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RACCONTO
Andrea Ferrari
Nella tana del nemico
Prefazione di Mirco Ferrari e Nicola Bonati
PRAEFATIO
di Mirco Ferrari e Nicola Bonati
Una fredda sera d’inverno al nostro sgangherato gruppo di avventurieri si
unisce un baldo giovane dal nome Alphonse. La sua era una missione di ricognizione, un abile tentativo di comprendere qualcosa di più di quel magico
e misterioso mondo di AD&D. Con fare timido e curioso Alphonse ha così
mosso i suoi primi passi nelle campagne di Shadowdale. La stranezza goliardica dei suoi compagni di viaggio lo ha frastornato in modo tale da accendere irreversibilmente la sua latente fantasia. È stato a quel punto che,
con penna e calamaio, ha preso vita e forma il breve racconto che stringete
tra le mani: senza dubbio la meglio riuscita trasposizione tratta da una reale
partita ad un gioco di ruolo fantasy.
Ora non vi resta che voltare pagina ed immergervi nelle cronache di questo
mondo fantastico, dipinto a tratti nitidi e vivaci dal nostro amico Alphonse,
al secolo Andrea, che, con somma maestria,è riuscito nella difficile impresa
di dare un senso ad un’avventura in gran parte improvvisata e di caratterizzare i personaggi come neanche gli stessi giocatori sono riusciti sino ad ora a
fare.
Con molta soddisfazione abbiamo accettato l’invito a scrivere questa breve
prefazione, assolutamente orgogliosi che un membro del nostro gruppo di
gioco abbia deciso di trasformare un’avventura pensata da noi a solo scopo
ludico e didattico in un libro. Non possiamo che augurarci che questo sia
solo il primo capitolo di una lunga e fortunata saga letteraria in grado di mostrare al mondo intero che Langhirano non è solo la valle dei prosciutti ma
anche cenacolo di fantasia e creatività.
Ringraziamo Andrea per l’entusiasmo con cui ha portato avanti questa idea e
il Cardenal Mendoza per averci fornito la sufficiente ispirazione di queste
poche righe.
I master
Bonati Nicola alias Bona
Ferrari Mirco alias Mircfe (http://www.mircoferrari.it/blog)
Andrea Ferrari
Nella tana del nemico
Le stelle, splendide compagne. Quando tutto intorno a me si è fatto nero ho
creduto di non poterle più vedere. Solo fortuna se ancora i miei occhi si
riempiono di tale bellezza. Se chi mi doveva uccidere non avesse creduto di
aver eseguito gli ordini mentre mi lasciava lì a terra, solo svenuto ed inerme,
non sarei più qui.
Che stolto sono stato. Credevo che nella mia casa al mio paese, lontano
da Shadowdale sarei stato al sicuro. E invece.. . Devo rientrare, tornare dal
resto della compagnia. Scoprire cosa è successo a loro
Questo pensa Turchino il mago, mentre si guarda attorno dall'alto del
promontorio dove ha la sua dimora. In basso la città di Silverymoon, Gemma
dei Territori del Nord, è illuminata da migliaia di piccoli lumi.
All'improvviso un batter d'ali squarcia l'aria e un possente drago verde e oro
atterra vicino a lui. Dalla cavalcatura scende un uomo. Indossa un mantello
grigio che nasconde una armatura di cuoio. Sotto il cappuccio lunghi capelli
argentati. E uno sguardo sicuro.
Goish, tu qui?”
“Vedo che anche tu sei vivo. Forza, è ora di ritornare a Shadowdale”
Il mago raccoglie il suo zaino e il suo bastone. Sale sulla schiena della
fiera e mentre si cala sui corti capelli marroni il cappuccio della sua tunica
turchese, osserva il suo mondo farsi sempre più lontano e piccolo, sino a
scomparire.
Grazie Dea per avermi assistita.
Ancora adesso, ad alcune ore dai fatti, Eufe non riesce a credere di essere
in vita. Lei, piccola chierica di razza elfica, è riuscita a sfuggire all’agguato
di un sicario. Perché solo di un sicario poteva trattarsi, altra verità non v’era.
Qualcuno ha cercato di ucciderla davanti al talamo della Dea a cui lei stava
dedicando le funzioni quotidiane. Qualcuno è riuscita a trovarla li, nel luogo
a lei più caro, che incantesimi proteggono alla vista dei comuni umani.
Un’ombra nera che l’aveva osservata, studiata. Aveva giocato con lei, accettando di seguirla all'interno della sua casa posta tra i rami di una enorme
quercia, fingendo di accettare il dialogo. La figura di nero ammantata si è
seduta sul bordo del letto, arredo principale che occupa quasi tutta l'unica
stanza, e ha accettato di bere con lei. Le ha però chiesto di assaggiare una
tisana preparata con le sue erbe. In quel momento si è fatta certezza, nella
sua mente, che era realmente in pericolo di vita. Doveva giocare con l'imponderabile. Solo la sorte le ha permesso di fuggire gettandosi dalla finestra
mentre le urla di dolore e di rabbia del sicario a cui lei aveva gettato l'acqua
calda sugli occhi, rieccheggiavano alle sue spalle. Poi una corsa a perdifiato
attraverso il Boschetto dei Druidi, ad est di Shadowdale, ignorando i graffi
che rami e cespugli scavavano sulla sua pelle del colore del latte, confidando
nella protezione della foresta e della dea per arrivare da Goish, l'ammazzamostri che negli ultimi mesi è stato sia amico che padrone, al momento
l’unica protezione che le parve possibile.
“Anche tu qui? Anche tu....”.
“Non si tratta allora di un attacco isolato, tutti noi siamo in pericolo. E
chi non è qui sarà salvo? Dobbiamo andare a controllare, presto. Perché chi
ci ha attaccato è molto forte, gente addestrata e senza scrupoli. Sono riuscito a ferirlo ma avrebbe probabilmente avuto ugualmente il sopravvento se
non fossi fuggito”.
Sono i primi pensieri che Luxord riesce a formulare giungendo a casa di
Goish, nel villaggio di Shadowdale, e trovando Eufe.
Consapevole del suo valore di guerriero, Luxord non può non pensare a
quanto gli altri vanno a rischiare, e di come i sicari siano impavidi. Lui è un
uomo giovane, forte e preparato. Nonostante questo è stato attaccato nel suo
letto, nel sonno. Ricorda la mano sulla bocca perché non potesse urlare e
quella sul collo affinché non respirasse. Del suo boia solo un volto in ombra
sotto un cappuccio scuro.
Nonostante tutto, e grazie al suo fisico possente, è riuscito a liberarsi ma,
disarmato, l’unica via d’uscita è stato abbandonare il campo.
Maledetta sbronza
Ho la testa che mi sta scoppiando. E questi insulsi elfi mi urlano nelle
orecchie. Non mi è chiaro perché continuano a dire che sono felici del fatto
che io sia vivo. Lo so che sono vivo!! Perché non dovrei?
Aveva le idee confuse Picen appena ripresosi grazie alle cure magiche di
Eufe e Goish.
Ancora non riesce a comprendere, non sarebbe un nano guerriero altrimenti, che “qualcuno possa essere entrato in casa mia e sia riuscito ad uccidermi?? Voi state scherzando, o mi prendete per un sempliciotto??”
Perplesso si accarezza la lunga e ispida barba; osserva la grotta, scavata
nel Crinale della Volpe, in cui ha dimora, le torce alle pareti di dura roccia
d'arenaria, il grande tavolo ovale rovesciato su un fianco e i cocci di bottiglie
sparsi sul pavimento. Sull'unica sedia in ordine siede la moglie Elandrassa.
Un senso di inquietudine lo pervade mentre studia il fuoco ormai spento su
cui giace un cerbiatto bruciacchiato. Si lecca le labbra come ad assaporare un
gusto conosciuto.
Man mano, però, che i compagni gli narrano gli eventi, qualcosa ritorna a
definirsi nei suoi ricordi.
“Due figure nere (o era solo una?) che provo a colpire con la mia ascia.
Ma sento pesante la mia arma, mi sbilancio, le (la) manco e loro (lei) attaccano. Ricordo il taglio di una lama.”
“Maledetta sbronza”.
“Sconfitto. Nonostante lo avessi intuito mi ha sconfitto. E devo la mia vita a
questi compagni che tante volte sono stati un peso”.
“L’ho visto entrare, con lo sguardo cercarmi. Mi ha voluto offrire da
bere. L’ho visto mentre scioglieva qualcosa nella mia birra. L’ho sfidato
apertamente e lui mi ha sopraffatto!! In maniera quasi semplice. Schivava i
miei attacchi e mi infliggeva profonde ferite
L’epilogo glielo ha raccontato Jhaele Silvermane la proprietaria della
Locanda del Vecchio Teschio. Gli ha descritto di come il sicario, dopo averlo
sconfitto si è bevuto la birra, ha pagato per il disturbo e i danni e se ne è andato sorridente.
Myrtodin, fiero guerriero elfo, fa fatica ad accettare quello che le sue orecchie a punta ascolano, mentre con la schiena appoggiata al bancone dell'osteria tenta di riacquistare le forze. Intorno a lui compagni di recenti avventure
lo incoraggiano.
Lui non li sente. Con gli occhi vaga per il locale alla ricerca di elementi che
possano condurlo verso sollievi fisici e, soprattutto, morali. Non si scorgono
segni particolari di lotta. Nessun tavolo e nessuna seggiola appare fuori posto. Il bancone è integro. Tutto sembra in ordine. Solo il profondo taglio alla
sua armatura di cuoio borchiata e l'ampia pozza di sangue ai suoi piedi come
muti testimoni della sconfitta.
“E io sono costretto a ringraziare questo gruppo di sbandati”
“E’ amaro il sapore del sangue degli elfi. Soprattutto se è il tuo”
Anche Garumir è stato sconfitto da un sicario, e la sua resa è ancora percepibile dal gusto del sangue che sporca il biondo pizzetto.. Anche lui vede
la sua dimora profanata. Anche lui è salvo grazie alle cure di Eufe e Goish.
“C’è stato un attimo in cui pensavo di farcela ad uccidere il bastardo.
Sono riuscito a liberarmi della sua presa, l’ho colpito con un calcio, mi sono
armato e la mia armatura magica era indosso.
Sono riuscito a colpirlo con la mia spada ma ho commesso l'errore di credere di averlo in pugno; un suo fendente mi ha disarmato, il suo affondo mi ha
colpito in pieno petto ed è stata la fine.”
La sua ultima immagine è una pozza di sangue, “il mio sangue” pensa,
che lo avvolge e una nera figura che ride.
Poi loro che, accorsi al suo aiuto lo salvano.
Poi un nome, Rummish, che ritorna.
Poi un incubo che ritorna.
“ Rummish. Solo lui può aver organizzato la vostra esecuzione.”
Le parole di Goish sono taglienti, come le armi usate per attaccarli.
Evidentemente lo avete irato. Probabilmente uniti vi teme anche. Non vi resta che una cosa da fare, andarlo a stanare a casa sua. Fare quello che ha fatto lui. Sfidarlo sul suo terreno, profanare le sue sicurezze.”
Quella che si prospetta alla compagnia è una nuova avventura. Questa volta
non lo fanno per fama e denari. Non vi sarà gloria al loro ritorno “ma solo la
vostra vita. Se ucciderete Rummish potrete vivere liberi.
Per farlo vi fornirò informazioni e l’aiuto di nuovi elementi”.
Tutto questo viene mostrato da una sfera di energia ad una oscura figura che
la mantiene sospesa tra le mani.
“Poveri illusi!!
Lo sento che le loro menti si sentono sollevate dagli eventi. In loro vivono sensazioni di fortuna e sollievo, rabbia e paura. Credono di essere vivi per
le loro capacità o per la falsa illusione di avere la signora bendata che veglia
su di loro.
Stolti!!.
Non sanno che devono la loro via a me!! E’ per mio volere se sono vivi!! Io
ho voluto che alcuni di loro sopravvivessero, i curatori, in modo che potessero rigenerare gli altri.
E così vogliono sfidarmi ancora?
Folli!!
Che vengano pure, perché non resta loro che questo e Goish lo sa. Ed è ciò
che voglio. Ucciderli, per l’oltraggio e i fastidi che mi hanno arrecato.”
A questo pensiero una risata, un urlo che pare provenire dalle viscere della
terra, esce dalla bocca della figura di verde ammantata.
“Dopo loro toccherà a Shadowdale e la vendetta sarà completa”.
La sfera sparisce.
E la figura sorride.
Le stelle. Immobili ed eterne. Eppure ricche di conoscenza”. Me lo
diceva sempre Lucius “se hai un dubbio interrogale. Loro ti sapranno rispondere.
Anche in questa notte sono con loro come da ormai tre anni. E chissà
per quanto tempo ancora. Tutto quello che servirà.
Il fuoco su cui scaldo la carne di cervo rischiara la radura in questa
1
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notte di Tarsakh . Mancano ancora alcuni giorni a Pratoverde , ma la primavera è già iniziata e la natura sta ricominciando a fiorire.
Le mie spalle poggiano contro il fusto di un albero. Due file dietro una
parete di nuda roccia che a nord chiude lo spiazzo di circa 20 metri di lato.
Tutt’attorno alti alberi di faggio.
Una leggera brezza rende fresco l'ambiente.
Mi piace quando l'aria mi avvolge, per alcuni istanti mi dimentico dei
miei dubbi e delle mie colpe.
Tagliati i capelli – mi direbbe Lucius – l'Ordine non gradisce i vezzi
Lucius, il suo pensiero mi rincorre ancora. Per la rabbia scaglio un
sasso contro un albero.
Dei passi, stivali. La mia mano corre all'elsa dell'unica fedele compagna.
1 Ultimo mese dell’inverno nel calendario delle Valli. Equivale al nostro marzo
2 E’ il giorno di ufficiale inizio della primavera. E’ giorno di festa
Un odore. Ma è....
“Non sei stanco di uccidere orchi e drows?”. La voce, profonda, arriva
dalla mia destra. “E togli la mano dalla spada, in fondo lo sapevi che ero io.
O no?.
La figura di un uomo si avvicina; è come sempre: Avvolto nel suo abito di pelle di daino, l'armatura di cuoio a proteggere il busto, con il mantello
grigio, da cui escono i lunghi capelli argentati, a nascondergli il viso e la
immancabile pipa a becco lungo da cui diffonde una essenza forte; è ancora
in forma per i suoi quarantacinque anni. Calandosi la cappa compaiono gli
occhi, trasmettono conoscenza, i lineamenti decisi del magro volto e i suoi
gesti, sicurezza.
Goish. Sono alcuni mesi che non incontro quest'uomo e per la prima
volta è lui a cercare me.
Lo saluto invitandolo accanto al fuoco.
“Non hai paura che malintenzionati ti notino”.
“Sei sicuro che non lo speri?”.
“Già saresti capace. Ma nel caso perché toglierti l'armatura di cuoio”.
Entrambi giriamo la testa verso le vestigia alle mie spalle. Oltre al corpetto
protettivo alla cui schiena è fissato il fodero vuoto della spada, lo zaino e il
mantello porpora “a cui vedo che hai tolto il simbolo dell'ordine. Anche la
tua blusa bianca ne è priva. Lì odi così tanto?”
