1511xx.1 Risposte flessibili a scenari complessi

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1511xx.1 Risposte flessibili a scenari complessi
 Risposte flessibili a scenari complessi: il valore dell’ala rotante Sono passati tre anni dal primo simposio internazionale sull’ala rotante, il 22 novembre 2012. Nel frattempo l’Italia ha cambiato tre governi, attraversato una gravissima crisi economica e si è ritrovata a fronteggiare un inasprimento di problemi nazionali e internazionali, come l’immigrazione e il terrorismo. Il 19 novembre, il CESMA ha organizzato un secondo simposio sul futuro dell’elicottero presso la Casa dell’Aviatore. A introdurre il convegno, il generale Giovanni Sciandra, presidente dell’Associazione Arma Aeronautica e il generale Nazzareno Cardinali, direttore del CESMA. Nell’introduzione sono stati ricordati i due colleghi caduti meno di un mese prima durante il volo prova di un convertiplano, un ibrido elicottero-­‐
velivolo: il colonnello Pietro Venanzi e il collaudatore americano Herbert Moran. È stato ricordato anche il professor Franco Persiani, per molto tempo membro del comitato tecnico-­‐scientifico del CESMA e venuto a mancare recentemente, che avrebbe dovuto presenziare all’apertura del convegno. Sono stati ringraziati inoltre i vari sostenitori: Università di Bologna, CIRA e AIDAA, gli sponsor Agusta Westland, Boeing, Elettronica e i media-­‐partner Air Press e AOS. Ha preso la parola il tenente colonnello Claudio Castellano, coordinatore del convegno, già istruttore per la linea elicotteri ed impiegato in missioni fuori area in Bosnia, Iraq e Libano. Castellano ha posto l’attenzione sul sottotitolo del simposio, “Una risposta flessibile a scenari complessi”, facendo notare la vastità del settore dell’ala rotante e il numero di argomenti e approcci spesso contrastanti sull’impiego del mezzo elicottero, dovuti proprio alla sua flessibilità. È intervenuto quindi il generale di D.A. Fabio Molteni, comandante del Centro Sperimentale Volo: «Lo scenario di fronte a noi è assai complesso: se prima eravamo abituati a scontri tra blocchi contrapposti, con le nuove organizzazioni terroristiche è venuto meno il concetto stesso di territorio. L’opinione pubblica influenzata dai mass media è una variabile da tenere conto, così come il coinvolgimento del mondo civile per tematiche come ambiente, soccorso e immigrazione. Oggi la tecnologia non è più trainata dal mondo militare, ma è richiesta su vasta scala in ambito civile. Bisogna operare in luoghi sempre più lontani e caratterizzati da situazioni ambientali estreme, come zone deserte e poli. L’elicottero da questo punto di vista è uno strumento versatile e validissimo sin dalla nascita, per le necessità operative sia civili che militari che con le sue prestazioni può soddisfare. È nato, non dimentichiamolo, 30 anni dopo l’aeroplano, il velivolo che ora viene chiamato ad ala fissa in contrasto con l’ala rotante. È necessario quindi adattare il mezzo elicotteristico a scenari complessi. Come sarà l’elicottero del futuro? Probabilmente ancor più versatile di quanto sia ora, adattabile alle varie necessità operative, modificandone la configurazione e impiegando equipaggiamenti facilmente imbarcabili. Si potrebbe installare una sonda per il rifornimento in volo per estendere il raggio d’azione, incrementare la capacità di operare in sicurezza anche durante la notte fonda. Si potrebbe dotare di capacità antighiaccio e si potrebbe ridurre il rumore, anche in ambito civile per ridurre l’impatto ambientale, anche se è difficile per le sue caratteristiche fisiche: limiti fisici come quelli dell’ala rotante stessa, che andando incontro all’aria ha difficoltà ad aumentare la propria velocità oltre al limite fisico aerodinamico. Dovrà essere più leggero, meno suscettibile ad essere individuato e intercettato e meno vulnerabile. Oggi è ancora troppo costoso