Balla ma non salta, la riforma del senato appesa a Forza Italia
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Balla ma non salta, la riforma del senato appesa a Forza Italia
POSTE ITALIANE S.P.A. - SPED. IN ABB. POST. D.L. 353/2003 (CONV. IN L. 27.02.2004, N.46) ART.1, COMMA 1, DCB ROMA VENERDÌ 27 GIUGNO 2014 ANNO XII • N°126 € 1,00 C CONSIGLIO EUROPEO DIRITTI CALCIO D R RIFORMA GIUSTIZIA O la nomina di Juncker. Si Oggi llavora per evitare lo scontro con C A PAGINA 2 Cameron S S’erano tanto odiati. Alla fine S Sky e Mediaset siglano un patto p A PAGINA 2 per lo status quo O Orlando già dialoga. In arrivo n norme non aggressive verso i magistrati A PAGINA 2 ■ ■ IMMUNITÀ RIFORME COSTITUZIONALI LA SETTIMANA DECISIVA A PALAZZO MADAMA Alcune idee per sciogliere il rebus Ora sul campo di calcio tocca a Renzi STEFANO CECCANTI STEFANO MENICHINI S ulle immunità la prima riflessione è delimitare l’oggetto. Oggi, concretamente, stiamo discutendo solo di autorizzazione all’arresto. Infatti l’insindacabilità di opinioni e voti nell’esercizio del mandato non è messa in discussione da nessuno e, quando le aule si trovano a deliberare, sanno benissimo quali margini hanno per non rischiare di perdere nel possibile conflitto di attribuzione che possono sollevare in seguito i giudici. I casi relativi alle intercettazioni sono ormai minimi. N SEGUE A PAGINA 4 ■ ■ RICERCA La spesa che non aumenta il debito ROBERTO SOMMELLA C’ è un vincolo europeo che non fa male e purtroppo in Italia ignoriamo. È il rapporto tra gli investimenti in ricerca scientifica e Pil che, secondo il Trattato di Maastricht, dovrebbe essere almeno al 3 per cento. Molti paesi del Nord Europa si avvicinano a questo limite, l’Italia, come in tante altre graduatorie, è ferma all’1,1. I motivi sono quelli legati a un’economia che non innova e a sistemi industriali vetusti, ma a frenare questa spesa c’è anche il fatto che viene computata nei rapporti deficit e debito-Pil. SEGUE A PAGINA 4 ■ ■ EUROPA Gli “stati falliti” e la debolezza dell’Occidente Balla ma non salta, la riforma del senato appesa a Forza Italia Berlusconi deve tenere insieme i suoi, i tempi per la prima approvazione slittano ancora. Anche perché dentro il Pd “tiene” l’opposizione al progetto del governo FRANCESCO LO SARDO B erlusconi invia il suo mastino da guerra tra i riottosi senatori azzurri. L’ambasciatore Romani, intanto, torna a sentire il ministro Boschi chiedendo la proporzionalità dei seggi del nuovo senato. Fibrilla sul patto del Nazareno il gruppo di Forza Italia a palazzo Madama. Al punto che dopo aver spedito ieri il plenipotenziario Denis Verdini a rimettere in riga i dissidenti azzurri che fan da sponda a quelli nel Pd spalleggiati da Sel e M5S, sarà Berlusconi in persona a presiedere l’assemblea dei deputati e senatori di FI, giovedì prossimo, facendo slittare il previsto arrivo in aula il 3 luglio, che dovrà prendere una decisione definitiva sulla riforma del senato, mentre da lunedì iniziano i primi voti sugli emendamenti al testo Boschi e si torna a parlare di un faccia a faccia, risolutivo, tra Renzi e il Cavaliere. Ieri il fronte della riforme ha ribollito tutto il giorno. I dissidenti del Pd guidati da Chiti e Casson, Sel e M5S al seguito, han presentato il pacchetto dei loro emendamenti, tra cui quello per l’elezione diretta del nuovo senato, sottoscritto da 35 senatori, 18 della maggioranza: scendono così a 151 i sostenitori del patto del Nazareno nella maggioranza, rendendo ancor più necessario il voto di FI e Lega per ottenere la maggioranza dei due terzi sulle riforme costituzionali. Ncd fa due parti in Vocabolari, che passione L’ SEGUE A PAGINA 4 commedia: presenta un subemendamento per l’elezione diretta del senato con listino regionale, ma assicura che «non pone diktat e vuole che le riforme escano da palazzo Madama entro metà luglio». Sul versante forzista c’è subbuglio: il bubbone dell’elezione diretta da parte dei cittadini è esploso nel corso dell’assemblea dei senatori in cui cinque parlamentari forzisti, tra cui Minzolini, hanno espresso dissenso sull’elezione di secondo grado. Quasi due terzi del gruppo sarebbero sulla posizione dei dissidenti e lo stesso Paolo Romani, capogruppo di FI, ha depositato due emendamenti opposti, uno dei quali per l’elezione diretta «per rappresentare tutte le posizioni». «Ma – dice– sarà ) SAGGI POLITICI _ CAPIRERENZI EUGENIO SOMAINI Unione europea ha dei confini problematici e pericolosi. Tra i paesi confinanti, compresi quelli rivieraschi del Mediterraneo, contiamo: a) diversi casi di “stati falliti”, in Europa l’Ucraina e la Moldova, lungo il Mediterraneo la Siria, il Libano, il secondo termine della coppia Israele-Palestina