Cassazione civile sez. III, sentenza del 27 novembre

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Cassazione civile sez. III, sentenza del 27 novembre
Autorità: Cassazione civile sez. III
Data: 27 novembre 2006
Numero: n. 25125
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. PREDEN Roberto
- President - Dott. TRIFONE Francesco
- Consiglie - Dott. DURANTE Bruno
- rel. Consiglier - Dott. LEVI Giulio
- Consiglie - Dott. BISOGNI Giacinto
- Consiglier - ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
S.A., elettivamente domiciliato in ROMA PIAZZA SALLUSTIO 9,
presso lo studio dell'avvocato Bartolo Spallina, che lo difende
unitamente all'avvocato Giovanni Giugni, giusta delega in atti;
- ricorrente contro
BIPIELLE LEASING S.p.A., in persona del suo Presidente e legale
rappresentante pro-tempore Dott.
P.P., elettivamente
domiciliata in ROMA V.LE DELL'UNIVERSITA' 11, presso lo studio
dell'avvocato Augusto Ermetes, che la difende unitamente
all'avvocato Lionello Mazzoni, giusta delega in atti;
- controricorrente avverso la sentenza n. 805/02 della Corte d'Appello di FIRENZE, prima
sezione civile emessa il 26/04/2002, depositata il 10/06/02, RG.
1234/2000;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del
05/10/06 dal Consigliere Dott. DURANTE Bruno;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.
SORRENTINO Federico che ha concluso per la inammissibilità o in
subordine il rigetto del ricorso.
FATTO
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
S.A. convenne innanzi al tribunale di Pisa la Professional leasing S.p.A. e, premesso che la società
convenuta si era ricevuta la somma di L. 38.805.995 per vendergli l'autovettura che aveva formato
oggetto di leasing finanziario con la Clipper auto s.r.l., di cui egli era amministratore, ma l'aveva
venduta a questa ultima società, che nel frattempo era stata dichiarata fallita, chiese la condanna
della società convenuta al risarcimento dei danni oltre accessori.
La società convenuta si oppose alla domanda, sostenendo che la Clipper aveva esercitato il diritto
di riscatto, di cui era titolare quale parte del contratto di locazione finanziaria; diritto che non
poteva essere esercitato da soggetto estraneo al contratto.
Il tribunale rigettò la domanda; la corte di appello di Firenze confermò il rigetto con sentenza resa
il 26.4.2002 su gravame principale dello S. ed incidentale della società, motivando come segue sui
punti che ancora interessano.
Nella locazione finanziaria l'accordo circa il diritto di riscatto ha necessariamente ad oggetto un
diritto intrinseco alla posizione di parte del contratto ed in tanto può spiegare efficacia in quanto vi
partecipino "entrambe le parti del negozio destinato, secondo le intenzioni degli interessati, ad
essere soggettivamente novato"; nella specie la Clipper non ha partecipato all'accordo né "il
consenso di questa ultima società alla cessione del contratto in favore del suo amministratore
unico, poteva essere desunto dal fatto che la richiesta di intestazione era provenuta dallo stesso
amministratore, unico della Clipper auto s.r.l. (secondo lo schema di cui all'art. 1395 c.c.); in
difetto (come pacifico) di contemplatio domini sarebbe stato, infatti, impossibile imputare tale
volontà alla società stessa"; per quanto concerne la responsabilità extracontrattuale va osservato
che lo S. non ha provato che la Professional leasing S.p.A. si è comportata scorrettamente,
facendogli credere falsamente "di potere fare luogo alla dichiarazione di vendita a suo favore"; in
particolare dalla deposizione della teste A.M.P. si evince unicamente che lo S. ha chiesto a
N.M.G., incaricata di riscuotere il prezzo del riscatto, che l'auto venisse intestata a lui; né la
società era tenuta ad alcuna indagine sulla provenienza del denaro, considerata la qualità dello S.