e troppo complesso da manutenere, dovrà essere più affidabile, sicuro e confortevole, magari anche più facile da pilotare. Attenderemo la risposta delle industrie alle nostre richieste». In sostituzione del professor Persiani, è intervenuto il professor Luigi Vigevano del Politecnico di Milano, presentando gli sviluppi tecnologici attuali dei programmi strategici statunitensi ed europei e menzionando i nuovi tipi di elicottero compound e convertiplano. Degni di nota i miglioramenti apportati all’elicottero “Bluecopter” dotato di tecnologie “green” per ridurre le emissioni di CO2 e quelle acustiche: bimotore, il Bluecopter volerà con un solo motore a pieno carico invece di utilizzarli entrambi a carico ridotto. «Gli Stati Uniti – ha spiegato – hanno una flotta che considerano usurata dopo l’impiego massiccio di elicotteri in Afghanistan e Iraq: necessitando di un ricambio, hanno lanciato il Future Vertical Lift program per capire quali velivoli adottare nel futuro. Come passo intermedio hanno lanciato il progetto Joint Multi-­‐Role, che non ha lo scopo di produrre prototipi ma di far volare dimostratori tecnologici per poter fare scelte oculate e capire se è possibile mettere in piedi un’architettura comune per le diverse tipologie e taglie di elicottero. Nel 2014 sono stati scelti i progetti dei consorzi Sikorsky-­‐Boeing e Bell-­‐Lockheed, i cui dimostratori voleranno nel 2017. Altro programma sperimentale, finanziato dalla DARPA, è il VTOL X-­‐plane, con l’obiettivo di raggiungere i 300 nodi di velocità. La Sikorsky e Lockheed Martin propongono il velivolo “tailsitter” con decollo verticale e volo come velivolo ad ala fissa. Altra proposta viene dalla Boeing, il PhantomSwift, con doppio rotore inserito nella fusoliera e doppia elica intubata. La Aurora propone il LightningStrike, un velivolo futuribile che sfrutta la propulsione elettrica. Segnalo dal convegno di 3 anni fa un altro progetto Boeing, il Mission Adaptive Rotor che riduce le vibrazioni, il rumore e l’effetto stallo della pala retrocedente. Per quanto riguarda l’Europa invece è partito il programma CleanSky 2, che ha lanciato diverse piattaforme innovative come la Fast Motorcraft, progetto che svilupperà sia un Tilt Rotor, convertiplano della generazione successiva al 609, sia un Compound». Vigevano ha quindi spiegato il ruolo dell’università e in particolare del dipartimento di Scienze e Tecnologie Aerospaziali del Politecnico di Milano: per circa 6 anni Agusta Westland ha finanziato un corso di dottorato in aeromobili a decollo verticale, è stato aperto un corso di laurea magistrale dedicato specificamente all’elicottero, in lingua inglese per attirare studenti stranieri. Inoltre l’università ha spinto i suoi studenti a partecipare a competition come quella dell’American Helicopter Society, vinta da tre team, il secondo dei quali è proprio del Politecnico di Milano, con una configurazione particolare di tilt rotor che prevede il ripiegamento, in condizioni di crociera, dell’elica principale che serve per il decollo: la propulsione verrebbe data solo da un’elica posteriore. «Purtroppo la politica europea sui fondi alla ricerca è miope: è più un finanziamento occulto all’industria. Mancano finanziamenti nazionali e una linea strategica. Servono forme di collaborazioni tra realtà diverse, aumentando la cooperazione nazionale per riuscire a partecipare il più possibile ai progetti europei e accedere ai loro finanziamenti. Bisogna favorire una cultura della ricerca all’interno dei partner industriali per programmi non solo a breve termine, scegliere oculatamente i fondi tra i pochi disponibili sponsorizzando borse di dottorato a temi specifici che possano interessare». Il primo panel sulle lezioni apprese e le future esigenze operative, è stato coordinato dal maggior generale Arnaldo Giuliani Eletti di Armaereo: «Circa un mese fa ho partecipato a un simposio