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LAVORO DOMESTICO
Sommario
1. Fonti normative
2. Nozione di lavoro domestico
3. Costituzione del rapporto
4. Svolgimento del rapporto
5. Estinzione del rapporto
6. Obblighi assicurativi
7. Procedure per la regolarizzazione
1. Fonti normative
In forza del disposto dell'art. 2068, secondo comma, cod. civ. i rapporti di lavoro
concernenti prestazioni di carattere personale e domestico erano sottratti alla disciplina del
contratto collettivo. Tali prestazioni vennero, quindi, disciplinate con alcune norme inserite nel
codice civile (artt. 2240-2246) e con la legge 2 aprile 1958, n. 339.
La Corte Costituzionale con sentenza n. 68/1969 ha dichiarato costituzionalmente
illegittimo il suddetto secondo comma dell'art. 2068 cod. civ., consentendo l'avvio della
contrattazione collettiva di settore.
La disciplina contrattuale è vincolante, data la sua natura privatistica, solo per i datori di
lavoro e per i lavoratori, anche di nazionalità non italiana, iscritti alle associazioni sindacali
stipulanti. Per i soggetti non aderenti alle predette associazioni il contratto collettivo è
applicabile qualora vi abbiano aderito, in modo espresso o implicito, in occasione della
stipulazione del contratto individuale o nel corso della sua esecuzione (Cass. n. 234/1975).
Le fonti di disciplina del rapporto sono pertanto le seguenti:
a) Costituzione, in particolare gli artt. 36, 37, 38 e 40;
b) legge 2 aprile 1958, n. 339, che trova applicazione solo nel caso di rapporti di almeno
quattro ore giornaliere presso lo stesso datore di lavoro, integrata dagli artt. 2240-2246 cod. civ.
e dal R.D. n. 1825/1924 sull'impiego privato (art. 98 disp. att. cod. civ. e art. 21, L. n. 339/1958);
c) legge 27 dicembre 1953, n. 940 sulla corresponsione della tredicesima mensilità;
d) artt. 2094-2134 cod. civ. per gli aspetti non regolati dalle precedenti disposizioni, in
quanto compatibili con la specialità del rapporto (art. 2239 cod. civ.);
e) legge 29 maggio 1982, n. 297 sul trattamento di fine rapporto;
f) D.P.R. 31 dicembre 1971, n. 1403 per gli aspetti previdenziali.
Eventuali pattuizioni tra le parti sono valide solo quando siano più favorevoli al
lavoratore, prevalendo sulla legge e sul contratto collettivo.
2. Nozione di lavoro domestico
Definizione di lavoro domestico
Il rapporto di lavoro domestico ha per oggetto la prestazione di servizi di carattere
domestico diretti al funzionamento della vita familiare(art. 1, L. n. 339/1958).
Le prestazioni di lavoro possono essere rivolte a favore:
- di una persona singola;
- di un nucleo o gruppo familiare, inteso come coabitazione dei suoi membri legati da un
vincolo affettivo e di mutua assistenza;
- di comunità stabili (religiose o militari), che riproducono nella loro vita di relazione le
stesse regole della vita familiare (vincolo associativo; stabilità e permanenza, condivisione di
tetto e di mensa, assenza di finalità lucrative). E' stato considerato come lavoro domestico
l'attività svolta dalla cuoca e addetta alle pulizie di una comunità religiosa conventuale,
ancorchè tale comunità ospiti, fuori da qualsiasi scopo di lucro, saltuariamente persone diverse
dai religiosi (Cass. n. 5049/1988).
La convivenza, per poter essere qualificata come familiare, deve risultare contraddistinta
dai seguenti elementi:
a) coabitazione dei membri del nucleo familiare in una singola unità immobiliare distinta e
separata da altre analoghe unità abitative;
b) assenza di scopo di lucro (naturalmente tale requisito è da intendersi riferito alla
convivenza degli appartenenti alla famiglia e non già al lavoratore domestico);
c) soddisfacimento in comune di fondamentali esigenze di ordine materiale quali il vitto e
l'alloggio;
d) solidarietà affettiva e mutua assistenza tra i familiari.
Rapporti affini
Sono considerati lavoratori domestici:
- gli autisti, quando la loro prestazione è esclusivamente o prevalentemente al servizio della
famiglia. Tuttavia, se sono alle dipendenze di un imprenditore, si applicano le norme di tutela
previdenziale applicabile alla generalità dei lavoratori in luogo di quelle previste per i lavoratori
domestici (L. n. 1003/1956);
- i giardinieri, custodi e portieri di case private al servizio del nucleo familiare.
Non possono considerarsi lavoratori domestici:
- gli addetti alla pulizia di uffici e stabili, perchè le loro prestazioni non sono dirette al
servizio della persona o della famiglia (v. Cass. n. 1235/1979 che ha escluso il lavoro domestico
per le prestazioni svolte alle dipendenze di una collettività di condomini o di coinquilini di un
medesimo stabile diviso in appartamenti autonomi);
- le persone collocate "alla pari", generalmente studenti, che offrono prestazioni limitate di
lavoro domestico in cambio dell'ospitalità. L'elemento della subordinazione potrebbe sussistere
qualora diventino preminenti i suoi elementi caratteristici (per la normativa dettata in tema di
collocamento alla pari, v. l'accordo europeo adottato a Strasburgo del 24 novembre 1969, n. 68,
ratificato con la legge 18 maggio 1973, n. 304).
Lavoro nell'ambito familiare
Il lavoro svolto da parenti o affini del datore di lavoro da persone legate allo stesso da
vincolo affettivo si presume prestato a titolo gratuito e non è sottoposto alla normativa sul lavoro
domestico, salvo che, nel caso concreto, non si esplichi con modalità tali da farlo ritenere svolto
in regime di subordinazione e sia retribuito.
La presunzione di gratuità può essere superata soltanto con la prova rigorosa circa
l'effettiva esistenza degli elementi della subordinazione e dell'onerosità della prestazione (Cass.
n. 2597/1990). Non può essere superata dalla sola corresponsione del vitto e dell'alloggio e di
ulteriori utilità, quali il vestiario, il divertimento e le spicciole spese in genere (Cass. n.
818/1989).
In particolari ipotesi (art. 1, comma 3, D.P.R. n. 1403/1971) è previsto che il lavoro
domestico di assistenza svolto gratuitamente faccia sorgere l'obbligo per l'assicurazione per
l'invalidità e vecchiaia quando è svolto a favore di invalidi di guerra (civile e militare), invalidi per
causa di servizio o del lavoro, se percepiscono l'indennità di accompagnamento, di mutilati o
invalidi civili, ciechi civili, sacerdoti secolari di culto cattolico, componenti le comunità religiose o
le convivenze militari di tipo familiare. In una fattispecie concreta (assistenza svolta dalla madre
in favore del figlio invalido civile, ancorchè minorato dalla nascita) è stato stabilito che il
rapporto di lavoro domestico, ai fini della costituzione del rapporto assicurativo, presuppone che
il beneficiario di detta attività fruisca delle provvidenze previste dalla L. n. 118/1971 a favore
degli invalidi (Cass. n. 11636/1992).