e la Libia; b) un grande paese, la Russia, che ha visto nell’allargamento dell’Ue una lesione alla sua integrità territoriale e/o l’invasione della sua sfera di influenza. EDITORIALE l’aula a decidere». Per sondare la reale portata della fronda e imbrigliarla, come esige il Cavaliere, Romani e Verdini hanno lasciato intendere che il patto del Nazareno, inclusivo dell’Italicum «senza preferenze», prevede un’elezione di secondo grado del senato: una rottura del patto, ora o in seconda lettura, porterebbe dritti alle elezioni anticipate. I senatori forzisti sono avvisati: ove mai delegittimassero Berlusconi, che ha siglato il patto con Renzi, andrebbero tutti a casa. Anche per questo il patto terrà. Dice in serata il vicesegretario del Pd Guerini: «Tutto procede secondo la direzione e nei tempi previsti». E però la riforma, aspettando Berlusconi, slitta di un’altra settimana. @francelosardo ■ ■ ROBIN Asta Il mio mercante in fiera di Natale si offende se lo ■ ■ MASSIMILIANO PANARARI ■ paragonate all’asta dei diritti S Esce oggi in libreria “IL Renzi”, 50 voci scritte da 35 autori: tutto quello che c’è da sapere sul nuovo premier A PAGINA 3 e la forma-partito, da parecchio tempo, non se la passa più molto bene, la forma-dizionario pare godere invece di maggiore e migliore fortuna. Come dimostrano le uscite di alcuni vocabolari-lemmari volti ad aiutare l’opinione pubblica a districarsi nel labirinto borgesiano della politica nazionale e dei nostri public affairs. Oggi esce infatti IL Renzi, curato da Mario Lavia (Editori Internazionali Riuniti), un lavoro a più voci e più mani di scomposizione del prisma rappresentato dal premier e di rilevazione del sisma che ha innescato nelle liturgie e nelle consuetudini del sistema politico nostrano. Da poco sono stati pubblicati Alfabeto Grillo. Dizionario critico ragionato del Movimento 5 Stelle (a cura di Marco Laudonio, Mimesis) e Virus. Dizionario essenziale del M5S (di Alberto Di Majo, Editori Internazionali Riuniti). SEGUE A PAGINA 3 televisivi della Serie A. elle ore della disfatta della nazionale di Prandelli la rete e l’etere sono state invase da commenti stupidi sulla prima sconfitta del renzismo e altre banalità del genere. Battute che esiteresti a fare con gli amici, mentre Carlo Freccero, per dirne uno, le proponeva come pensose analisi politico-sociologiche nel prime time televisivo. In realtà, l’eliminazione dai Mondiali fa cadere il velo che altrimenti avrebbe continuato a coprire una situazione seria. Che davvero riguarda Matteo Renzi. Il giorno dopo la tragica serata del 3 maggio, finale di Coppa Italia Napoli-Fiorentina, messo alle strette dalle polemiche sullo strapotere delle tifoserie violente, il presidente del consiglio aveva promesso un intervento duro e risolutivo a tutela del calcio e dei frequentatori degli stadi. Misure da adottare non a stagione sportiva in corso bensì «in estate». Ora è arrivato il tempo. Perché i Mondiali per l’Italia sono finiti. E soprattutto perché la morte di Ciro Esposito spalanca un baratro di ritorsioni possibili che lo straordinario atteggiamento della famiglia del giovane napoletano da solo non potrà scongiurare. A peggiorare il quadro, dopo il Brasile il potere politico calcistico è vacante, e le società di Serie A escono ridicolizzate (ancorché gonfie di soldi) dalla farsa dell’asta dei diritti televisivi, nella quale ogni regola è stata capovolta, manipolata, ignorata, fino a un aggiustamento imbarazzante e italiota. Tutto ciò riguarda il governo. Lo riguarderebbe anche se non fosse guidato da un premier che del proprio essere appassionato di calcio ha fatto un marchio distintivo, addirittura un veicolo di diplomazia interna e internazionale (pensiamo alle maglie scambiate con D’Alema e Merkel). Oggi Scampia, luogo drammaticamente evocativo, seppellisce un ragazzo della curva del Napoli. Se non altro per evitare altri lutti, la civiltà, l’intelligenza e il cuore di napoletani e romani dovrebbero compiere il miracolo di gesti di pace, di giustizia, di riconciliazione dopo l’odio che dalle parole e dagli striscioni è passato ai fatti, al sangue. Ma purtroppo solo con la buona volontà, ammesso che si manifesti, non si va lontani. Saranno inevitabili misure draconiane. E anche in questo caso, forse più che in altri, è da Renzi, dal papà che accompagna i figli al campo di Settignano, che ci si aspetta il miracolo di ridare alle famiglie la voglia, il gusto e la libertà di seguire lo sport che amano. @smenichini Chiuso in redazione alle 20,30 giovedì 27 giugno 2014 2 < N E W S A N A L Y S I S > CONSIGLIO UE Commissione a trazione tedesca, Juncker presidente. Renzi lotta sui contenuti RAFFAELLA CASCIOLI O ggi Jean-Claude