Guardo il resto del mio vestiario, i pantaloni anch'essi porpora e gli
stivali alti in pelle. I ricordi affiorano e dolgono. Cuore e sangue.
“Non è odio il mio. E' il passato. Cosa vuoi?”
“Credi che l'incontro non sia casuale?”
Scuoto la testa.
Il suo sguardo si fa serio. Se non avessi imparato a conoscerlo potrebbe apparire preoccupato.
“Lo sono. No, non ti leggo nel pensiero. Non ancora almeno. E' che
anche io ormai ti conosco.”
Si siede al mio fianco, accetta il pezzo di carne che sto cuocendo.
“Questa volta sono io a proporti un lavoro”, mi dice mentre il suo
sguardo si apre un poco.
“Spiega, e vedi di essere convincente”
Un attimo di pausa.
“Dovresti aiutare un gruppo di persone a sopravvivere. Non si tratta di
gente comune ma di avventurieri che nei mesi passati hanno accettato di
svolgere alcune missioni per me. Come sai circa un anno fa mi è stato proposto di difendere il villaggio di Shadowdale. Loro sono il mio, come dire,
braccio armato. Sono bravi, ma ancora inesperti anche se le vicende li hanno
portati a migliorarsi molto.
Purtroppo l'ultima impresa li ha portati quasi a morire.”
“Capita in questo genere di vita. Dov'è la particolarità?”, chiedo.
“la particolarità, come la chiami tu, risiede nel fatto che dei sicari sono
stati inviati per farli fuori. E per poco non ce l'hanno fatta”.
“Anche questo mi sembra molto normale.” Non capisco e questo non
mi piace. “Parlami di loro”
“Ti dirò solo i loro nomi e le razze. Picen è un nano. Myrtodin e Garumir sono due elfi guerrieri. Luxord e Turchino sono due umani; il primo
paladino ed il secondo mago. E poi c'è Eufe, la chierica elfo, anche se lei si
professa sacerdotessa.”
“Un bel miscuglio di razze. Immagino casini”.
Ride. “Si, a volte capitano... discussioni”
L'aria continua a spirare; il fuoco danza con lei.
“Ti sei scelto un bel posto”
Vuole cambiare discorso. “Hai parlato di sicari. Chi li manda?”
“Un mago.”
Un brivido mi attraversa la schiena. Ricordi. “Ecco perché sei qui. Sai
che odio certe categorie di persone.”
“E' vero, lo so. Ma non è per questo. Non solo almeno. Si è deciso di
andare a stanarlo a casa sua. E qui entri in gioco tu”.
Mi fissa, i suoi occhi sono piantati nei miei.
“Perché dovrei farlo? Cosa ci guadagno?”
“La fama e la gloria?”
“Mi prendi per il culo? Lo sai che non me ne frega niente!. Però sai
cosa m’interessa.”
“Lo so, stavo scherzando!. Penso che da questa missione potresti ottenere molto per la tua caccia. Se la porti a termine ti darò nuove informazioni
su colui che stai cercando. Non solo; credo che anche chi andrai ad affrontare potrebbe dirti cose importanti. Il nome Rummish ti dice niente?”.
Rummish. uno dei maghi più forti della contea. “Si tratta quindi di
lui?”.
Il suo sguardo conferma, non c'è bisogno di parole.
Il mio sguardo mi tradisce.
“Si è un nemico potente; e tutti quelli che lo proteggono sono molto
più forti degli orchi e dei drown che hai affrontato. Tu sei un bravo guerriero.
Lucius e i maestri hanno lavorato bene con te. Probabilmente se fossi rimasto...”
“Non potevo rimanere e lo sai. Se credi che non possa farcela perché
sei qui? E perché non vai tu allora? In fondo sei un ammazzamostri non male”
Sorride. Mi guarda. Una sonora risata gli esce.
“Credo che tu possa farcela e che per te sia importante partecipare. Sai
bene che sono le missioni difficili quelle che forgiano un guerriero, non l'allenamento.
E poi io, ormai, sono vecchio per certe cose”. Mi guarda sorridendo.
“Alphonse servi a loro. Tu hai qualità che loro non possiedono. Loro ti
sono superiori per esperienza. ma... .”
Non completa la frase.
Vuole che lo scopra da solo.
Mi chiede “Quanto tempo ti occorre per raggiungermi a Shadowdale?
Credi di farcela in tre giorni?”
Rispondo che “Si. Anzi. Credo che all'alba del terzo giorno ti busserò
alla porta”
“Allora ti lascio, devo cercare di recuperare altre persone e materiale
per la missione”.
Si alza, mi saluta e ripercorre a ritroso la strada da cui è venuto mentre
una fragranza di tabacco si spande nell'aria.
Dopo alcuni minuto scorgo la sagoma di un drago volare, con le scaglie brillanti alla luce della Luna, in direzione ovest .
Le stelle sono sempre li immobili ed eterne. Mute.
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Le stelle e Selune stanno lasciando posto al dorato disco solare
quando i miei occhi vedono le colonne di fumo che si sprigionano da terra,
prima che l'odore pungente di legna e carni bruciate mi arrivi alle narici.
Il mio cuore è stretto in una morsa di disperazione.
“troppo tardi! Arrivo troppo tardi”.
Sprono ancora di più il mio cavallo, ormai allo stremo; oltrepasso gli
ultimi alberi posti al limitare della bassa collina e subito mi è chiara la mia
inutilità: in basso vedo il mio villaggio, quello in cui ho vissuto per i primi
sette anni della mia vita, quello in cui hanno sempre vissuto i miei genitori,
completamente distrutto.
Delle poche case nessuna ne è rimasta in piedi; da ognuna un denso
fumo si sale a perdersi nella volta celeste, come volesse spargere nel vento le
vite e i ricordi di chi lì a vissuto.
Continuo il galoppo con la una tenue fiammella di speranza che tutto
non sia perduto
“forse sono vivi, forse gli orchi non li hanno trovati e uccisi. Forse....”
L'ultimo forse mi resta in gola nel momento in cui vedo lo scempio in
cui versano i resti della mia amata dimora e i corpi delle persone che più ho
amato nella mia vita. Scendo da cavallo e mi avvicino; il corpo di mio padre
giace esanime all'ingresso dell'abitazione, nella mano ancora il bastone con
1 Nome del satellite che orbita attorno al pianeta di Abeir-Toril. La vicenda si svolge nel
continente nord-occidentale del Faerun, nella regione delle Valli. spiegazioni maggiori in
glossario
cui ha cercato l'estrema difesa; ha vissuto come uomo di pace, non ha mai
dovuto usare le armi e la sua estrema difesa lo conferma. Esamino le sue
povere spoglia e capisco che ad ucciderlo è stata una serie di colpi violenti al
capo e sull'intero corpo, una morte lenta, sofferta.
“Aiuto”.
Dall'interno della casa un debole sussurro mi fa trasalire. Corro dentro
e scorgo il corpo di mia madre; anche lei mi vede e cerca di allungare una
mano in mia direzione.
Mi avvicino e mi chino al suo fianco; le sollevo il capo e lo pongo
sulle gambe.
“Madre, siete ancora viva! Dobbiamo andarcene in luogo più sicuro
per potervi curare e ....” la voce mi si spezza in gola nel momento in cui un
raggio di sole attraversa una finestra e ne illumina gli occhi; sono completamente inespressivi, mi guardano ma nella sua mente sono lontani, persi in un
mondo a me sconosciuto.
“Andre, siete tornato per Alphonse? Ma lui non è qui. Come avete
richiesto lo abbiamo cresciuto e poi lasciato andare per la sua via. Vostro
figlio si trova presso il castello dell'Ordine del Drago. Il vostro amico Lucius
è venuto a prenderlo. Oggi compie diciotto anni e sta per diventare cavaliere, come voi”
Non capisco cosa stia dicendo. “Madre sono io, Alphonse. Chi è Andre? Perché dite vostro figlio? Voi siete i miei genitori”
Ella non mi risponde, continua a parlare, “Sapete, vi assomiglia molto.
E' cresciuto bene. Anche lui è alto e robusto, come voi ha lineamenti decisi e
capelli lunghi e neri. Quando lo vedrete lo riconoscerete subito; se non fosse
per quella sua piccola cicatrice sotto il mento potrebbero scambiarvi per la
stessa persona.”
Mille dubbi si aggrovigliano in me, aspetti del mio passato che mi apparivano strani ora si schiudono a nuovi orizzonti.
Sento la persona che ho sempre creduto mia madre, che amo come
mia unica madre, tossire e soffrire; lacrime mi solcano il viso mentre capisco
che la vita la sta abbandonando.
Anche lei pare capirlo, il suo volto si contrae in una smorfia di dolore.
“Andre, sono stanca; prima di addormentarmi le voglio ridare il medaglione che mi consegnò tanti anni fa.”. La vedo afferrare la catena che
sempre le ho visto indosso, con un disco d'oro fissato ad esso; me lo pone in
mano. “Mi chiedeste di consegnarlo ad Alphonse quando lui fosse tornato
con il dragone dorato ricamato sulle spalle, sento che lei potrà donarglielo, io
invece no”; detto questo le sento emettere un lungo respiro, un sospiro e poi
capisco che ha raggiunto mio padre.
“Spero che ora possiate vivere felici.”
La sollevo, la porto fuori e la depongo al fianco dell'unico uomo con
cui abbia mai vissuto. Poco lontano vi è un enorme albero di quercia; decido
di scavare lì la tomba che li proteggerà nel loro sonno eterno.
E' sera quando depongo l'ultima pietra a protezione dei loro corpi.
Non ho più lacrime da versare, quelle le ho piante durante la sepoltura. Ora il
mio cuore è pieno solo di odio per chi ha compiuto questo massacro ingiustificato e di disprezzo per chi non ha fatto nulla per impedirlo.
“Madre, padre, vi giuro che da questo momento la mia vita è dedicata
a vendicarvi”
Con il coltello strappo dal mantello il dragone dorato simbolo dell'ordine di cavalieri a cui avrei dovuto giurare fedeltà, ma che nulla hanno fatto
per salvare dei deboli
“Lucius e i maestri non volevano aiutarvi e non mi riavranno.”
Sopra di me una civetta, unica testimone di questo mi giuramento,
emette un prolungato verso.
E' il verso di una civetta a ridestarmi dall'incubo che ogni notte, da tre
anni, mi viene a trovare.
Ogni volta, al risveglio, un misto di dolore e odio mi riempie il cuore e
mi sporca l'anima; la mia mano si posa sul medaglione fissato ad una catenina d'oro; su di un lato l'effige del drago che combatte con padre George,
simbolo dell'Ordine dei Draghi, sull'altro il nome di Andre De Mornay, lo
sconosciuto che ho scoperto essere il mio vero padre.
Mi trovo all'interno del Mulino di Mirrorman, ubicato a sud delle porte del villaggio di Shadowdale; “ormai è inutile cercare di riaddormentarmi,
tra poco sarà l'alba e io devo recarmi all'incontro con Goish per scoprire cosa
mi aspetta”.
Dicendo questo inizio a raccogliere le mie cose per poi
incamminarmi verso il villaggio, mentre la calda sfera celeste inizia il suo
percorso quotidiano.
Fuori il sole si alza ad illuminare e scaldare la giornata di persone
normali che escono per recarsi ai loro lavori.
Ma qui dentro il calore del sole non arriva. Fredda e tesa è l'atmosfera.
Non la ricordo così piccola la casa di Goish. O forse siamo noi ad essere in
tanti. Ci troviamo al piano superiore di un vecchio fienile trasformato ad abitazione. Goish lo ha avuto da Mourngryn Amcathra, Signore di Shadowdale,
nel momento in cui ha accettato di difendere il villaggio.
Al centro della stanza il lungo tavolo circondato da panche; sul lato a
sud l'unica finestra; a est il ballatoio delle scale che arrivano dal piano inferiore, luogo di ingresso, cantina e stalla ed una enorme libreria; ad ovest la
cucina, il camino. Il lato a nord non è visibile, coperta da una enorme tenda
di cotone porpora damascata in raso.
Sono passati due giorni da quando ci siamo incontrati e ora in una fresca mattina sono qui, da lui, insieme ai componenti della spedizione.
E' strano che una compagnia sia così numerosa e, se si esclude il nano,
composta da gente così giovane; ognuno di loro è poco più che maggiorenne,
nell'accezione che ogni singola razza da al termine.
Siamo in nove “e ancora manca qualcuno che non sono riuscito a contattare e che vi raggiungerà direttamente là.” Al gruppo di persone di cui sono a conoscenza, si sono aggiunti altri due elementi: Chantral e una maga
con un buffo cappello morbido a punta e falde larghe. Altra cosa strana è
vedere insieme tante razze diverse. Non credo si siano mai visti elfi e nani
collaborare.
Ma sarà realmente così?
Sebbene già in passato si siano trovati ad affrontare pericoli, tra loro
serpeggia un senso di sfiducia, una mancanza di collaborazione. Lo si percepisce dai loro sguardi. Lo percepiscono tutti. Si intuisce che sono insieme
per necessità ma non sono uniti nelle intenzioni. Sono un gruppo ma non una
squadra.
Manca un leader in grado di incanalarne le singole capacità. Spesso si
assiste a discussioni, se non liti, che minano la coesione.
Una situazione che mi inquieta. Posso fidarmi? Che sia questo che
vuole da me Goish. Eppure lo sa che odio certe situazioni. E poi sono solo di
passaggio, non conto di rimanere.
“Si può sapere cosa aspettiamo? Abbiamo già perso giorni per niente.
Anzi per due pivelli che secondo te dovrebbero aiutarci”.
“Smettila Myrtodin!. Dovremmo ringraziarli. Sono qui a rischiare la
vita per gente che neppure conoscono ed in cambio poco avranno”
Garumir e Myrtodin. Curioso due elfi che discutono, di solito così pacati, superiori. Due elfi molto diversi, non solo caratterialmente. Nel gruppo
quasi tutti gli elfi sono di razza dorata.
Questo in Myrtodin è evidente, il colore brunito della pelle, i capelli
rameici raccolti in una lunga coda e gli occhi dorati non mentono. Come
quasi tutti i suoi compagni indossa una corazza di cuoio borchiata. Sotto una
maglia e dei pantaloni di colore rubino. Alla cintura il fodero con la spada. Il
suo sguardo è duro, risentito, i lineamenti del suo viso secchi, sembra vogliano trasmettere una forza superiore a quella che il suo fisico asciutto ed al
suo metroemezzo di altezza sembrano consentire
Garumir invece porta corti i capelli dorati; stesso colore per gli occhi
ed il pizzetto che cinge labbra sottili, i lineamenti sono gentili; unico aspetto
in comune con Myrtodin, l'altezza. Veste con una camicia a maniche corte di
colore chiaro e pantaloni marroni come marroni e in pelle sono gli alti stivali. Apparentemente nulla a proteggere il busto. Ogni tanto accarezza l'elsa
della spada che porta al fianco.
“Ringraziarli? E poi cos'altro, prostarci? ...... ” lo sfogo di Myrtodin
non pare avere fine.
