni sociali 11 LLaa rriicceerrccaa ooppeerraazziioonnaallee TIPO OBIETTIVO Raccolta di informazioni sopra un problema generale; Esplorativa accento sopra i problemi prioritari Approfondire la conoscenza di un tema specifico, Tematica identificato generalmente a partire da una ricerca esplorativa Implicazione delle popolazioni nella Pianificazione pianificazione o nel partecipativa riaggiustamento delle azioni che le concernono Valutare i risultati di un programma o di un’azione Valutazione RISULTATI ESEMPI Formulazione di ipotesi preliminari che possono guidare alcune ricerche ulteriori Formulazione di ipotesi specifiche e forse di alcune raccomandazioni per l’avvio delle azioni da realizzare Studio di un gruppo di prostitute in una zona urbana di un paese in via di sviluppo; identificazione delle necessità prioritarie per quella comunità Studio dei problemi di salute e delle conoscenze locali sopra le malattie di trasmissione sessuale Un programma o piano identificato e attivato dalle popolazioni stesse Azione partecipata per elaborare un piano di educazione sanitaria e di controllo medicoginecologico delle prostitute Revisione delle ipotesi di base; eventuale riaggiustamento del programma Valutazione dell’impatto di una nuova pratica (uso del preservativo, controllo ginecologico regolare) introdotta in una determinata comunità o gruppo obiettivo I differenti tipi di ricerca operazionale 12 TTeeccnniicchhee ee ssttrruum meennttii ddii rraaccccoollttaa ddeeii ddaattii Rilevamento: produce dati nuovi attraverso: INTERVISTE DIAGRAMMI CARTE SPACCATI (transect) PROFILI STORICI TECNICHE DI CLASSIFICAZIONE TECNICHE DI QUANTIFICAZIONE OSSERVAZIONE PARTECIPANTE FOTOGRAFIA FILM GIOCHI di gruppo, individuali, di persone-chiave Calendari, diagramma di Venn Visione aerea dello spazio Lo spaccato è un disegno con la sezione verticale di edifici, villaggi, territori Costruito insieme alle persone più anziane, ai cantastorie, agli informatori-chiave Classificazione preferenziale, dei problemi, per livello di ricchezza ecc. Guardare, misurare, cronometrare, pesare, valutare Descrivere una realtà partecipando ad essa ad es.: fotografie di attività lavorative, ludiche e cerimoniali; di pratiche educative; di prodotti della cultura materiale (attrezzi, artigianato, ecc.); fotografie aeree Film etnografico, bio - e sociodocumentario, ecc. Gioco dei ruoli e giochi culturalmente adattati (David Atte ha ideato in Nigeria un gioco, detto Ayo board, che permette al ricercatore di vedere come i contadini prendono decisioni relative all’uso delle risorse disponibili). 13 Spoglio: raccoglie dati di seconda mano attraverso: TESI RAPPORTI RICERCA BIBLIOGRAFICA ARCHIVI E REGISTRI UFFICIALI CORRISPONDENZA BIOGRAFIE DIARI, MEMORIE, AUTOBIOGRAFIE GIORNALI STATISTICHE Disponibili tanto nelle università occidentali che in quelle nei Paesi in via di sviluppo (PVS) Disponibili presso Agenzie internazionali, ONG, progetti di cooperazione, imprese private, organizzazioni di volontariato, ecc. Banche dati, bollettini bibliografici, schedari di biblioteca, cataloghi di libri di ospedale, tribunale, polizia, Privata e pubblica Libro scritto da A sopra B Libro scritto da A sopra A Consultabili nelle biblioteche e online Prodotte da ministeri, ospedali e centri di salute, servizi meteorologici, istituti geografici, ecc. 14 LL’’oosssseerrvvaazziioonnee ppaarrtteecciippaannttee Il ricercatore deve guadagnarsi la fiducia mostrando simpatia per lo stile di vita del nativo. Dopo aver raggiunto l’empatia o identificazione con gli “indigeni”, l’antropologo può impiegare i propri sensi, i propri sentimenti e le proprie intuizioni come strumenti che gli indichino quale direzione prendere nelle interviste, nelle osservazioni e nelle stesse ipotesi di lavoro. Il processo dell’osservazione partecipante consiste nell’osservare e nel partecipare. Osservare è vedere come accadono le cose, ma consapevoli del fatto che osservare non equivale mai a guardare. Osserviamo non solo con i sensi, ma anche attraverso le nostre categorie: con le nostre idee e con le nostre ipotesi. Ciò che osserviamo, di fatto, è la distanza mentale che divide la nostra osservazione dal fatto osservato. Per osservare, ci appoggiamo alla nostra cultura, ma dobbiamo addentrarci nell’altra cultura fino al punto che la nostra stessa cultura si relativizza. Per questa ragione, l’osservazione partecipante non consiste semplicemente nel trasferirsi nel luogo dell’osservazione e vedere. Comincia molto prima, con la formazione dell’osservatore e la preparazione e il disegno della sua ricerca. Non è possibile osservare la realtà sociale senza uno studio critico della teoria e un’impostazione dei problemi da un punto di vista delle discipline socio-antropologiche. Non troveremo nulla se non sappiamo ciò che cerchiamo; sono infatti le ipotesi di lavoro rese esplicite a dirci cosa dobbiamo cercare. Osservare implica un continuo andare e venire dalla nostra cultura a quella dell’altro. Partecipare implica reciprocità: diritti e doveri, dunque, anche se durante l’osservazione partecipante dobbiamo prestare maggiore attenzione ai nostri doveri che ai nostri diritti. Partecipare implica durata: l’obiettivo è quello di partecipare pienamente alla cultura degli attori, di “indigenizzarsi”, senza perdere la propria cultura. 15 Condizioni per una buona osservazione partecipante a) Pianificare il tempo dedicato all’osservazione b) Tentare di tradurre le proprie ipotesi in forma operativa c) Vivere con le persone osservate (il gruppo tenta di difendersi, e le persone alterano il proprio modo di comportarsi, ma in breve tornano al comportamento normale) d) Riconoscere e chiamare per nome: è un’operazione difficile, perché dobbiamo incastrare ciò che osserviamo con i termini propri della nostra cultura. Dobbiamo conoscere l’interpretazione indigena, propria di quella cultura, per porla a confronto con la nostra e) Descrivere con naturalezza ciò che stiamo osservando f) Tenere un diario di campo. g) Annotare e tenere presente il filo tematico di ciò che abbiamo osservato e di ciò a cui abbiamo partecipato. Il nostro obiettivo è: trovare il senso che le persone danno alla propria esperienza. L’osservazione parte dal corpo “etico” (esterno, scientifico) di concetti, ipotesi e teorie proprie della disciplina. Con il passare del tempo e il crescere dei dati in termini di qualità e quantità, si passa a costruire un corpo “emico”, vale a dire che cominciamo a osservare attraverso le categorie degli informatori. 16 LL’’iinntteerrvviissttaa Nella ricerca partecipativa, l’intervista insieme all’osservazione partecipante - è una delle tecniche di rilevazione privilegiate. Esistono naturalmente tipi diversi di intervista, a seconda degli obiettivi dell’indagine, della specifica fase di ricerca, dell’estensione del campione (numero di persone intervistate). Si distingue innanzitutto fra intervista libera e intervista con questionario. L’intervista libera può essere: - Informale (il ricercatore modifica le proprie domande a seconda delle persone e delle circostanze; è certamente la più difficile e metodologicamente scoperta, ma risulta particolarmente utile nella fase di ricerca cosiddetta “di sfondo”, momento preliminare dell’indagine, in cui il ricercatore prende contatto con il terreno) - non strutturata (detta anche aperta) - non direttiva (lo scopo è quello di far emergere in tutta libertà il pensiero dell’intervistato, senza interventi del ricercatore che possano orientare il flusso della comunicazione e i contenuti stessi) - focalizzata (finalizzata ad approfondire determinati aspetti, generalmente emersi nel corso di interviste non strutturate) - storia di vita (tesa a documentare il contesto idiosincratico, individuale, specifico di una persona, oppure quello di ruolo, come potrebbero essere ad esempio delle storie di vita di immigrati, volontari, cooperanti, ecc.) - focus group (riunione o intervista di gruppo) Il questionario può essere: - strutturato (o chiuso) con risposte alternative rigidamente previste - non strutturato, con risposte aperte - semistrutturato (misto, con risposte aperte e chiuse) 17 P Pooppoollaazziioonnee ((oo uunniivveerrssoo)) ee ccaam mppiioonnee Le interviste con questionario sono rivolte a soggetti diversi, a seconda del tipo di rilevazione. Rispetto a una data popolazione o universo, infatti, una