NATO sul tema a Praga con più di 500 registrati. C’era una ricchissima presenza di americani e canadesi, a riprova di quanto ritengano importante il futuro dell’ala rotante: la presenza italiana purtroppo era scarsissima, sia dal punto di vista dell’industria che delle forze armate». È intervenuto il colonnello Bruno Pisciotta, ufficiale del Genio Guastatori, in rappresentanza dell’Esercito Italiano. Portando la sua prospettiva di uomo della “quarta dimensione” che interagisce con la terza dimensione degli elicotteri, ha ricordato le lezioni apprese nella sua esperienza in Afghanistan: «Un elicottero di supporto alle squadre terrestri vola basso, ed è facilmente intercettabile anche dal proiettile di un AK-­‐47. Bisogna proteggere l’equipaggio e le parti vulnerabili del velivolo. Bisogna stare attenti anche nell’atterraggio nelle aree non controllate, che potrebbero celare ordigni. Le Special Forces che individuano e neutralizzano le minacce con estrema precisione non avrebbero mobilità senza l’aiuto della terza dimensione degli elicotteri: la comunicazione con le forze di terra tuttavia è più difficile quando non si è in terreno aperto ma in agglomerati urbani, l’urban canyoning. È necessario raggiungere l’obiettivo nel minor tempo possibile e bisogna assolutamente accrescere il cosiddetto playtime, il tempo impiegato per sorvolare il territorio, quindi bisogna garantire il loro rifornimento per dotarli di maggiore autonomia. Dobbiamo sviluppare un datalink per fornire informazioni in tempo reale, anche facendo da ponte radio: è un modo per permettere di comunicare anche negli urban canyon. Per minimizzare i danni collaterali, bisognerà dotare gli elicotteri di armi di ingaggio cinetico come i fucili di precisione. Ci vorrà dell’addestramento comune con le forze speciali e tutte le unità sul terreno per aumentare la sinergia tra le due parti. È importante la capacità di MedEvac per evacuare i combattenti feriti, spesso diradati e lontani dalle basi. In Afghanistan alcune aree non possono essere raggiunte via terra, l’elicottero quindi è fondamentale, ma è necessario diminuire il peso togliendo tutti i payload, compresi pilota e cabina di controllo: in questo caso integrando l’ala rotante con gli aeromobili a pilotaggio remoto “unmanned”. L’elicottero deve anche ricevere informazioni dall’uomo che sta sul terreno, dando in tempo reale coordinate e altezza. Nel futuro la terza dimensione sarà molto importante a livello strategico». In rappresentanza della Marina è intervenuto il comandante Marco Casapieri, che lavora per il 6° reparto aeromobili: «Gli oceani sono una fonte inesauribile di ricchezza: l’80% della vita del pianeta si svolge nel mare, l’80% della popolazione mondiale vive entro 200 km dalla costa, il 90% delle merci che commerciamo transita nelle acque del mare. Il Mar Mediterraneo è l’1% della superficie acquea del pianeta eppure vi transita il 19% del traffico mercantile globale, il 30% del greggio e il 65% delle risorse energetiche che alimentano l’Europa. Il Mare Nostrum è quindi un ambiente difficile dall’importanza centrale, ed è imperativa la difesa delle rotte commerciali. L’aviazione della Marina è il suo lungo braccio armato, in sinergia con la flotta di superficie. Purtroppo le risorse si sono contratte, ci vogliono piattaforme dai costi ridotti. Piattaforme flessibili, che possano svolgere più compiti all’interno della stessa missione adattando la macchina ai vari impieghi specifici. L’elicottero navale moderno deve essere un assetto versatile, che nasce per essere integrato nell’architettura C4 della nostra Marina e di quelle alleate». Il colonnello Alfonso Alberino ha quindi descritto il “Caesar” HH101: «Finora abbiamo visto tante idee futuristiche. Io ho un compito più semplice, descrivo qualcosa che già esiste. I suoi elementi chiave sono flessibilità, potenza e capacità di sopravvivenza. È