Guardo la ragazza di fianco a me. Mi hanno detto chiamarsi Elanor. E'
giovane, molto, inesperta e apertamente a disagio. La sua espressione non
mente. Non è molto alta, quasi come un elfo, tutto del suo viso è rotondo: la
forma, i lineamenti, gli occhi neri, il piccolo naso, perfino i lunghi capelli
neri sono un inseguirsi di tondi boccoli; anche il resto del corpo appare leggermente paffuto. Si presenta perfettamente vestita per la missione. Troppo.
La sua giacca verde, la camicia crema e la sua gonna color ocra sono linde.
La sua borsa di pelle con le frange e le borchie della sua mantella marrone
sono lucide. Non ha mai combattuto. E' fortunata. Per qualche ora ancora
non sa cosa vuol dire uccidere per non essere uccisi.
“.... ma se non sono capaci neppure di reagire!”
Decido che così può bastare. Senza parlare mi alzo e mi avvio alla
porta. Non mi va di discutere, in fondo non sono io che necessito di aiuto.
“Alphonse aspetta. E tu Elanor scusalo. La tensione è alta, come i pericoli e si rischia di dire o fare cose che non si pensano”.
“Goish non me ne frega nulla di loro” rispondo “non sono qui per essere preso in giro. Se non vado bene posso andarmene”.
Alle mie parole tutto si fa silenzio.
“Queste orecchie a punta, sempre a far casino. Devi capirli, si credono
superiori. Noi li lasciamo fare così sono contenti”. Simpatico il barbuto Picen. Come tutti quelli della sua razza è di bassa statura e robusta taglia. La
sua pelle è grigia e i capelli color argilla. Sembra essere nato direttamente
dalla terra. Le sua mano sinistra, inanellata, stringe sempre una ascia bipenne. Quella a suo fianco dovrebbe essere la moglie, anche se il fatto che entrambi abbiano la barba non ne facilita la distinzione. Solo l'affetto con cui
ne stringe la mano ne rende chiaro il ruolo. Se conosco i nani lui sta parlando
seriamente; però a queste parole un sorriso si forma sul volto degli astanti.
Di quasi tutti. E la tensione si stempera un poco.
“Se avete finito di giocare, torniamo alle cose serie. La situazione è
difficile. Rummish ve l'ha giurata come a tutta Shadowdale. Vi reputa l'ostacolo maggiore per la conquista della città. Sapete bene che se ne ritiene il
legittimo proprietario anche se il padre ne fu scacciato decenni or sono. Galabal era un potente arcimago ma fu sconfitto da Elminster ed esiliato. Da
allora prima lui e poi la sua genia meditano la vendetta.”
“Ora a voi restano due possibilità: Rimanere in attesa di un prossimo
attacco ai vostri danni o andare a stanare Rummish a casa sua!!”
Nel dire queste parole Goish guarda tutti loro negli occhi. La decisione era già stata presa ma solo ora diventa senza possibilità di ritorno.
Anche io li guardo ed ognuno di loro ha reazioni diverse.
Picen pare impaziente. Myrtodin e Garumir inespressivi come tutti gli
elfi guerrieri. Luxord, il giovane paladino tradisce un minimo di nervosismo;
è un colosso alto come me ma dai muscoli ipertrofici, a occhio circa novanta
chili; porta lunghi capelli e barba rossi. Indossa maglia e pantaloni blu notte
coperti da una armatura in cuoio e una mantella rossa. Anche lui usa una
spada come arma. Ha circa la mia età, ha già affrontato delle missioni ma è
inesperto dentro; lo si intuisce dalla perplessità che traspare dai sui occhi
verdi; vuole apparire sicuro ma non lo è.
Occhi ansiosi anche quelli di Turchino il mago; probabilmente sta
pensando “le mie conoscenze magiche basteranno?”. E' il mago esperto della
compagnia. Oddio esperto forse è eccessivo; diciamo quello con più esperienza. Ha un bel volto pulito, zigomi alti e occhi azzurri. I capelli castani gli
stanno sparati sulla testa, non so se per vezzo o per naturalezza. Indossa una
tunica che, neanche a dirlo, è di colore turchese; al fianco la sacca con le arti
magiche.
E poi ci sono le donne del gruppo.
Chantral è una ranger elfo apparentemente tranquilla. Appartiene alla
sotto-razza degli elfi della Luna; non è bella, ma il viso sottile è dolce e deciso al tempo stesso, con la frangia ad incorniciare i grandi occhi verdi dai riflessi dorati e la lunga coda di lisci capelli neri. E' elegante nel suo completo
verde. Verde la blusa e il mantello, verde la gonna, gli stivali e i gambali.
Anche lei al fianco porta una spada.
Infine vi è una la chierica elfo, Eufe, un personaggio intrigante; è diversa dagli altri. Il colore della sua pelle è diafano, ma non come quello degli
elfi di luna. Anche i suoi capelli sono particolari, sono neri ma lunghi e ricci;
neri anche gli occhi, profondi. Il suo viso è minuto, come il resto del corpo, i
lineamenti delicati, sprigionano vitalità. E poi il sorriso, è l'unica che riesce
ad essere serena anche in una situazione di tensione come questa. Indossa
una mantella in seta verde finemente ricamata con motivi gialli, a coprire un
tabarro verde scuro a maniche lunghe e dei pantaloni crema. Ai piedi stivali
a mezza gamba in pelle. Le sue armi sono una scimitarra e un sacchetto con
le magie.
“Quello che posso fare per voi è indicarvi ove si trovano le porte del
regno di Rummish. Non potrò venire con voi, non chiedetemi il motivo, dovrete cavarvela da soli. Siete pronti?”
Nessuno risponde, perché la risposta non può essere che una.
“Bene. allora questa è la mappa della zona. Dovrete costeggiare prima
il bosco in direzione nord e poi la catena montuosa della Collina del Pugnale. Occorrono quattro giornate di cammino per arrivare al settore più estremo
in cui la Collina del Pugnale si unisce alla foresta del Voonlar. Lì vedrete, al
limitare di una radura, un basso ammasso roccioso. Troverete una porta è un
ingresso al regno di Rummish.”
Un attimo di pausa poi, dopo aver posato lo sguardo sul giovane mago, riprende.
Varcata quella soglia non so cosa troverete. Per certo le forze magiche
sono enormi. Ricordalo Turchino.”
Usciamo.
Il sole a Est è ora visibile e il suo tepore è piacevole. Per i paesani una
giornata di duro lavoro è iniziata. Per noi è l'inizio di una nuova avventura.
Loro attendono il tramonto per ritornare dalle persone care. Noi attendiamo
questo e i prossimi tramonti consapevoli che potrebbero essere gli ultimi che
caleranno su di noi.
La marcia verso le Colline della Paura avviene in un clima carico di
energia e tensione.
Il questo primo giorno di viaggio i dialoghi sono stati saltuari. Perlopiù sono stati i borbottii di Picen a rompere l'atmosfera; si sa che i nani non
amano marciare, le loro corte gambe sono adatte per muoversi nei cunicoli e
nelle grotte.
A me è servita soprattutto per cercare di capire il carattere dei miei
compagni.
Picen è il tipo che mi sta più simpatico. E' un nano dallo sguardo burbero ma fiero e dalla lunga barba, lunatico e brontolone;sino ad ora non so
quanto ha inveito verso elfi e umani.
In altri momenti era Eufe a cercare di sdrammatizzare la situazione. I
sorrisi erano molto forzati.
Myrtodin non ha detto nulla durante il cammino in cui è stato sempre
in testa; lo sguardo fisso in avanti tranne in rare occasione in cui scrutava
perplesso il resto della compagnia.
Turchino da quando siamo partiti ha sempre parlato. Credo che Picen
stia pensando di zittirlo. Per sempre.
Garumir e Chantral sono stati gli unici a chiacchierare.
L'elemento del gruppo che più mi preoccupa è Elanor, il suo viso rubizzo ha perso la dolcezza da quando siamo partiti; i suoi occhi sono sempre
contornati da ciglia dagli angoli secchi. La vedo mentre in continuazione
controlla i suoi incantesimi nella borsa in pelle con le frange. Nervosa e incerta. Dovrò prestarle attenzione particolare.
Una volta superato il bosco, abbiamo viaggiato con alla nostra sinistra
le prime pendici della catena della Collina dei Pugnali. Questa catena montuosa separa le valli di Shadowdale e Daggerdale, sono zone dominate da
banditi, lupi e altre bestie, che popolano queste zone ricche di alberi, fitti
arbusti e roveti.
Attraversiamo enormi distese a prato con l'erba che sta iniziando a
ricoprirle; saltuari, a spezzare la marea verde, gruppi di violette e bucaneve
rallegrano la vista con i loro forti colori.
In lontananza, scorgiamo fattori impegnati a rendere fertile e ricca la
loro terra, e ancora più lontano, come approdi sicuri in questo mare color
smeraldo, le loro abitazioni.
Prima che il sole cali completamente, decidiamo di accamparci in un
anfratto ai piedi della zona montuosa; esso ci offre riparo dalle intemperie e
una valida difesa da eventuali attacchi.
Purtroppo non troviamo materiale per un fuoco e quindi dobbiamo
mangiare i nostri viveri freddi.
“Come ci dividiamo i turni di guardia?” La richiesta di Chantral non
vede risposte entusiastiche.
“Dobbiamo farli?” protesta Luxord “nessuno ci ha seguiti, non siamo
in pericolo.”
“La sicurezza non è mai troppa, ricordati che ci hanno attaccato in
casa nostra” risponde Garumir.
“Va bene, poche discussioni, siamo otto; facciamo un'oretta ciascuno e
non parliamo più”; la proposta di Picen è saggia.
“Sette” ribatte Myrtodin “io non ne ho voglia”
Vedo l'espressione del nano farsi corrucciata “Perché devi sempre farti
riconoscere? Mi verrebbe voglia di aprirti il cranio con l'ascia mentre dormi!!”
“Basta discussioni” sentenzia Chiantral “Picen lascia perdere Myrtodin, sai come è fatto”
“Faccio io il primo turno” propongo “sempre che vi fidiate”.
Per il resto, la notte scorre via tranquilla.
Il giorno seguente l'atmosfera all'interno del gruppo cambia. Il nervosismo iniziale lascia il posto ad una sorta di tranquillità consapevole; è come
se l'aver metabolizzato la missione da svolgere, abbia permesso di liberarsi
dallo stato di ansia presente in noi. Non so se il susseguirsi di paesaggi sempre uguali, di distese di natura a perdita d'occhio, possa aver fatto da catalizzatore per una maggiore distensione in noi.
Mentre gli altri ritrovano fra di loro la consueta convivenza, io mi tengo sempre in coda al gruppo; non sono ancora entrato in sintonia con gli altri
e non so se ne ho voglia; preferisco starmene tranquillo in disparte, a loro mi
pare dispiaccia poco, in fondo sono un intruso temporaneo nel loro abituale
vivere; non mi interessa un sodalizio duraturo.
Mentre rifletto noto che Eufe mi si fa vicino; “Ciao solitario. E' possibile avere la tua attenzione? Guarda che non siamo mica tutti scontrosi come
Myrtodin”
L'elfo non replica, al suo posto è la voce profonda di Picen a colpire:
“Eufe piantala, non te ne fai scappare uno! Ma se il nostro compagno è minimamente intelligente vedrai che non ci casca!”
“Guarda che la mia è solo voglia di chiacchierare!” ribatte la giovane
“e poi cosa sei geloso? Attento, se parlo con Elandrassa c'è il caso che la tua
testa abbia una brutta sorpresa!”
A tutti scappa una risata, tanto che le dico “certo che hai una bella
lingua.”
“E poi non mi ha ancora conosciuto bene” risponde lei sorniona.
Il resto della giornata trascorre tranquilla, ogni tanto notiamo il movimento di animali sia tra l'erba dei prati che tra le prime asperità della Collina.
Verso sera scorgiamo un'altra grotta tra le rocce e decidiamo che quello sarà
il nostro riparo per la notte.
“Guardate, ci sono dei pezzi di legna qui attorno” ci indica Luxord
“Se riuscissimo a trovare della selvaggina potremmo cuocerla”. L'idea non è
male, anzi; ci dividiamo i compiti: io, Picen e Garumir proveremo a cacciare
qualcosa mentre Myrtodin e Luxord restano al campo a protezione del resto
del gruppo; anche se fino ad ora non abbiamo avuto problemi è meglio non
dimenticare le capacità dei nostri nemici.
Quando ormai le tenebre stanno scendendo, io e Garumir rientriamo
purtroppo a mani vuote al campo; “ci spiace, ma non siamo riusciti a trovare
selvaggina”.
Lo scoramento negli occhi dei nostri compagni è anche il nostro,
mangiare qualcosa di caldo sarebbe stato l'ideale.
“Lo dico sempre: mai fidarsi degli umani e degli orecchieapunta!!
Non combinano mai nulla!!” Alle parole di Picen ci giriamo nella direzione
da cui lui sta ritornando, e con gioia vediamo le tre lepri che tiene per le lunghe orecchie “Se non ci fossimo noi nani....”.
Il piccolo ominide dimostra anche di essere abile con il coltello; in
breve pela e prepara le prede per la cottura che esegue con maestria.
Anche il resto della nottata scorre senza che pericoli si manifestino e
all'alba siamo pronti per ripartire.
Verso metà mattina giungiamo al limitare della foresta del Voonlar, a
darci il benvenuto sono alti alberi di pioppo e dopo un paio d'ore vediamo la
radura oltre la quale si trova l'obiettivo della nostra missione. Costeggiamo il
limitare del bosco, nascondendoci grazie alle prime file degli alberi e arriviamo all'immenso blocco di dura pietra.
“Non ci resta che esplorare il perimetro alla ricerca di un ingresso”,
suggerisce Myrtodin.
Dopo una mezz'ora è Chantral a spezzare il silenzio; “Venite a vedere.
tracce fresche che si dirigono verso questi rovi. Sono rovinati, qualcuno è
passato di qui”. Li scostiamo e vediamo la porta.
“Io la sfondo e entro!”.
“Vado con Picen” anche Myrtodin è impaziente.
“Vengo pure io" assicura Garumir
“Mi pare l'idea migliore” conviene Luxord.
“Maschi, sempre impetuosi e infantili!!”. Basta questa frase di Chantral per fermarli e creare due fazioni contrapposte, da una parte i maschi
guerrieri, dall'altra le donne con Turchino. “Non pensate sia meglio ragionare un attimo sulla nostra situazione? Prima di distruggere tutto potremmo
vedere se la porta si riesce a forzare!”
“Aspettare, sempre aspettare. Ogni volta mille ragionamenti che non
portano a nulla!! Azione ci vuole” il nano è incontenibile.
“Siamo un gruppo, mettiamolo ai voti”. Se non fosse che siamo in
battaglia l'idea di Eufe sarebbe eccezionale.
“Ha ragione Chantral, sfondare una porta e perdere l'effetto sorpresa è
l'ultima cosa da fare. Conviene esaminarla per cercarne il punto debole”.
Mentre pronuncio queste parole un urlo lacera l'aria. Luxord senza che
ce ne accorgessimo si è avvicinato alla porta per scassinarla e ne ha ricavato
un dardo avvelenato nel petto. Subito interviene Eufe con i suoi poteri di
curatrice ma “serve almeno un'ora prima che la cura faccia effetto e questo
idiota possa riprendersi appieno” .