rilevazione può essere completa (tutti gli individui o unità omogenei sotto un determinato aspetto) o parziale (il c.d. campione, vale a dire una certa aliquota della popolazione). La rilevazione può essere altresì generale, riferendosi a individui o unità dell’universo generale (es.: tutte le associazioni di volontariato della regione) o speciale (individui o unità di un sottouniverso, o universo speciale (es.: tutte le associazioni di volontariato della regione che operano nel campo della salute mentale). Ogni combinazione evidentemente è possibile. Potremo così, ad esempio, avere una rilevazione speciale e parziale, oppure una rilevazione speciale completa, e via dicendo. Quale che sia l’orientamento di ricerca (quantitativo e qualitativo), la scelta degli informatori e del campione di indagine è sempre un problema molto delicato. L’uso di informatori chiave (persone che per ruolo sociale, professione o altro si ritiene bene informate sul tema della nostra ricerca) e la diversificazione degli informatori [vedi: controllo dei dati qualitativi] sono fondamentali nella ricerca partecipativa, che avendo a disposizione tempi di realizzazione limitati lavora in genere su campioni di popolazione molto limitati. Ma altrettanta cautela si impone nella ricerca quantitativa, dato che la costruzione di un campione, anche se esteso, può comportare errori tali da inficiare la ricerca. L’aumento della dimensione del campione, infatti, corrisponde a un aumento dell’affidabilità dei dati solo e solamente se il campione non comporta errori di fondo, che inevitabilmente portano ad un campione tendenzioso o distorto. Si è soliti distinguere, a questo proposito, fra errori sistematici (tali errori sussistono quale che sia la dimensione del campione, come nel caso di un campione costruito a partire da un sottouniverso) ed errori casuali o di natura accidentale (il ricorso al caso nella costruzione del campione e l’aumentare delle dimensioni del campione stesso sono, in questo caso, fattori di correzione dell’errore). 18 G Guuiiddaa ppeerr llaa ccoonndduuzziioonnee ddeeii ffooccuuss ggrroouuppss Definizione di focus group (intervista di gruppo) I focus groups sono delle interviste focalizzate di gruppo (dunque non individuali), destinate ad incoraggiare la discussione su determinati temi legati alla ricerca, da parte di un piccolo numero di persone (10-12 persone, normalmente). La persona che facilita questa intervista di gruppo è definita generalmente animatore, moderatore o facilitatore. Il suo compito non è quello di realizzare delle interviste individuali simultanee, ma quello di facilitare uno scambio di punti di vista, nel quale i partecipanti hanno la possibilità di esprimere le proprie opinioni e di rispondere alle idee altrui. Per le sue potenzialità di coinvolgimento, questa tecnica di rilevazione dei dati costituisce, com’è facile immaginare, uno strumento prezioso nella ricerca partecipativa. Essere un buon facilitatore Nella conduzione di un focus group, l’utilizzazione di un supporto che aiuti la discussione (discussion starter, in inglese : un’immagine, per esempio, che il ricercatore terrà in mano come ogni altro partecipante alla seduta di lavoro di gruppo) implica delle abilità, dei saper-fare e, al tempo stesso, dei saper-essere (skills) legati a questo ruolo di facilitazione che il ricercatore deve giocare. Queste capacità non sono difficili da sviluppare, e molti le possiedono già, sulla base delle proprie precedenti esperienze. Ecco, comunque, alcuni suggerimenti pratici che possono essere utili. Tenete sempre ben presenti i seguenti tre principi di base: a) Cercare di sviluppare uno spirito di cooperazione all’interno del gruppo. Il vostro lavoro nel gruppo sarà più efficace, più piacevole e più gratificante se le persone sentono che gli altri membri del gruppo li aiutano e li incoraggiano. Cercate dunque di evitare ogni spirito di competitività nel gruppo. Un buon facilitatore deve saper creare un’atmosfera confortevole e stabilire dei rapporti di confidenza, incoraggiare tutti quanti, essere paziente, evitare ogni atteggiamento gerarchico o minaccioso. Poiché è sempre meglio registrare la discussione, per poter disporre di un resoconto fedele delle diverse opinioni espresse, sarà opportuno spiegare ai partecipanti perché si registra, e sottolineare che le opinioni di ciascuno resteranno confidenziali. 19 b) Se possibile, dedicate del tempo alla preparazione della seduta di gruppo. Ciò significa che dovreste avere ben chiaro, nella vostra testa, ciò che la seduta di lavoro si propone di ottenere come risultato. Cercate di prevedere ogni tipo di problemi che potrebbero presentarsi durante il focus group. c) Un buon facilitatore non ha bisogno di parlare troppo. Il vostro lavoro è di incoraggiare gli altri a parlare. Non permettete alle persone che hanno maggior peso nel gruppo di egemonizzare la discussione. Spiegate che uno dei vantaggi di lavorare insieme come gruppo è proprio il fatto di poter condividere le nostre esperienze e apprendere gli uni dagli altri. Evitate le domande che suggeriscono o contengono già la risposta, e assicuratevi che le domande siano state ben comprese. Fate attenzione a non lasciare che la vostra opinione influenzi le risposte. Questi tre principi fondamentali hanno numerose implicazioni, sulle quali sarà bene riflettere. Per esempio : - - Innanzitutto, non dimenticate di presentarvi e di dire il vostro nome Prima di cominciare il focus group, spiegate ai partecipanti l’obiettivo e il metodo di lavoro: spiegate perché lo si fa, ciò che succederà e la durata dell’incontro. Spiegate che si cercano delle opinioni franche, che non si tratta di un esame, un concorso, una valutazione, una gara a chi è più bravo.. Sarà opportuno parlare ai membri del gruppo dell’importanza di saper ascoltare gli altri. E’ una capacità preziosa, che i partecipanti al focus group dovrebbero acquisire. Non dimenticate dunque di parlarne! Ricordate ai partecipanti che tutti dovrebbero poter parlare, ma non allo stesso tempo … Cercate di far parlare ciascuno dapprima su qualcosa di banale: il nome, il quartiere dove vive, il paese di origine, ecc. E’ possibile (e ciò avviene spesso) che dei membri del gruppo dicano delle cose di cui voi, il facilitatore, non vedete la pertinenza. Ricordatevi che questi commenti e idee possono, in realtà, essere molto utili, quando ci si dia il tempo e la possibilità di chiarirli. Cercate sempre di approfondire un argomento. Sedersi insieme in circolo aiuta a rendere paritari i rapporti all’interno del gruppo, col vantaggio che ognuno può vedere in viso tutti gli altri. Il facilitatore non resta in piedi, come qualcuno che conosce già tutte le risposte. Sottolineate questo aspetto nella vostra seduta di lavoro, e cercate di non offrire troppo spesso delle risposte. 20 - - - - Fate vedere che davvero non sapete ciò che i partecipanti ci diranno Cercate di porre sempre delle domande aperte, o di offrire le due possibilità: “Vi sembra buono o non buono?”, “Trovate che sia chiaro o non chiaro?” Cercate sempre di scavare e domandate di precisare meglio quanto detto: chiedete perché dicono una determinata cosa, o ciò che intendono dire con delle parole vaghe come «bene» (bene in che senso: Chiaro? Bello? Facile da capire?) Chiedete se tutti sono d’accordo, se non ci sono per caso altre opinioni Implicate tutti nella discussione (impiegate lo sguardo, incoraggiate quelli che non parlano) Se i membri del gruppo devono essere in grado di discutere sulla base di un nostro supporto visuale (uno schema, un disegno, una mappa, ecc.) ognuno deve poterlo vedere chiaramente. Ogni partecipante dovrebbe dunque avere in mano una copia del testo o dell’immagine su cui si sta discutendo. Se discutete di un’immagine, accertatevi che ciascuno, nel gruppo, riconosca i diversi elementi presenti nella foto o nel disegno in questione. Spiegate ogni convenzione visuale che può porre delle difficoltà, aiutando così i membri del gruppo a sviluppare una migliore capacità di leggere le immagini (ciò che in inglese chiamano visual literacy skills) Ricordate che le persone possono essere analfabete e non avere il coraggio di dirlo Tenete presente che oltre alle difficoltà di leggere un testo scritto le persone possono avere difficoltà a leggere correttamente (“correttamente” dal nostro punto di