3. Costituzione del rapporto
Obblighi di denuncia connessi all'assunzione
Dal 29 gennaio 2009, in deroga alla normativa vigente, per i datori di lavoro domestico
l'obbligo di comunicare l'assunzione, la cessazione, la trasformazione e la proroga del rapporto
di lavoro si intende assolto con la presentazione delle comunicazioni stesse, attraverso
modalità semplificate (contact center o servizi on line), all'INPS (non più ai Centri per l'impiego)
(art. 16-bis, commi 11 e 12, D.L. n. 185/2008; INPS comunicato 5 febbraio 2009). Per evitare
l'applicazione di sanzioni, fino al 16 febbraio 2009, sono considerate valide le comunicazioni
inviate ai Centri per l'impiego; dopo tale data le comunicazioni vanno inviate esclusivamente
all'INPS (ML nota n. 1044/2009; INPS circ. n. 20/2009; mess. n. 6729/2009).
Le comunicazioni possono essere effettuate per telefono (chiamando il contact center
dell'INPS), via internet (tramite il sito www.inps.it) e anche con modulo su carta da consegnare
alle sedi dell'Ente (INPS mess. n. 21567/2010).
L'INPS trasmette le comunicazioni semplificate ai Centri per l'impiego, al Ministero del
lavoro, all'INAIL ed alla Prefettura-UTG (se il lavoratore è extracomunitario), nell'ambito del
Sistema pubblico di connettività (SPC) e nel rispetto delle regole tecniche di sicurezza, di cui
all'art. 71, comma 1-bis del D.Lgs. n. 82/2005. Tale comunicazione assolve a tutti gli obblighi
legali nei confronti degli Enti ed Istituti predetti (art. 4-bis, comma 6, D.Lgs. n. 181/2000). Per i
lavoratori extracomunitari, però, l'efficacia della comunicazione obbligatoria non rileva ai fini
della sottoscrizione e presentazione allo Sportello Unico per l'immigrazione del contratto di
soggiorno per lavoro subordinato per l'assunzione di lavoratore in possesso di permesso di
soggiorno.
Restano invariati i termini: almeno il giorno prima dell'assunzione, per la denuncia di
instaurazione; entro 5 giorni, in caso di proroga, trasformazione e cessazione del rapporto.
Documenti di lavoro
All'atto dell'assunzione il lavoratore dovrà, ai sensi dell'art. 3 L. n. 339/1958 e di quanto
indicato nel c.c.n.l., consegnare al datore di lavoro:
- i documenti assicurativi e previdenziali;
- la tessera sanitaria, nonchè ogni altro documento sanitario aggiornato con tutte le
attestazioni previste dalle vigenti norme di legge;
- un documento di identità personale non scaduto;
- eventuali diplomi o attestati professionali specifici.
Il lavoratore extracomunitario potrà essere assunto, come già detto, se in possesso del
permesso di soggiorno per motivi di lavoro.
Contratto individuale di lavoro
Tra le parti dovrà essere stipulato un contratto di lavoro (lettera di assunzione), nel quale
andranno indicati, oltre alla data dell'inizio del rapporto di lavoro, alla durata del periodo di
prova, all'esistenza o meno della convivenza (totale o parziale), alla durata dell'orario giornaliero
di lavoro, alla retribuzione pattuita, anche tutti gli altri elementi indicati nel contratto collettivo.
La lettera di assunzione, firmata dal lavoratore e dal datore di lavoro, dovrà essere
scambiata tra le parti.
Assunzione di minori
Nel caso di assunzione di un minorenne per lo svolgimento di un servizio di almeno 4 ore
giornaliere, il datore di lavoro dovrà farsi rilasciare da chi esercita la potestà sul minorenne una
dichiarazione scritta, vidimata dal Sindaco del comune di residenza, con cui si consente al
minorenne la convivenza presso la famiglia del datore di lavoro (art. 4, L. n. 339/1958).
Attività di mediazione nell'avviamento al lavoro
Le associazioni di categoria nazionali ed i patronati possono svolgere attività di
mediazione, dietro autorizzazione del Ministero del lavoro, nell'avviamento al lavoro dei
lavoratori domestici (art. 2, commi 2 e 3, L. n. 339/1958).
Ogni altra attività di mediazione è vietata e sanzionata penalmente.
Periodo di prova
A differenza degli altri rapporti di lavoro subordinato, per i quali ai sensi dell'art. 2096 cod.
civ. il patto di prova deve essere stipulato per iscritto, nel caso del lavoro domestico l'art. 2241
cod. civ. ne presume l'esistenza per i primi 8 giorni. Pertanto, in caso di recesso senza
preavviso del datore di lavoro entro detto termine, incombe sul lavoratore l'onere di provare
l'inesistenza del patto in questione.
Per i rapporti per i quali trovi applicazione la citata L. n. 339/1958, l'art. 5 della legge stessa
stabilisce che il periodo di prova per i domestici con mansioni impiegatizie non può essere
superiore a 30 giorni; per i domestici svolgenti mansioni di operaio tale periodo può avere la
durata massima di 8 giorni.
Per le particolarità riguardanti il periodo di prova si veda quanto stabilito dalla
contrattazione collettiva di categoria.
Lavoro a tempo determinato
L'assunzione a tempo determinato avviene nel rispetto di quanto stabilito dal D.Lgs. n.
368/2001 (per un quadro approfondito sulla disciplina del lavoro a tempo determinato si rinvia
a quanto indicato nella rispettiva nota illustrativa).
Tuttavia, ai sensi dell'art. 11, comma 2 dello stesso D.Lgs. n. 368/2001, le clausole dei
contratti collettivi nazionali di lavoro vigenti al 24 ottobre 2001, mantengono, in via transitoria e
fatte salve diverse intese, la loro efficacia fino alla data di scadenza dei contratti stessi.
Per le ipotesi di assunzione con contratto a termine il rinvio è a quanto specificato dalla
contrattazione collettiva di settore.
Inoltre per le causali che determinano il ricorso al contratto a termine, i datori di lavoro
potranno altresì avvalersi delle agenzie di somministrazione (v. anche INPS circ. n. 89/2002).
4. Svolgimento del rapporto
Qualifiche
La disciplina legislativa all'art. 5, L. n. 339/1958, distingue il personale domestico in
lavoratori con mansioni impiegatizie (precettori, maggiordomi, governanti, bambinaie diplomate
ecc.) e prestatori d'opera manuale specializzata o generica (cuochi, giardinieri, domestiche tutto
fare, ecc.).