“E questo è un altro motivo per studiare la situazione”. Pronuncio
questo mentre osservo Luxord. Dalla sua espressione capisco di averlo guardato molto male.
“Consiglio di posizionarci ai margini della radura, dove gli alberi si
addossano allo sprone roccioso. Nascosti dalle prime file avremmo un lato
coperto dalla parete e di li il nemico non potrà attaccarci. Avanti, rimettiamo
a posto i rovi, se possibile dobbiamo evitare che capiscano che siamo qui”.
Vedo parecchie facce contrariate ma non importa, ci si muove come
ho detto.
E' pomeriggio inoltrato quando il paladino, finalmente, si riprende
dall'effetto del veleno. La risorsa supplementare a noi promessa non è ancora
arrivata. Pazienza, faremo senza.
Mentre alcuni si pongono a protezione, io e Picen ci avviciniamo alla
porta.
“Grazie alle tue abilità riesci a scorgere un qualche altro trabocchetto?”
Picen si avvicina alla serratura e “mi spiace, non riesco a capire se ci
può fregare ancora”
Mi guardo intorno alla ricerca di qualcosa di utile e scorgo dei pali di
legno; ne raccolgo uno.
“Ascolta, per non rischiare di fare la fine di Luxord, direi che: tu infili
l'ascia nella fessura tra porta e stipite; nello spazio che si crea io infilo il palo
e poi insieme forziamo la porta.”
“Mi piace!!”
“Myrtodin, Garumir e Luxord ascoltate. Non appena io e Picen apriamo la porta voi entrate e gli altri a seguire. Pronti?”
Lo sono. Il basso compagno a forza non scherza e riesce ad aprire un
varco per il palo. Tocca a me, il palo entra. Con non poco sforzo riusciamo a
forzare la porta e un secco rumore accompagna la rottura della serratura.
Siamo dentro.
I miei compagni sono pronti a disporsi in posizione di difesa.
Osserviamo l’ambiente illuminato da torce posizionate a fianco della
porta e ai lati della parete opposta all’ingresso.
Ci troviamo in una stanza ottagonale il cui raggio è di circa quindici
metri. E’ molto alta.
Ogni parete, di roccia dura e liscia larga circa dieci metri è riccamente
addobbata con affreschi ritraenti scontri tra uomini e animali mitici. Tutti
appaiono indefiniti nella poca luce. Tutti tranne uno. Si trova sulla parete
subito a sinistra rispetto al lato opposto all'ingresso. Pare vivere di luce propria e mostra una medusa nel suo completo da battaglia e con i serpenti
pronti a colpire i nemici. Pare chiamare, invitare ad avvicinarsi.
Iniziamo a perlustrare i muri con addosso un senso di inquietudine che
ci trasmette il dipinto luminescente. Ogni parete appare liscia e senza appigli. Tutte tranne quella sul lato opposto all’ingresso. In essa si notano 4 incisioni rappresentanti i quattro elementi naturali e una linea di demarcazione al
centro.
“Mi pare chiaro” osserva Chantral “che, se vogliamo valicare questo
limite dobbiamo trovare le quattro chiavi da inserire negli incavi”.
Riprendiamo ad esplorare le mura e subito accade l’irreparabile. Con
orrore vediamo Garumir e Chantral che, avvicinatisi al dipinto della medusa,
si tramutano in statue di pietra. La trasformazione parte dal basso, dai piedi e
dalle gambe e poi sale verso il volto. Il tempo sembra scorrere al rallentatore
mentre osserviamo i nostri compagni cercare di scappare dalla morsa che li
sta attanagliando. Ma è tutto inutile. L’ultima sensazione di umano che resta
di loro è uno sguardo perso nella disperata ricerca di libertà.
“……Per certo le forze magiche sono enormi…”
Dentro di me, risuonano beffarde le ultime parole pronunciate da
Goish.
E’ dura per i miei compagni riprendersi dall’accadimento. Per me si
tratta della perdita di due buoni guerrieri, per loro di due amici. Non resta
che continuare e sconfiggere Rummish. Sconfitto lui, probabilmente, anche
la sua magia si dissolverà.
Riprendiamo ad esplorare la stanza e finalmente Picen trova qualcosa.
Una piccola fessura sulla parete a destra dell’ingresso; è piccola ma la mano
di Elanor vi entra e un meccanismo scatta. La parete di fronte a noi inizia a
spostarsi.
Mentre la porta si apre mi concentro su me stesso; cerco di portare ad
un livello superiore i miei sensi. Percepisco che sto per incontrare nemici
molto diversi da quelli che finora ho sconfitto; da questo momento i miei
rivali non saranno creature solo di carne e sangue ma altro, mostri che traggono il loro potere da forze arcane. In questo attimo che precede l'apertura
completa del varco, vedo una maggiore consapevolezza negli occhi dei miei
compagni. Appaiono già forgiati e capisco le parole che mi disse Goish; solo
in Elanor scorgo totale incertezza.
Il tempo dei pensieri è finito ed entriamo.
Ai nostri occhi si mostra una stanza rettangolare profonda una ventina
di metri, larga e alta cinque; il pavimento é in semplice terra, due file di colonne creano un corridoio che conduce al trono sul fondo. Su di esso ci
aspetta una bellissima donna, vestita di bianco e di rubino ammantata; Il
cappuccio copre i capelli neri i quali incorniciano il pallido volto dai lineamenti dolci; la figura appare talmente bella da apparire fuori luogo, qui nell'antro del male.
“Io vado!!” prevedibile Picen, mai un dubbio o una esitazione, conosce solo l'azione.
“Aspetta” lo ammonisce Luxord “vediamo cosa ha da dirci”.
“Signora rispondici, cosa serbi per noi? Quale compito ci aspetta?”.
Silenzio. Lei ci guarda ma pare non considerarci. Poi alza una mano e
indica di avvicinarci. Titubanti procediamo di alcuni passi e, all'improvviso
alcune colonne che ci circondano prendono vita rivelandosi per quel che sono: Golem, servi ignavi di oscuri padroni; alti esseri di terra creati solo per
ubbidire e colpire.
Subito comprendiamo di essere stati incauti; ci troviamo impreparati e
mal disposti in campo; abbiamo lasciato indifesi i membri più deboli del
gruppo. Mentre Eufe e Turchino riescono ad indietreggiare velocemente verso l'imboccatura della stanza, Elanor appare paralizzata, incapace di reagire e
su di lei si scaglia il primo di questi mostri che riesce a colpirla. La ragazza
cade a terra, non capisco se svenuta o peggio.
“Alle armi!!!” il grido di Myrtodin è perentorio. In breve lui, Luxord e
Picen oppongono una valida resistenza ma la mia reazione è di portare in
salvo la maga. Schivando l'attacco del mostro più vicino, afferro Elanor per
un braccio e la trascino verso l'apertura.
“In combattimento non ci si deve distrarre, i feriti e i morti si contano
alla fine”
Ancora Lucius nella mia testa mi rammenta l'errore commesso.
Riesco a portare al riparo la giovane ferita mentre il mago mi copre
con i suoi dardi infuocati; purtroppo uno dei Golem riesce a passare lo sbarramento e mi colpisce. Il suo pugno è come un maglio che si scontra con la
mia testa, sento gli altri guerrieri imprecare per la mia caduta; li vedo imprimere un'ulteriore vigore alla loro spinta offensiva, percepisco alcuni avversari cadere e vedo il volto di Eufe che si china su di me; poi tutto si fa scuro.
Non so per quanto tempo resto svenuto. Odo formule, parole sconosciute, di un rituale arcaico ed un grande calore sul mio petto; apro gli occhi
e comprendo che è la mano della chierica appoggiata a me a sprigionare questa energia. Mi sta curando perché “un guerriero serve in battaglia”. Non mi
riprendo completamente ma sono in grado di aiutare gli altri valorosi combattenti.
In breve la situazione volge a nostro favore e dei Golem non restano
che mucchi di argilla informe.
“Abbattiamo anche le colonne ancora in piedi” incita Picen “Non si sa
mai che....” .
Solo ora ci ricordiamo della bellissima dama che con gelo ci ha accolto nella sua stanza. Il suo sguardo è impassibile come se nulla fosse successo, come se lei non fosse qua.
Un dubbio ci assale: “Ma è reale?”, Myrtodin le si avvicina e con la
massima sicurezza cerca di toccare la figura. La sua mano l'attraversa prima
che lei scompaia. Di lei ricorderemo il ghigno beffardo che si è materializzato infine sul suo volto. Si trattava dunque di una illusione, un trucco creato
allo scopo di distrarci, per indurci in errore. Ci sono riusciti.
Mentre l'altero elfo continua la sua perlustrazione, io e gli altri ci avviciniamo alla chierica che è già prona sul corpo della giovane sfortunata.
“Puoi fare qualcosa per lei?” le chiedo.
“Posso curarla ma la sua ferita è profonda, nel corpo e nell'anima.
Credo che serva almeno una notte di riposo perché possa riprendersi e possa
continuare.”.
“Ecco la prima chiave!!”.
Ci giriamo tutti verso Myrtodin il quale stringe in una mano un cofanetto aperto e nell'altra un ciondolo con al termine una pietra riproducente il
simbolo dell'elemento Terra. Lo vediamo riporre il cofanetto nel suo zaino
mentre porta il manufatto nella stanza ottagonale per inserirlo all'interno della serratura. Mi domando se vi fosse altro all'interno della scatola; probabilmente lo scopriremo solo alla fine. Forse.
La perlustrazione della stanza non porta niente altro. Nessun manufatto utile, nessun passaggio segreto. Dobbiamo approfondire le ricerche nella
camera iniziale.
Viste le condizioni di tutti, ognuno di noi presenta alcune ferite, decidiamo di riprendere l'esplorazione il giorno dopo e di recuperare così energie.
La notte scorre senza problemi, nonostante alcune apparizioni illusorie
non permettano di abbassare la guardia. Ma sarebbe impossibile, sappiamo
di trovarci in un luogo in cui tutto può essere ostile.
Elanor dorme dopo le cure di Eufe. Al volgere del mattino riapre gli
occhi. Per noi è un sollievo vedere che non solo può riprendere il cammino
ma che è completamente ristabilita. Le cure hanno compiuto il loro dovere
All'improvviso un rumore, uno scricchiolio.
Proviene dall'ingresso alla grotta.
Qualcuno sta cercando di aprire la porta che abbiamo bloccato con il
palo.
Subito ci poniamo ai lati dell'accesso. Picen con un colpo secco sposta
il fermo e una figura minuta cade all'interno, certamente sorpresa dall'improvvisa perdita di appoggio. La luce la illumina mentre stiamo per colpirla
ma...
“Fermi!! Sono io, maledizione!”. I miei compagni la riconoscono.
Davanti a noi si trova uno gnomo, anzi, una giovane. Il suo volto è di
un tenue color ocra ed i suoi lineamenti sono marcati, sembra una maschera
intagliata nel legno. E' alta circa un metro e la sua corporatura è esile. I suoi
capelli sono bianchi, come la neve, ma particolari sono i suoi occhi: di taglio
sottile, sempre in movimento come in esplorazione continua, sono uno azzurro ghiaccio e uno viola. Il suo vestiario pare creato per mimetizzarsi con
l'ambiente. Color terra la blusa e verde scuri i pantaloni; ma la cosa più curiosa è il mantello con cappa: da un lato è nero come la notte, dall'altro verde
scuro; su un fianco una borsa simile a quella in cui i maghi ripongono oggetti magici.
“Anake, come mai qui?”. E' un incredulo Picen a parlare.
“Che cavolo di domanda è mezz'uomo, non ti ha detto Goish che dovevo raggiungervi?”
“Vuoi dire che l'aiuto che stiamo aspettando sei tu? Stupidate. Un ladro è utile come la mia barba che s'incastra nella cintura quando vado a pisciare!!”
“A parte che conosco anche magie curative, non denigrare la tua barba. E' l'unica cosa che ti indica dove ce l'hai!”
“Smettetela di litigare voi due”. Luxord ha deciso che questa stupida
discussione deve finire. I due contendenti ritraggono i loro artigli e un minimo di cordialità si ripristina.
“Mi piace non essere arrivata prima ma ero impegnata in un..... beh
chiamiamolo lavoro e il boss non riusciva a trovarmi.”
Guarda la porta all'ingresso
“Vedo che siete riusciti anche senza di me. Anche se il lavoro non mi
pare di pregevole fattura”.
“Oh sentitela la ladra!! Scusa se non siamo alla tua altezza!!”. Picen
non riesce proprio a trattenersi.
Visto che ci siamo tutti è ora di riprendere il cammino.
Con calma ci mettiamo a cercare tutti insieme sulla stessa parete, ed
ecco che su quella immediatamente a sinistra dell'ingresso notiamo una lieve
fessura. Tastandola troviamo una profonda fenditura. Io e Picen riusciamo ad
inserirvi le mani e tirando con tutte le nostre forze riusciamo ad aprire un
nuovo passaggio.
Ciò che si mostra ai nostri occhi è un cunicolo buio, largo abbastanza
per permettere a due persone di camminare affiancate. In fondo ad esso vediamo una luce azzurrina e riflessi argentati illuminano a tratti il cammino.
Decidiamo di procedere alla frase “Io vado!!” dell'ombroso nano.
Ormai mi sto abituando a questa espressione, me l'aspetto.
Il cunicolo è in lieve discesa; man mano che avanziamo uno sciabordio d'acqua si fa sempre più forte. Giunti al limitare del passaggio vediamo
la stanza. Grazie alla luce che sembra generata dalla roccia stessa ci appare
una grotta di enormi dimensioni. Circolare, ricorda la cupola di alcuni templi
con l'alta volta a sormontare un lago; al centro un isolotto su cui è installato
un trono. Oltre al movimento delle acque non si scorge nulla. Non pare esserci essere vivente. Solo delle onde che si infrangono contro la sponda.
“Io vado!!”.
“Sai nuotare?”, chiedo.
“No, odio bagnarmi”
“Si sente!!” punzecchia Anake.
Picen stavolta non ribatte. Infila la mano nel suo borsello e ne estrae
un anello. Lo indossa e con mio stupore, inizia a camminare sull'acqua. Inizialmente il suo incedere è veloce poi si fa via via più incerto; pare quasi che
il moto stesso dell'acqua si faccia più intenso, come volesse impedire una
profanazione.
Ora lo vediamo. Un informe essere d'acqua si erge dalla superficie e ci
viene incontro. La sua altezza ci supera, i suoi arti, che paiono essere due
onde, viaggiano al suo fianco. Ci sentiamo osservarti attraverso due fessure
verdi. Non emette suoni, solo il rumore dei flutti che si frangono contro i
muri della caverna.
“Picen attento, rientra, non puoi difenderti!!”
Queste di Luxord appaiono più un ordine che un consiglio.
Dopo un attimo di incertezza e nonostante le corte gambe il nano riesce a raggiungerci. La posizione non è delle migliori; per combattere, tutti
dobbiamo entrare nel lago e con l'acqua sino alle ginocchia è difficile lottare.