vista!) le immagini che proponiamo loro (fenomeno del cosiddetto “analfabetismo pittorico”) Durante la discussione, permettete alle persone di arrivare alle proprie conclusioni. Non dimenticate che il focus group è anche un formidabile strumento per sviluppare una coscienza critica, e che per arrivarvi i membri del gruppo hanno bisogno di analizzare essi stessi le cose. Benché vi siano sempre delle costrizioni di tempo, è meglio non passare troppo rapidamente da una fase all’altra della discussione. Non basta che alcuni, o che la maggior parte delle persone presenti sviluppino un punto di vista personale. Ogni partecipante dovrebbe avere il tempo di comprendere a fondo ciò che si sta dicendo. Se non vi date il tempo necessario perché ciò avvenga, alcuni membri del gruppo lasceranno la seduta senza avere avuto l’opportunità di riflettere a fondo sulla questione. Una delle capacità più difficili da sviluppare, per il facilitatore, è quella di mantenere un buon equilibrio fra la necessità di guidare, di orientare, di animare la discussione da un lato, e la necessità, dall’altro, di permettere un libero scambio di opinioni. Cercate di mantenere la discussione abbastanza aperta da permettere a ciascuno di sviluppare le proprie idee e un proprio punto di vista personale. 21 - - - Mentre la discussione procede, non dimenticate il vostro eventuale supporto visuale. Dovreste utilizzarlo costantemente, al fine di rendere più mirata l’analisi del gruppo. Fate dunque riferimento a questo supporto il più spesso possibile. Spesso, avrete bisogno di far emergere, nel corso della discussione, delle informazioni che provengono dall’esperienza personale di coloro che partecipano al focus group. Oppure sentirete il bisogno di incoraggiarli ad approfondire il tema. Potrete farlo ponendo delle domande che aiutano le persone ad esprimere, a verbalizzare i propri pensieri. Il gioco del «Ma questo perché?» può aiutarvi a scavare più a fondo nel problema. In tutti i gruppi, vi sono delle persone che imparano e comprendono prima degli altri, o che sono più estroverse e intervengono senza paura nella discussione. Fate in modo che i partecipanti più veloci nel capire la domanda aiutino quelli che sono più lenti o timidi, a comprendere meglio e ad esprimersi liberamente. Non dimenticate, chiudendo la seduta di lavoro, di ringraziare i partecipanti: essi vi hanno dedicato una parte del loro tempo. Quello che bisogna evitare Cercate di… - non far trasparire il vostro specifico punto di vista o ciò che più vi interessa: ciò non può che influenzare i partecipanti - non parlare troppo o guidare la conversazione - non contraddire i partecipanti - non porre delle domande chiuse (per esempio, non chiedete semplicemente: «Trovate questa foto scioccante?», ma aggiungete sempre «o no?») - non lasciare che una persona o due monopolizzino la discussione 22 Guida generale per la discussione Quello che segue, è un quadro che consente ai partecipanti di sviluppare e di esprimere un loro punto di vista, attraverso un’analisi individuale. Utilizzate questi suggerimenti come un quadro che può guidarvi nella conduzione del focus group, piuttosto che come un sistema rigido, che rischierebbe di limitare la discussione e di reprimere la creatività dei partecipanti. 1) DESCRIVERE. Incoraggiate i membri del focus group a descrivere (ciò che vedono in un’immagine, ciò che hanno letto in un documento, ciò che sanno di un determinato problema). 2) METTERE IN RELAZIONE. Cercate dei rapporti fra ciò che è illustrato in un’immagine che voi stessi proponete, o in un aneddoto che voi raccontate, e la vita reale dei partecipanti, le loro esperienze quotidiane. 3) IDENTIFICARE I PROBLEMI. Accertatevi che ciascuno, nel gruppo, abbia chiaro quali sono i problemi, o gli aspetti del problema, presenti nell’aneddoto o nell’immagine presa in considerazione. 4) CERCARE LE CAUSE. Il gruppo cerca di individuare le differenti cause dei problemi. E’ questa una fase molto importante ai fini dello sviluppo di una coscienza critica. 5) CERCARE LE SOLUZIONI. Incoraggiare i membri del gruppo a proporre delle possibili soluzioni che corrispondano ai problemi individuati. 6) PIANIFICARE DELLE AZIONI. Il gruppo è sollecitato ad elaborare un piano di azione, per mettere in pratica le soluzioni previste. 23 IIll ddiiaaggrraam mm maa ddii V Veennnn Diagramma di Venn, relativo al progetto di appoggio alla medicina tradizionale avviato alla fine degli anni ’80 dal Ministero degli Affari Esteri italiano a Bandiagara, in Mali (Africa occidentale) Il diagramma di Venn permette di esplorare i problemi di organizzazione interni a una data realtà sociale (villaggio, comunità, quartiere, reparto di una fabbrica o di un ospedale, ecc.) e le relazioni fra questa realtà e il mondo esterno. La visualizzazione dei dati è estremamente importante nella ricerca qualitativa, e questo strumento è spesso utilizzato nella ricerca partecipativa, perché la sua costruzione richiede un lavoro collettivo, con scambi di opinione e discussione. Si comincia col tracciare un largo cerchio che rappresenta, supponiamo, il villaggio. Ogni cerchio più piccolo, all’interno di questo, rappresenta un’organizzazione interna al villaggio (associazioni di guaritori, di cacciatori, di giovani; comitato di genitori di studenti; associazioni femminili, ecc.). La dimensione del cerchio indica in genere l’importanza dell’organizzazione. Le organizzazioni esterne che hanno un impatto sul villaggio (Ministeri, Chiese, Cooperazioni, ecc.) sono illustrate da cerchi che hanno origine all’esterno e che tagliano il cerchio rappresentante il villaggio. L’intersezione di due o più cerchi indica che fra tali organizzazioni esistono delle relazioni. Tanto maggiore è l’intersezione, e tanto più grande è l’interazione fra le organizzazioni rappresentate. Delle frecce, infine, indicano delle realtà sociali esterne che, pur avendo un impatto sulla vita del villaggio, non fanno capo ad organizzazioni esterne specifiche. 24 S Sttuuddii ddii ccaassoo ((ccaassee ssttuuddiieess)) Gli studi di caso sono delle Inchieste approfondite su persone o gruppi di persone. E’ possibile studiare organizzazioni, servizi ed esperienze. Lo studio di caso è un approccio di analisi qualitativa, compiuta "sul campo", cioè in situazione reale. Lo studio di caso è l'espressione metodologica dell'approccio qualitativo, in quanto si serve di un orientamento naturalistico, partecipativo, situazionale; utilizza metodi di varia provenienza con prevalenza di quelli descrittivi e interpretativi; ha indirizzo soggettivistico, tendenzialmente sistemico. Lo studio del caso è strumento fondamentale per l'indagine in situazioni complesse. Un "caso" implica un contesto sociale, comporta che il particolare è un caso di qualcos'altro, denso di rimandi a concetti, tipologie di comportamenti; il caso è tale se esce da se stesso e implica un certo senso di generalità (generalizzazione naturalistica). La conduzione dello studio di caso è flessibile ad una progressiva messa a fuoco dei confini del caso, in considerazione delle questioni rilevanti o nodi problematici emergenti. Lo studio di caso è una delle forme di studio utilizzate dalla ricerca qualitativa, quando il fenomeno oggetto di indagine è così ricco e complesso da rendere impossibile l’applicazione di disegni sperimentali. Lo studio di casi multipli (o studio multi-caso) si fonda sulla comparazione ed è particolarmente utile nello studio di realtà complesse. L’uso di fonti multiple costituisce un’importante prova sia qualitativa che quantitativa, dato che un fenomeno è meglio descritto dalla concordanza di elementi provenienti da diverse fonti. 25 Da: Yin, Case study research,1984 26 S Sttuuddii ddii vvaalluuttaazziioonnee Si distingue generalmente tra valutazione qualitativa e quantitativa. La valutazione quantitativa è interessata essenzialmente ai prodotti di un'attività, e generalmente si tratta di risultati misurabili, di test standardizzati e di analisi statistiche. La valutazione qualitativa, invece, ritiene che un'analisi quantitativa non possa cogliere la complessità dei fenomeni sociali. Infatti, il contesto gioca un ruolo fondamentale negli accadimenti umani e il processo con cui si attua un'attività è almeno tanto importante quanto i suoi risultati (matrice fenomenologica). La valutazione è in primo luogo informazione e descrizione, costruita in modo che i diversi protagonisti possano leggerla e capirla interpretandola. Infatti l'essenza della valutazione è la ricerca del "significato" dell'esperienza. Quando si predispone un piano valutativo le domande preliminari da porsi sono: che cosa, come, chi, quando, per chi e perché si valuta. La risposta a questi interrogativi si raggiunge con una contrattazione tra il ricercatore, il committente e i soggetti della ricerca; le scelte vanno chiarite e definite dai soggetti interagenti in base agli obiettivi della valutazione e alla sua fattibilità. 