Juncker sarà ufficialmente nominato presidente della Commissione europea dal consiglio Ue dei capi di stato e di governo. Il restante pacchetto di nomine (dall’alto rappresentante per la politica estera al presidente del consiglio europeo) sarà invece deciso in un consiglio europeo straordinario tra il 16 e il 17 luglio subito dopo l’elezione del successore di Barroso da parte dell’europarlamento. Ieri prima le riunioni delle grandi famiglie europee, poi l’avvio del Consiglio europeo ad Ypres, dove i 28 hanno osservato un minuto di silenzio per commemorare le vittime della prima Guerra mondiale, hanno dato il segno che su programma e successore di Barroso i giochi sono già fatti. Se Renzi, che ha successivamente visto la cancelliera te- desca e l’olandese Rutte, e Hollande al prevertice del Pse hanno insistito su una legislatura di crescita e occupazione attraverso la flessibilità, la Merkel al Ppe ha ammonito che la flessibilità è già nel patto ma che sul programma e sulla nomina di Juncker l’accordo è stato raggiunto. L’incognita resta ancora il premier britannico David Cameron che è tornato a sostenere che Juncker non è il cambiamento e non potrà essere la voce delle riforme ma anzi sarà un errore per l’Europa. Qualora oggi a fine vertice Cameron dovesse chiedere il voto sulla nomina di Juncker si procederà a maggioranza. Una maggioranza qualificata, come peraltro richiedono i trattati, visto che su Juncker convergono la quasi totalità dei capi di stato e di governo. Ma, come ha avuto modo di dichiarare la cancelliera tedesca Angela Merkel anche qualora si arrivasse al voto non sarebbe tuttavia come «sia passato il messaggio un dramma. Semmai la Merkel si è preitaliano di più crescita e più lavoro» al occupata di tendere una mano al collega netto della flessibilità che il patto di inglese in difficoltà e isolato in Europa stabilità concede. Tuttavia, sebbene non dopo che il premier olandese e quello si faranno nomi, salgono le finladese hanno annunciato quotazioni dell’italiana Fedeanche loro di appoggiare Junrica Mogherini agli esteri cker. Salgono le mentre la Merkel vorrebbe L’obiettivo, a cui si è lavorato per tutta la notte è stato quotazioni per offrire a Cameron in segno di pace il commissario al comquello di trovare un compro- la Mogherini mercio che firmerebbe l’acmesso sul programma che possa soddisfare Londra per agli esteri, ma cordo con gli Usa, fonti del evitare che Cameron, come ha la nomina solo Ppe hanno rivelato che il partito punterebbe ad avere, olminacciato, finisca per non tre al presidente della Comfirmare le conclusioni del ver- a metà luglio missione, anche la guida del tice. In particolare fonti euroConsiglio Ue per la quale era pee facevano notare come il candidata la socialdemocratica danese programma di liberalizzazioni economiThorning-Schmidt. che a cui dovrà attenersi Juncker è molMa qui i giochi si complicherebbero. to vicino alle posizioni inglesi. Non solo perchè la nuova commissione Renzi, pur non riuscendo ad incassi presenterebbe totalmente a trazione sare per oggi la definizione dell’intero tedesca con Martin Selmayr possibile pacchetto delle nomine, ha registrato capo di gabinetto di Juncker e Johannes Laitenberger guardiano dei bilanci nazionali. Ma anche perchè se i liberali dell’Alde dovessero, come sembra, entrare nella maggioranza del nuovo parlamento sostenendo Juncker potrebbero ambire per Verhofstadt almeno alla vicepresidenza di Strasburgo e alla presidenza di una commissione di peso. L’Italia dal canto suo oltre alla Mogherini punterebbe a candidare Roberto Gualtieri alla presidenza della commissione parlamentare dedicata agli affari economici e monetari, mentre lo spagnolo De Guindos guiderebbe l’Eurogruppo. C’è poi l’incognita di un’altra nomina: qualora il presidente del consiglio Ue fosse un rappresentante di un paese non di Eurolandia, sarebbe creata un’altra carica: il presidente del Consiglio dell’Eurozona. In quel caso l’Italia non potrebbe stare a guardare. @raffacascioli RIFORMA DELLA GIUSTIZIA Orlando già dialoga, in arrivo una riforma non aggressiva verso i magistrati FABRIZIA BAGOZZI S e non proprio lunedì, le linee guida della riforma sulla giustizia andranno presto in consiglio dei ministri per approdare realisticamente dopo le ferie (sotto forma di decreto per quanto riguarda il civile e di disegni di legge, anche delega per il resto) nelle aule parlamentari e molto dipenderà anche dalla tabella di marcia già prevista nelle medesime. Il metodo è sperimentato: prima un confronto all’interno dell’esecutivo, poi i testi. Nei quali in ogni caso non è prevista una stretta sull’aspetto investigativo delle intercettazioni, ma sulla loro riservatezza, anche