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“Sezione Articoli”
L’auto/mutuo aiuto e il conflitto:
Spunti di riflessione per operatori sociali e facilitatori di gruppi di auto/mutuo aiuto.
di Silvia Clementi*
Le dinamiche dell’auto/mutuo aiuto
Il mutuo aiuto è un processo e come ogni processo necessita del tempo per evolversi.
Tempo non prevedibile a priori e diverso in ogni gruppo.
Il processo di auto/mutuo aiuto è caratterizzato da 8 dinamiche fondamentali.
1- Convidisione delle informazioni:
Ognuno di noi porta nel gruppo un patrimonio d’informazioni, di conoscenze.
Una volta iniziato il gruppo è possibile rafforzare questa dinamica di mutuo
aiuto riportando all’attenzione del gruppo, ogni qualvolta possibile, ogni tipo di
questione. Poiché chiunque voglia entrare in questa dinamica deve averne la
concreta possibilità, occorre anche che gli operatori, mentre parlano o ascolano
gli altri, facciano un sistematico scanning di tutte le reazioni provocate da ciò
che viene detto o fatto all’interno del gruppo.
Bisogna sempre incoraggiare i membri del gruppo a cercare nuovi modi di
scambiarsi le idee e le informazioni.
Il facilitatore per attivare tale dinamica a domande del tipo “che cosa
dovremmo fare” non deve cedere alla tentazione di rispondere perché è il
gruppo a dover dare una risposta e quindi dovrebbe dire “Che cosa
pensi/pensate dovremmo fare?”.
E’ importante riuscire a riportare al centro dell’attenzione del gruppo ogni
questione!
2- La dialettica interna:
Perché i partecipanti possano discutere apertamente, il gruppo deve essere un
luogo in cui tutti sanno di poter dire liberamente la loro.
Per attivare una dinamica di dialettica interna nel gruppo gli operatori devono
formulare sin dall’inizio, di fronte ai membri potenziali, le loro aspettative:
devono essere facilitate le libere espressioni e le opinioni di chiunque ma anche
l’esame e l’esplorazione delle differenze che emergono tra i partecipanti.
L’esigenza di comunicare in modo sincero e rispettoso non è sempre facile da
soddisfare.
Questa dinamica rappresenta uno degli aspetti più preziosi del mutuo aiuto,
giacché aiuta i partecipanti a confrontarsi con esperienze, modi di essere e
punti di vista diversi dai loro.
La dialettica interna al gruppo presuppone il riconoscimento delle differenze.
E’ importante che il gruppo stabilisca una “norma” che riconosca, accetti e
valorizzi le differenze.
Al fine di aiutare il gruppo a valorizzare le differenze presenti, possiamo
incentivare la riflessione e la discussione sui significati e le implicazioni
proprie di tali differenze.
3- Discutere i tabù:
Il gruppo tende a ricreare nel proprio microambiente la cultura sperimentata dai
partecipanti al di fuori di esso.
Gli argomenti tabù, d’altra parte, sono spesso ciò che porta le persone a
prendere parte a gruppi di mutuo aiuto.
Discutere apertamente e in maniera sincera i tabù.
Questo permetterà al gruppo di scoprire le comunanze e le differenze; due
elementi che il facilitatore deve essere in grado di riconoscere e di far emergere
in ogni momento per avviare le dinamiche dell’auto/mutuo aiuto.
Durante la fase iniziale del gruppo si può concordare una norma su come
affrontare gli argomenti tabù.
E’ possibile dare voce ai bisogni e ai desideri delle persone che sono entrate
nel gruppo per cercare di incanalare nella normalità la discussione sugli
argomenti tabù, ad es. incoraggiando a raccontare la propria esperienza (da
dove viene, da quanto convive con quell’esperienza, come è successo, ecc).
Man mano che il gruppo matura, aumentano le opportunità di affrontare in
positivo gli argomenti tabù.
Affrontare argomenti tabù rappresenta un’occasione di sollievo e di conforto
per tutti i partecipanti.
4- “tutti nella stessa barca”
Si tende spesso a credere che il fatto di trovarsi sulla stessa barca con altre
persone, accomunate dal medesimo bisogno o problema, farà sì che alla fine
non si arrivi da nessuna parte.
In realtà non è così.