27 M Meettooddoo ddii ccllaassssiiffiiccaazziioonnee pprreeffeerreennzziiaallee La classificazione preferenziale risulta importante per varie ragioni. La raccolta dei dati attraverso questo metodo spinge i partecipanti a confrontarsi sulle opinioni espresse (le proprie e quelle altrui), e a chiarire il proprio punto di vista. Si tratta, inoltre, di un metodo di rilevazione ideale per determinate informazioni, per le quali non si ha bisogno (come spesso avviene) di valori assoluti. La classificazione preferenziale consiste nel chiedere a un gruppo di persone di stabilire le priorità all’interno di una rosa di preferenze, opinioni, bisogni, problemi espressi dal gruppo stesso. La prima tappa consiste nello scegliere insieme agli informatori le unità da classificare (i problemi di salute più gravi, le risorse disponibili, i bisogni di una determinata comunità, ecc.). E’ opportuno che questa decisione sia il frutto di un dibattito preliminare con le persone che partecipano al gruppo di discussione. Supponiamo di essere interessati a capire quali sono le principali motivazioni che stanno alla base del volontariato, e di lavorare con un gruppo di persone che operano all’interno di diverse associazioni. Quello che bisogna assolutamente evitare è che una persona esterna (nella fattispecie il ricercatore) proponga una lista di motivazioni preconfezionata, senza tenere conto in effetti delle opinioni espresse dagli informatori. Dovranno essere invece questi ultimi a fornire una lista - non troppo lunga - di motivazioni (si cerca di rimanere in genere entro le 5 o 6 opzioni). Dopodiché, si tratta di annotare le risposte all’interno di una matrice (qui di seguito riportata). La collocazione non ha importanza quando trascriviamo le risposte in questa matrice, e di solito le singole opzioni vengono annotate semplicemente in base all’ordine in cui vengono espresse. Le scelte sono trascritte sia verticalmente che orizzontalmente, come nello schema qui riportato a titolo di esempio e relativo ai problemi legati alla gestione delle persone con dolore cronico. Si prendono infine le risposte a due a due, chiedendo ai partecipanti di stabilire quale delle due opzioni sia prioritaria rispetto all’altra, e l’esito della discussione viene riportato nella casella corrispondente. Ultimato il confronto di ogni singola opzione con tutte le altre, si riporta il punteggio ottenuto da ogni elemento nella “scala delle preferenze”: è possibile così “restituire” ai partecipanti un quadro nelle preferenze da loro espresse (in termini di importanza nel caso delle motivazioni del volontario o, in altri ambiti di ricerca, di gravità, fattibilità, ampiezza, disponibilità). Ciò che importa, in questo processo di rilevazione, è in ogni caso meno la classificazione finale che le informazioni e i punti di vista emersi durante la discussione, che il ricercatore avrà l’accortezza di annotare con cura e possibilmente di registrare. 28 A1 A2 A3 A4 A5 B1 B2 B3 B4 Scala delle preferenze Realtà oggetto di valutazione* Punteggio 1 2 3 4 5 * problemi, rischi, bisogni, risorse disponibili, possibili soluzioni, ecc. 29 B5 Ecco qui di seguito, un esempio concreto di applicazione dello strumento di classificazione preferenziale, sui problemi legati alla gestione della persona con dolore cronico (classificazione per importanza realizzata con un gruppo di 6 infermieri, Trieste, 16/04/05) A1 RELAZIONI A2 FORMAZIONE (scarsa conoscenza tecnica farmacologica) A3 INSODDISFAZIONE F I F D F I R F I DEL PAZIENTE A4 DIPENDENZA / MINORE AUTONOMIA A5 ASPETTI ECONOMICI B1 RELAZIONI B2 B3 FORMAZIONE INSODDISF. E B4 B5 DIPENDENZA ASPETTI EC. Scala delle preferenze Realtà oggetto di valutazione 1 Qualità della vita di relazione 2 Formazione (bisogno di) 3 Insoddisfazione del paziente 4 Dipendenza / minore autonomia del paziente 5 Aspetti economici legati alla condizione del paziente 30 Punteggio 1 4 3 1 1 R Raaccccoollttaa ddeeii ddaattii nneellllaa rriicceerrccaa qquuaalliittaattiivvaa ee ssaattuurraazziioonnee nella ricerca quantitativa la chiusura della fase di rilevazione coincide normalmente raccolta di tutti i questionari distribuiti alle unità che costituiscono il campione. Nella qualitativa, invece, durata e chiusura non sono predefiniti. Quando è giusto chiudere raccolta dei dati? Quando possiamo legittimamente considerare inutile proseguire interviste o nell’osservazione partecipante? con la ricerca con la con le Chi fa ricerca partecipativa sa bene che arriva un momento in cui è inutile continuare a raccogliere dati: l’organizzazione di ulteriori focus groups, la produzione di nuove foto e filmati, la raccolta di altre storie di vita non apportano nulla di nuovo a quanto già sappiamo. I metodologi parlano di questo momento cruciale in termini di saturazione: si smette di raccogliere dati quando si arriva - appunto - alla saturazione, quando le informazioni fornite da nuovi dati diventano ridondanti rispetto alle problematiche che si vogliono studiare. Nuovi dati non producono nuove informazioni. 31 LL’’iinnvveessttiiggaazziioonnee,, ffrraa rreeaallttàà eem muullaazziioonnee mppiirriiccaa ee ssiim Ogni progetto di ricerca si colloca all’interno di un continuum di investigazione, che va dall’osservazione della realtà empirica non manipolata e osservata nel suo contesto naturale, a forme di indagine sofisticata che ricorrono a simulazione (in laboratorio o sul campo) fino a giungere alla simulazione mediante modelli matematici. Questo continuum dei modi in investigazione può essere rappresentato schematicamente come segue (De Bruyne, 1974): Studio di caso Comparazione o studio multi-caso (campione) Sperimentazione (terreno/laboratorio) Simulazione (modello) artificiale chiuso controllato reale aperto incontrollato E’ appena necessario sottolineare che la ricerca partecipativa, per la sua natura, gli scopi e gli interessi che la caratterizzano, privilegia di gran lunga gli studi di caso e la comparazione di casi, esaminati nel contesto naturale della vita quotidiana, dove quanto accade è caratterizzato per ovvie ragioni dal massimo grado di realismo. 32 IIll ttrriiaannggoolloo ddeellllaa rriicceerrccaa qquuaalliittaattiivvaa:: ddeessccrriizziioonnee,, ccllaassssiiffiiccaazziioonnee,, ccoonnnneessssiioonnee La descrizione: ogni analisi qualitativa si fonda su dati «densi», altrimenti non è possibile interpretare correttamente il senso di un’osservazione. La classificazione: questi dati sono classificati o "ridotti" secondo differenti principi di codifica, talvolta gerarchici. La massa dei dati è enorme; prima dell'analisi bisogna strutturare e durante l'analisi occorre ristrutturare. La connessione: le categorie vengono poste in relazione fra loro, secondo differenti principi e tecniche, e il ricercatore deve costruirsi delle "visioni" d‘insieme. 33 C Ciirrccoollaarriittàà ddeellll’’aapppprroocccciioo qquuaalliittaattiivvoo L’approccio qualitativo è caratterizzato dalla circolarità del processo che, attraverso un movimento a spirale, porta dall’osservazione e descrizione dei dati alla loro classificazione, per ritornare a confrontare poi questi risultati intermedi con i dati grezzi. In altre parole, per giungere a descrizioni valide, è fondamentale classificare e connettere i dati, e testare poi tali descrizioni con la realtà empirica. La difficoltà è data dalla gestione della massa di dati. Per questo, i ricercatori che adottano un approccio qualitativo: ● disegnano molto; ● utilizzano delle matrici; ● fanno uso delle tecniche quantitative di visualizzazione Ecco, qui accanto, una rappresentazione schematica del ruolo che la visualizzazione assume nella ricerca qualitativa, caratterizzata appunto dalla circolarità del suo approccio. 