La classificazione in categorie e la specifica delle mansioni è disciplinata dalla
contrattazione di settore.
Retribuzione
La retribuzione, oltre che il denaro, può comprendere anche elementi in natura, quali il vitto
e l'alloggio, e secondo l'art. 6, L. n. 339/1958, deve essere corrisposta a periodi non superiori al
mese.
La retribuzione del lavoratore è composta dalle seguenti voci:
a) retribuzione minima contrattuale;
b) eventuali scatti di anzianità;
c) eventuale compenso sostitutivo di vitto e alloggio;
d) eventuale superminimo.
La contrattazione collettiva di categoria stabilisce i minimi retributivi e l'adeguamento
annuale.
Vitto e alloggio
L'erogazione del vitto e dell'alloggio è obbligatoria, ex art. 2242, cod. civ., solo nel caso del
dipendente ammesso alla convivenza.
I valori convenzionali del vitto e dell'alloggio sono fissati dalla contrattazione collettiva e
sono rivalutati annualmente con le stesse modalità di adeguamento dei minimi retributivi, con la
differenza che, dopo la terza convocazione, in caso di mancata riunione della Commissione
nazionale per l'aggiornamento retributivo o di mancato accordo delle parti, l'adeguamento
avviene automaticamente in misura pari al 100% dell'indice ISTAT.
I valori del vitto e dell'alloggio, in tal modo determinati, decorrono dal 1º gennaio di ciascun
anno.
Per i rapporti rientranti nell'ambito di applicazione della L. n. 339/1958, il valore
convenzionale del vitto e dell'alloggio è determinato dalle Commissioni provinciali per personale
domestico (art. 14, L. n. 339/1958).
La varietà dei casi concreti ha portato talvolta la giurisprudenza ad adottare i criteri di
valutazione equitativa per accertare il valore delle prestazioni in natura, disattendo in parte i
parametri offerti dalle previsioni dei contratti collettivi del settore domestico (fattispecie relativa
alla cd. "vergara", tipica figura di collaboratrice domestica in area di campagna nella provincia di
Macerata, che usufruiva dell'alloggio - per sè e per la famiglia ed in taluni periodi per i suoi
familiari - nell'abitazione del datore di lavoro e poi in una adiacente, e di altre prestazioni in
natura, quale la facoltà di intrattenere un piccolo allevamento di suini (Cass. n. 10872/1996).
Tredicesima mensilità
Agli addetti ai servizi domestici compete per legge (L. n. 940/1953) la tredicesima mensilità
di importo uguale, salvo condizioni convenzionali di miglior favore stabilite in sede contrattuale,
ad una mensilità di retribuzione in denaro.
Se il servizio prestato è inferiore all'anno, spettano tanti dodicesimi della tredicesima quanti
sono i mesi lavorati.
Orario di lavoro
In assenza di limiti legali alla durata massima dell'orario di lavoro, la giurisprudenza ha
precisato che la prestazione non può avere una durata tale da risultare "usurante" per la
persona del lavoratore (c.d. limite della ragionevolezza). Ove tale limite risulti in concreto
superato, per le prestazioni ulteriori competerà comunque al lavoratore la maggiorazione per
lavoro straordinario.
Al riguardo è bene comunque tener presente che il contratto di categoria prevede un e
qualifica espressamente come straordinarie le prestazioni che superino tale orario stabilendo
le relative maggiorazioni retributive.
Inoltre la contrattazione stabilisce anche particolari disposizioni in merito all'orario di lavoro
con riferimento ai lavoratori studenti.
Riposo settimanale
Se il dipendente lavora per almeno quattro ore giornaliere ha diritto, fatte salve sempre
condizioni di miglior favore stabilite in sede contrattuale, ad un riposo settimanale di una
giornata intera, di regola coincidente con la domenica o di due mezze giornate, una delle quali
coincidente con la domenica (art. 7 L. n. 339/1958).
Festività
In base all'art. 9 della L. n. 339/1958, per le festività infrasettimanali il lavoratore ha diritto
ad un permesso di mezza giornata senza decurtazioni della relativa retribuzione.
Ulteriori disposizioni di miglior favore sono previste in materia dalla contrattazione
collettiva.
Ferie
Il lavoratore domestico il cui rapporto non sia disciplinato dalla L. n. 339/1958 ha diritto ai
sensi dell'art. 2243 cod. civ. ad un periodo di ferie retribuito non inferiore ad 8 giorni l'anno.
La legge n. 339/1958 prevede, invece, all'art. 10 invece un periodo minimo di ferie, da
godersi consecutivamente, la cui durata varia in funzione delle mansioni svolte e dell'anzianità
di servizio (impiegati: 15 giorni fino a 5 anni di anzianità e 25 giorni per anzianità superiore;
operai: 15 giorni fino a 5 anni di anzianità e 20 giorni per anzianità superiore).
Trovano applicazione per l'Istituto delle ferie le disposizioni di miglior favore stabilite dalla
contrattazione collettiva.
Congedo matrimoniale
In caso di matrimonio, documentalmente provato, spetta al prestatore di lavoro un congedo
retribuito di 15 giorni di calendario, oltre il corrispettivo in natura (vitto e alloggio) (art. 15, L. n.
339/1958).
Malattia ed infortunio
In caso di malattia o infortunio il contratto collettivo di categoria stabilisce, in attuazione di
quanto disposto dall'art. 2110 cod. civ., il periodo di conservazione del posto di lavoro, superato
il quale il datore di lavoro ha facoltà di recedere liberamente, nonchè obblighi retributivi
integrativi dei trattamenti erogati dagli istituti previdenziali.
Maternità e paternità
Ai sensi dell'art. 62 del D.Lgs. n. 151/2001 le lavoratrici e i lavoratori addetti ai servizi
domestici e familiari hanno diritto al congedo di maternità e di paternità, ivi compreso il relativo
trattamento economico e normativo. Si applicano le disposizioni di cui agli artt. 6, comma 3, 16,
17, 22, commi 3 e 6, del D.Lgs. n. 151/2001 (si veda al riguardo quanto esposto nella nota
illustrativa sulla Maternità e paternità).
Per il personale addetto ai servizi domestici e familiari, l'indennità di cui all'art. 22 ed il
relativo finanziamento sono regolati secondo le modalità e le disposizioni stabilite dal D.P.R. n.
1403/1971.
In particolare le lavoratrici e i lavoratori domestici e familiari hanno titolo,
indipendentemente dall'esistenza di un rapporto di lavoro in atto, all'indennità di maternità
corrisposta dall'INPS, con gli stessi criteri previsti per le lavoratrici del settore commercio,
qualora nei 24 mesi precedenti la data di inizio dell'astensione obbligatoria dal lavoro, risultino
dovuti o versati, anche in settori diversi da quello domestico, 52 contributi settimanali ovvero 26
contributi settimanali nei 12 mesi precedenti la data di inizio dell'astensione stessa (art. 4,
comma 1, D.P.R. n. 1403/1971).