Tra le prime funzioni del processo di mutuo aiuto, in quest’ottica, c’è quella di
aiutare i membri del gruppo a immaginare come questo potrebbe aiutarli a far
emergere le loro energie e le loro risorse.
Soltanto dopo aver avuto l’opportunità di condividere le proprie speranze e
aspirazioni con quelle degli altri, e di cogliere l’importanza dello scopo di
gruppo nel tenere insieme tutti i loro obiettivi individuali, inizieranno
effettivamente a sperimentare tale dinamica.
Concretamente ciò significa che il facilitatore all’inizio non perde occasione
per evidenziare la comunanza tra i membri.
5- Il sostegno emotivo reciproco
Tra le dinamiche più affascinanti dell’auto/mutuo aiuto c’è la capacità, di
generare rapporti di sostegno e affetto a favore delle persone che vi prendono
parte.
Capita spesso che i partecipanti si diano sostegno nelle fasi positive del gruppo
(ad es. quando tutti sono d’accordo) in cui è facile farlo, salvo poi eclissarsi nei
momenti di difficoltà, come quelli in cui emergono le differenze interne al
gruppo. Sono proprio questi momenti di conflitto, in realtà, quelli in cui più
urgerebbe un’atmosfera di fiducia reciproca.
Nella fase iniziale del processo di mutuo aiuto i facilitatori possono cominciare
a promuovere questa dinamica sottolineando anzitutto che nel gruppo che
hanno in mente il sostegno reciproco dovrà essere sempre presente.
Mentre spetta ai componenti del gruppo la scelta di coinvolgersi oppure no, il
facilitatore ha il compito di porre le basi per un ambiente favorevole a tale
coinvolgimento, presentando al gruppo il principio dell’accettazione reciproca.
E’ importante che il facilitatore attivi questa dinamica con frasi tipo:
“Magari non la vediamo allo stesso modo, o non abbiamo fatto lo stesso tipo di
esperienze, ma questo non toglie che abbiamo provato tutti la stessa cosa”.
Questo significa centrare l’attenzione sul vissuto emotivo che accomuna tutti.
6- Le richieste reciproche
Ogni partecipante porta nel gruppo le proprie richieste personali ma queste non
vengono affrontate come una sorta di psicoterapia di tutti i partecipanti dando
consigli ecc al singolo ma vengono affrontati in maniera cooperativa, trattati
come “problemi” di tutti e ciascuno pensando alla propria esperienza e mai
parlando in terza persona dice come farebbe lui in quella situazione e cosa è
capitato a lui ecc.
I processi che si affrontano all’interno del gruppo sono spesso faticosi e
impegnativi e richiedono uno sforzo prolungato nel tempo.
Un’altra aspettativa che va esplicitata, affinché il gruppo diventi un luogo di
lavoro di gruppo piuttosto che di lavoro sui casi in presenza di altri, è che i
partecipanti si confrontino in modo cooperativo piuttosto che individualistico,
o, ancor peggio, antagonistico.
Nei primi incontri il gruppo avrà bisogno di un supporto costante per entrare
nell’ottica dell’auto/mutuo aiuto, per scavare più in profondità, per riconoscere
e valorizzare le capacità riflessive dei partecipanti.
Osservando i gesti e la comunicazione non verbale dei membri del gruppo, il
facilitatore può sollecitare ogni tipo di reazione da parte dei componenti.
Sperimentare la dinamica del reciproco chiedersi qualcosa aiuta il gruppo ad
applicare meglio questa dinamica.
7- “Fare le prove”
Il gruppo diventa un luogo in cui sperimentare, in condizioni di sicurezza,
nuovi modi di comunicare e di fare.
8- “La forza del numero”
I componenti del gruppo traggono beneficio dalla loro comune appartenenza,
ossia dal fatto di non essere soli.
Per mettere in moto tale dinamica occorre spiegare ai partecipanti il senso dello
stile di lavoro incentrato sui loro punti di forza.
Una volta formato il gruppo, è possibile incentivare lo sviluppo di questa
dinamica aiutando i partecipanti a sperimentare, ogni volta che sia possibile, il
senso di comunanza, ossia l’identità che scaturisce dalla comune appartenenza.