34 C Coonnddiizziioonnaam meennttii eexxttrraa--sscciieennttiiffiiccii nneellllaa rriicceerrccaa Ogni indagine, in tutti i campi della ricerca (sia essa fondamentale o applicata, nell’ambito delle scienze naturali o sociali) deve fare i conti con un ampio numero di fattori extra-scientifici, che possono condizionare (e spesso condizionano) il progetto di ricerca in tutte le fasi. E’ fondamentale acquisire consapevolezza del peso di questi fattori, per poterli esplicitare e tenere quindi sotto controllo. SPAZIALE - Scelta dei luoghi d’indagine TEMPORALE - Scelta del periodo, dell’orario, della stagione. Esempio: stagione secca, periodo pomeridiano, ecc. SESSUALE - Esempi: interviste di una ricercatrice con guaritori di sesso maschile; interviste di un ricercatore con leaders di associazioni tradizionali femminili; prevalenza di un sesso rispetto all’altro nel campione per ragioni non legate alla rappresentatività dello stesso, ma alla personalità (e al sesso) del ricercatore, o alle condizioni della ricerca ETNICO - Es.: negli studi sul dolore, l’appartenenza etnica del ricercatore si è rivelata un fattore in grado di modificare i risultati di un esperimento DI GENTILEZZA - Desiderio dell’intervistato di non deludere o contraddire le aspettative dell’intervistatore DI CONVENIENZA - Es.: risposte dell’intervistato dettate dalle sue aspettative circa l’esito dell’intervista (ricompensa) o della ricerca DI CLASSE - Es.: preferenza data dal ricercatore a persone di statuto economico o sociale più vicino al suo (capi villaggio, infermieri, maestri) DESIDERABILITA’ SOCIALE - Bisogno dell’intervistato di adeguarsi alle aspettative sociali legate al proprio ruolo. In psicologia, si indica con tale concetto il desiderio che i soggetti hanno di essere considerati favorevolmente, e che li porta a occultare - nel corso dell’intervista o di altre interazioni con il ricercatore - paura, angosce, pregiudizi, sentimenti di ostilità o altri aspetti che potrebbero metterli in cattiva luce. 35 C Coonnttrroolllloo ddeeii ddaattii qquuaalliittaattiivvii:: ttrriiaannggoollaazziioonnee eedd aallttrree tteeccnniicchhee Uno dei problemi di chi fa ricerca, è quello di potersi fidare dei dati raccolti: le informazioni ottenute attraverso la mia ricerca sono davvero attendibili, esaurienti, precise? O sono invece frutto dei miei pregiudizi, dei numerosi fattori extrascientifici in gioco, di un errore nella scelta (limitante) di alcuni informatori? Per ovviare a questi possibili rischi, il ricercatore può ricorrere (ed è opportuno che lo faccia!) a diverse tecniche chiamate appunto “tecniche di controllo dei dati”. Ecco quello che è possibile fare, per contare su dati più certi. 1) Usare la triangolazione per aumentare l’affidabilità dei dati, diversificando: - le fonti, le unità di osservazione, gli informatori (primo tipo di triangolazione) - gli osservatori (secondo tipo di triangolazione): diversi osservatori vedono meglio e di più - gli strumenti e le tecniche di rilevamento (terzo tipo di triangolazione) Il termine triangolazione, oggi largamente utilizzato nelle scienze sociali, proviene dalla cartografia geodetica: per costruire mappe di porzioni limitate di superficie terrestre, prima dell'uso dei satelliti, era adoperato infatti un reticolo di elementi triangolari tra loro connessi. Nelle scienze sociali il concetto di triangolazione è usato metaforicamente, a indicare la necessità di moltiplicare e diversificare i punti di osservazione, per giungere a una descrizione “a tutto tondo” di un determinato fenomeno. 36 TECNICA A (fornisce informazioni non evidenziate da B e C) TECNICA B (fornisce informazioni non evidenziate da A e C) REALTA’ INDAGATA TECNICA C (fornisce informazioni non evidenziate da A e B) 2) Elaborare una prima sintesi dei risultati da restituire agli informatori e alla popolazione indagata per raccoglierne i commenti e le reazioni, al fine di compiere i necessari aggiustamenti. Sottoporre al giudizio degli informatori le proprie interpretazioni. Utile dal punto di vista metodologico, la “restituzione della ricerca” è importante anche dal punto di vista etico, perché ripaga in qualche modo gli informatori per il tempo e la fiducia che ci hanno concesso. In inglese questa tecnica viene indicata come back talk 3) Cercare attivamente quegli aspetti od elementi che possono contraddire i dati raccolti e le interpretazioni su essi fondate (“Mi sembra di capire che in genere.. Esistono invece dei casi in cui…?”) 4) Prendere coscienza dei condizionamenti, dei pregiudizi, dei presupposti impliciti e delle proprie parzialità (biais), esplicitare tali condizionamenti e cercare di gestirli a favore della ricerca. I condizionamenti extra-scientifici sono pericolosi quando non se ne prende coscienza 5) Tenere sempre in conto, nelle diverse fasi della ricerca (definizione dei concetti, individuazione degli indicatori, raccolta, analisi e presentazione dei dati), l’arbitrarietà cui spesso sono soggette le nostre scelte 6) Essere coscienti delle debolezze intrinseche della tecnica che abbiamo deciso di impiegare, esplicitare tali debolezze nel resoconto dei vari passi della ricerca e valutarne l’impatto sui risultati ottenuti 37 7) Definire chiaramente gli obiettivi per potersi interrogare sulla pertinenza delle informazioni raccolte. Questa operazione rimanda al concetto di ignoranza ottimale: se è vero che ogni ricerca, per potersi dire esaustiva, dovrebbe essere virtualmente infinita, allora è chiaro che, nella pratica, ogni inchiesta si conclude - inevitabilmente - con il perdurare di una vasta area di ignoranza. Se non potremo “sapere tutto” alla fine della nostra ricerca, è tuttavia di fondamentale importanza che il perdurare della non-conoscenza riguardi aspetti marginali del tema indagato, piuttosto che elementi fondamentali. Il concetto di ignoranza ottimale indica la necessità di giungere alla conoscenza di ciò che veramente è necessario ed utile sapere, trascurando le informazioni meno rilevanti o superflue 8) Definire il grado accettabile d’imprecisione (fin dove deve spingersi l’inchiesta approfondita? Abbiamo davvero bisogno di una percentuale precisa, o sarebbe sufficiente un ordine di grandezza? Ci è davvero utile conoscere l’età esatta delle persone, o ci basta invece la fascia di età?). Dati troppo precisi possono portare a problemi di natura diversa, quando non strettamente necessari: a) corrispondono a una perdita di tempo sia a livello di raccolta che di trattamento dei dati; b) pongono inutilmente gli informatori in imbarazzo, e fanno sospettare che i questionari e le interviste non siano poi così anonimi come si sostiene (che senso ha, in un questionario sul consumo di alcool distribuito agli studenti nelle scuole di una regione, chiedere ai giovani di indicare la classe, l’età precisa, il luogo di nascita, il comune di residenza, se poi si ragione per fasce di età, per aree urbane e rurali, e comuni al di sotto o al di sopra di un determinato numero di abitanti?) 38 39 LLee iippootteessii sscciieennttiiffiicchhee In una prima approssimazione, possiamo definire l’ipotesi come una relazione supposta fra due fatti. E’ opportuno precisare che un’asserzione troppo generale difficilmente può considerarsi ipotesi, anche se probabilmente vera. Verità di carattere generale non possono essere elevate al grado di ipotesi se non attraverso una definizione rigorosa dei termini proposti. Un problema troppo vasto non può portare a ipotesi precise, e quindi a una dimostrazione valida. L’esperienza personale può essere all’origine di ipotesi di investigazione. Ma la principale fonte di idee di ricerca, di ipotesi da testare, è data senza dubbio dallo studio della letteratura scientifica disponibile su un determinato argomento. La ricerca documentale può aiutare il ricercatore in diverse maniere: A) E’ possibile studiare nella letteratura un metodo applicato con successo a un certo tipo di problemi, e tentare quindi l’applicazione di tale metodo al problema che costituisce il centro di interesse del ricercatore. Una tale “trasposizione” può servire a testare delle ipotesi verificabili B) In secondo luogo, è possibile riscontrare, nella letteratura scientifica presa in esame, delle analisi di un problema in cui ricercatori vari, attraverso ricerche analoghe se non identiche, non giungono alle medesime conclusioni. Il confronto dei loro lavori può generare un’ipotesi circa la possibile origine