La retribuzione giornaliera su cui si commisura l'indennità è pari alla sesta parte della
media delle retribuzioni convenzionali settimanali, relative alle settimane di contribuzione
comprese nei 24 mesi antecedenti l'inizio del periodo di astensione obbligatoria dal lavoro.
5. Estinzione del rapporto
Al personale domestico non si applica la disciplina limitativa dei licenziamenti individuali
(art. 4, L. n. 108/1990).
Ne consegue che il datore di lavoro può in qualsiasi momento recedere dal rapporto previo
preavviso, ferma restando, in virtù dell'art. 2244 cod. civ., la facoltà di licenziare in tronco il
lavoratore qualora ricorra una giusta causa, consistente in mancanze così gravi da non
consentire la prosecuzione nemmeno provvisoria del rapporto di lavoro.
Nel risolvere una situazione abbastanza frequente nella prassi (lavoratore domestico che
dopo la morte del datore di lavoro continui a prestare la propria opera a favore della famiglia o
degli eredi), la giurisprudenza ha stabilito che prosegua il medesimo rapporto di lavoro purchè
ciò sia manifestato da comportamenti concludenti ed anche se le prestazioni sono ridotte,
ovvero che si instauri un nuovo rapporto di lavoro in relazione all'interesse dei soggetti e del
loro consenso (Cass. n. 6407/1993).
Preavviso
Per i lavoratori domestici che esercitino mansioni impiegatizie, trovano applicazione i
termini di preavviso posti dal R.D.L. n. 1825/1924 dettante norme sull'impiego privato, mentre
per i prestatori d'opera manuale sono fissati quali termini minimi di preavviso 15 e 30 giorni a
seconda che il lavoratore abbia meno o più di cinque anni di anzianità di servizio (art. 16, L. n.
339/1958).
Al lavoratore che si dimette per giusta causa compete l'indennità di mancato preavviso.
In caso di erogazione della indennità sostitutiva di preavviso la stessa deve comprendere
anche il valore in denaro dell'eventuale retribuzione in natura di cui godeva il lavoratore da
determinarsi sulla base delle tariffe fissate dalle Commissioni provinciali.
Anche in questa ipotesi la disciplina legale è integrata dalla contrattazione collettiva di
categoria.
Tutela delle lavoratrici madri
Il divieto di licenziamento delle lavoratrici madri posto dall'art. 54, D.Lgs. n. 151/2001, salva
la giusta causa, dall'inizio della gestazione al compimento del primo anno di età del bambino,
non si applica alle lavoratrici domestiche in virtù della specialità del rapporto. La particolare
deroga è stata spiegata in considerazione delle particolarità che contraddistinguono il lavoro
domestico e della impossibilità tendenziale di procedere alla rotazione del personale dipendente
(Corte Cost. sentenza n. 27/1974) e dall'inesistenza di un'organizzazione del lavoro tale da
consentire la sostituzione per lunghi periodi della lavoratrice in gravidanza e puerperio nonchè
dalla gravosità dell'obbligo che sarebbe imposto al datore di lavoro di non recedere per ventuno
mesi.
Tuttavia, il principio dell'inapplicabilità del divieto di licenziamento alle lavoratrici
domestiche in gravidanza e puerperio è stato recentemente contemperato attraverso il ricorso
all'applicazione, già affermata dalla Corte Costituzionale (sentenze n. 135/1969 e n. 193/1995),
dell'art. 2110 cod. civ., il quale pone una regola generale di protezione della maternità. Pertanto,
il divieto di licenziamento varrà per il periodo di tempo equitativamente determinato dal giudice
ex art. 2110 cod. civ., a tal fine utilizzandosi come parametro di riferimento il periodo di due
mesi prima del parto e di tre mesi successivi ad esso (Cass. n. 6199/1998).
Si rinvia alla contrattazione collettiva di categoria per le integrazioni in merito.
Trattamento di fine rapporto
Per quanto concerne il trattamento di fine rapporto trova applicazione la L. n. 297/1982: in
ogni caso di cessazione del rapporto di lavoro, il lavoratore ha diritto ad un trattamento di fine
rapporto calcolato a norma di legge sull'ammontare delle retribuzioni percepite nell'anno,
comprensive di eventuale indennità di vitto e alloggio: il totale sarà diviso per 13,5. Le quote
annue accantonate saranno incrementate a norma dell'art. 1, comma 4, della L. n. 297/1982.
Ulteriori specifiche in materia sono lasciate alla contrattazione collettiva.
6. Obblighi assicurativi
Gli addetti ai servizi domestici, a prescindere dalla natura della prestazione, sono soggetti a
norma dell'art. 1 D.P.R. n. 1403/1971:
- alle assicurazioni I.v.s. e disoccupazione involontaria;
- alle norme sull'assegno per il nucleo familiare;
- all'assicurazione per maternità;
- all'assicurazione contro le malattie;
- all'assicurazione contro gli infortuni e malattie professionali, anche se le attività esercitate
non rientrano fra quelle contemplate dal D.P.R. n. 1124/1965.
Dal 1º luglio 2010 è attiva la Cas.sa.colf, una cassa malattia prevista dal c.c.n.l. che eroga
le prestazioni per il rimborso del trattamento economico di malattia.
In particolare, la Cassa ha lo scopo di gestire i trattamenti assistenziali ed assicurativi,
integrativi aggiuntivi e/o sostitutivi delle prestazioni sociali pubbliche obbligatorie a favore dei
dipendenti collaboratori familiari.
Il primo periodo di operatività si conclude con il 31 dicembre 2011; i periodi operativi
successivi coincidono con gli anni civili (1º gennaio-31 dicembre).
L'iscrizione alla Cassa è obbligatoria: infatti, l'applicazione del c.c.n.l. comporta l'obbligo
dell'iscrizione dei dipendenti e dei datori di lavoro, nonché del versamento dei contributi di
assistenza contrattuale a carico del datore di lavoro e del lavoratore.
Il versamento dei contributi è effettuato dal datore di lavoro con periodicità trimestrale
all'INPS entro gli stessi termini di scadenza dei contributi obbligatori ed avvalendosi delle stesse
modalità; la prima scadenza per il versamento dei contributi è quella di ottobre 2010 (per
maggiori approfondimenti sull'argomento si rinvia alla sezione contrattuale).