Si possono aiutare i membri a pensare a tutti i modi in cui le loro specifiche
abilità potrebbero rafforzare l’intero gruppo, così che quest’ultimo ne possa
trarre vantaggio.
Questa dinamica può richiedere molto tempo “l’unione fa la forza”. Solo
quando le risorse collettive saranno maggiori di quelle dei singoli che ne fanno
parte allora si sarà diffusa tale dinamica.
Il ruolo del conflitto nel mutuo aiuto
Nella prospettiva dell’auto/mutuo aiuto, anche il conflitto riveste un ruolo
importante.
Il conflitto non rappresenta in sé una situazione violenta, ma è semmai il
risultato della libera espressione di posizioni diverse.
La comunanza è un aspetto rilevante nel mutuo aiuto, ma altrettanto si può dire
per l’opportunità di esplorare le differenze presenti nel gruppo e di
sperimentare, al suo interno, nuovi atteggiamenti e comportamenti.
Ci sono alcune strategie che possono essere impiegate per aiutare i membri del
gruppo a fare uso delle differenze presenti tra loro in modo da favorire il mutuo
aiuto.
7 strategie:
1- Il conflitto può giovare al gruppo
Nell’ottica del mutuo aiuto il conflitto va sfruttato a beneficio di tutto il
gruppo. Qualsiasi conflitto, andrebbe visto come un legittimo aspetto della
vita del gruppo, che i partecipanti dovrebbero essere aiutati a prendere in
esame, per trarre uno spunto di riflessione dal confronto tra la loro
esperienza e quelle degli altri.
Nell’approccio del mutuo aiuto il conflitto è una condizione positiva e
potenzialmente utile, che va apprezzata per la sua capacità di stimolare la
riflessione del gruppo.
L’utilità de conflitto però è solo potenziale: se le differenze non vengono
gestite con il necessario rispetto, è assai probabile che finiscano col
provocare una degenerazione. Se si riconosce e si rispetta il diritto a
pensarla diversamente, il conflitto può dar vita a un’occasione preziosa per
riflettere, apprendere , cambiare.
Non s’intende che bisogna enfatizzare i momenti di conflitto ma che è
opportuno incoraggiare il gruppo ad esplorare ogni tipo di differenza
presente al suo interno, al fine di aiutare i suoi componenti a meglio
comprendere e apprezzare le rispettive esperienze.
Così come avviene per l’esercizio condiviso del potere, anche per la
gestione positiva dei conflitti la variabile critica è rappresentata, e spesso in
senso negativo, dall’atteggiamento del facilitatore.
Ciascuno di noi è stato abituato a temere i conflitti e a cercare di evitarli,
nella convinzione che l’armonia costruisce, mentre il conflitto distrugge.
Non è raro quindi che nel gruppo il conflitto sia visto come un visitatore
tutt’altro che benvenuto, anziché come una legittima espressione delle
differenze che si manifestano nei processi di gruppo. Un simile modo di
affrontare il conflitto finisce per ostacolare la crescita del mutuo aiuto.
Il rischio è che i membri finiscono per non esprimere ciò che realmente
pensano e provano e questi sentimenti inespressi finiranno per riemergere a
posteriori. Si rischia di litigare per questioni d’importanza minore, quasi
perdendo per strada l’autentica finalità del gruppo.
Non è vero che i conflitti sono sempre distruttivi. Se si tratta il conflitto
come un tabù si creeranno barriere al mutuo aiuto.
2- Se il conflitto rientra nelle aspettative, è più facile che il gruppo lo accetti
E’ normale che nel gruppo emergano differenze, l’esigenza di ristabilire
l’ordine, quando le differenze si manifestano, può risultare
controproducente.
I membri del gruppo devono imparare ad accettare le differenze come
conseguenza naturale della vita nel gruppo.
Bisogna fare propria la convinzione che le differenze tra partecipanti
racchiudono sempre degli spunti preziosi per la riflessione.
Che cosa si può fare per aiutare un gruppo a riconoscere le differenze tra le
persone che ne faranno parte?
Come prima cosa possiamo aiutare i ns. interlocutori a liberarsi dei propri
sentimenti negativi.
3- Trattare i conflitti come effetto delle differenze e non come un difetto
Il conflitto rappresenta la conseguenza delle differenze.