Nonostante questo riusciamo a resistere agli attacchi di questa forma
elementale e a contrattaccare con intensità. Anche questa occasione dimostra
il grande valore di Myrtodin e Luxord. I loro colpi feriscono sempre in profondità la creatura.
In breve riusciamo a sconfiggere anche questo nemico.
Ed è a questo punto che vedo chiaramente i limiti della mia compagnia. Ognuno inizia a cercare ciò che più gli interessa, senza curarsi troppo
degli altri. Alcuni, ritenendo che qui non vi sia passaggio, rientrano nella
camera iniziale. Solo Picen con testardaggine decide di proseguire comunque le ricerche in questa stanza. Resto con lui. Grazie all'anello si porta sull'isolotto centrale e dopo pochi attimi trova ciò che ci interessa sotto il trono:
la chiave dell'acqua e un comando. Senza esitare lo aziona ed in pochi istanti
l'intero lago si svuota, fuoriesce da una grata, mostrando un passaggio sotto
il lato a nord della caverna.
Al sentire il rumore generato dall'acqua anche gli altri rientrano e insieme ci dirigiamo verso la nuova apertura.
Il varco che ci appare è un cunicolo rettilineo, buio, al cui termine si
intravedono dei bagliori; nell'aria un acre odore di zolfo.
Non paiono esserci ostacoli e procediamo sempre accoppiati con in
testa i guerrieri; illuminiamo il cammino con le torce prese nella camera
principale.
Dopo pochi metri giungiamo in un nuovo locale di apparente forma
triangolare;noi ne siamo alla base e, presumibilmente, il nostro ostacolo si
trova al vertice. Qui l'ambiente è decisamente l'opposto di quello appena lasciato. Niente spazi ampi, niente soffitti alti, niente aria buona. Le uniche
luci sono quelle di torce alle pareti e la lava che si para innanzi; non vediamo
oltre le nostre teste immersi in una fitta coltre di fumo che occlude la vista e
opprime i polmoni; ogni cosa appare indefinita.
In mezzo alla lava, saltuari zampilli si trasformano in pozze di apparente solida roccia. Ricorda un gioco che da piccolo facevo: per avanzare
dovevo saltare da una casella all'altra, sino al traguardo.
Evidentemente Myrtodin ha il mio stesso pensiero in quanto lo vedo
utilizzare la spada ricoperta dal fodero per tastare la consistenza di queste
protuberanze rocciose.
Sembrano resistere.
“Non so voi ma io avanzo”. Deciso l'elfo parte alla volta del lato opposto. Decido di seguirlo ed in breve scompariamo alla vista dei compagni.
Luxord e Picen ci seguono.
“POVERI ILLUSI, QUESTO LUOGO SARA' LA VOSTRA TOMBA!! NON POTETE SFUGGIRMI”.
Una demoniaca risata chiude l'urlo che lacera la coltre solfurea. Negli
occhi dei miei compagni scorgo terrore dell'inatteso. Lui ci vede, lui gioca
con noi.
Ci guardiamo e senza dire nulla decidiamo di scrollarci di dosso le
nefaste sensazioni e proseguire. Scorgiamo infine ad alcuni metri da noi la
riva e il suo guardiano.
“Che razza di bestia è?”.
“Caro il mio paladino, si tratta del più grosso lucertolone che io abbia
mai visto. Sono curioso di vedere se gli ricresce la coda dopo che gliel'ho
staccata con la mia ascia.”
Per quanto non corretta è sicuramente efficace la descrizione che Picen fa dell'animale. Il suo aspetto ricorda alcune salamandre che vidi nelle
paludi di Degobar, solo che questa ha dimensioni notevoli pari a quelle di
due umani; il suo corpo è completamente ricoperto da scaglie rocciose ed il
suo corpo emana un calore pari a quello della lava. Zanne e artigli paiono
coltelli forgiati dal dio Vulcano.
“Guardate il suo collo: Il medaglione!!”.
“Ma allora è vero che gli orecchi a punta hanno almeno una buona
vista. Non ci resta che ucciderlo. Io vado”.
Eccoci nuovamente in battaglia con una entità che non ho mai affrontato e che neppure sapevo esistere. La bestia è forte, riesce a respingere i nostri primi affondi e dimostra la pericolosità dei suoi artigli e delle sue fauci.
All'improvviso vediamo Luxord compiere una imprudenza cercando
di recidere con un fendente la catena del medaglione. Purtroppo non solo il
suo colpo va a vuoto ma lo sbilancia facendolo cadere vicino al rettile e con
la mano urta la lava e si ustiona.
“Ahhhh!!”.
L'urlo di Luxord ferma il cuore di chi è rimasto all'imboccatura della
stanza.
“Vedete qualcosa voi? Turchino puoi aiutare i nostri amici?” Il tono
con cui pronuncia questa frase tradisce la preoccupazione di Elanor.
“Mi spiace è troppo rischioso; scorgo una figura con cui stanno combattendo ma se lanciassi dei dardi infuocati così, a caso, rischierei di colpire
uno di loro”. Detto questo anche il mago inizia ad avvicinarsi al centro del
combattimento.
Gli occhi del mostro guardano Luxord, la bocca gli si apre come in un
ghigno beffardo, pare non credere di avere una preda in posizione così facile.
Picen non gliene da il tempo e attacca il guardiano del fuoco, non con l'ascia
ma a morsi. Ciò che ottiene, oltre a distrarlo, è di staccargli la catena dal collo e ricevere una artigliata sul braccio. La chiave cade vicina a Luxord.
Senza esitazione io e Myrtodin aumentiamo i nostri attacchi, per offendere e per copertura. Ciò che accade ha dell'incredibile. Luxord riesce a
raccogliere il medaglione e Picen afferra il suo compagno lo getta lontano.
La visione della figura del guerriero in volo sulla lava blocca le capacità di reazione di Turchino e delle donne. Nella paura totale osservano
l'amico precipitare verso morte certa. Fortuna vuole che il luogo su cui atterra è una piazzola rocciosa e non la lava incandescente.
Colpito a più riprese e senza più medaglione, il motivo del suo esistere, il rettile pare sbandare e consegnarsi ai nostri affondi. In breve abbiamo
la meglio.
Raccogliamo i due feriti e mentre ritorniamo dai nostri compagni ....
“E' INUTILE PER VOI GIOIRE, LA VOSTRA FINE E' VICINA!!”
“Ehi vocina stronza, che cavolo vuoi da noi?”. Anake ci sorprende con
questa frase. Evidentemente anche gli gnomi non sono molto diplomatici.
“OGNI PASSO CHE FATE SARA' SOLO VERSO LA VOSTRA DISTRUZIONE”.
“Senti vocina stronza, perché non ci parli chiaramente al posto di urlare?” continua la ladra “Dai fatti vedere che così discutiamo un attimo. Mi hai
sentito vocina stronza?”
Dopo un attimo di opprimente silenzio, una figura si materializza al
centro della stanza. L'unico elemento visibile è il verde mantello, all'interno
del cappuccio solo il buio. La figura alza una mano e d'improvviso un bagliore; un lampo di energia colpisce la sfrontata ladra, ferendola.
“TU ORA NON MUORI PERCHE' SARAI IL MIO GIOCO PIU'
TARDI”.
Ora la figura congiunge le mani a coppa, una sfera luminosa vi si forma. Il gesto dopo è un colpo scagliato verso Turchino. Vediamo il nostro
compagno avvolto da una bolla trasparente. Quando questa sparisce i suoi
movimenti appaiono slegati, come fosse una marionetta a cui hanno tagliato
i fili.
“E TU, MAGO, PREPARATI AL VERO SCONTRO!!”
Tentiamo di colpire il nostro nemico con le nostre spade ma i colpi lo
attraversano.
“Si tratta di una proiezione mentale molto potente” suggerisce Elanor
“non possiamo colpirlo!”
La figura sembra ora posare la sua attenzione su Luxord.
Ancora una volta unisce le mani a coppa ed una sfera di energia si materializza. I sui gesti ci appaiono lenti ed inesorabili, lo vediamo posizionarsi
e lanciare il suo attacco verso il paladino che, senza difesa, viene colpito. Lo
vediamo barcollare, la sua espressione muta, sino a prenderne i tratti di un
bambino. Lo vediamo sedersi a giocare con un oggetto inesistente.
Subito dopo la figura scompare.
“Siamo messi bene. Ora oltre alla fatica abbiamo un burattino, un rincoglionito e una ladra folle ferita”.
Myrtodin non riesce a trattenersi dall'esternare il suo disappunto.
“Si tratta di colpi inferti da una manifestazione mentale di Rummish, i
loro effetti non possono perdurare” ipotizza Eufe “probabilmente basta del
riposo”
“Va bene, usciamo di qui ora, e portiamoci verso una stanza in cui poter respirare senza problemi” . La mia proposta è ben accetta e decidiamo di
accamparci nella caverna dell'acqua. Io, Myrtodin e Picen aiutiamo i colpiti a
camminare.
La nostra situazione non è delle migliori. Abbiamo feriti gravi, siamo
stremati da questa aria mefitica, dobbiamo recuperare le forze e permettere a
Eufe e Anake di curarci di curarci.
L'esplorazione di questo inferno in terra può attendere l'indomani.
La giornata di battaglie ha lasciato profonde ferite nella compagnia.
Ma non sono le ferite fisiche a preoccuparmi, quelle si possono curare come
dimostrano le nostre due curatrici che da subito si prodigano per lenire i mali. Penso al morale di alcuni di noi.
Se Myrtodin, Luxord e Picen sino ad ora hanno tratto fiducia dall'efficacia dei loro gesti anche se ne hanno pagato dure conseguenze, di altri non
si può dire la stessa cosa. La facilità con cui Rummish li ha attaccato ha
scosso sia Turchino che Anake. Il primo ha percepito di avere di fronte un
mago molto più potente di lui e che ha dimostrato di poterlo colpire se lo
vuole. La ladra che in un futuro scontro il nemico non vorrà solo ucciderla, il
suo scopo sarà prima umiliarla per le offese a lui rivolte.
Infine Elanor che ancora adesso appare non comprendere appieno in
che guaio si è cacciata.
Per questa notte decidiamo di dividerci in quattro turni di guardia. Iniziamo io e Anake.
"Come ti senti?" le chiedo quando gli altri dormono e non possono
sentire.
"Stupida. Come vuoi che mi possa sentire. Non pensavo che avessimo
di fronte qualcuno di così forte"
"Le tue ferite vanno meglio?"
"Si, quelle si stanno rimarginando. Grazie"
Il tempo pare scorrere tranquillo quando uno strano essere ci passa
davanti ed imbocca il corridoio che porta verso la stanza ottagonale, veloce.
“Il talismano di terra è rimasto incustodito nel suo incavo, potrebbe
rubarlo”.
Decido di inseguirlo mentre alle mie spalle Anake urla, ma quando
arrivo nella stanza ottagonale dello strano essere non vi è traccia.
"Dove cavolo è sparito?" mi chiedo "La chiave di terra, meglio portarla con noi" questo penso mentre infilo il talismano nelle mie tasche. Improvvisamente alle mie orecchie arrivano imprecazioni e rumori di lotta.
"E adesso cosa succede? Devo correre dai miei compagni!!!" Rientro
a perdifiato dai miei compagni temendo un attacco delle forze maligne ma
quello che mi si para davanti è uno spettacolo che mai mi sarei immaginato
di vedere.
"Non posso crederlo!!". Imprecando che ".. non mi dovevi svegliare"
Picen sta attaccando Anake, ma quest'ultima non solo schiva l'attacco ma,
con molta tranquillità, infligge un colpo violento al nano ferito, il quale
sviene tramortito a terra.
Rimango a distanza, basito.
"Ma siamo impazziti? Non è possibile che dei compagni combattano
tra loro!!". E non lo dico per quel falso moralismo che vuole tutti i compagni
buoni e amici. E' solo la convenienza di voler uscire vivi da qui che dovrebbe farci lavorare uniti.
"E tutto perché l'allarme di Anake vi avrebbe disturbati nel sonno e
irritati? E' desolante!!".
Nessuno mi interrompe nella sfuriata. Loro stessi sanno che ho ragione.
”Anake, visto che sei in grado di curare e sei tu ad averlo ridotto così,
credo che il minimo sia rimetterlo in sesto”
“Ma Alphonse, è stato lui a cercarsela!”
“Prima di rispondermi, ragiona. Ci serve un nano ferito? Io non sono
qui per voi. Per me conta uscire di qui con la missione compiuta, e a me Picen serve!”.
Li guardo tutti per un attimo che pare eterno, voglio che le mie parole
sia assimilate al meglio.
“Quindi ora ripari al tuo danno. Quando tutto sarà finito, potrete anche
uccidervi a duello. A me non interessa.”
Vedo la piccola donna che d'istinto vorrebbe ribattere, poi si gira, si
avvicina al mezz'uomo a terra ed inizia le necessarie cure.
Ancora una volta mi chiedo se le promesse di informazioni di Goish
valgono l'essere qui a tentare di fornir loro aiuto.
Guardo oltre.
Il secondo turno sarebbe spettato proprio a Picen ma, dato che non
sarebbe in grado di schiacciare un ragno, mi offro di sostituirlo. Al mio fianco, questa volta, Eufe che si dimostra una compagnia interessante.
Il primo di loro che ha voglia di rompere quel muro di diffidenza che
ci divide.
E' lei a spezzare il silenzio che si è creato.
"Scusa, per quello che è successo"
"Tu centri?"
"No, ma non ho provato a fermarli"
"Dubito che avresti potuto fare qualcosa."
Mi guarda e sorride. Un bel sorriso, vero.
"Perché sei qui?". Me la aspettavo come domanda, sapevo che prima o
poi qualcuno l'avrebbe fatta.
"Informazioni. Goish mi ha promesso informazioni per poter assolvere
ad una vendetta. E tu?"
Dopo un attimo di incertezza mi risponde
"Perché hanno cercato di ucciderci. Ma da come mi scruti capisco che
non è questo che vuoi sapere."
Abbassa il capo, il suo sguardo non si ferma sul pavimento in terra ma
sembra voler guardare oltre lo spazio ed il tempo. Forse dentro di se.
"Sai, a volte me lo chiedo anche io. Non ricordo perché ho accettato
un anno fa di aggregarmi al gruppo. Allora ero in cerca di un senso per la
mia esistenza. Da un giorno all'altro ho deciso di tagliare i ponti con il passato e di farmi una vita mia, assecondando quell'intima voglia di scoperta che
vive in me."
Non la interrompo, capisco che lei mi parla per soddisfare una necessita interiore.
"Sai, sono una sacerdotessa. Non si direbbe eh? Eppure la mia vita è
dedicata alla Dea Mielikki. Mi ha scelta e marchiata."
"Perché combatti allora?"
"Quello è per soddisfare la mia parte ribelle" mi risponde. Sul suo volto una espressione di complicità.
“O è provocazione?”
"Sai, mi incuriosisci. Non sono riuscito a capire che razza di elfo sei".
"Questo non l'hanno mai capito neppure i componenti della mia famiglia. Probabilmente è anche per questo che me ne sono andata."