Autisti dipendenti da titolari d'impresa
La L. n. 1003/1956 dispone che gli autisti dipendenti da titolari di impresa o da titolari di
attività soggette alle norme sugli assegni familiari sono soggetti alle stesse forme di assistenza
e previdenza di cui beneficiano i dipendenti addetti all'impresa o all'attività esercitata. Tale
disposizione, che comporta l'inapplicabilità del D.P.R. n. 1403/1971, opera anche nei confronti
degli autisti addetti al servizio personale del proprio datore di lavoro. Pertanto, può verificarsi il
caso di un autista il cui rapporto di lavoro sia disciplinato dalle norme sul servizio domestico,
mentre gli obblighi contributivi devono essere assolti sulla base di una differente disciplina.
Obblighi contributivi
Agli oneri derivanti dalle forme di tutela previdenziale e assistenziale in esame, si provvede
attraverso contributi a carico sia del datore di lavoro che del lavoratore, le cui aliquote sono
fissate dall'art. 5 del D.P.R. n. 1403/1971 per singola forma assicurativa.
Le aliquote di cui sopra non si applicano sulla retribuzione effettivamente spettante al
lavoratore, bensì su retribuzioni orarie convenzionali, comprensive della quota della tredicesima
e di ogni altra indennità o corresponsione in natura. La retribuzione va inquadrata in una delle
due classi a cui corrisponde il contributo orario (con o senza quota assegni familiari).
Moltiplicando poi il contributo orario per il numero delle ore lavorate entro l'ultimo sabato del
trimestre solare, si ottiene la somma da corrispondere all'INPS (v. INPS circ. n. 11/2010) e per
gli esoneri contributivi (v. INPS - Determinazione dei contributi).
Al lavoratore fa carico una quota minima di contribuzione che viene trattenuta sulla
retribuzione. Tuttavia è il datore di lavoro a rimanere responsabile per l'intero versamento.
In caso di assunzione di lavoratori domestici con contratto di fornitura di lavoro
temporaneo, i contributi sono dovuti nella misura prevista per i lavoratori domestici ma sono
versati mensilmente secondo le modalità ed i termini previsti per la generalità dei lavoratori
dipendenti dalla società di fornitura (v. art. 9, c. 3-bis, L. n. 196/1997; INPS circ. n. 89/2002 e
per un quadro approfondito in materia di lavoratori domestici dipendenti da agenzie interinali
l'argomento Lavoro interinale).
Versamento dei contributi
I contributi, determinati in rapporto alle ore lavorate in ogni settimana, devono essere
versati trimestralmente (precisamente entro il decimo giorno successivo alla scadenza del
trimestre) a mezzo di bollettini rilasciati ed inviati dall'INPS, incaricato della loro riscossione
anche per conto dell'INAIL per la contribuzione per gli infortuni sul lavoro e malattie
professionali (artt. 8, 10 e 16 D.P.R. n. 1403/1971). Nel caso di denunce contributive inoltrate
nei termini ai Centri per l'impiego, in base alla normativa previgente (v. par. 3), ma pervenute
tardivamente all'INPS e nel caso di rapporti di lavoro sospesi in attesa di accertamenti, il
termine ultimo di pagamento dei bollettini arretrati può essere spostato, su richiesta del datore
di lavoro, ad un massimo di 12 mesi dalla data di primo versamento rilevabile nell'archivio
lavoro domestico. Tale agevolazione è concessa, previo accertamento che la comunicazione di
assunzione sia stata presentata entro il termine di legge, nel caso in cui il ritardo nell'invio dei
bollettini comporti un arretrato di almeno 1 trimestre di importo superiore a € 300,00 oltre al
trimestre corrente (INPS mess. n. 10365/2009).
Per le istruzioni relative alla compilazione dei bollettini v. INPS mess. n. 70/2003.
Sanzioni per violazione di obblighi contributivi
Per i datori di lavoro domestico sono sanzionabili - secondo le precisazioni delle circolari
INPS n. 225/1997 e n. 18/1998 - le seguenti inadempienze:
a) Evasione contributiva
Tale ipotesi si realizza in tutti i casi di omessa o tardiva denuncia del rapporto di lavoro
domestico e nei casi di denunce non conformi al vero (con riferimento, ad esempio, al numero
delle ore o alla retribuzione effettivamente corrisposta). La fattispecie dell'evasione si verifica
poi, oltre che nei casi di accertamenti ispettivi, anche nelle ipotesi di tardiva presentazione dei
bollettini trimestrali di pagamento (mod. LD 01S). Questi ultimi, infatti, sono da considerare una
denuncia contributiva obbligatoria, tenuto conto che contengono tutti i dati (ad es. numero ore,
retribuzione oraria, ecc.) necessari per la determinazione dell'esatto importo dovuto.
b) Omissione contributiva
L'ipotesi in questione si verifica quando il contribuente, nei termini prescritti, ha fornito i dati
dovuti, ma ha versato i contributi in misura inferiore a quanto dallo stesso indicato.
7. Procedure per la regolarizzazione
L'art. 1-ter del D.L. n. 78/2009, introdotto in sede di conversione dalla legge n. 102/2009,
disciplina la regolarizzazione dei lavoratori italiani e stranieri (comunitari ed extracomunitari)
occupati irregolarmente in attività di assistenza e di sostegno alla famiglia. In particolare, per
quanto riguarda i lavoratori extracomunitari, la procedura di emersione consente, oltre la
regolarizzazione del rapporto di lavoro, la legalizzazione della presenza e permanenza dello
straniero, privo del permesso di soggiorno, sul territorio italiano.
Possono avvalersi della sanatoria i datori di lavoro italiani o cittadini di uno Stato membro
dell'Unione europea, ovvero i datori di lavoro extracomunitari in possesso del titolo di soggiorno
di lunga durata previsto dall'art. 9 del D.Lgs. n. 286/1998, che alla data del 30 giugno 2009
occupavano irregolarmente alle proprie dipendenze, da almeno tre mesi (quindi, almeno dal 1º
aprile 2009), lavoratori italiani o comunitari, ovvero lavoratori extracomunitari, comunque
presenti nel territorio nazionale, e che continuino ad occuparli alla data di presentazione della
dichiarazione di emersione, adibendoli:
- ad attività di assistenza personale o per componenti della propria famiglia, anche se non
conviventi, affetti da patologie o handicap che ne limitino l'autosufficienza;
- al lavoro domestico di sostegno al bisogno familiare.
La dichiarazione di emersione deve essere presentata, con modalità informatiche dal 1º al
30 settembre 2009:
- all'INPS per il lavoratore italiano o per il cittadino di uno Stato membro dell'Unione
europea, mediante apposita modulistica predisposta dall'Istituto stesso. Sono assimilati a tali
lavoratori anche i cittadini extracomunitari in possesso di titolo di soggiorno in corso di validità
che consente di svolgere attività lavorativa subordinata, irregolarmente impiegati nelle attività di
assistenza a persona non autosufficiente o di sostegno al bisogno familiare (INPS circ. n.
101/2009);
- allo Sportello unico per l'immigrazione per il lavoratore extracomunitario comunque
presente nel territorio nazionale.
