Voluntary disclosure alla prova dell`interposizione

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Voluntary disclosure alla prova dell`interposizione
FISCO
Voluntary disclosure alla prova
dell’interposizione
Spesso i conti svizzeri riconducibili a contribuenti italiani sono intestati ad altre società
residenti in Paesi black list
/ Salvatore SANNA
Per espressa previsione normativa, la procedura di voluntary disclosure consente di regolarizzare gli investimenti esteri anche se detenuti indirettamente o per interposta persona (tipicamente trust o società off-shore).
Se si è in presenza di un vero e proprio soggetto interposto,
infatti, sarà il contribuente c.d. “interponente” a dover
presentare il modello per l’adesione alla disclosure.
In merito, la circ. Agenzia delle Entrate 4 dicembre 2001 n.
99 (§ 2.3) ha osservato che è impossibile dare una definizione generalizzata della nozione di “interposta persona”, essendo essa direttamente connessa alle caratteristiche e alle
modalità organizzative del soggetto interposto.
La problematica dell’interposizione è stata sviluppata dalla
successiva circ. Agenzia delle Entrate 30 gennaio 2002 n. 9
(§ 1.28), con riferimento all’ipotesi della detenzione
all’estero di partecipazioni in società a ristretta base azionaria. In tale documento, si sottolinea l’esigenza di distinguere tra quelle situazioni in cui la società estera è un soggetto
interposto, in quanto lo schermo societario appare meramente formale, e quelle invece in cui la società estera è effettivamente operante all’estero.
Nel primo caso, l’Agenzia delle Entrate chiarisce che, potendosi sostenere che la titolarità dei beni e delle attività intestati alla società spetta in realtà al socio, in luogo del rapporto formale è destinata a prevalere la realtà fattuale che
vede nella persona fisica il detentore dei beni intestati alla
società interposta.
Tale impostazione può ragionevolmente essere adottata per
gli investimenti detenuti in Svizzera tramite società di diritto panamense o del Belize che non mantengono la contabilità, né depositano il bilancio e che, in generale, svolgono come unica attività quella di avere intestati conti correnti o
conti titoli presso un intermediario elvetico.
Si tratta infatti di mere “etichette” o “schermi” che consentono l’anonimato al soggetto che in realtà dispone direttamente del conto e ne risulta il beneficiario effettivo.
Qualificata la società titolare del conto come “interposta”,
sarà necessario considerare gli investimenti come direttamente detenuti in Svizzera.
Del resto, quando si valuta un’interposizione, si deve ragionare guardando agli effetti del negozio e non alla sua mera
forma: pertanto, quando il possesso di una partecipazione in
una società “schermo” produce l’effetto per il socio di disporre direttamente e di essere il reale titolare di un investimento senza necessariamente dover assolvere alle formali/ EUTEKNEINFO / VENERDÌ, 13 FEBBRAIO 2015
tà o alle regole che normalmente caratterizzano i soggetti
collettivi (la pluralità dei soci oppure il doversi riunire in
assemblea, ad esempio), non si può che ragionare come se,
di fatto, tale società non esistesse.
In questo senso, deve essere interpretata la risoluzione n.
134/2002 dell’Agenzia delle Entrate che ha considerato ubicato “giuridicamente” all’estero un immobile situato in Italia, ma intestato ad una società estera. Infatti, lo scopo di tale chiarimento non è quello di considerare la residenza del
soggetto interposto come l’elemento che permette di stabilire dove si trovi un determinato bene, bensì quello di individuare un caso che violava la disciplina sul monitoraggio fiscale attraverso una particolare forma di “esterovestizione”.
Test sull’esterovestizione
Quando, invece, si costituisce una società black list al solo
fine di renderla intestataria di un conto Svizzero si verifica
un caso di interposizione e non di mera esterovestizione di
un bene.
Un altro caso molto dibattuto è poi quello del possesso di
una partecipazione in una SCI (société civile immobiliére),
tipico strumento di gestione di beni immobiliari diffuso in
Francia e nel Principato di Monaco. In merito, si segnala che
la circ. Agenzia delle Entrate 23 novembre 2009 n. 49 (§
2.5) ha trattato questa società come non interposta
affermando che in tal caso è necessario regolarizzare la
partecipazione e non gli immobili di proprietà della società.
Laddove, per contro, il contribuente residente possieda una
partecipazione in una società estera black list effettivamente operante all’estero, l’analisi deve continuare considerando altri aspetti. Il primo è sicuramente quello della effettiva
residenza di tale società: infatti, la voluntary disclosure dovrebbe essere effettuata dalla società di diritto estero se risultasse “esterovestita” secondo l’art. 73 del TUIR e quindi residente in Italia. In questa circostanza, i soci residenti dovrebbero a loro volta regolarizzare gli eventuali redditi derivanti dalla partecipazione a questa società se non sono stati
assoggettati ad imposizione in Italia.
Infine, se il soggetto estero partecipato fosse residente in un
Paese black list e non esterovestito, i soci dovrebbero verificare se si rientra nella disciplina CFC prevista dagli artt.
167 e 168 del TUIR ed eventualmente procedere alla collaborazione volontaria per i redditi non dichiarati che dovevano essere attribuiti loro per trasparenza.