un elicottero da 15 tonnellate, con velocità di crociera di 150 nodi e 250 miglia o più di combat range, 3 motori General Electric CT7 da 2500 cavalli ognuno. Purtroppo peso e dimensioni sono ancora direttamente proporzionali, come per gli altri elicotteri, ma sono proprio le sue dimensioni generose che ne fanno una macchina molto flessibile. Può fare rifornimento in volo, può assumere una configurazione MedEvac (Medical Evacuation) o CSAR (Combat Search And Rescue). Ha già un importante primato da registrare: può scrivere nella storia dell’aviazione europea il primo rifornimento in volo di un elicottero, avvenuto un paio di mesi fa e in condizione notturna con l’ausilio dei visori NVG». Il capitano Stefano Ragaglini del Centro Sperimentale Volo ha sottolineato la peculiarità degli assetti ad ala rotante: «È la versatilità e flessibilità dell’elicottero che ci ha permesso di attuare programmi di sperimentazione». Ha quindi descritto i programmi svolti congiuntamente con l’industria nazionale, come il DIRCM, prettamente militare, un sistema di contromisure elettroniche nella banda dell’infrarosso per proteggere gli aerei dai missili terra-­‐aria a ricerca di calore, e la missione spaziale ExoMars dell’ESA. In quest’ultimo caso sono state effettuate prove a terra e in volo per analizzare le prestazioni della sonda che sarà inviata in esplorazione su Marte nel 2018: è stato scelto un elicottero come dimostratore tecnologico perché solo l’elicottero poteva soddisfare le condizioni di volo richieste, con discese autorotative quasi verticali. Il secondo panel, che riguardava le sfide tecnologiche, è stato coordinato dal professor Ludovico Vecchione del CIRA. È intervenuto Andrea Nativi in rappresentanza di Agusta Westland: «Dei 50mila elicotteri complessivi per uso civile e militare, quasi 5mila sono di Agusta Westland, che occupa il quarto posto tra i players mondiali». Il problema della velocità e del range dell’ala rotante, ha spiegato Nativi, è stato affrontato mediante lo sviluppo del Compound, che resta comunque un elicottero con tutti i suoi limiti, e il Tilt Rotor come il 609: «Pressurizzato, vola a 25mila piedi, è una macchina che consente di rivoluzionare l’approccio alla concezione stessa di elicottero, cambiando completamente il paradigma. Gli Emirati Arabi Uniti hanno scelto il nostro 609 per missioni di Search and Rescue (Search and Rescue). Altri due filoni fondamentali saranno l’Unmanned e l’Optionally Piloted». La professoressa Francesca De Crescenzio dell’Università di Bologna ha parlato invece della Human Machine Interface: «I sistemi già disponibili sul mercato si concentrano nell’area dei display al momento numerosi e complicati da utilizzare, ma in un futuro più prossimo potremo avere prototipi di glass cockpit, con un unico grande display a nostra disposizione che aumenta la flessibilità operativa, un sistema contact-­‐
less semplice e intuitivo come quello che a volte si trova per far giocare i bimbi nei McDonald. Tra questo e le tecnologie di interfaccia gestuale, riconoscimento visivo e vocale, cambierà anche il modo di interagire». Paolo Mezzacapo, in rappresentanza dell’ENAV, ha ricordato una delle prime vere applicazioni a livello mondiale di Performance Based Navigation basata su segnali satellitari di supporto agli elicotteri sviluppando e progettandone le rotte: in questo caso la KY139 del 2012, percorribili a bassa quota, anche in condizioni IFR (Instrument Flight Rules) da Torino a Chioggia, tra le nebbie e le basse temperature della pianura padana, con potenziale formazione di ghiaccio. Il tenente colonnello Luigi Puleo si è occupato di quello che è definito il futuro dell’ala rotante, il Tilt Rotor, o convertiplano: «Sostenibile sia dal punto di vista finanziario che da quello di impatto ambientale, per emissioni inquinanti e sonore. Può trasportare truppe e forze speciali, ha velocità