Prima di presentare la dichiarazione di emersione il datore di lavoro deve provvedere al
pagamento di un contributo forfetario, per ciascun lavoratore, di 500 euro, non deducibile ai fini
IRPEF, di cui una parte è diretta a coprire, a fini previdenziali e assistenziali, il periodo di lavoro
1º aprile - 30 giugno 2009 (per le modalità di destinazione del contributo, v. D.M. 28 ottobre
2009; INPS mess. n. 17422/2010). Il pagamento di tale contributo deve essere effettuato,
utilizzando i codici tributo istituiti appositamente dall'Agenzia delle Entrate, attraverso il modello
"F24 - Versamenti con elementi identificativi", disponibile sul sito dell'Agenzia delle Entrate, del
Ministero dell'interno, del Ministero del lavoro e dell'INPS (Ag. Entr. ris. n. 209/E/2009; n.
268/E/2009).
Qualora al pagamento del contributo forfetario, regolarmente effettuato entro il 30
settembre 2009, non sia seguito l'inoltro dell'istanza di emersione tramite il sistema informatico,
i datori di lavoro interessati possono, entro e non oltre il 31 dicembre 2009, completare la
procedura di emersione (MI circ. n. 7602/2009; INPS mess. n. 28660/2009).
Salvo che il fatto costituisca più grave reato, chiunque presenti false dichiarazioni o
attestazioni, ovvero concorre al fatto, nell'ambito della procedura di emersione, è punito ai sensi
dell'art. 76 del D.P.R. n. 445/2000. Se il fatto è commesso attraverso la contraffazione o
l'alterazione di documenti oppure con l'utilizzazione di uno di tali documenti, si applica la pena
della reclusione da uno a sei anni. La pena è aumentata se il fatto è commesso da un pubblico
ufficiale (art. 1-ter, comma 15, D.L. n. 78/2009).
Emersione di lavoratori extracomunitari privi di permesso di soggiorno
Per la regolarizzazione di lavoratori extracomunitari privi di permesso di soggiorno, il datore
di lavoro deve presentare, esclusivamente in via telematica, la dichiarazione di sussistenza del
rapporto di lavoro domestico o di assistenza allo Sportello unico per l'immigrazione presso la
Prefettura-UTG competente del luogo ove si svolge il rapporto, utilizzando le modalità
informatiche reperibili sul sito internet del Ministero dell'interno.
La data effettiva della dichiarazione è quella indicata nella e-mail che il sistema informatico
provvede ad inviare all'indirizzo di posta elettronica associato all'utente che ha effettuato la
richiesta (ML circ. n. 10/23/2009 e MI circ. n. 10/4539/2009).
La dichiarazione di emersione deve contenere, a pena di inammissibilità:
- i dati identificativi del datore di lavoro, compresi i dati relativi al titolo di soggiorno nel caso
di datore di lavoro extracomunitario;
- l'indicazione delle generalità e della nazionalità del lavoratore extracomunitario occupato
al quale si riferisce la dichiarazione e l'indicazione degli estremi del passaporto o di un altro
documento equipollente valido per l'ingresso nel territorio dello Stato;
- l'indicazione della tipologia e delle modalità di impiego;
- l'attestazione, per la richiesta di assunzione di un lavoratore addetto al lavoro domestico
(il requisito è, quindi, richiesto solo per la regolarizzazione di colf), del possesso di un reddito
imponibile, risultante dalla dichiarazione dei redditi, non inferiore a 20.000 euro annui in caso di
nucleo familiare composto da un solo soggetto percettore di reddito, ovvero di un reddito
complessivo non inferiore a 25.000 euro annui in caso di nucleo familiare composto da più
soggetti conviventi percettori di reddito. A tal fine, per nucleo familiare si intende non solo quello
configurato dalla vigente normativa, ossia i familiari che hanno la medesima residenza, ma
anche la c.d. "famiglia anagrafica", definita dall'art. 4 del D.P.R. n. 223/1989 come l'insieme di
persone legate da vincoli di matrimonio, parentela, affinità, adozione, tutela o da vincoli affettivi,
coabitanti ed aventi dimora abituale nello stesso comune (MI circ. n. 8456/2009);
- l'attestazione dell'occupazione del lavoratore da almeno tre mesi prima del 30 giugno
2009;
- la dichiarazione che la retribuzione convenuta non è inferiore a quella prevista dal vigente
contratto collettivo nazionale di lavoro di riferimento e che, in caso di lavoro domestico di
sostegno al bisogno familiare (colf), l'orario lavorativo non è inferiore a quello stabilito dall'art.
30-bis, comma 3, lett. c), del D.P.R. n. 394/1999 (20 ore settimanali);
- la proposta di contratto di soggiorno previsto dall'art. 5-bis del D.Lgs. n. 286/1998;
- gli estremi della ricevuta di pagamento del contributo forfetario di 500 euro (art. 1-ter,
comma 4, D.L. n. 78/2009).
La presentazione della dichiarazione di emersione determina la rinuncia alla richiesta di
nulla osta al lavoro subordinato per le attività di cura e lavoro domestico, presentata ai sensi dei
D.P.C.M. 30 ottobre 2007 (decreto flussi 2007) e 3 dicembre 2008 (decreto flussi 2008).
Per ciascun nucleo familiare è possibile regolarizzare una persona per il lavoro domestico
di sostegno al bisogno familiare e due persone per le attività di assistenza a soggetti affetti da
patologie o handicap che ne limitano l'autosufficienza.
Il datore di lavoro che intenda regolarizzare uno o due lavoratori per l'attività di assistenza a
soggetti non autosufficienti deve presentare allo Sportello unico per l'immigrazione, a pena di
inammissibilità della dichiarazione di emersione, una certificazione, rilasciata da una struttura
sanitaria pubblica o da un medico convenzionato con il Servizio sanitario nazionale, attestante
la limitazione dell'autosufficienza del soggetto per il quale viene richiesta l'assistenza. Nel caso
di dichiarazione di emersione di due lavoratori per l'attività di assistenza, la certificazione deve
altresì attestare la necessità di avvalersi di entrambi. Non è, invece, necessario produrre una
nuova certificazione medica per quei cittadini per i quali viene richiesta l'assistenza, già
riconosciuti in precedenza invalidi; in tal caso, è sufficiente esibire la documentazione relativa
all'accertamento dello stato di invalidità civile, rilasciata dalle competenti Commissioni sanitarie
nei riguardi del soggetto che deve essere assistito (ML circ. n. 10/23/2009 e MI circ. n.
10/4539/2009)
L'art. 1-ter, comma 7, del D.L. n. 78/2009 disciplina la procedura per l'acquisizione delle
domande da parte dello Sportello unico per l'immigrazione. Quest'ultimo riceve le domande dal
sistema informatico del Dipartimento per le libertà civili e l'immigrazione del Ministero
dell'interno a partire dal 1º ottobre 2009, nel rispetto dell'ordine cronologico di ricezione, e
verifica l'ammissibilità della dichiarazione (ML circ. n. 10/23/2009 e MI circ. n. 10/4539/2009).