di queste contraddizioni. C) Un terzo possibile uso della letteratura nel formulare ipotesi, più semplice, è dato dalla possibilità di trovarvi dei consigli. Si tratta, ad esempio, dell’aggiornamento di lavori rigorosi, interessanti, ma ormai antichi e per i quali è possibile immaginare delle modificazioni legate all’evoluzione temporale. Tali aggiornamenti possono basarsi esclusivamente sulle conseguenze (socio-culturali, ad esempio) dell’evoluzione storica, ma anche sull’integrazione di nuove conoscenze, siano esse concettuali o metodologiche, di cui il primo autore non aveva tenuto conto. D) Infine, una quarta fonte di ipotesi che è possibile incontrare nella letteratura scientifica disponibile riguarda le suggestioni offerte dagli stessi autori consultati. È raro che un 40 ricercatore, nel comunicare i risultati della sua indagine, non concluda la sua pubblicazione con una discussione del proprio lavoro, in cui sottolinea un certo numero di punti sui quali sarebbero necessarie ulteriori ricerche. Un ricercatore alle prime armi ha tutto l’interesse a inserirsi in una corrente di ricerca, cominciando proprio da uno di questi punti, per i quali egli può essere guidato dalla pubblicazione in questione. Un’ipotesi si inserisce normalmente in una teoria. Quest’ultima può essere di carattere più o meno generale. Quale che sia il livello teorico di partenza, è da questa posizione che dovranno essere dedotte le ipotesi. Se, al contrario di una tale deduzione, le ipotesi sono il prodotto di una generalizzazione rispetto a tutta una serie di fatti, di una relazione ripetutamente osservata fra due fatti, si parlerà allora di ipotesi indotta. SISTEMI TEORICI Ipotesi dedotte IPOTESI Ipotesi indotte OSSERVAZIONI EMPIRICHE DEI FENOMENI 41 LIVELLI DI ASTRAZIONE Teoria generale e modelli Il più alto Teorie intermedie e modelli Trasformazioni logiche; paradigmi induttivo e deduttivo; manipolazioni matematiche, statistiche o di altra natura Enunciati di basso livello di astrazione Modi di osservazione (compresi strumenti, tecniche, concetti) Il più basso Il mondo reale delle cose e degli eventi IL DOMINIO DELLA METODOLOGIA Da: Pelto P.J. and Pelto G.H., 1970, Anthropological Research, p. 3 42 G Grroouunnddeedd tthheeoorryy:: llaa ccoom mppaarraazziioonnee ccoossttaannttee Nell’approccio sviluppato da Glaser e Strass, detto grounded theory, vengono raccolti e analizzati i dati, e si elabora quindi una teoria “fondata” (“grounded”) su tali dati. Questo approccio costituisce un’importante fonte di sviluppo teorico. La raccolta dei dati e la loro analisi avvengono simultaneamente: i nuovi dati vengono confrontati con quelli già raccolti, e trasformati in concetti; i concetti pertinenti vengono classificati in categorie e sottocategorie, riesaminate sulla base dei nuovi dati e delle interpretazioni, con conseguente abbandono, revisione o conferma delle stesse. Si consulta, a questo punto, la letteratura scientifica, per determinare se queste categorie sono state identificate in precedenza; non viene compiuta però, in genere, alcuna rassegna preliminare, al fine di evitare chiusure premature. Aspettative e pregiudizi possono infatti condizionare pesantemente l’esito della ricerca. M Meetttteerree ffrraa ppaarreenntteessii ((bbrraacckkeettiinngg)) E’ fondamentale, nella ricerca qualitativa in genere e quindi anche nella grounded theory, saper mettere fra parentesi - almeno momentaneamente - le proprie convinzioni e i propri pregiudizi (i metodologi si riferiscono spesso a questa capacità con il termine inglese di bracketing): al fine di comprendere le altrui esperienze di vita, il ricercatore deve definire dapprima ciò che egli stesso si aspetta, esplicitare i propri pregiudizi, e porre quindi deliberatamente da parte questi sentimenti ed opinioni. Ciò non significa che il ricercatore debba necessariamente approvare determinati fenomeni e comportamenti sociali (il gioco d’azzardo, ad esempio, o la prostituzione, o il bere eccessivo) solo perché sta osservando e cercando di capire tali fenomeni. Fa parte del suo lavoro registrare, e non decidere “ciò che è giusto e ciò che non lo è”. Tuttavia l’obiettività, la conoscenza scientifica e la sensibilità ai diversi contesti culturali non implicano che l’operatore sociale ed il ricercatore debbano rinunciare a esprimere i propri giudizi ed ignorare i valori internazionalmente riconosciuti, in termini di giustizia e di morale. Quello che davvero importa è essere in grado, durante la ricerca, di sospendere tali giudizi, dando agli informatori la più ampia libertà di esprimere la loro visione del mondo, necessariamente fondata su uno specifico sistema di valori, che può anche differire fortemente da quello del ricercatore. 43 Q Quuaannttaa tteeoorriiaa pprreelliim miinnaarree?? Poca teoria preliminare Molta teoria preliminare Apertura mentale Apertura verso altre ricerche Possibilità di affrontare un soggetto nuovo Inserimento più facile dei risultati nella disciplina Tendenza a raccogliere troppi dati Tendenza ad ignorare dei fenomeni Confronto difficile fra ricercatori Generalizzazione più facile Preconcetti non espliciti Preconcetti espliciti (dunque controllabili) FFrraa tteeoorriiaa ee oosssseerrvvaazziioonnii eem mppiirriicchhee:: llee vvaarriiaabbiillii Affermare il ruolo direttivo della teoria nella pratica di ricerca empirica e, al tempo stesso, il rapporto dinamico e bidirezionale fra questi due poli, significa riconoscere che, di fatto, è la teoria che fonda i diversi momenti della ricerca empirica; ma è riconoscere, altresì, che i modelli teorici e ideologici di riferimento mutano o possono mutare nel corso dell’osservazione empirica e in conseguenza ad essa, in un processo che può essere di semplice chiarimento di aspetti specifici della teoria generale, ma che può implicare anche una revisione parziale della teoria o, al limite, la sua stessa riformulazione. Il che vuol dire che, se la teoria fonda l’osservazione empirica dei fatti, quest’ultima è fattore e condizione di progresso del lavoro teorico. 44 Dato che i piani della realtà empirica e della teoria sono fra loro distinti e irriducibili, ogni passaggio da un piano all’altro implica una trasformazione controllata degli elementi del quadro teorico di riferimento (fatto di concetti e relative relazioni) in elementi operazionali, in grado di permettere la misura. Questi elementi operazionali, anch’essi di natura concettuale, vanno sotto il nome di variabili, e costituiscono l’anello di raccordo fra piano della teoria e piano dell’osservazione empirica. Va rilevato che si tratta di concetti classificatori, dato che ogni variabile opera, all’interno di una popolazione o universo oggetto di studio, una ripartizione in classi di equivalenza più o meno ampie (sulla base dell’età, ad esempio, o della professione, del livello d’istruzione, dell’appartenenza etnica, ecc.). Dato un insieme A (i volontari di una determinata area geografica, le persone di ritorno da una prolungata esperienza di emigrazione, i disabili che frequentano le diverse Facoltà di un’Università, i materiali di comunicazione visuale impiegati nella promozione del volontariato in ambito regionale, ecc.), la scelta di una qualsiasi relazione di equivalenza determina una ripartizione, una suddivisione dell’insieme A in vari sottoinsiemi distinti, che definiamo classi di equivalenza. E, viceversa, ogni suddivisione dell’insieme rimanda a una relazione di equivalenza interna a tale insieme. La ripartizione di un insieme A in classi di equivalenza consiste dunque nella scomposizione di A in una famiglia di sottoinsiemi non vuoti e distinti da A, la riunione dei quali è uguale ad A. Ne consegue che ogni elemento di A farà parte di una ed una sola classe di equivalenza. Attraverso la suddivisione di un insieme teoricamente rilevante, le variabili assumono determinati valori, intendendo con il termine valore il predicato o caratteristica attribuibile a qualsiasi elemento delle classi di equivalenza dell’insieme preso in considerazione. Sulla base del numero di valori che ad una variabile può corrispondere, si è soliti distinguere fra variabili dicotomiche, costituite da attributi cui corrispondono due soli valori (ad esempio: maschio/femmina, democratico/conservatore) e variabili continue, che possono assumere valori diversi, il cui numero è tendenzialmente infinito o comunque molto grande, come nel caso della variabile età. Fra questi due estremi – le variabili dicotomiche e quelle continue – esiste ovviamente il caso intermedio di variabili non dicotomiche, ma con un numero di valori possibili comunque non molto elevato, cui normalmente diamo il nome di classificazioni. 