e range sempre crescenti. L’ elicottero non ha rivali nell’hovering ma ha un limite di circa 150 nodi: il convertiplano supera i 300. Passa da una configurazione da elicottero nel decollo e nell’atterraggio a un ciclo di transizione di circa 70 secondi ad una modalità aeroplano, che mantiene nel 90% del volo, godendo di maggior silenziosità e della possibilità di volare al di sopra delle perturbazioni atmosferiche. Sono inoltre macchine Dual-­‐Use, a doppio utilizzo civile e militare». Lorenzo Notarnicola ha descritto il modo in cui il CIRA, di cui è rappresentante, ha partecipato al processo di evoluzione dall’ala rotante classica a configurazioni più innovative, nei programmi Clean Sky. L’acustica continua ad essere un limite per le operazioni, specie per la sensibilità dei cittadini al rumore: si è quindi intervenuto sulle pale e sulla fusoliera per ottenere benefici a riguardo almeno del 7%, sulla carta. Un altro metodo è quello di un algoritmo che suggerisca al pilota la traiettoria migliore per minimizzare il rumore al suolo. Una riduzione del rumore in ambiente urbano che può essere potenzialmente utile anche a livello militare, sia per non essere immediatamente individuati che per minimizzare le interferenze. Ha quindi descritto gli “icing wind tunnel”, le gallerie del vento per simulare le condizioni di volo in ambienti con forte rischio di congelamento del velivolo. Il terzo e ultimo panel ha riguardato la risposta dell’industria ed è stato coordinato dal generale D.A. Fabio Molteni, che ha passato la parola a Oris E. Davis della Boeing, che si è detto onorato di partecipare al nuovo simposio dopo quello di tre anni fa. Ha quindi presentato i fiori all’occhiello della Boeing come l’H-­‐47 Chinooks, impareggiabile nel decollo verticale e capace di sopportare anche altitudini e climi duri: circa 850 Chinooks operano in quasi 20 paesi, tra cui Inghilterra, Giappone e Stati Uniti. Da segnalare anche il V-­‐22 Osprey, flessibile come un elicottero e veloce come una turboelica, multi-­‐ruolo con ala rotante e ala fissa: ha trasportato diversi vip, tra cui il presidente Obama in persona, ha costi ridotti e minore necessità di carburante, può essere rifornito in volo. Nel 2010 e nel 2011 ha effettuato missioni di salvataggio e recupero a Kandahar e in Libia. L’ingegner Francesco Bevilacqua della Agusta Westland ha trattato il tema dello sviluppo degli aeromobili a pilotaggio remoto APR. Ha menzionato il programma SD-­‐150 “Hero”, di 150 kg in versione terrestre e navale, capace di atterrare su qualsiasi superficie, e il programma SW-­‐4 “Solo”, 1800 kg con rotore tri-­‐pale, alternativamente un Optionally Piloted Helicopter con atterraggi e decolli di precisione anche in spazi ridotti. Ha partecipato a maggio 2015 ad una esercitazione con scenario dedicato per la Royal Navy e nel luglio 2015 alla missione simulata “Italian Bulde” a Viterbo per l’EDA. Daniela Pistoia della ELT Elettronica ha quindi mostrato un video che mostra il progetto “Virgilius”, che per contrastare le sempre più sofisticate capacità di offesa avversarie prevede contromisure elettroniche on-­‐board e off-­‐board, la capacità di identificare il bersaglio per forma, dimensione e potenza e la capacità di utilizzare jammers per deviare missili a ricerca sia radar che infrarosso. Il generale Nazzareno Cardinali ha effettuato una sintesi dell’intero convegno, sottolineando i punti emersi rispetto al convegno di tre anni fa: il Tilt Rotor è oggi un argomento di discussione più sostanzioso e approfondito rispetto al 2012, così come l’Unmanned APR. La presenza maggiore di relatori dell’Amministrazione Difesa, come il Reparto Sperimentale di Volo e Armaereo, è la dimostrazione che gli argomenti del passato sono ora più maturi e quindi trattati in maniera più ufficiale. Ha quindi ricordato la relazione di Ragaglini sull’elicottero come piattaforma di prova