La osservo. La luce delle torce le si riflette negli occhi neri creando
delle splendide figure. Le donano una vivacità unica.
"Da come mi guardi non mi pare ci sia solo curiosità".
Resto zitto.
“Non hai caldo tu? Io improvvisamente sento un fuoco dentro di me”
La vedo sudare. Agitarsi.
“No, è tutto come prima”
“Non è vero, c'è più caldo, devo togliermi qualcosa”
Senza che io possa dire nulla la vedo togliersi la mantella, il tabarro e
la camicia. La vedo rimanere con i soli calzoni. Le gocce di sudore brillano
sul suo corpo diafano e minuto, segnandone le linee alle deboli luci delle
torce alle pareti; i lunghi capelli corvini ricci le ricadono a nascondere il piccolo seno. Nella penombra sento i suoi occhi osservarmi, complici. Alcuni
istanti passano in silenzio mentre la osservo, rapito. Poi rientro in me.
“Si può sapere che stai facendo?”
“Te l'ho detto, cerco del fresco. Eppoi non mi sembra ti dispiaccia
molto. Comunque, se ti da così tanto fastidio...”.
Mentre la osservo rivestirsi con calma un fascio di luce illumina un
segno sul suo seno sinistro, e vedo il marchio: il tatuaggio di un unicorno.
"Vuoi osservare da più vicino?" mi chiede "Inoltre sei in debito di una
confessione. Quando vorrò non potrai sottrarti". Subito dopo riprende a
mangiare alcuni viveri che ha con se.
Sveglio Luxord e Myrtodin è giunto il loro turno di guardia.
Fatto questo riesco a riposare anche io ma il primo pensiero al risveglio è per la chierica.
Ricominciamo l'esplorazione della stanza del fuoco anche se, per prima cosa, si decide di consegnare tutte le chiavi a Elanor che verrà ,quindi
costantemente protetta da noi.
La ricerca dà i suoi frutti. Sul lato destro della spianata in cui si trovava la salamandra di fuoco, un nuovo meccanismo, un nuovo cunicolo, al
termine del quale crediamo di essere precipitati in un altro mondo.
Il cielo. Ci troviamo sotto la superficie ma ciò che vediamo è il cielo.
L'azzurro luminoso quasi ci offende gli occhi che da giorni non vedono altro
che buio e luce fioca. Spazio aperto tutto intorno. In lontananza una isoletta
galleggia in questo mare d'aria, per raggiungerla un corridoio di nuvole.
Anake ne saggia la consistenza lanciandoci sopra un sasso che si arresta su
di essa.
Procediamo, diffidenti ed insicuri verso la massa rocciosa all'orizzonte.
Ci disponiamo in cerchio attorno ad Elanor; come sempre davanti i
guerrieri, dietro maghi e chierici.
Tutto sembra tranquillo, quando un ruggito squarcia l'aria. Solo che
non si vede nulla, intorno a noi solo l'azzurro tranquillo del cielo e le nuvole
soffici. Siamo in silenzio, concentrati. L'unica cosa che percepiamo è una
lieve brezza.
Poi l'udiamo ancora, più vicino, seguito dal rumore di un batter d'ali.
Nel momento in cui alziamo il capo, all'unisono, capiamo di essere veramente in pericolo.
Uno strano essere alato si sta avvicinando. Riusciamo ora a distinguerne le parti del corpo e le sue tre teste. Gli occhi di un drago, di un leone
e di una pecora ci osservano, scuri e decisi; il suo corpo è composto da parti
degli stessi animali: le possenti ali di drago sorreggono un fronte da leone
dorato con la folta criniera e un posteriore da nero caprone.
“Una chimera!!!”. Così la chiama un estasiato e terrorizzato Turchino.
Ruggisce nuovamente e la paura ci assale. Capiamo che sarà un aspro
confronto in quanto l'essere potrà attaccarci dall'alto e noi guerrieri non potremmo rispondere.
Esattamente questo accade. Ai suoi attacchi non offriamo controffensiva perché il mostro non scende. Solo Turchino e Eufe riescono ad infliggere danni grazie ad alcune armi magiche. Ai dardi infuocati del mago si aggiungono le pietre magiche della chierica. La bestia accetta le ferite come
necessarie per adempiere al suo compito.
“Non possiamo continuare in questa situazione, prima o poi le arti
magiche si indeboliranno e saremo alla sua mercè”.
Un'idea folle mi entra in testa. Decido di sganciarmi e di correre verso
l'isolotto roccioso. Come in una partita a scacchi, ora tocca alla chimera
muovere. O continua l'attacco o si pone a difesa del tesoro.
Per nostra fortuna decide per la difesa. La percepisco inseguirmi,
scorgo la sua ombra superarmi, la vedo contrarre le ali per l'atterraggio.
“Osserva il tuo nemico, quando sta per mutare il suo atteggiamento è
vulnerabile, quando esce dal suo elemento è attaccabile”.
Un altro insegnamento dei maestri. Devo attaccarla prima che ponga i
suoi arti al suolo, in quel frangente è vulnerabile. Senza calcolo, solo istinto,
con un balzo mi porto dal mio avversario e affondo il colpo. Prima che possa
reagire le recido le tre teste. Il mostro si accascia sul fianco e il rosso del suo
sangue tinge il candore della candida superficie.
Attimi di silenzio, poi la gioia è incontenibile. Capiamo che il guardiano dell'ultima chiave è sconfitto, che il viaggio verso la sfida finale sta
volgendo a nostro favore.
Mentre ci guardiamo soddisfatti negli occhi, Myrtodin si avvicina alla
chimera e, estratto il coltello “la pelle è mia. Io resto qui a scuoiare quest'or-
rido”. Sinceramente decido di fregarmene dell'elfo e procedo. Con me Picen,
Turchino, Luxord e Eufe. Gli altri decidono di rimanere indietro.
Avvicinandoci all'ammasso roccioso notiamo al suo centro una piccola
ara alla cui sommità scorgiamo l'oggetto della ricerca: la chiave dell'aria.
Appena giunti sopra alla roccia volante, Turchino prova ad individuare
eventuali trappole “ma non sembrano essercene”. Non facciamo in tempo a
cercare eventuali congegni meccanici; al “allora io lo prendo” di Picen, una
scossa ci scaraventa a terra e poi l'imponderabile. Non riusciamo ad abbozzare nessuna reazione quando la gravità pare richiamare la piattaforma su cui
ci troviamo, e in un attimo ci troviamo ad osservare i nostri compagni farsi
sempre più lontani mentre noi scompariamo alla loro vista.
“Attenti, saltate!!!”.
L'appello di Anake non può giungere in tempo. Alla ladra non resta
che osservare impotente il fato che si compie e i suoi amici andare a morte
sicura.
“Stupido nano, sempre incosciente. Possibile che nessuno sia stato
ancora capace di cacciarlo! Sino ad ora la sua avventatezza ha significato
guai per noi.” quella di Myrtodin è una considerazione espressa come una
sentenza.
Anake prova ad abbozzare una replica “Non ti sembra di essere inutilmente cattivo? Devi infierire anche in questo momento?”
“E perché non dovrei? Eravamo riusciti a sconfiggere tutti. Avevamo a
portata di mano tutti i pezzi. Guarda ora. Mi trovo qui con sole tre chiavi,
con te che sei solo capace di scassinare porte e rubare borselli e questa maga
inesperta. Credo che prenderò su la pelle di questa bestia e me ne tornerò in
città.”
“Bravo, così Rummish potrà ucciderti”
“Penso che Goish potrà aiutarmi.”
“Aspettiamo ancora un poco, sento che per loro non è ancora finita”.
Le parole di Elanor placano i due litiganti e ristabiliscono un attimo di tregua.
L'impatto con il suolo è violentissimo. L'isolotto si sgretola e noi ci
troviamo dolorosamente contusi a terra. Ogni piccolo movimento è per noi
fonte di dolore. Respirare è dolore. Pensare è dolore.
Un poco alla volta riusciamo a riprenderci mentre mi accerto con sollievo che anche gli altri sono vivi. Il silenzio è ritmicamente spezzato dalle
formule magiche dell'elfa curatrice che un poco alla volta riesce a ristabilire
la propria e le nostri condizioni fisiche. Ad un tratto comincio ad avvertire
un senso di freddo che dall'interno del corpo raggiunge la pelle. Vedo gli altri
spaventarsi mentre inizio a tremare in preda a brividi sempre più forti.
“E' magia” riflette Turchino “ma non riesco a capirne la fonte e bloccarla. Penso che dobbiamo aspettare che si esaurisca il suo effetto.”
Eufe mi si avvicina e ad un orecchio mi sussurra “Dimmi, ora vorresti
che ti scaldassi?”.
Dai suoi occhi non capisco se parla seriamente o se mi sta solo prendendo in giro. Mi rannicchio ancora di più e mezz'ora dopo il gelo passa.
Studiamo la nostra situazione. Ci troviamo all'interno di un cubo roccioso di circa cinque metri. La pareti e il suolo sono di ossidiana, lisci, neri e
perfettamente lucidi. Da ogni parte vediamo riflessi i nostri volti sgomenti.
Non possiamo sfuggire alle nostre paure. Il soffitto non c'è; sopra di noi l'azzurro del cielo.
Decidiamo di vedere cosa c'è oltre il limite delle pareti. Facciamo una
scala umana; alla base il solido nano, poi io, Luxord e Turchino; il mago osserva, scuote la testa e chiede di scendere.
“Oltre non vi è nulla. E' come se fossimo in un bicchiere sospeso in
aria. Nessun appiglio e nessuna possibilità di fuga. Attorno e sotto a noi il
cielo a perdita d'occhio”.
Non ci diamo per vinti e cominciamo ad esplorare le pareti. Passano i
minuti, passano le ore.
“Ho trovato qualcosa. Venite a vedere”.
Le parole di Turchino riportano un minimo di speranza. Ci mostra una
lieve irregolarità. La tastiamo, studiamo e riusciamo ad aprire uno sportello.
Al suo interno tre leve. Purtroppo non può esserci logica nella scelta, solo il
caso.
Decidiamo di tirare la prima a sinistra. Inizialmente non succede nulla,
poi il fato si mostra a noi avverso. Uno scossone anticipa la nostra probabile
fine. Le pareti che ci circondano iniziano a muoversi, il nostro spazio vitale a
restringersi, il macchinario è fatto per schiacciarci.
Tiriamo la seconda. Nulla
Tiriamo la terza. Non si arresta l'opprimente meccanismo, ma un mattoncino si solleva dal pavimento. Nel più febbrile dei movimenti, con il cuore in gola il mago sposta l'ostacolo e scopre una nicchia. Nota due leve, le
tira ma niente. Cercando meglio con le torce compare sul fondo un pulsante.
“Turchino tira le leve mentre io premo il pulsante”.
L'azione combinata porta il pavimento ad aprirsi e mostra uno scivolo.
Subito dopo le pareti terminano il loro compito.
“AAAAAAAHHHHHHHHHHHHHH”.
E' un urlo lontano e la successiva quiete che spezzano le speranze dei
compagni rimasti sul sentiero di nuvole.
“Ora credo non vi siano più dubbi su ciò che ci rimane da fare”
“Ma forse....”. Le lacrime rigano il volto di Elanor.
“Niente ma! L'ultima chiave è perduta. Queste che abbiamo sono buone solo per farne denaro in città. L'ultima porta non si aprirà!”. Detto questo
Myrtodin si incammina per ripercorrere a ritroso l'itinerario fatto in precedenza e raggiungere infine l'uscita.
Dietro a lui, meste, le ragazze provano una sensazione di freddo nell'anima.
Il nemico
Un brivido. Freddo. Bagnato. Acqua.
Mi risveglio così, con Elanor che mi bagna per svegliarmi. Io e gli
altri ci troviamo nella stanza ottagonale. I ricordi dapprima confusi si fanno
via via più chiari. Quando il pavimento si è aperto sotto di noi ci siamo trovati a scivolare lungo un canale roccioso. Il termine della corsa è stato il pavimento della sala d'ingresso.
Ci raccontano di come dallo sconforto profondo, l'animo dei tre compagni scampati alla trappola sull'isola si sia volto alla gioia incontrollabile
nel momento in cui, pronti ad uscire sconfitti dall'antro dello stregone ci
hanno trovati, privi di sensi, proprio davanti alla porta, con Picen che stringeva ancora tra le mani la chiave del segno d'acqua.
Ci rimettiamo in piedi e, finalmente, inseriamo ognuna delle quattro
pietre lavorate nel rispettivo foro. La serratura scatta e la parete di fronte a
noi scompare lateralmente mostrandoci una nuova stanza.
Quella che si presenta a noi è un locale rettangolare di circa venti metri di lunghezza per cinque di larghezza e altezza. Al centro compare un sarcofago in marmo bianco. Pareti e sarcofago sono completamente dipinti con
scene di battaglia. Tali scene riprendono momenti di scontro tra uno stregone
e degli umani. Sul lato destro quattro forzieri. Sul lato sinistro altrettanti; in
fondo una porta pesante in legno.
“Quello rappresentato non è uno stregone ma un arcimago. Si tratta di
Galabal,, il padre di Rummish”. Le parole del nostro giovane mago fanno
comprendere ciò che troveremo all'interno del tumulo.
Commetto un errore. Nell'entrare nella stanza non mi accorgo della
trappola. Una botola si apre sotto di me; in un attimo mi trovo a precipitare
all'interno di uno stretto pozzo. Utilizzando la spada e i piedi contro le pareti
riesco a frenare la caduta ma l'atterraggio è violentissimo. Crac. Una costola
si è rotta e mi provoca dolori lancinanti ad ogni respiro. Grazie all'aiuto degli
altri che uniscono insieme due corde riesco a risalire, con non poca fatica.
“Mai abbassare la guardia”. 'fanculo Lucius.
“Come stai?” mi chiedono non appena riemergo dalla fossa.
“Male, una costola è rotta” rispondo “ma ora non c’è tempo per curarla, dobbiamo proseguire”.
I forzieri, e l'ipotesi di tesori nascosti spingono sia Anake che Myrtodin che provano ad avvicinarsi ma, con loro sorpresa, delle pareti di resistente cristallo li circondano come un muro.
“Io apro la tomba. Voglio vedere la faccia dello stronzo che ha originato tutto”.
Non riusciamo a fermarlo e Picen sposta il coperchio della bara.
Il sarcofago è un falso. Quello che ne esce non è ciò che ci aspettiamo.
Due figure si sollevano come semitrasparenti entità maligne.
Questa volta la reazione è immediata e attacchiamo per primi. Il primo
spettro si dissolve in una nuvola acre, di carne in putrefazione. Il secondo,
purtroppo, riesce a sferrare un attacco e colpisce il più debole di noi, Elanor.
Al contatto con il fantasma vediamo la ragazza cadere a terra; il suo volto e
il resto del corpo impallidire, il suo sguardo diventare vacuo come se fosse
stata prosciugata della sua anima. Non diamo tempo allo spettro di poter fare
altro, lo attacchiamo in modo veemente, furioso sino a quando non vediamo
anche lui scomparire in una nuvola di vapore.
“Respira, è viva, ma pare non essere con noi”. Eufe appare sconfortata.
Le chiedo “Puoi curare anche questo?”