alla luce dei rilievi del Garante per la privacy, Antonello Soro. Una cosa che lo stesso ministro ha avuto modo di dire al presidente dell’Anm Rodolfo Sabelli e al segretario Maurizio Carbone che ha incontrato ieri in via Arenula. Orlando non elude i nodi delicati, ma procede con cautela. Sulle intercettazioni entra nel merito della diffusione e non dei presupposti investigativi, sulla responsabilità civile non prende in considerazione quella diretta però rende più stringente quella indiretta (fino al 50% dello stipendio delle toghe) e molto più fluida l’ammissibilità dei ricorsi (il cosiddetto filtro) sulla prescrizione pensa al blocco nel primo grado di giudizio. E ha in mente di cambiare il sistema di voto del Csm mentre prende in con- siderazione l’idea dell’Alta Corte, mista, per la seconda istanza della giustizia disciplinare dei magistrati. Materia altamente infiammabile per i magistrati. L’Anm intanto «apprezza la disponibilità al dialogo del ministro», sottolinea a Europa il vicepresidente Valerio Savio. Riunita ieri in giunta ha avuto modo di discutere delle questioni in campo ed è probabile che presto rilanci il suo punto di vista. «Cose su cui del resto le nostre posizioni sono note da tempo», nota Savio. Per quanto riguarda le intercettazioni, l’Anm era preoccupata che si toccassero come strumento investigativo «ma l’esigenza di riservatezza la condividiamo da sempre, anche se vietare che le intercettazioni finiscano nell’or- dinanza di custodia cautelare non risolve il problema, perché vanno depositate insieme alla custodia cautelare ed è un arretramento sul piano delle strategie difensive». Di responsabilità civile, ma in forma indiretta, si può discutere: «Purché sia affrontata per tutelare i cittadini e non con un ottica punitiva nei confronti della magistratura». Il problema è il filtro «di cui si può ragionare ma che non può essere cancellato». Quanto alla prescrizione, dice Savio, «per noi il nodo è arrivare ad abbreviare i processi». E sull’Alta Corte, che dovrebbe essere mista, con competenza per tutte le magistrature, il tema è capire di che cosa si tratta esattamente: tanto più che le magistrature «hanno regole disciplinari diverse». @gozzip011 M5S A Bruxelles il rimorso dei Cinquestelle: tra sei mesi saranno con i Verdi? FRANCESCO MAESANO S embrava la prima, repentina scissione in seno al gruppo dei Cinquestelle. Un’indiscrezione da corridoio brussellese, per definizione più credibile del corrispettivo nostrano, che aveva trovato voce nelle parole di Ulrike Lunacek, del gruppo dei Verdi-Ale. L’europarlamentare austriaca, interrogata dalla collega Silvia Costa del Pd, s’era lasciata sfuggire uno «stiamo vagliando l’ingresso nel gruppo di alcuni deputati M5S più vicini alle posizioni ambientaliste». Lo scricchiolio nella struttura tutta in formazione degli onorevoli cittadini di stanza a Bruxelles s’era avvertito forte e chiaro fino a Roma. Un falso allarme. Ma il punto, se possibile, è anche più profondo, più vicino al nocciolo della loose association tra i Cinquestelle e lo Ukip di Nigel Farage. Se da una parte il capo-delegazione del M5S si è affrettato a spiegare che «non c’è niente di vero, con i Verdi i contatti ci sono, ma per cercare convergenze sul lavoro da fare nelle commissioni e nessuno di noi è intenzionato a passare nel loro gruppo», dall’altra, con lo stesso candore, ha aggiunto: «Faremo un check, diciamo tra sei mesi per vedere se le cose vanno bene. Se non fosse così siamo pronti a ripensare la nostra collocazione». Sei mesi. L’accordo tra Grillo e Farage ha trovato la sua data di scadenza. Se il diarca genovese ha costruito in fretta e furia un’alleanza con lo Ukip all’indomani del deludente voto europeo, per non perdere il treno del gruppo europarlamentare e per ribadire da subito la sua leadership nel Movimento, i meno convinti della scelta tra i suoi parlamentari a Bruxelles e Roma han- no iniziato a tessere una tela alternativa. I deputati Iannuzzi e Vignaroli, quest’ultimo è il responsabile Ambiente del Movimento, hanno incontrato Rebecca Harms, co-presidente dei Ver- di europei e nel pomeriggio di ieri sono state fatte filtrare due ricostruzioni che volevano una parte degli euro-deputati pronti a sfiduciare il responsabile della comunicazione Claudio Messora, accusato di essere il regista dell’accor- do con i nazionalisti inglesi e, per questo, si annunciava un primo giro di euro-espulsioni nel gruppo. Tutto smentito con forza sul blog di Grillo, preoccupato di tenere la tensione con l’alleato Farage entro il livello di guardia in un momento delicato nel quale deve avvenire la spartizione degli incarichi nelle commissioni. Il gruppo Efdd di M5S e Ukip avrà la