Non bisogna rappresentare il conflitto come un difetto personale ma va
interpretato come la conseguenza di differenze interpersonali dovute
all’interazione tra due soggetti che per natura sono diversi.
Se si considera il conflitto in questo modo (effetti di differenze
interpersonali) allora l’oggetto di intervento sono le caratteristiche delle
differenze esistenti tra persone, e non le persone stesse.
“mi sembra che ci troviamo difronte ad un problema. Che cosa sta
capitando?”. In questo modo s’incoraggia un dialogo tra tutti i partecipanti
su ciò che sta accadendo.
Una strategia per rendere utili i conflitti in chiave di mutuo aiuto è quella di
rappresentarsi il conflitto come espressione delle differenze esistenti,
anziché attaccare uno specifico modo di pensare, essere o fare. Un clima di
gruppo che non scivoli nella tentazione di “cercare dei colpevoli” è una
condizione essenziale.
4- Non “fare finta di niente” quando emerge un conflitto
Se il facilitatore cerca di aggirare i conflitti che si manifestano nel gruppo,
finirà per negare tutte queste opportunità ai componenti del gruppo stesso.
Occorre resistere alla tentazione di fare finta di nulla, o di aggirare il
conflitto.
Se rinunciamo ad affrontare il conflitto, il messaggio che passa è che non
riteniamo i componenti del gruppo all’altezza di promuovere davvero il
mutuo aiuto.
5- Coinvolgere in modo attivo tutti i parteicpanti
Se il conflitto è qualche cosa che riguarda tutto il gruppo, allora è
necessario che tutti siano coinvolti nell’esaminarlo e nell’affrontarlo.
Certe volte, quando la tensione emotiva è tanto forte da impedire i
partecipanti di sentire la voce gli uni degli altri, può essere utile una qualche
forma d’interruzione. Anche questa decisione deve riuscire a coinvolgere il
gruppo nella sua interezza, o si rischierà di far passare un messaggio di tipo
opposto: che vogliamo semplicemente nascondere le difficoltà del gruppo.
E’ necessario che ci si faccia carico della responsabilità condivisa di
ritornare insieme sull’oggetto del conflitto, per cercare di risolverlo.
6- Essere a disposizione di tutti i membri del gruppo
Quando emergono posizioni contrapposte nel gruppo, la tentazione di
schierarsi con gli uni o gli altri è quanto di più comune ci sia, soprattutto se
ci si sente più in sintonia con certe posizioni che non con altre.
I facilitatori sono chiamati a resistere il più possibile a questa tentazione.
I facilitatori sono chiamati a comunicare le proprie idee con schiettezza e
con delicatezza: si tratta di essere sinceri rispetto al nostro punto di vista e
al tempo stesso aperti a quello altrui così da facilitare sempre l’emersione
di tutte le posizioni interne al gruppo.
7- Aiutare il gruppo a non perdere di vista la comunanza
Il conflitto rappresenta una dimensione integrante dell’auto/mutuo aiuto.
Gestire le situazioni di conflitto, generalmente non è facile.
L’ultima strategia per aiutare il gruppo a valorizzare i conflitti è quella di
aiutare i suoi componenti a non perdere di vista la comunanza, non perdere
la consapevolezza di ciò che li accomuna, che li rappresenta come valore
aggiunto. Comunanza che viene prima delle loro differenze, pur senza
negare queste ultime.
Lo scopo fondamentale del gruppo dovrebbe fare da punto di riferimento
costane per aiutare le persone a comprendere che ciò che le accomuna è
maggiore di ciò che le separa.
A fronte delle diverse istanze dei partecipanti occorre incoraggiare uno stile
di comunicazione aperto e sincero, aiutare le persone ad esprimere le loro
idee e i loro sentimenti.
Possiamo chiedere alle persone in disaccordo di tenere duro anche nei
momenti difficili, così da risalire alle motivazioni del conflitto che le
contrappone.
Dobbiamo infine essere a diposizione di tutti i partecipanti in ogni momento
della vita del gruppo per aiutare quest’ultimo a mantenere un clima di
mutua disponibilità anche quando deve occuparsi delle discordanze tra le
persone che ne fanno parte.
*Assistente Sociale, Collaboratore Esperto Portale S.O.S. Servizi Sociali On
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