Per un attimo tentenna, poi, con una lacrima che le solca il viso ci risponde che “No, credo che non sia un danno fisico. Non posso fare nulla”.
Come per Chantral e Garumir non ci resta che sconfiggere Rummish e
sperare che questo basti a salvare i nostri compagni.
“Hei, le barriere di vetro sono scomparse, guardate, possiamo aprire i
forzieri!!”. Una irrefrenabile Anake si avvia verso lo sperato tesoro.
Si decide che ognuno di noi avrà un forziere. Anake aprirà quello di
Elanor. Non fidandomi decido di forzare la serratura con la spada ponendomi
con il corpo sul retro del forziere. La prudenza premia, un dardo avvelenato
parte dal lucchetto e si conficca sul muro di fronte. Una volta aperto il coperchio mi sento molto fortunato. Una statuetta d'oro alta circa mezzo metro
mi aspetta. Gli altri non sono stati così favorevoli di sorte. Alcuni di loro non
trovano niente, Picen viene colpito da una trappola, Eufe trova un anello.
“Che strano brivido. Questo anello è magico?”
Turchino è allibito. “Non sono sicuro. Che cosa pensi in questo momento?”
“Che siete completamente sfatti!!”. La piccola elfo non riesce a credere alle sue parole. Ciò che ha detto è quello che pensa ma che non si sarebbe
mai sognato di dire ad alta voce.
“Lo sospettavo. Quello che indossi è un anello della sincerità. Chi lo
indossa non può mentire”
“Smettila di dire stupidate!”
“Vuoi la prova? Allora rispondi: cosa è successo l'altra notte durante il
tuo turno di guardia?”
Un lieve rossore riscalda le gote di Eufe. Mi guarda, vorrebbe non
rispondere, ma non può evitarlo.
“Sentivo un improvviso calore dentro di me e mi sono spogliata. Sono
rimasta con il torso nudo, davanti ad Alphone.”
Si girano a guardarmi. Il loro sguardo è un misto di curiosità e morbosità.
Prima che altri possano fare domande, Eufe ripone nel suo borsello
l'ingannevole monile.
Myrtodin, totalmente disinteressato a quanto sta accadendo, si avvicina alla parente sul lato opposto all'ingresso. Un nuovo muro si frappone tra
noi ed il nostro avversario e il meccanismo di apertura non è neppure nascosto. Il guerriero impugna la sua arma e aziona la leva. La porta si solleva e
tutti noi ci poniamo al suo fianco.
Una nuova cripta di dimensioni identiche alla precedente si apre davanti a noi, completamente differente è il suo aspetto.
La luce qui è bandita. Niente dipinti alle pareti, solo nera roccia. Di
marmo nero anche il sarcofago. Niente forzieri ai lati.
Questa è la vera tomba di Galabad. Un oscuro antro per un oscuro
mago.
“Scoperchiata la prima scoperchio anche la seconda”. Detto. Fatto.
Picen sposta di lato il coperchio. Stavolta al suo interno vi è realmente un
corpo. Una mummia avvolta in un nero sudario. Questo è ciò che resta del
temibile esiliato. Tra le braccia incrociate sul petto serra un libro, nelle sue
dita sono infilati anelli.
Attratto da nuove scoperte, Turchino afferra il libro, lo osserva, lo
apre. Le pagine sono in una lingua a lui sconosciuta e si rompono in infiniti
pezzi ogni volta che tenta di girarle. I segreti della magia di Galabal sono
morti con lui.
Da ladra, ciò che attrae Anake sono gli anelli che subito sfila dalle
ossa decrepite e si infila in borsa.
“SACRILEGHI!!! VI PUNIRO'!!!”
Il grido collerico squarcia l'aria mentre la porta alle nostre spalle si
richiude; di fronte a noi, tra una nuvola di fumo, si manifesta la tetra figura
avvolta nel verde mantello. Rummish, questa volta in carne ed ossa. All'interno del cappuccio, nel muro color pece che nasconde i lineamenti del vol
to, due fessure brillano di luce rossa. Dalle mani lampi di energia i cui bagliori illuminano un agghiacciante sorriso.
“COME OSATE PROFANARE I MIEI VALORI. PERIRETE, TUTTI”
I due tizzoni si spostano SU ognuno di noi per posarsi su Eufe.
Sembra di rivivere gli attimi passati nella stanza del fuoco
“TU PER PRIMA. HAI FINITO DI CURARE GLI ALTRI”.
Ancora una volta, Rummish unisce le mani a coppa e una sfera di
energia si va a formare. La chierica è paralizzata dal terrore.
Non posso lasciarlo colpire. Prima che compia il movimento finale lo
attacco. Non vi è ragionamento nel mio gesto e sinceramente non credo neppure di poterlo colpire, il dolore al fianco è lancinante. A me basterebbe distrarlo, indurlo all'errore. Con stupore il mio affondo è vincente, lo vediamo
sanguinare e capiamo che è vulnerabile, che è un uomo come noi. Il suo punto debole è proprio quando è impegnato a sferrare il colpo. Con ritrovata fiducia ci lanciamo all'attacco.
Il più rinfrancato è Turchino, come se l'incertezza maturata in lui dopo
il primo scontro con il rivale, si fosse dissolta lasciando il posto alla sicurezza nei propri mezzi. Lo vediamo lanciare il suo miglior incantesimo di difesa, immagini illusorie, e una dozzina di falsi maghi compaiono; si tratta di
manifestazioni incorporee che emulano i gesti di chi li evoca. Subito dopo,
dalle mani di ogni Turchino partono delle sfere di fuoco che colpisco Rummish.
Lo vediamo barcollare, ma riprendersi prontamente; ora la sua bocca è
un ghigno rabbioso nei confronti del nostro compagno; la sua risposta non si
fa attendere, ma ciò che colpisce è solo una delle illusioni che scompare.
Ora tocca nuovamente a noi guerriere l'affondo; i nostri colpi vanno a
segno, vediamo il nemico sanguinare; come una squadra perfettamente addestrata ci spostiamo velocemente ai lati in modo che Turchino possa colpire
nuovamente.
Il potente mago nero pare incapace di reagire, lo vediamo vacillare,
non riesce a formulare i suoi incantesimi. Per poter sopravvivere decide che
la fuga è l'unica soluzione. Una nuvola di fumo mefitico ci avvolge, rendendo impossibile vedere anche noi stessi.
“TORNERO' E ALLORA PER VOI SARA' LA FINE”.
Poi udiamo lo scorrere di una porta e capiamo che “Maledetto!!! Sta
fuggendo”. L'urlo rabbioso di Myrtodin è l'esternazione del disappunto che è
in ognuno di noi. “Presto usciamo anche noi” è l'incitazione di Picen. Ma è
inutile. Non appena rientriamo nella prima cripta, la coltre si dirada e capiamo che ormai ogni inseguimento è vano, di Rummish non vi è traccia.
Guardo la chierica. Nei suoi occhi c'è riconoscenza.
Sono felice.
Ognuno di noi festeggia la vittoria. L'euforia è incontenibile, anche se
di breve durata; il nostro pensiero corre subito ai nostri compagni feriti. Io
sento anche il mio costato pulsare di dolore sempre di più.
“Appena fuori provo a curarti” . La piccola chierica pare leggermi nella mente; o forse è solo la mia espressione a tradirmi.
Usciamo.
Non mi sento tranquillo. Penso al fatto che la missione è finita, ma
non compiuta. Non siamo riusciti ad uccidere Rummish come avremmo dovuto. Per la nostra incolumità futura.
Pazienza. Ci penseremo a tempo debito.
Luxord carica delicatamente tra le braccia Elanor ancora incosciente
iniziamo a percorrere a ritroso la via per l'uscita.
Arrivati nella stanza ottagonale, con gioia vediamo che Chantral e Garumir non sono più delle statue di pietra ma hanno ripreso vita. Sono molto
provati e costernati. Li aiutiamo ad alzarsi e insieme usciamo dalla tana del
malvagio mago.
Fuori il sole sorge alto nel cielo e il suo bagliore quasi ci acceca dopo
alcuni giorni vissuti alla luce delle torce; consapevoli che potevamo non
ammirarlo più, ne assaporiamo il dolce tepore che, lentamente, scioglie le
nostre paure. Decido di appoggiarmi un attimo con la schiena contro un albero.
"Dobbiamo costruire qualcosa per trasportare Elanor, non possiamo
portarla in braccio sino al villaggio". L'appunto di Luxord è corretto, la strada da fare molta.
“Estremo aiuto sarebbe trovare una cavalcatura – osserva Garumir Volete che gli uomini di Rummish si muovessero a piedi?”
“Magari” gli fa eco Chantral “se cerchiamo qui attorno ne troviamo.”
“Aspettate, guardate la”.
Tutti insieme ci giriamo verso il punto indicato da Eufe, all'inizio della
boscaglia, e lo vediamo: tra i fitti tronchi di pioppo si mostra a noi uno
splendido stallone dalla bianca criniera. Sembra osservarci, in attesa di un
nostro gesto.
“Fermi voi, vado io”.
La sicurezza con cui la minuta chierica pronuncia la frase non ammette repliche; la osserviamo dirigersi verso lo splendido animale, la vediamo
allargare le braccia, come a chiedere “posso abbracciarti?”
Il cavallo non sembra preoccupato dalla sua presenza, è come se capisse che lei non può nuocergli.
Ora i due si trovano ad un metro circa di distanza, immobili e, incredibilmente, è la creatura candida a portarsi verso la nostra compagna e ad
appoggiarle delicatamente il muso sul petto. Eufe ora si gira e vediamo che
una luce si sprigiona dalla spilla a forma di unicorno che porta appuntata al
corpetto. Con al fianco il cavallo ritorna verso di noi.
Non ce la faccio ad alzarmi e guardo Picen e gli altri cercare dei tronchi lunghi e corti. E' abile il nano con le mani. Grazie alle corde negli zaini e
ad arbusti costruiscono una barella che fissano ai fianchi del destriero con
l'aiuto delle corde; su di essa Luxord adagia il corpo esanime della ragazza.
"Così è decisamente più comoda da trasportare".
Ogni problema sembra essere destinato ad una rapida soluzione.
“Tocca a te adesso mostrarmi il petto”, mi dice una divertita Eufe.
“Avanti dai non farti pregare”, ribadiscono tutti gli altri prima di lasciarsi andare ad una lunga risata.
“Se non ti fidi di lei, posso fare qualcosa io” si offre Anake.
“Se non la smettete la prossima volta vi lascio a rantolare a terra”,
Eufe pare infastidita dalla situazione.
Picen non riesce a trattenersi
“Che la mia barba mi possa cascare se avessi mai immaginato di vedere un elfo geloso di uno gromo!”
“Adesso BASTA! Io non sono gelosa di nessuno. Soprattutto per lui”
Non so se è una mia impressione, ma la curatrice pare arrossarsi. “
E tu piantala di ridere”, urla rivolgendosi a me, “o ti lascio veramente
nelle sue mani”
Anche a me viene da ridere, almeno fino a quando non provo a togliere corazza di cuoio e la maglia; fitte profonde paiono nascere da una macchia
purpurea che occupa buona parte del fianco sinistro.
“Cercherò di non farti male, ma potrei non riuscirci. La costola è sicuramente rotta, l'unica cosa che posso fare è lenire i lividi e fare in modo che
rinsaldi prima” mi dice prima di cominciare ad applicare un unguento sulla
parte interessata; poi inizia a fasciare il costato, stretto e qui il dolore si fa
acuto; un gemito mi sfugge.
“Scusa. Potrò mai farmi perdonare?” mi dice con una smorfia buffa
sul volto. Mi prende in giro.
“Vedremo....”.
Mi aiutano a rialzare e ci rimettiamo in marcia verso il percorso di
ritorno.
Come sempre, il percorso di ritorno sembra sempre più breve rispetto
all'andata. Sarà l'atmosfera più rilassata, saranno le frasi di scherno che ci si
scambia, non so. Per me è comunque molto duro riuscire a mantenere il loro
passo, ma non voglio assolutamente rallentare l'andatura. La giovane maga
abbisogna di cura tempestive.
Le giornate scorrono serene, riscaldate da un sole sempre più deciso;
sfruttiamo le varie grotte che già nel viaggio di andata ci hanno offerto riparo. Tentiamo nuovamente di cacciare della selvaggina e ancora una volta è il
diabolico nano a darci una lezione; a noi in fondo non dispiace, l'importante
è mangiare qualcosa.
Alla vista delle prime case del villaggio capiamo di avercela fatta e
che ora "tranquilla Elanor, tutto si risolverà" le dice una convinta Eufe.
"La strada la sapete, non occorre che venga anche io da Goish". La
frase di Myrtodin spezza per un attimo l'incanto. "Io vado da Weregund il
mercante, voglio vedere quanto mi da della pelle di chimera."
"Continuiamo". Garumir è perentorio.
Entrando nel villaggio notiamo, nonostante sia solo l'inizio del pomeriggio, la presenza di tante persone, intente a preparare dei festeggiamenti; li
per li non capiamo poi Chantral ci ricorda che “oggi è il giorno di Pratoverde. La gente vuole festeggiare l'inizio ufficiale della primavera”.
Mentre procediamo per la via maestra, molti sguardi si posano su di
noi.
Riusciamo a decifrare alcuni loro pensieri.
".... ce l'hanno fatta?", ".... sembrano tutti vivi", "....... la ragazza, sulla barella... l'hai vista?".
Guardo negli occhi la gente del villaggio e capisco la vera domanda
che vorrebbero farci.
"No. Rummish è ancora vivo."
vorrei risponder loro ma non lo faccio. Che ancora per un poco vivano
con la speranza.
Goish ci sta aspettando davanti alla porta di casa.
"Sei diventato un veggente?" gli chiedo in tono scherzoso.
"No. è che il frastuono della gente, arriva sino a qui".
Poi il suo sguardo cade sul corpo che trasportiamo. Appare turbato
dallo stato in cui si trova la giovane maga.
"E' viva ma non sappiamo per quanto."
Ascolta impassibile mentre raccontiamo lo svolgersi degli eventi e
accoglie con disappunto della fuga di Rummish.
“Va bene, vediamo come possiamo curarla. Portatela alla Casa dell'Abbondanza, dove vivono le sacerdotesse del Culto di Chanteau. Lì chiedete della Grande Raccoglitrice Glamerie Windbough. E' l'unica che può fare
qualcosa. Tu Alphonse resta, devo parlarti, da solo.”
Dopo che gli altri sono usciti, mi guarda.
“Lo sai vero che non posso darti quello che avevamo stabilito?”
“Perché?”, chiedo. Ma so già la risposta.
“Semplice, la missione non è conclusa.”
La collera monta in me.
“Sapevo che eri stronzo, ma non fino a questo punto. Mi cerchi. Mi
chiedi di aiutare un gruppo di persone di cui non mi importa. Corro mille
rischi perché tu non mi dici come stanno realmente le cose e con che nemici
mi devo scontrare. E ora scopro di essere quasi morto per niente?”
“Voi dovevate uccidere Rummish. Rummish è ancora vivo.”
“Fottiti tu e questa città di merda. Cercherò da solo le mie risposte”.