45 Come è facile immaginare, per esigenze di semplificazione, il ricercatore può decidere di trasformare, nell’ambito della sua ricerca, delle variabili continue in classificazioni e persino in variabili dicotomiche (ad esempio: reddito ⇒ ricco/povero), attraverso il raggruppamento di sottoinsiemi. Questa operazione di semplificazione della realtà, pur avendo il vantaggio di renderne più agevole la lettura, comporta però un’inevitabile perdita di informazione. Può introdurre inoltre nella ricerca dei fattori di pregiudizio, attraverso la logica che sta alla base della semplificazione adottata. Il fatto che una variabile possa assumere un insieme di valori, implica il problema fondamentale della misura. Definiremo come misura quel processo di trasformazione, di corrispondenza di un insieme di valori, assunto da una determinata variabile, in un insieme di numeri. La legge di trasformazione applicata impone che ad ogni valore della variabile corrisponda un solo ed unico numero. Il primo dei due insiemi viene indicato come insieme di partenza, l’altro – costituito da numeri – insieme di arrivo, o derivato. Potrebbe sembrare privo di senso parlare di misura quando abbiamo a che fare con variabili dicotomiche (sesso, orientamento politico, ecc.) i cui valori sono di natura qualitativa. Ma ciò è del tutto lecito, sulla base della definizione di misura sopra proposta, anche quando l’insieme numerico che si riferisce all’insieme di valori della variabile è costituito da due soli numeri (0 ed 1, per esempio) attribuiti rispettivamente ai due possibili valori di una variabile dicotomica. E’ tuttavia chiaro che la misura di un valore qualitativo come maschio/femmina si pone a un livello diverso da quello che può essere, per esempio, la misura del reddito. Si pone così il problema del livello di misura. A diversi livelli di misura corrispondono operazioni matematiche diverse: se si utilizzano modelli matematici e statistici non permessi dal livello di misura a cui si situa l’analisi, i risultati ottenuti saranno del tutto inaccettabili; se, al contrario, l’analisi dei dati non ricorre alle operazioni matematiche e statistiche consentite dal livello di misura, ciò non genera di per sé errore, ma piuttosto una perdita di informazione rispetto ai risultati che una piena utilizzazione di tali operazioni consentirebbe. Se prendiamo ad esempio la variabile sesso, con i numeri 0 ed 1 corrispondenti ai due valori dati, è chiaro che la trasformazione dell’insieme di partenza in un insieme di numeri non legittima alcuna operazione matematica sui tali numeri, che non rappresentano di fatto nulla di più di un succedaneo delle designazioni verbali corrispondenti. Così, per questi numeri, l’unica relazione possibile è quella di equivalenza o non equivalenza, che indica l’uguaglianza o la diversità fra gli elementi oggetto di analisi. 46 Questo tipo di variabili si colloca al livello più elementare di misura, ed è normalmente definito come scala nominale. Non sempre è necessario, e spesso anzi del tutto superfluo, attribuire una codifica numerica alle variabili qualitative, ma può essere utile quando se ne vuole compiere un trattamento informatico. Prendiamo una codifica dello stato civile del tipo Celibe Sposato/a Vedovo/a Separato/a Divorziato/a 0 1 2 3 4 Per questi numeri, l’unica relazione possibile, come si diceva, è quella di equivalenza o non equivalenza. Già il semplice fatto di stabilire una relazione di ordine fra i valori numerici considerati significherebbe una gerarchizzazione degli stati civili, mentre la loro classificazione permette solo di considerarli diversi. Esistono tuttavia variabili, i cui valori possono essere legittimamente ordinati per ordine di grandezza. A tale livello di misura si è soliti dare il nome di scala ordinale. Se nelle scale nominali l’esigenza di base è quella di costruire delle categorie, delle classi di equivalenza esaustive e mutuamente esclusive, le scale ordinali, accanto a tale esigenza che permane, rispondono al bisogno di ordinare, lungo un continuum, gli elementi dell’insieme, pur non contenendo informazione alcuna sulla grandezza delle differenze classificate. In altre parole, potremo, a livello di scala ordinale, fare affermazioni del tipo “maggiore”, “minore” o “uguale”, ma non saremo in grado di precisare di quanto l’elemento considerato sia maggiore o minore, in rapporto ad altri. Ecco un esempio di scala ordinale: Alto Medio-alto Medio-basso Basso 4 3 2 1 47 Si noti come, anche in questo tipo di scala, l’insieme di arrivo non sia dotato di una struttura matematica che legittima l’uso delle operazioni aritmetiche consuete (addizione, sottrazione, moltiplicazione, divisione). Non ci è così lecito affermare, ad esempio, che l’elemento 4 sia quattro volte maggiore dell’elemento 1. Le scale di intervallo e quelle di proporzione comportano, oltre all’ordinamento dei valori, informazioni sulla grandezza delle differenze in gioco, ed implicano quindi l’esistenza di unità di misura. La differenza fondamentale fra queste due ultime scale di misura considerate sta nel fatto che mentre nella scala di intervallo il punto zero viene stabilito arbitrariamente, nelle scala di proporzione lo zero non è arbitrario. Un esempio di scala di intervallo è fornito delle scale di temperatura Celsius e Fahrenheit: nella prima, lo zero corrisponde alla temperatura cui l’acqua gela, mentre nella seconda esso si colloca ad una temperatura più bassa. Dato che in queste scale lo zero è arbitrario, non ci è concesso affermare che 30 gradi siano due volte “più caldo” di 15 gradi. 48 P Prroossppeettttoo ddeellllaa rriicceerrccaa Ogni ricerca prevede una serie di tappe, logicamente concatenate, anche se nella pratica la loro successione può essere in parte modificata (alcuni passi rimangono però prioritari e preliminari rispetto ad altri) DEFINIZIONE DEL PROBLEMA CONOSCITIVO ↓ ESPLICITAZIONE DELLE IPOTESI SCIENTIFICHE (dedotte) ↓ SCELTA/DELIMITAZIONE DELL’AMBITO (spazio, tempo, dimensione sociale) ↓ POPOLAZIONE E CAMPIONE ↓ MAPPA DEI CONCETTI ↓ SCELTA DELLE VARIABILI E DEGLI INDICATORI ↓ FORMAZIONE DI RICERCATORI, INTERVISTATORI, INTERPRETI ↓ RACCOLTA DEI DATI (spoglio [archivi] vs rilevamento [campo] ) ↓ TRATTAMENTO DEI DATI (documentazione vs analisi) ↓ ORDINAMENTO DATI (repertorializzazione vs raggruppamento) ↓ ESPOSIZIONE DEI DATI verbale (libro, conferenza..) cartografica (mappe) tabellare (prospetti, grafici) visuale (filmati fotografie diapositive disegni) ↓ COSTRUZIONE DI MODELLI, ELABORAZIONE DI IPOTESI (indotte) E DI TEORIE 49 PROBLEMA CONOSCITIVO Ogni ricerca deve partire da un problema conoscitivo correttamente posto. Non possiamo chiedere ad esempio, ad un questionario sulla droga, di dirci perché un giovane inizi a drogarsi, se il problema non era già chiaramente formulato al momento della realizzazione del questionario o della serie di interviste. E' istruttivo, a questo proposito, rileggere quanto scriveva De Martino, in Morte e pianto rituale, a proposito degli studi sul lamento funebre precedenti alla sua inchiesta. Egli osservava: "Anche un materiale cosi coscienziosamente raccolto presentava ai nostri fini alcuni limiti di impiego, poiché si trattava pur sempre di un materiale che non era stato raccolto per rispondere alle nostre domande". E aggiungeva: "Siamo stati pertanto costretti ad attaccare il male alle radici, facendoci noi stessi etnografi della lamentazione funeraria in un'area circoscritta, e procurandoci in tal modo una documentazione diretta che fosse adatta a rispondere alle nostre proprie domande e alle nostre proprie ipotesi di lavoro. In altre parole ci è sembrato che almeno in un punto fosse da superare il vizioso dualismo fra l'etnografo che raccoglie dati senza nessun problema storiografico preciso e lo storiografo che utilizza poi quei dati nella prospettiva di un determinato problema". SCELTA DELL’AMBITO Per avviare un ricerca, dobbiamo necessariamente stabilire una delimitazione di ambito. Chi vogliamo studiare? Una persona, un reparto ospedaliero, un quartiere, una