presidenza di quella preposta alle petizioni, una prima vicepresidenza in quella per l’agricoltura, una seconda in quella per l’ambiente, una terza i quella della pesca e due quarte, nel budget e negli affari esteri. Un bottino ottenuto grazie all’accordo raggiunto per formare il gruppo, ma dopo il primo luglio il senso dei Cinquestelle per i Verdi potrebbe tornare a farsi sentire e il matrimonio di interesse con Farage potrebbe non vedere l’alba del prossimo anno. @unodelosBuendia DIRITTI CALCIO S’erano tanto odiate. Ma alla fine Sky e Mediaset patteggiano per lo status quo NICOLA MIRENZI L a tregua viene firmata alle 16 di ieri. Dopo giorni passati a minacciare ricorsi ai tribunali, scrivere diffide e controdiffide, annunciare che la trattativa, no, mai: Sky e Mediaset si siedono a un tavolo e trovano un accordo per risolvere la questione dei diritti televisivi della Serie A, con tanti saluti ai principi solenni sbandierati sino a qualche ora prima, tipo la libertà di mercato, la certezza delle regole, eccetera, eccetera. È un accordo all’italiana, quello trovato dai due colossi televisivi, dopo tre rinvii della decisione. Prevede che a Sky vadano – per il triennio 2015-2018 – i diritti sul satellite delle otto più grandi squadre della Serie A (pacchetto A) più le altre dodici minori (pacchetto C) e le esclusive degli spogliatoi e delle interviste dopo partita (pacchetto D), mentre a Mediaset vanno le otto grandi sul digitale terrestre (pacchetto B). Il pasticcio è dato dal fatto che non c’è (quasi) nessuna attinenza tra l’esito dell’asta e quello dell’accordo trovato dai concorrenti. Stando alle cifre offerte alla Lega, i pacchetti A e B sarebbero dovuti andare a Sky, quello C a Mediaset. Per l’assemblea dei club della Serie A però questa soluzione configurava una violazione della legge Melandri, che proibisce a un solo operatore di prendere tutti i pacchetti. Sky non era affatto d’accordo con tale interpretazione della norma, e non era la sola. L’impasse è nata su questo punto. E si è potuta sciogliere solo grazie a una lunga, estenuante trattativa. meglio del calcio sul digitale terrestre. Come è Sky e Mediaset hanno usato tutto il peso stato finora. delle loro società per far pendere l’ago della biCon l’accordo trovato, Sky pagherà lancia dalla loro parte. Nella notte di alla Lega 572 milioni di euro, la stessa ieri, e ancora di più nella mattina, quando è scattato l’ultimo rinvio ( spostando Agli americani cifra che ha pagato per il triennio precedente. Mediaset sborserà 373 milioil termine ultimo della decisione da ni, cioè 105 milioni in più della volta mezzogiorno a mezzanotte), il network tutta la A scorsa. Gli incassi complessivi della di Murdoch ha cercato di includere nel- sul satellite, Lega raggiungeranno la cifra di 945 la trattativa anche la Champions Leamilioni, 116 milioni in più rispetto al gue, conquistata a sorpresa dal Biscio- al Biscione campionato 2013/2014, ma 150 milioni ne. Mediaset è riuscita a bloccare il il digitale in meno rispetto a quelli che avrebbe tentativo. Circoscrivendo l’intesa alla ottenuto se avesse fatto decidere al sola Serie A e cedendo su altri punti. terrestre mercato, dando i pacchetti ai miglior Sky potrà dire, infatti, di offrire ai suoi offerenti. Ma tutto ha un prezzo: anche clienti tutte le gare del campionato in gli accordi politici per mantenere lo status quo. esclusiva, arricchite dai fuori campo e dai dietro @nicolamirenzi le quinte. Mentre chi sceglierà il Biscione avrà il primo piano 3 venerdì 27 giugno 2014 Capire Renzi “IL RENZI” Il libro 50 voci, 35 autori Stralci dall’introduzione “Anatomia di un enigma”: «Molti pensano che sia l’ultima spiaggia ma la strada ha molte incognite: dove sta portando l’Italia il nuovo leader?» Il titolo è quello dei vocabolari di una volta, “IL”, con l’aggiunta “Renzi”, cioè l’oggetto del libro che esce oggi nelle librerie (Editori Internazionali Riuniti, 16 euro) a cura di Mario Lavia. È un’opera a più voci. Ecco l’indice: Sofia Ventura, Adesso – Jacopo Iacoboni, Baricco, Grillo – Fabrizio Rondolino, Berlusconi, Nazareno – Goffredo De Marchis, Bersani – Laura Cesaretti, Bipolarismo – Elisa Calessi, Boschi, Renziane – Marco Damilano, Boy scout, Cattolici – Simona Bonfante, Burocrazia, Leopolda – Giorgio Meletti, Cgil – Marianna Rizzini, Da Empoli, Nomfup – Stefano Menichini, D’Alema, Quaranta per cento – Fabio Martini, Decisionismo – Angela Mauro, Delrio, Letta – David MARIO LAVIA Allegranti, Eataly, Firenze – Maria Teresa Meli, Elezioni – Stefania Carini, Fonzie, Tv – Massimiliano Panarari, Gente, N ell’era della grande crisi della politica, probabilmente solo un “politico antipolitico” poteva occupare la scena. Solo