(rappresentante legale della Clipper) e valutato il principio di cui all'art. 1180 c.c. Avverso tale
sentenza ha proposto ricorso per cassazione "lo S., deducendo quattro motivi; ha resistito con
controricorso la Bipielle leasing S.p.A. (già Professional leasing S.p.A.).
DIRITTO
MOTIVI DELLA DECISIONE
1. Con il primo motivo il ricorrente deduce "nullità della sentenza per violazione e falsa
applicazione dell'art. 116 c.p.c. in relazione all'art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5, in ordine ad un punto
decisivo"; la corte di merito - sostiene - non ha valutato gli elementi processuali dai quali emerge
la prova positiva dell'accordo posto a fondamento della domanda e, cioè, che l'esercizio del diritto
di riscatto connesso al contratto di leasing doveva produrre effetti nella sfera giuridica dello S.;
più precisamente si tratta: 1) della deposizione della teste A. che ha riferito come siano stati
consegnati a M.G.N. per conto di Professional leasing i documenti occorrenti per "procedere
all'intestazione dell'autovettura in capo allo S."; 2) del fax 18.7.1989; 3) dell'affermazione
contenuta nella comparsa di risposta della Professional leasing che "il comportamento tenuto dallo
S. ha legittimamente ingenerato nella società comparente il convincimento che l'autovettura di cui
trattasi veniva acquistata dalla Clipper auto per poi rivenderla all'agenzia S."; al contrario, la corte
anzidetta ha accordato peso eccessivo tal fax 14.6.1989, con il quale la Clipper ha comunicato
l'intenzione di esercitare il diritto di riscatto, spiegando di avere trovato un acquirente, per
l'appunto lo S..
2. Con il secondo motivo il ricorrente lamenta "nullità della sentenza per violazione e falsa
applicazione dell'art. 1406 c.c.. nonché dell'art. 1395 c.c. in relazione all'art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5";
in presenza di una giurisprudenza che ammette la frazionabilità del contratto di leasing e di un
testo contrattuale che nulla dispone circa il diritto di riscatto va riconosciuto che tale diritto può
essere ceduto; la corte di merito ha affermato che il relativo accordo non spiega efficacia in quanto
manca la prova della spendita del nome della società; ne risulta violato il disposto degli artt. 1406
e 1395 c.c.: del primo perché non di accordo novativo, come ritenuto dalla corte di merito, bensì
di contratto a favore di terzo (art. 1411 c.c.) in effetti si tratta; del secondo perché la norma di
riferimento è l'art. 2487 c.c. che abilita l'amministratore unico di una s.r.l. a compiere tutti gli atti
che rientrano nell'oggetto sociale, sicchè è da ritenere che, essendo la Clipper una società di questo
tipo avente ad oggetto la vendita di autovetture, il suo amministratore avesse il potere di cedere il
diritto di riscatto.
3. Con il terzo motivo il ricorrente denuncia "nullità della sentenza per violazione e falsa
applicazione dell'art. 1394 c.c. in relazione all'art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5"; nella fattispecie concreta
potrebbe al massimo profilarsi una situazione di conflitto di interessi a norma dell'art. 1394 c.c. fra
lo S., rappresentante della Clipper auto, e quest'ultima società; conflitto che, ove fosse stato fatto
valere dalla società, avrebbe portato all'annullamento della cessione.
4. I motivi pongono questioni comuni e vanno esaminati in un contesto unitario.
5. La giurisprudenza di questa Corte da tempo distingue il leasing di godimento da quello
traslativo; nel primo l'oggetto è un bene strumentale all'impresa di durata presumibilmente pari a
quella della consumazione economica di esso e l'opzione di acquisto per un prezzo normalmente
di modesta entità è relegata a pattuizione marginale ed accessoria, costituendo una semplice
eventualità correlata all'interesse alla prosecuzione dell'utilizzazione del bene; nel secondo
l'oggetto è un bene a lenta obsolescenza concesso per una durata non collegata alla sua vita
economisa, di modo che alla cessazione del rapporto conservi rilevante valore residuale; in tale
caso l'opzione di acquisto si presenta come situazione necessitata per dare corrispettività alla quota
del prezzo già versato serica ricevere una corrispondente utilità (ex plurimis Cass. 28.11.2003, n.