Acquisito il parere della questura sull'insussistenza di motivi ostativi al rilascio del
permesso di soggiorno, lo Sportello unico convoca le parti per la stipulazione del contratto di
soggiorno e per la presentazione della richiesta del permesso di soggiorno per lavoro
subordinato, previa esibizione dell'avvenuto pagamento del contributo forfetario di 500 euro. Al
lavoratore viene consegnato il modello 209 da presentare, per la richiesta del permesso di
soggiorno, con le consuete modalità, all'Ufficio postale. Restano a carico del richiedente il
permesso di soggiorno gli oneri per il rilascio dello stesso, fissati dall'art. 5, comma 2-ter del
D.Lgs. n. 286/1998 in un'imposta variabile da 80 a 200 euro.
Nel caso di interruzione del rapporto di lavoro, avvenuta prima della convocazione da parte
dello Sportello unico, il datore di lavoro deve, comunque, presentarsi, insieme al lavoratore,
presso detto Sportello, al fine di formalizzare la rinuncia al rapporto di lavoro, specificando i
motivi che hanno causato l'interruzione dello stesso, e sottoscrivere, contestualmente al
lavoratore straniero, il contratto di soggiorno, per il periodo relativo all'effettivo impiego. Infatti,
solo a seguito di tale adempimento, congiuntamente alla comunicazione obbligatoria di
assunzione all'INPS ed al rilascio del permesso di soggiorno, si perfeziona l'estinzione dei reati
e degli illeciti amministrativi prevista dall'art. 1-ter del D.L. n. 78/2009 (MI circ. n. 7950/2009;
INPS mess. n. 28660/2009).
Pertanto, la mancata presentazione delle parti, senza giustificato motivo, per la firma del
contratto di soggiorno o la rinuncia alla dichiarazione di emersione, comportano l'archiviazione
del procedimento e la cessazione della sospensione dei procedimenti sanzionatori previsti
dall'art. 1-ter, comma 8, del D.L. n. 78/2009, con conseguente applicazione delle sanzioni
previste dalle norme vigenti (MI circ. n. 6466/2009; INPS mess. n. 28660/2009).
Nel caso di impossibilità documentata del datore di lavoro a sottoscrivere personalmente il
contratto di soggiorno, il coniuge, i figli o altri parenti in linea retta o collaterale fino al terzo
grado sono legittimati a sottoscriverlo per conto del proprio congiunto. Nel caso in cui, invece, a
firmare il contratto di soggiorno dovesse provvedere un soggetto diverso, si può far ricorso, oltre
che ad apposita procura notarile, anche a delega o mandato o procura con firma autenticata da
un funzionario del comune di residenza del datore di lavoro (MI circ. n. 8456/2009).
Entro ventiquattro ore dalla data della stipulazione del contratto di soggiorno, il datore di
lavoro deve effettuare la comunicazione obbligatoria di assunzione all'INPS, presentando
l'apposito modulo LDEM09extraUE, disponibile dal 1º ottobre 2009 sul sito internet dell'Istituto
(INPS circ. n. 101/2009; mess. n. 23090/2009). Al fine di realizzare un sistema efficiente ed
integrato dei servizi, è stata predisposta da ciascuna Prefettura presso gli Sportelli unici per
l'immigrazione una postazione di lavoro INPS attraverso la quale poter effettuare la
comunicazione obbligatoria di assunzione ai sensi dell'art. 16-bis del D.L. n. 185/2008 (INPS
mess. n. 22408/2009).
L'art. 1-ter, comma 8, del D.L. n. 78/2009 stabilisce che dal 5 agosto 2009, data di entrata
in vigore della legge n. 102/2009, e fino alla conclusione del procedimento di regolarizzazione,
sono sospesi i procedimenti penali ed amministrativi nei confronti del datore di lavoro e del
lavoratore che svolge le attività di cura e lavoro domestico per le violazioni delle norme:
- relative all'ingresso ed al soggiorno nel territorio nazionale, con esclusione di quelle di cui
all'art. 12 del D.Lgs. n. 286/1998;
- relative all'impiego di lavoratori, anche se rivestano carattere finanziario, fiscale,
previdenziale od assistenziale.
Pertanto, ai datori di lavoro, che si recano presso gli Uffici di Polizia per effettuare la
dichiarazione di ospitalità nei confronti dei cittadini stranieri da regolarizzare, che secondo il
dettato normativo deve essere comunicata entro 48 ore dall'inizio dell'ospitalità, non può essere
contestata la violazione amministrativa prevista dall'art. 7, comma 2-bis, del D.Lgs. n. 286/1998,
comportante il pagamento di una somma da 160 a 1.100 euro (MI circ. n. 5714/2009).
Nei casi in cui non venga presentata la dichiarazione di emersione ovvero si proceda
all'archiviazione del procedimento o al rigetto della dichiarazione, la sospensione cessa,
rispettivamente, alla data di scadenza del termine per la presentazione ovvero alla data di
archiviazione del procedimento o di rigetto della dichiarazione medesima.
Nelle more della definizione del procedimento, lo straniero non può essere espulso, salvo
nei casi, previsti dall'art. 1-ter, comma 13, del D.L. n. 78/2009, in cui al lavoratore
extracomunitario è precluso l'accesso alla regolarizzazione, ma non può nemmeno uscire dal
territorio nazionale e farvi rientro secondo le modalità stabilite dal Ministero dell'interno con le
circolari n. 3179/2007 e n. 5003/2007, in quanto la sua posizione non è assimilabile a quella di
chi è entrato in Italia regolarmente munito di visto di ingresso per lavoro oppure è in attesa di
rinnovo del permesso di soggiorno (MI circ. n. 6241/2009).
Tra i reati ostativi alla fruizione della procedura di emersione rientra, nell'ambito dell'art. 381
cod. proc. pen., la prima figura di reato prevista dall'art. 14, comma 5-ter, del D.Lgs. n.
286/1998 che punisce, con la reclusione da uno a quattro anni, Io straniero che senza
giustificato motivo permane illegalmente nel territorio dello Stato in violazione dell'ordine
impartito dal Questore di allontanarsi dal territorio nazionale entro cinque giorni.
Non vi rientra, invece, la seconda fattispecie di reato, prevista sempre dall'art. 14, comma
5-ter, del D.Lgs. n. 286/1998, che punisce con la reclusione da sei mesi ad un anno, lo straniero
che rimane illegalmente sul territorio dello Stato, in violazione dell'ordine impartito, se
l'espulsione è stata disposta perché il permesso di soggiorno è scaduto da più di sessanta
giorni e non ne è stato richiesto il rinnovo, ovvero se la richiesta del titolo di soggiorno è stata
rifiutata, ovvero se lo straniero si è trattenuto sul territorio dello Stato oltre il termine indicato
nella dichiarazione di presenza (MI circ. n. 1843/2010).