uno capace di prendere il Senato per il bavero può contenere la spinta antiparlamentare che esiste nel paese. Nel momento storico in cui gli italiani paiono davvero sul punto di mandare a quel paese la politica, il parlamento, i partiti, solo uno pronto a prendere a calci le porte, come quel personaggio di Tennessee Williams, riesce a stare in campo e a fronteggiare i furori antipolitici. Per questo – non lo dicono solo i politologi ma il senso comune – la sensazione diffusa è che, tolto Renzi di mezzo, ci sarebbe il salto in qualcosa che potrebbe cambiare la faccia della nostra democrazia o come minimo radicalizzare l’estraneità dei cittadini alla cosa pubblica, alle istituzioni. Naturalmente quello che viene definito il populismo di Renzi è anche figlio della crisi della politica. Se la Seconda repubblica non agonizzasse, dopo il crollo tragico della Prima, se le coalizioni avessero trovato un loro equilibrio, se la destra non fosse ancora dominata, dopo vent’anni, da un Berlusconi inesorabilmente al tramonto e la sinistra si fosse data programmi e leadership convincenti e riconosciuti, oggi non ci sarebbe un leader con caratteristiche del tutto nuove. Il renzismo è la conclusione della crisi di quella che Pietro Scoppola chiamava la «repubblica dei partiti», avendo nel contempo nebulizzato la repubblica senza partiti del berlusconismo. Una conclusione, per fortuna, che non ha nulla di drammatico, non è accompagnata da tumulti né produce dittature. Renzi chiude una fase mediante una inedita personalizzazione del suo stesso partito: ci troviamo dinanzi a un pigliatutto, un “rompi-schemi”, un politico molto laico eppure intriso di cultura cattolica, un inafferrabile, come abbiamo detto. È un’uscita sorprendente dalla crisi delle due repubbliche che abbiamo alle spalle. Che beninteso non salverà l’Italia da guai immani qualora egli stesso dovesse subire quelle involuzioni di cui, ad esempio, la sinistra più radicale o gruppi intellettuali più “liberal” o i vertici sindacali già vedono i Merito – Lorenzo Biondi, Gran Bretagna – Rudy Francesco Calvo, Hashtag, Tweet – Alessandro De Angelis, Italicum – Alessandra Sardoni, Leadership – Salvatore Merlo, Montecitorio – Lina Palmerini, Napolitano – Francesco Cundari, Partito – Mario Adinolfi, Poker – Antonello Caporale, Populismo – Marco Ferrante, Poteri forti – Francesco Bei, Quirinale – Nino Bertoloni Meli, Stampa – Roberto Sommella, Ue – Federico Orlando, Velocità – Carlo Bertini, Zavorra. segni (la “torsione democratica” evocata da Susanna Camusso). Il renzismo, secondo questa interpretazione, sarebbe infatti l’ultimo stadio di una linea ben presente nella storia italiana, da Crispi a Craxi. In questa linea, a maggior ragione dopo la vittoria strabiliante del 25 maggio, c’è addirittura chi intravede i prodromi di un sistema autoritario di stampo sudamericano. Si tratta di un problema che il giovane presidente del Consiglio si porterà sul groppone forse per sempre e di fronte al quale a poco varranno le sue rimostranze in senso contrario. Non basterà proclamare «sono di sinistra». Si è visto alle elezioni europee che il famoso “popolo di sinistra” (che è più cambiato in questi sei mesi che in sei anni) gli crede. Gli ha dato via libera. Renzi è il capo della sinistra italiana o – se si preferisce – degli eredi della sinistra italiana. (…) Infine, non si sa nemmeno bene se ci troviamo dinanzi a un “libertino”, come ha scritto Eugenio Scalfari – che certo non lo ama – oppure a un newcomer che legittimamente sogni un paese disincrostato e più pulito. Certo, di libertino o “dongiovannesco” Renzi possiede quella dose di cinismo che però è comune a qualunque leader di vaglia, essendo peraltro convinto, come il Valmont delle Relazioni pericolose, che «conquistare è il nostro destino». Malgrado il suo forte ancoraggio al cattolicesimo politico, Renzi è certamente un uomo politico molto laico. Lo si vede nel gusto quasi morboso che prova nel gettare il guanto di sfida: al Senato, alla Rai, ai sindacati, agli avversari interni al suo partito, alla burocrazia. Nel cercare il corpo a corpo. Nel suo rapporto fisico-psicologico con la gente, giocato con abilità nell’ultima campagna elettorale contra Grillo. Nel “metterci la faccia”. Tutto molto poco gesuitico. (…) A questo punto, le strade sono due, che – a differenza di quelle proustiane – non si riconnetteranno mai. Lungo la prima strada, la sensazione di solitudine si dirada e Renzi aumenta il suo credito nell’opinione pubblica, in quel popolo a cui è destinato a rivolgersi sempre più direttamente, nel senso di riuscire a stabilire quella “connessione sentimentale” che tuttora gli manca: non si tratta solo di recuperare quella