1S229; Cass. 3.5,2002, n. 6363; Cass. 7.2.2001, n. 1715).
Sia nell'uno che nell'altro caso l'opzione di acquisto è intimamente compenetrata nella concessione
di godimento si da costituire parte integrante del rapporto di leasing; il suo esercizio non dà luogo
alla formazione di un nuovo contratto funzionalmente autonomo da quello di leasing, ma concreta
un accordo traslativo che trova in tale contratto il fondamento causale.
5.1. L'opzione di acquisto va ceduta unitamente al contratto di leasing, cui inerisce, rimanendo
escluso che possa formare oggetto di cessione autonoma.
Vale in proposito considerare che la giurisprudenza di questa Corte aderisce alla concezione
unitaria della cessione del contratto e ritiene quindi che la cessione stessa, realizzando una
successione a titolo particolare nel rapporto giuridico contrattuale mediante la sostituzione di un
nuovo soggetto (cessionario) nella posizione giuridica attiva e passiva di uno dei contraenti
originari (cedente), comporta il trasferimento del contratto nei suo un complesso unitario costituito
dai diritti e dagli obblighi del cedente (ex plurimis Cass. 5.11.2003, n. 16635; Cass. 6.12.1995, n.
12576).
In particolare mediante lo schema contrattuale disciplinato dall'art. 1406 c.c., e ss., si attua la
circolazione di un rapporto economico negoziale a prestazioni corrispettive.
In tale contesto assume centralità il significato dell'operazione che le parti hanno posto in essere
con il ricorso al meccanismo della cessione; l'oggetto di tale operazione non va individuato nella
cessione di alcuni elementi del rapporto contrattuale, bensì nell'intero complesso delle situazioni
che formano la struttura del rapporto ceduto.
Del resto, come è stato osservato in dottrina, la "ratio" dell'art. 1406 c.c., e ss., è proprio quella di
consentire il trasferimento globale del contratto senza dovere passare attraverso una
scomposizione dello stesso nei suoi elementi attivi e passivi.
5.2. La cessione del contratto è un negozio complesso di trasmissione fra cedente, cessionario e
contraente ceduto, nel quale il consenso di quest'ultimo è elemento costitutivo del negozio al pari
del consenso degli altri due soggetti e ciò a differenza della cessione di credito, nella quale il
consenso del debitore ceduto è estrinseco alla convenzione (Cass. 15.3.2004; n. 5244; Cass.
3.2.2004, n. 3547); il consenso del contraente ceduto può, peraltro, essere contestuale, preventivo
o successivo ed, ove il contratto ceduto non sia soggetto a particolari requisiti di forma, può essere
espresso anche in modo tacito e, cioè, per "facta concludentia" (Cass. 6.11.1999, n. 12384; Cass.
24.6.1992, n. 7752).
5.3. La rappresentanza della società a r.l. è nella specie regolata "ratione temporis" dalla normativa
previgente alla riforma del diritto societario.
Dal combinato disposto degli artt. 2487 e 2384 c.c. risulta che gli amministratori, i quali hanno la
rappresentanza della società, possono compiere tutti gli atti che rientrano nell'oggetto sociale,
salve le limitazioni che risultano dalla legge o dall'atto costitutivo.
Secondo il modello legale il potere di rappresentanza si estende quindi a tutti gli atti che
ineriscono all'oggetto sociale e, cioè, si pongono come mezzo al fine dei raggiungimento dello,
scopo sociale senza alcuna distinzione fra atti di ordinaria e straordinaria amministrazione, salva
la possibilità di una diversa regolamentazione da parte dell'atto costitutivo.