popolazione? Oppure un certo tipo di persone (il paziente terminale, il volontario, l'immigrato di seconda generazione, il giocatore d'azzardo)? Un atteggiamento scorretto è quello di credere che si possa partire con lo studiare "le motivazioni del volontario", "la realtà degli immigrati", "le rappresentazioni della malattia": è opportuno invece iniziare con lo studio delle motivazioni dei volontari di una singola associazione o di un determinato settore di intervento, la realtà dell’immigrazione in una determinata regione, le rappresentazioni della malattia che contraddistinguono un preciso gruppo etnico o sociale. L'estensione della ricerca a nuovi ambiti, l'ampliamento dell'area di ricerca, la comparazione con ambiti ed aree diverse, le generalizzazioni, non possono giungere che in un secondo momento. MAPPA DEI CONCETTI La ricerca sociale non può rinunciare ai concetti, se non vuole perdersi nel caos dell'empiria. Questi concetti devono rispondere a una duplice esigenza: a) guidare il ricercatore nella raccolta e nell'organizzazione dei dati empirici; b) garantire il collegamento con i parametri empirici che consenta la verifica, o la falsificazione, dell'ipotesi di lavoro. In altre parole, i concetti di cui ha bisogno l'analisi sociale devono potersi scomporre nelle loro dimensioni, o componenti, in modo da collegarsi con le tecniche specifiche di indagine sul terreno. Prendiamo i concetti di 50 alienazione e di libertà. Questi concetti sono utilizzabili solo a condizione che li si scomponga nelle loro categorie fondamentali e in quelle loro dimensioni che sono suscettibili di collegarsi a indicatori quantitativi. Avremo così, ad esempio (riprendendo la definizione proposta dall’OMS): SALUTE → benessere fisico, benessere mentale, benessere sociale. Oppure: ALIENAZIONE → mancanza di potere, mancanza di senso, isolamento, eccetera. E ancora: LIBERTA' → libertà politica, libertà religiosa, libertà sessuale, ecc. La mappatura dei concetti ha quindi un duplice aspetto: essa concerne tanto le dimensioni di un singolo concetto, come negli esempi sopra riportati, quanto la rete di concetti in gioco in un determinato ambito di ricerca. Riportiamo qui sotto, a titolo di esempio, due mappe concettuali utili in una possibile ricerca su temi legati al rischio (sociale, sanitario, ambientale, ecc.) o ai comportamenti alimentari: 51 SCELTA DEGLI INDICATORI Solo una precisa mappatura del concetto permette, attraverso la definizione dei suoi principali aspetti, l’individuazione dei relativi indicatori, di quegli aspetti cioè della realtà empirica che sono facilmente osservabili, misurabili, quantificabili. Ad esempio: LIBERTA' (concetto) → libertà politica (una delle dimensioni del concetto intorno al quale si indaga) → numero dei quotidiani politici stampati (uno dei possibili indicatori della libertà politica). Si noti che, per quanto si possano studiare "tutte" le dimensioni fondamentali di un concetto, e per ogni sua dimensione si possano stabilire anche numerosi indicatori, rimane indubbio il carattere parzialmente arbitrario e comunque riduttivo degli indicatori rispetto al concetto generale. 52 RACCOLTA DEI DATI Nella raccolta dei dati, possiamo distinguere, a seconda delle fonti utilizzate, due diverse fasi o modalità: a) spoglio (nelle biblioteche, negli archivi ecc.: non produce nuovi dati, ma raccoglie quanto, a livello di documenti o di letteratura scientifica, esiste in relazione ad un determinato argomento). b) rilevamento (attraverso interviste, questionari, osservazione partecipante, fotografia, film etnografici ecc.: vengono prodotti nuovi dati). Entrambi i momenti sono importanti ai fini della ricerca, e hanno analoga dignità. Normalmente, una ricerca antropologica o sociologica contempla tutte e due le fasi di raccolta, e lo spoglio (come ricerca bibliografica) precede nella maggior parte dei casi la fase del rilevamento. TRATTAMENTO DEI DATI Il trattamento dei dati può a sua volta muoversi in due direzioni, a seconda degli scopi della ricerca: a) DOCUMENTAZIONE del fenomeno indagato (i fatti da documentare andranno considerati sotto aspetti diversi, come la morfologia, l'età, la localizzazione, la vitalità, l'ambito sociale, ecc.). b) ANALISI del fenomeno indagato (per analisi intendiamo quelle operazioni che procedono a scomposizioni e ricomposizioni dei dati secondo certe tecniche euristiche e secondo certe prospettive concettuali che consentono di ricavare informazioni che vanno al di là della pura e semplice constatazione dell'esistenza di un fatto). ESPOSIZIONE DEI DATI Nell'esposizione dei dati ricorriamo talora, oltre alla descrizione verbale, a quella cartografica, tabellare o per immagini. L'esposizione dei dati implica ovviamente un loro ORDINAMENTO. Nell'ordinamento dei dati distinguiamo fra raggruppamento e repertorializzazione: mentre il primo mira a catalogare la materia, la seconda mira ad agevolare al massimo il reperimento di ogni singola notizia o informazione. COSTRUZIONE DI MODELLI Se è vero che la ricerca ha come obiettivo fondamentale quello di descrivere, comprendere, prevedere la realtà e saper intervenire su di essa, tutto ciò è possibile grazie alla produzione di modelli, siano essi descrittivi, esplicativi o predittivi. Si tratta in genere di modelli matematici, con un aspetto statistico, vale a dire una “famiglia” di probabilità. Se i modelli aiutano a descrivere e 53 interpretare la realtà, essi non vanno confusi tuttavia con la realtà stessa: i modelli sono solo delle rappresentazioni simboliche, semplificate, della realtà a cui si riferiscono. In quanto rappresentazione semplificata della realtà empirica, un modello teorico funziona come un riflettore: esso illumina ed evidenzia alcuni aspetti della realtà, ponendo su di essi un accento di rilevanza; ma inevitabilmente - e per questa stessa ragione - esso lascia nell’ombra, trascura, pone fra parentesi altri aspetti, che potrebbero essere meglio colti attraverso un modello differente. Proprio per questa ragione, l’adozione di modelli teorici diversi comporta generalmente un cambio di vedute: cambiano le priorità conoscitive, i problemi a cui dare risposta, gli aspetti a cui prestare maggiore attenzione, e di conseguenza le stesse tecniche di raccolta dei dati. Per cogliere il funzionamento di un determinato fatto socio-culturale, dobbiamo essere in grado di cogliere la struttura di un determinato sistema, intendendo per sistema il complesso degli elementi compresenti e delle relazioni che li collegano. Ma le strutture non si colgono direttamente sulla realtà concreta: mentre la realtà sociale è in continuo movimento, e i rapporti tra persone o gruppi mutano di anno in anno e persino di giorno in giorno, la struttura generale può rimanere relativamente costante per un periodo più o meno lungo di tempo. Per usare un'analogia linguistica, quando si cerca di cogliere le strutture della lingua ci si colloca al livello della grammatica e della sintassi, e non a quello della lingua parlata: ora la grammatica o la sintassi non sono la lingua concretamente parlata, non sono la realtà nel senso corrente del termine; costituiscono però il modello che rappresenta quella realtà concreta. Anche nelle scienze umane e sociali è la nozione di modello a permettere il superamento del vissuto, la necessaria presa di distanza dal piano degli avvenimenti. Il modello viene dunque costruito a partire dai dati empirici messi insieme dalla ricerca, ma non si identifica con la materia prima impiegata, proprio come la grammatica e la sintassi non si identifica con la lingua concretamente parlata, e tuttavia ne rendono manifesta l'organizzazione. Possiamo quindi dire che i modelli costruiti dal ricercatore per interpretare e descrivere la materia di studio hanno una struttura che rivela la struttura dell'oggetto su cui sono stati costruiti. 54 U Unnaa bbiibblliiooggrraaffiiaa,, ppeerr ccoom miinncciiaarree aadd aapppprrooffoonnddiirree.... AMEZCUA, Manuel - Gálvez Toro, Alberto 2002 Los modos de análisis en investigación cualitativa en salud: perspectiva crítica y reflexiones en voz alta. "Revista Española de Salud Pública", vol. 76, n. 5. ANKER, M. et alii 1993 Rapid evaluation methods (REM) of health services performance methodological observations. WHO Bulletin OMS, vol. 7, n. 1, pp. 15-21. 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