legittimazione elettorale (che peraltro le europee hanno sancito) ma proprio di essere vissuto come il leader affidabile e riconosciuto da tutto il paese, cosa che, beninteso, non significa che “tutti” ne condividano l’operato. E parallelamente, mentre i suoi avversari declinano e la geografia politica dell’Italia si ridisegna ancora una volta, Renzi riesce a mettere al centro della scena una nuova Casa democratica – una Casa, non l’ennesima “Cosa” –, un partito che “poggia” sul Pd ma di fatto ne trascende i confini attuali, un Partito democratico non più “a vocazione” ma effettivamente maggioritario, in grado di guidare il processo politico e di governo per i pros- simi lustri, nuolustri lasciando una nuova destra e una nuo va sinistra (se qualcuno saprà costruire l’una e l’altra) ai margini del sistema. Un Pd capace, come mai prima d’ora è accaduto ad alcun partito progressista italiano, di fare i conti con il tempo nuovo, essendo chiaro che se la sinistra non dovesse acciuffarlo e interpretarlo bene nemmeno questa volta, ben difficilmente conoscerà altre prove d’appello. È per questo che molti “vivono” Renzi come l’ultima spiaggia. Ma nessuno può ragionevolmente escludere – ecco la seconda strada – che il giovane segretario fiorentino, come lo chiamò Il Foglio, venga sconfitto da una Grande armée destrorsa e, questa sì, genuinamente populista. Da una risacca più che moderata, da un’onda anomala densa di apatia e chiusura, fomentata e diretta da chissà quale personaggio. O che cadrà più semplicemente per i suoi stessi errori, per una sottovalutazione di quanto sia difficile governare l’Italia e gli italiani. Per la sua incapacità di stabilire quella connessione con il popolo, che è la premessa di ogni vera svolta politica. Per la scarsa inclinazione a includere, a costruire gruppi dirigenti, a modellare una nuova forma di partito. Le incognite sono tante, e la strada di Matteo Renzi non è dunque segnata. Come scrive Simone de Beauvoir, in un bellissimo e un po’ dimenticato romanzo di tanti anni fa dal titolo casualmente renziano – I Mandarini –: «Quanto a quello che accadrà più tardi, in fondo a questa lunga preistoria, dobbiamo confessarci di non saperne niente. L’avvenire non è sicuro: né quello prossimo né quello più lontano». @mariolavia ••• SAGGI POLITICI ••• Vocabolari, che passione SEGUE DALLA PRIMA MASSIMILIANO PANARARI L’ analisi per voci della cultura politica vanta nel nostro paese una tradizione gloriosa, a partire da quella vetta indiscussa che coincide con il Dizionario di politica di Norberto Bobbio, Nicola Matteucci e Gianfranco Pasquino (Utet), o, in altro ambito, con il memorabile Dizionario di filosofia di Nicola Abbagnano (Utet), ambedue fedeli, per tanti versi, alla matrice originaria e più illustre da cui scaturisce ogni ambiziosa operazione di catalogazione di qualche settore del sapere, vale a dire l’Encyclopédie ou dictionnaire raisonné des sciences, des arts et des métiers par une société de gens de lettres. Un monumento imperituro edificato alla Ragione, la prima iniziativa di organizzazione culturale di così ampio respiro nella storia della modernità e l’autentico “manifesto” dell’Illuminismo, di cui risultano debitrici anche, con le rispettive specificità, le successive tassonomie e ripartizioni partorite dal positivismo. E, mutatis mutandis, senza ovviamente farsi suggestionare da parallelismi improbabili, è proprio l’impianto illuministico a fare da sfondo alla forma-dizionario che ritorna sugli scaffali delle librerie. Non tanto sotto le insegne della volontà classificatoria, perché le intricate fenomenologie politiche di cui IL Renzi e i dizionari sul pentastellismo si trovano a cercare di dipa- nare i fili si dispiegano davanti ai lettori-cittadini (e ai cittadini-elettori) all’insegna del mutamento continuo. Ma, giustappunto, sotto il profilo dell’anelito alla comprensione e alla decifrazione del non precisamente o non ancora conosciuto che attiene all’esercizio della razionalità (e della critica della ragione), e rimanda a un’ascendenza di tipo enciclopedico-illuministico. Di qui scaturisce lo sforzo dei dizionari di provare a dare forma a ciò che appare sicuramente informe se osservato con gli occhiali di certe categorie interpretative usuali dell’analisi giornalistica e politologica, come il “renzismo” e il “grillismo”. Tendenze da vari punti di vista post-politiche e post-ideologiche (e forse anti-politicistiche più che antimappati mediante lemmi intendono, in maniera differente, fornire delle ripolitiche, si può oggi aggiungere) e, sposte). Perché, nel frattemsoprattutto, tuttora in itinere po, e rispetto agli augusti e in progress, tali da non predecessori, la