L'oggetto sociale costituisce limite del potere di rappresentanza dell'amministratore, ma non
riduce l'ambito operativo della società nel senso che nulla le impedisce di ratificare l'atto che
l'amministratore abbia compiuto eccedendo dai suoi poteri.
Questa Corte ha avuto occasione di affermare in tema di rappresentanza dell'amministratore della
società in nome collettivo che, se può astrattamente ritenersi che costituisca atto di ordinaria
amministrazione e, comunque, coerente con l'oggetto sociale il mancato esercizio dell'opzione di
acquisto o facoltà di compera del bene oggetto del contratto di leasing, trattandosi di scelta già
presente nell'originario schema negoziale ed afferente a beni strumentali all'esercizio dell'impresa,
altrettanto non può dirsi della cessione del diritto di riscatto e della rinuncia alla restituzione della
cauzione prevista nel contratto; atti, questi, che, oltre ad eccedere l'ordinaria amministrazione,
sono per definizione estranei alla normale attività della società (Cass. 13.2.1998, n. 1550).
Il principio può estendersi per la sostanziale identità della disciplina alla società a r.l., per cui va
escluso che l'amministratore abbia il potere di prestare il consenso per la società alla cessione del
diritto di riscatto.
5.4. E' pacifico principio giurisprudenziale che pure nell'ipotesi di rappresentanza sociale si
richiede la "contemplatio domini", con la conseguenza che, se il rappresentante della società non
ne spende il nome, il negozio da lui concluso spiega effetti nei suoi confronti e non nei confronti
della società anche se riguarda interessi e beni sociali (Cass. 22.5.2003, n. 8050; Cass. 30.3.2000,
n. 3903; Cass. 25.10.1985, n. 5271; Cass. 7.2.1984, n. 936).
5.5. Ora la corte di merito ha ritenuto che la società Clipper auto non ha manifestato a mezzo
dell'amministratore il proprio consenso alla cessione del contratto di leasing con l'inerente diritto
di riscatto e che, comunque, in relazione a tale negozio è mancata la "contemplatio domini", per
cui in nessun caso potrebbe spiegare effetti nei confronti della società.
Nell'evidenziare che su questo ultimo punto i motivi non contengono specifiche censure si rileva
che la corte di merito si è sostanzialmente attenuta ai principi sopra esposti; rimane assorbita e
superata la questione concernente la ravvisabilità nella specie di un conflitto di interessi ex art.
1394 c.c.; la questione concernente il contratto a favore di terzo è nuova e, comunque, assorbita.
5.6. In conclusione, i motivi non possono ricevere accoglimento.
6. Con il quarto motivo il ricorrente deduce "nullità assoluta della sentenza per omessa o
insufficiente motivazione in relazione all'art. 360 c.p.c., n. 5, su un punto decisivo"; lamenta che
senza motivazione alcuna la corte di merito abbia qualificato extracontrattuale la responsabilità
della società di leasing; sostiene che una siffatta qualificazione è errata, avendo egli agito sulla
base del contratto di leasing. 6.1. Il motivo è inammissibile, non avendo il ricorrente indicato
quale concreto interesse egli ha alla diversa qualificazione e non risultando che alcuno ne abbia,
sicché, a prescindere dalla fondatezza della doglianza, tutto si risolverebbe in una qualificazione
diversa senza riflessi sul contenuto della decisione.
7. Il ricorso è, pertanto, rigettato con condanna del ricorrente alle spese.
P.Q.M.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente alle spese liquidate in Euro 2.100,00 di cui Euro
2.000,00 per onorari, oltre spese generali ed accessori di legge.
Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Terza Sezione Civile della Corte di
cassazione, il 5 ottobre 2006.
Depositato in Cancelleria il 27 novembre 2006