“Se ti conosco, non credo che lo farai, anzi. Ci vedremo molto presto.”
“E perché dovrei?”
“Raggiungi i tuoi compagni e scoprirai che non è facile per uno come
te liberarsi di me e di loro.”
Lo guardo andarsene nell'altra stanza. Il suo volto è una maschera su
cui è disegnato il sorriso sadico e compiaciuto di chi sa di aver comunque
ottenuto qualcosa di importante dagli eventi. Non vi è molta differenza con
quanto visto sul volto dello stregone.
Va bene, andiamo a scoprire quali sorprese mi aspettano.
Durante il tragitto mi fermo anche io da Weregund il mercante. Voglio
far valutare la statua.
"Buongiorno cosa posso fare per un valoroso avventuriero?".
L'uomo che mi si presenta davanti è la quintessenza del mercante. Un
uomo piccolo dal naso aquilino piuttosto pronunciato ed uno sguardo furbo
incorniciato da due occhialetti rotondi. sulla testa radi capelli pettinati con un
orrendo riporto da sinistra a destra.
"Avrei questo da far valutare e scambiare con monete" dico mentre
estraggo dallo zaino la statuetta trovata nella cripta.
E' bravo. quasi non mi accorgo della luce che per un attimo gli attraversa gli occhi e del sorriso che gli si dipinge in volto. Poi torna serioso,
quasi mesto.
"Mi spiace, non è un gran oggetto. lo so che lo può sembrare, mah..."
"Se è così niente. Vedrò di regalarlo ad una qualche chiesa. Io pensavo
di farci almeno cinquemila monete d'oro". Faccio per andarmene, voglio vedere se....
"Ma no si fermi. Guardi. Proprio perché lei è un valoroso difensore del
nostro villaggio, voglio fare uno strappo. Certo non posso arrivare a quanto
chiede, non li merita, però cinquecento monete gliele offro".
Mi scappa quasi da ridere. "Prima era paccottiglia e ora vale così?
Credo che ne parlerò con Goish perché sento puzza di fregatura!".
"Ma no, non dica così. Per così poco vuole disturbare l'illustre signor
Goish?". La sua sicurezza si è un poco incrinata. "Mi dica quanto vorrebbe
realizzare, seriamente."
Mi faccio serio. "duemila monete d'oro".
Suda. Ma si ricompone. "Va bene, credo sia equo per entrambi". Accetta subito. Paura o fiuto per gli affari? Il dubbio mi resta.
“Fammi dei sacchetti da cento monete d'oro l'uno”
“Vuoi contare?”
“No mi fido. Se manca qualcosa verrà Goish direttamente”.
Dopo alcuni minuti mi consegna i sacchetti con il piccolo tesoro.
"Sa dirmi dove posso farmi fare una armatura e uno scudo?".
Decido di utilizzare il ricavato della statua per acquistare del materiale.
"Il resto lo dividerò con gli altri, anche se...."
Saluto il mercante e mi avvio verso il santuario della Chiesa dell'Abbondanza. Mentre procedo mi accorgo della bacheca posta al crocevia delle
strade principali.
"Chissà se c'è qualcosa di interessante?" mi chiedo.
"Dunque.... c'è posto in locanda, serve un manovale presso la fattoria
di Vernon Hillstar........ serve avventuriero per scorta ad un prelato." Sono
dubbioso, solo roba da doversi fermare qui."Non mi interessa, io me ne vado"
Durante il tragitto incontro Myrtodin che sta uscendo dal laboratorio
di Bronn Selgard, il fabbro di Shadowdale.
"Sai dove sono gli altri?” mi chiede. "Da una sacerdotessa per Elanor.
Pare che neppure Goish riesca a spezzare l'incantesimo.“
Con Myrtodin arrivo al santuario. Una sacerdotessa avvolta nel suo
saio bianco ci sta aspettando. Brutto segno. Non appena entro capisco che
qualcosa non va. Le espressioni sui visi dei ragazzi del gruppo non sono incoraggianti, quelle delle sacerdotesse di fronte a loro impenetrabili.
Garumir ci si avvicina. "La faccenda è semplice e complessa al tempo
stesso. Loro sono le uniche persone in grado di risvegliare Elanor dallo stato
di catalessi in cui si trova. Ma chiedono dei soldi per farlo"
"Quanto?” chiedo mentre premo sul sacchetto contenete le monete
d'oro ricavate dalla vendita della statuetta.
L'elfo mi guarda e non parla.
"La cifra richiesta, perché vi manda Goish, è di quindicimila monete
d'oro!!",
Le parole della sacerdotessa paiono una sentenza di condanna per la
piccola maga.
Penso che "quindicimila è una somma che non abbiamo".
Tutti guardano Myrtodin che sta giocherellando con il sacchetto portamonete.
"Scordatevelo. Non se ne parla nemmeno. Io ho scuoiato la chimera,
io mi tengo i soldi. Gli altri tesori raccolti li metto senza problema, ma questi
me li sono sudati io.”
"Siamo disponibili ad un accordo.” ci dice la Gran Raccoglitrice “Noi
eseguiremo l'incantesimo curativo ed in cambio voi lavorerete anche per noi
sino all'estinzione del debito".
Accettiamo, anche perché altre possibilità non ci sono; inoltre mi sento in parte colpevole verso la ragazza, lo sapevo che era la più debole ma
non sono stato capace di proteggerla adeguatamente.
Le vediamo disporsi in cerchio intorno alla nostra sfortunata compagna, porre le mani sopra il suo corpo e recitare antiche formule magiche. Gli
occhi di Elanor lentamente abbandonano il grigiore per ritornare del colore
che ho imparato a conoscere ed apprezzare e riprendono a vedere il mondo.
“Visto che ci fanno credito, voi tenete le poche monete in vostro possesso, vi serviranno per mangiare”. Detto questo, getto sul tavolo le prime
millecinquecento monete.
Usciamo tutti insieme.
All'esterno ci attende Goish.
“Lurido bastardo, lo sapevi vero?”
"Si"
"Mi piacerebbe staccarti la testa"
"Puoi provarci, sarebbe un incontro divertente".
Lui mi osserva ironico, io sono furente.
Guardo i miei compagni salutarsi.
Vedo Picen abbracciare la moglie che trepidante ne attendeva il ritorno
e con lei incamminarsi verso la loro dimora, una caverna sulla
Vedo Myrtodin, Garumir e Luxord dirigersi verso la locanda del "Vecchio Teschio"; hanno voglia di festeggiare e di ubriacarsi fino a dimenticare
tutto.
Vedo Chantral aiutare Elanor e invitarla da lei con le altre ragazze della compagnia mentre Anake e Eufe già chiacchierano.
Vedo la chierica girarsi verso di me e sorridermi.
La osservo avvicinarsi.
"Abbassati, devo dirti una cosa”
Mi chino e lei in un orecchio mi sussurra "Se non sai dove andare,
ricordati che io ho un letto molto grande.... e poi sei in debito, ricordi?".
Rimango intontito a vederla andare via con le altre. Sorrido, stavolta
contento.
"Se vuoi posso far avere una casa anche a te come ho fatto con loro"
"Non mi interessa. Una casa vuol dire fermarsi e per me questa è solo
una sosta temporanea"
"Cosa farai nell'attesa?"
"Ho visto che cercano lavoratori in una fattoria. Chiederò a loro"
Frugo nella mia borsa ed estraggo i cinque sacchetti con il resto delle
monete d'oro.
“Vedo che Weregund ti ha trattato bene”,osserva Goish.
“Tieni” gli dico mentre gliene consegno quattro “qui ci sono cinquanta
monete d'oro per ognuno di loro. Dagliele tu.”
“Perché lo fai?” mi chiede “in fondo nessuno sapeva quanto avevi ricavato dal manufatto. Quelli che hai dato alle sacerdotesse potevano essere
tutti”
“Si sono comportati onestamente con me. Non mi interessa che lo
sappiano. E poi a me ne restano di più, anche se sono rimasto senza le mie
informazioni”.
“Non è che ti sei affezionato a loro? Magari solo a qualcuno, o qualcuna?”
Me ne vado senza rispondergli.
Sino ad una settimana fa ero libero di muovermi e agire come credevo. Potevo concentrarmi ad assolvere la sola missione per cui vivo. Ora mi
trovo costretto nelle vesti di mercenario, di schiavo. Tutto per aver accettato
di aiutare un gruppo di persone che neppure tra di loro si chiamano amici
Guardo fuori. Il sole è tramontato e sopra di me risplende il familiare
tappeto di stelle.
Le stelle. Immobili ed eterne. Ho dei dubbi. Se chiedo loro, sapranno
rispondermi?
Mi chiamo Andrea Ferrari e sono nato a Parma nel 1973.
Sulla genesi di questo lavoro ne hanno parlato in prefazione gli amici Nicola
e Mirco. A me non resta molto da aggiungere se non che questa è la mia prima volta come realizzatore di frasi e credo che, se siete arrivati sino qui, ve
ne siate accorti.
Con il cuore ringrazio chi ha sopportato le mie richieste di spiegazioni e informazioni per la redazione di queste quattro paginette:
Mirco, Nicola, Cecilia (Anake), Alessandra (Eufe), Michela (Elanor), Roberta (Chantral), Attilio (Picen), Ivan (Luxord), Nello (Garumir), Francesco
(Myrtodin), Luca (Turchino). Oltre a loro tre amici che hanno avuto il coraggio di leggere le prime versioni: Sonia, Luca e Alle.
Se qualcuno potrà avere interesse a contattarmi può trovarmi:
sul mio blog: http://andreaferrari.wordpress.com
su Skype: andrea.feb-bilance
su Facebook: Andrea Ferrari
E’ possibile l’acquisto del libro sul sito http://www.ilmiolibro.it , o presso la
Libreria Liberamente di Langhirano (http://www.librerialiberamente.it)
Valle di Shadowdale
Glossario Razze
A) Umani
C) Nani
Gli umani sono la razza dominante
del Faerun. Nei Reami, gli umani
appaiono in qualsiasi varietà di colore e taglia possibile. Possono avere
l’altezza degli halfling, la robustezza
dei nani o la snellezza degli elfi pur
rimanendo sempre umani. Il colore
della loro pelle può andare dal diafano al nero delle terre desertiche.
I nani di Faerun sono un popolo di
bassa statura e di robusta taglia, il cui
colorito, variabile da quello della terra rossa fin alla pietra grigia, fa supporre che essi appartengano alla terra
stessa. Ostinati e fortemente diffidenti nei confronti della magia, appaiono
agli altri come gente chiusa e lunatica.
Il più grande vantaggio della razza
umana e la sua tenacia e il suo potenziale. Nessun’altra razza può disporre
di così tante opportunità speciali di
accrescere e padroneggiare poteri ed
abilità.
Ai nani di entrambi i sessi cresce la
barba, sebbene le femmine solitamente (ma non sempre) si radano.
D) Gnomi
Gli gnomi del Faerun sono un popolo
di piccole ed amichevoli creature
B) Elfi
umanoidi diffusi nella maggior parte
Gli elfi sono una delle principali raz- delle regioni dei Reami.
ze dei Reami,che un tempo dominava Sono più bassi e meno robusti dei
un ampio territorio, in seguito al- nani, sebbene siano lontanamente
l’epoca dei draghi e prima della ve- imparentati con gli stessi. Illoro colonuta degli umani. Ora la maggior rito naturale può assumere le tonalità
parte degli elfi si è ritirata all’interno del frassino chiaro, dell’acero o della
di tranquille foreste a causa del- quercia levigata, rafforzando la tenl’espansione degli uomini.
denza a considerare gli gnomi come
Gli elfi dei Reami sono alti come gli un popolo delle foreste.
umani, ma sono più snelli; i volti degli elfi sono sereni e sottili e le loro
orecchie sono a punta.
Il Faerun ospita 5 sottorazze principali di elfi: gli elfi della luna, gli elfi
dorati, gli elfi della foresta, gli elfi
drow, o scuri e gli elfi marini.
Glossario Luoghi
A) Abeir-Toril
conversazione, ma non mancano
Abeir-Toril è il nome del pianeta su elementi tipicamente fantasy come lo
cui Faerun è collocato, così come la studio della magia, la caccia a tesori
Terra è il pianeta su cui è situata nascosti, i duelli con temibili mostri e
le avventure nei più oscuri dungeon.
l’Europa.
Di dimensioni simili alla Terra, è occupato principalmente da un unico
grande continente la cui zona ovest è
chiamata Faerun.
Il pianeta ha un unico satellite, Selune,.
Un anno di Toril è di 365 giorni di 24
ore ciascuno. Un’orbita di Selune
dura circa 30 giorni.
B) Faerun
Faerûn è un continente immaginario,
il più importante del pianeta AbeirToril, ed è il luogo dove si svolgono i
principali avvenimenti dell'ambientazione Forgotten Realms per il gioco
di ruolo fantasy Dungeons & Dragons.
Nel continente però sono presenti
anche zone in cui la vita è ispirata a
quella araba mediorientale, indiana,
dell'antico Egitto e dei nativi americani, anche se la differenza non è
così netta ma appare come un "amalgama" fra le varie culture. Le numerose divinità del pantheon faerûniano,
ma anche società segrete (buone e
malvagie), losche gilde di ladri e potenti organizzazioni mercantili influenzano la vita quotidiana degli
abitanti di Faerûn.
La magia è presente e molto diffusa;
quella arcana viene chiamata "Arte",
mentre quella divina è chiamata "Potere".
Le razze di Faerûn sono moltissime;
Il nome significa "terra" in un'antica quelle più diffuse sono però solo circa una decina (quelle semiumane e
lingua umana dell'ambientazione.
alcune umanoidi), e, fra queste, la
In linea generale la vita faerûniana ha
dominante è quella umana.
tratti del tutto simili a quella dell'Europa medievale tra il XIII e il XIV C) Territorio delle Valli
secolo, prima che venisse introdotta La regione conosciuta come il Terrila polvere nera e il successivo svi- torio delle Valli è composta dalle terluppo delle armi da fuoco: i suoi abi- re non boschive comprese a nord daltanti passano la vita a coltivare i la Sembia e del Cormyr e a sud del
campi, bere birra servita ai tavoli del- fiume Tesh e della città di Voonlar.
le taverne, intrattenere con l'arte della Questa regione comprende una gran
de varietà di comunità diverse fra
loro, tutte di natura prevalentemente
rurale.
Alcune delle Valli attuali sono: Battledale, Shadowdale, Daggerdale,
Mistledale e Tasseldale.
D) Shadowdale
Shadowdale è una comunità contadina situata ai margini della Strada del
nord nel tratto compreso tra la Gola
delle Ombre e Voonlar; alterna zona
di terra a cielo aperto a piccole foreste di fitta vegetazione ed è attraversata da sud a nord dalla Strada del
Nord e da ovest a est dal Fiume
Ashaba.
La sua città principale si chiama anch’essa Shadowdale.
Shadowdale è la più leggendaria
nonchè la più amichevole nei confronti degli stranieri. Il signore di
Shadowdale è eletto per acclamazione popolare. Attualmente il signore di
Shadowdale è della famiglia Mourngrim.
Informazioni prese da:
http://it.wikipedia.org/wiki/Faerun

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