e dimostratore tecnologico: «L’ennesima conferma della versatilità dell’elicottero: 30 anni fa si parlava di un velivolo che potesse sperimentare e prestarsi a più sistemi, ora finalmente ci siamo arrivati». Infine il Comandante Logistico, generale S.A. Gabriele Salvestroni, ha portato i saluti del Capo di Stato Maggiore generale Pasquale Preziosa: «La flessibilità è la costante che caratterizza il mezzo elicottero: l’ecletticità, le capacità trasversali di ingaggio, controllo dell’aria, intelligence e mobilità aerea, il dual-­‐use per scopi civili e militari. Gli elicotteri dell’Aeronautica Militare erano caratterizzati da staticità e obsolescenza, impiegati solo per compiti di collegamento o ricerca e soccorso. Nel 2005 la Forza Armata ha avviato un profondo processo di rinnovamento della componente ad la rotante, strutturando la flotta elicotteri su due linee, una pesante e una media: una scelta dovuta alla necessità di macchine adeguate ad un teatro operativo come quello di Kabul, dove vennero impiegati gli AB 212 installandovi armamenti di autodifesa e protezione, che però resero l’elicottero più pesante limitandone l’autonomia. Per la linea pesante venne stipulato un contratto per l’acquisizione dell’elicottero HH101, il cui primo esemplare è stato consegnato ufficialmente lo scorso luglio al 15° Stormo per impiegarlo in missione di supporto aereo alle operazioni speciali e personal recovery. In questi settori l’HH101 garantirà gli impegni futuri delle FFAA nei prossimi 20 o 30 anni. Per la linea media, inferiore alle 10 tonnellate di perso al decollo, è stata trovata una soluzione temporanea per mitigare gli effetti dei ritardi nei finanziamenti che hanno posticipato lo sviluppo del programma al 2028: è stato quindi acquisito l’HH139 per impiegarlo in missioni di SAR e Personnel Recovery in scenari però permissivi. È efficiente malgrado la sua derivazione civile, ma ha limitazioni operative, è una soluzione ponte verso il nuovo elicottero di tipo medio dell’AM: al momento si ipotizza la piattaforma HH149 in attesa della configurazione finale della macchina. L’obiettivo è un elicottero moderno e performante, ma adeguato anche a teatri operativi di tipo non permissivo e quindi sufficientemente armato. La flessibilità nell’impiego dell’ala rotante garantirà la centralità di questa tipologia di velivoli anche nel futuro. L’elicottero sarà trasformato verosimilmente in un mezzo ibrido, con carichi sempre maggiori in spazi maggiori: probabilmente un convertiplano Tilt Rotor, fusione tra elicottero e aereo che esalta le caratteristiche di entrambi. L’incidente del prototipo di 609 di meno di un mese fa solleva interrogativi circa l’effettiva affidabilità di questa macchina, ma non deve frenarne lo sviluppo né offuscarne le potenzialità. Verrà utilizzato sempre più il Dual-­‐Use: l’impiego in ambito civile potrebbe garantire accesso a risorse esterne ai bacini di budget prettamente militari, una maggiore disponibilità di fondi per lo studio e lo sviluppo di nuove soluzioni. Godrebbe anche dei favori dell’opinione pubblica, che giustifica con più facilità gli investimenti per le FFAA che garantiscono un ritorno anche per la popolazione civile. Il concetto di Dual-­‐
Use non solo non ci crea una limitazione ma addirittura ci trova in piena sintonia, dal momento che l’impiego di elicotteri dell’AM è storicamente legato al mondo civile e all’utilizzo a favore della collettività, come trasporto di malati gravi e Search and Rescue: nel settore SAR nel 2014 sono stati circa 90 gli interventi a favore della popolazione civile, a riprova di quanto l’Aeronautica sia sempre impegnata su questo fronte». Il prossimo appuntamento sullo sviluppo dell’ala rotante avverrà forse fra un paio d’anni, sperando che nel frattempo la situazione economica svolti verso il meglio e che si possano quindi vedere sensibili progressi e miglioramenti.