In merito all'assistenza sanitaria, i cittadini stranieri, per i quali sia stata presentata
dichiarazione di emersione, sono assimilabili ai destinatari di assicurazione obbligatoria di cui
all'art. 34 del D.Lgs. n. 286/1998 (lavoro subordinato e lavoro autonomo), e, quindi, possono
essere iscritti al Servizio sanitario nazionale. Tuttavia, poichè non sono ancora in possesso del
codice fiscale, che viene rilasciato solo al momento della convocazione presso lo Sportello
unico per l'immigrazione, gli stessi possono essere assistiti come stranieri temporaneamente
presenti, nonostante non si trovino più nella condizione di irregolarità giuridica (MI circ. n.
8450/2009).
Il contratto di soggiorno stipulato sulla base di una dichiarazione di emersione contenente
dati non rispondenti al vero è nullo ai sensi dell'art. 1344 cod. civ. ed il permesso di soggiorno
eventualmente rilasciato è revocato ai sensi dell'art. 5, comma 5, del D.Lgs. n. 286/1998.
Emersione di lavoratori italiani, comunitari o extracomunitari in possesso di permesso di
soggiorno
Per i cittadini italiani o di uno Stato membro dell'Unione europea, così come per i cittadini
extracomunitari in possesso di permesso di soggiorno in corso di validità che permette attività di
lavoro subordinato, il procedimento di emersione prende avvio con la presentazione all'INPS
della "Dichiarazione di sussistenza del rapporto di lavoro", mediante il mod. LD-EM2009, che
può essere presentato:
- attraverso il Contact Center al numero 803 164;
- attraverso la procedura on-line collegandosi al sito dell'INPS - Moduli - Aziende e
Contributi;
- agli sportelli dell'INPS, allegando la fotocopia del documento di identità del datore di
lavoro;
- per posta con raccomandata con ricevuta di ritorno, allegando la fotocopia del documento
di identità del datore di lavoro (INPS circ. n. 101/2009 e mess. n. 19147/2009).
Il mod. LD-EM2009 ha valore anche come comunicazione obbligatoria di assunzione.
Nel caso in cui il procedimento di emersione riguardi un rapporto di lavoro instaurato con
un cittadino extracomunitario in possesso di permesso di soggiorno valido per lavoro
subordinato, permane l'obbligo per il datore di lavoro di trasmettere il contratto di soggiorno
(mod. Q) allo Sportello unico dell'immigrazione competente per territorio.
L'iscrizione del rapporto di lavoro all'INPS, che avverrà dopo la verifica dell'avvenuto
pagamento della quota forfetaria e della rispondenza di quanto dichiarato alle norme vigenti in
materia di lavoro domestico, comporta l'estinzione degli illeciti amministrativi derivanti dalla
violazione delle norme relative all'impiego di lavoratori, di carattere finanziario, fiscale,
previdenziale o assistenziale.
L'INPS provvede, poi, a trasmettere i dati necessari per gli altri adempimenti ai Servizi
competenti del Ministero del lavoro, all'INAIL, nonché ai Servizi regionali.
Le disposizioni sul procedimento di emersione contenute nell'art. 1-ter del D.L. n. 78/2009
individuano quali destinatari i datori di lavoro che occupano alle proprie dipendenze personale
addetto alle attività di assistenza a persona non autosufficiente e di sostegno alle famiglie,
riferibili, quindi, ai datori di lavoro domestico ai sensi del D.P.R. n. 1403/1971.
A tal proposito, con la circolare n. 101/2009, l'INPS precisa che sono equiparati ai datori di
lavoro domestico persona fisica anche alcune particolari persone giuridiche, ovvero le
convivenze di comunità religiose (conventi, seminari) e le convivenze militari (caserme,
comandi, stazioni) che hanno lavoratori addetti al servizio diretto e personale dei conviventi
nonché le comunità senza fini di lucro (orfanotrofi e i ricoveri per anziani il cui fine è
prevalentemente assistenziale), qualunque sia il numero dei componenti.
Tra le predette comunità rientrano le case famiglia per handicappati, quelle per il recupero
dei tossicodipendenti, per l'assistenza gratuita a fanciulli, anziani e ragazze madri, le comunità
focolari, le convivenze di sacerdoti anziani cessati dal ministero parrocchiale o dal servizio
diocesano.
Non rientrano in tali ipotesi:
- gli alberghi, le pensioni, gli affittacamere e le cliniche private;
- i collegi-convitti, anche se esercitati senza fine di lucro, perché la convivenza non è fine a
se stessa ma mezzo per conseguire finalità educative.
Il procedimento di emersione, oltre ad essere destinato a regolarizzare la posizione del
lavoratore domestico irregolare, realizza anche l'adempimento degli obblighi previdenziali con
riferimento al secondo trimestre 2009 (1º aprile - 30 giugno 2009).
Per quanto attiene, invece, l'adempimento degli obblighi previdenziali ed assistenziali
relativi ai periodi di lavoro irregolare svolti antecedentemente il trimestre oggetto di
regolarizzazione che siano stati eventualmente denunciati dai datori di lavoro, il D.M. 2
settembre 2009, in attuazione di quanto previsto dall'art. 1-ter, comma 14, del D.L. n. 78/2009,
stabilisce la determinazione e le modalità di corresponsione delle somme e degli interessi
dovuti, fermo restando che la misura del contributo è quella ordinariamente prevista sulla base
delle disposizioni che regolano l'adempimento degli obblighi previdenziali.
I datori di lavoro che hanno indicato nella denuncia di emersione all'INPS o nella
comunicazione successiva alla stipula del contratto di soggiorno una data di inizio del rapporto
di lavoro antecedente al 1º aprile 2009, saranno invitati a compilare apposito mod. LD15-ter,
fermi restando i limiti della prescrizione quinquennale (INPS mess. n. 23090/2009).
Peraltro, è data possibilità al datore di lavoro di regolarizzare, alle condizioni previste dal
suddetto decreto del Ministero del lavoro, periodi di lavoro pregressi, nei limiti della prescrizione
quinquennale, anche nel caso in cui sia stata indicata, nella domanda di emersione, come data
di inizio lavoro il 1º aprile 2009.
Definito il procedimento di emersione, l'INPS provvede ad aprire una posizione assicurativa
a favore del lavoratore domestico ed il datore di lavoro è tenuto al pagamento dei contributi
nella misura ed in relazione, in particolare, all'orario di lavoro e alla retribuzione mensile o oraria
indicati nella dichiarazione, secondo le norme di carattere generale.