forma-diconsentire dunque i bilanci Lo sforzo zionario di cui stiamo didisciplinari definitivi effetscorrendo esprime e si fa tuati dai grandi dizionari ci- moderno portatrice di una razionalità tati in precedenza. Là si fis- e antico di più “debole”, inevitabilmensavano definizioni destinate catalogare te passata sotto le forche a valere per le generazioni caudine del postmoderno. seguenti di studiosi, e si tira- fenomeni Una ragione “topografivano, in maniera autorevolispolitici camente” più limitata, anche sima, delle somme; qui si se nient’affatto debolista, e tracciano coordinate per una desiderosa di tirare fuori navigazione in un mare aperto dalla cassetta degli attrezzi desueti il e in una politica fattasi assai liquida, rasoio di Occam, per impugnarlo in scivolosa e incerta (come la società versione riveduta e corretta – e assoche fatica sempre di più a venire raplutamente contemporanea. presentata, e a cui i due “movimenti” giovedì 27 giugno 2014 dalla prima 4 • • • I M M U N I TÀ • • • SEGUE DALLA PRIMA STEFANO CECCANTI conflitti politici (ma lo possiamo ancora temere come un qualcosa che non esiste oggi quando decide in maniera forte persino sulle leggi elettorali?) si possono immaginare soluzioni analoghe ma diverse: il senatore Tonini qualche tempo fa (Il Foglio del 23 luglio 2011) aveva problea del genere, con quei numeri, non andrebbe posto un giurì formato da tre presidenti emeriti tutelata quanto la camera? della Corte (il più recente di provenienza parlaCosa trarne in termini de iure condendo? Io mentare, il più recente di nomina prepartirei da chi sta per deliberare, cioè sidenziale e il più recente proveniente i membri delle giunte, attribuendo dalla magistratura) competente sia solo a loro il potere di decidere e da- Pensiamoci per le autorizzazioni di cui all’articolo rei poi sia al giudice sia al parlamentare la possibilità di ricorrere in bre- bene prima di 68 sia per i procedimenti disciplinari relativi ai magistrati ex articolo 106, vissimo tempo alla corte costituziorassegnarci problema speculare sul versante nale o a un organo analogo, a cavallo allo status quo dell’ordine giudiziario. tra potere giudiziario e potere legiPensiamoci bene prima di rasseslativo. o alla non gnarci all’alternativa tra lo status quo Dal punto di vista del singolo saper entrambe le camere e una soluziorebbe una procedura più garantista di sindacabilità ne che farebbe della nostra l’unica sequella attuale col voto segreto. Da conda camera che si limita solo a gaquello del parlamento ci sarebbe corantire l’insindacabilità. Negli altri casi euromunque una decisione motivata di un organo in pei, infatti, anche di tutte le seconde camere grado di assumerla con piena conoscenza di non direttamente elettive, la protezione a tutecausa. Da quello della Corte essa dovrebbe dela della separazione dei poteri non si ferma lì e cidere, chiarire i parametri e la ponderazione la magistratura non è altrettanto indipendente effettuata: ma se lo fa già sull’insindacabilità e attiva. Non credo che il nostro nuovo senato cosa osta che 1-2 volte l’anno debba farlo anche debba stare fuori da una logica di equilibri. per un arresto? In alternativa alla Corte, se te@StefanoCeccanti miamo che essa sia coinvolta in presa diretta in Idee per sciogliere il rebus S i riferiscono a qualche caso limitato relativo alle autorizzazioni ex post per intercettazioni indirette, su altre utenze. Stiamo quindi solo discutendo di autorizzazione all’arresto, in sostanza di una decina di casi per legislatura e di un sistema che, ad oggi, sia per la camera sia per il senato funziona malissimo da qualsiasi punto di vista lo si voglia vedere. I soli parlamentari della giunta competente hanno l’idea effettiva del caso in questione, potendo leggere tutti i documenti (segretati per i parlamentari “semplici”) e potendo essere parte attiva nel contraddittorio col parlamentare coinvolto in prima persona. Il parlamentare “semplice”, se vuole essere davvero coscienzioso nel deliberare in aula e non vuole solo decidere sulla base di valutazioni politiche o della lettura dei giornali o per simpatie e antipatie personali, è quindi costretto ad una sorta di stalking nei confronti di membri della giunta di cui si fida, in sostanza per aggirare il segreto e acquisire conoscenze più rigorose. A questi problemi si è aggiunta poi in questa legislatura la scelta opinabile di votare con voto palese: una scelta che certo protegge da alcune strumentalizzazioni politiche (in genere di gruppi di opposizione radicale che si dichiarano a parole per gli arresti ma che poi votano contro per poter accusare gli altri di logiche di casta, come nel ben noto caso Craxi del 1993), ma che indubbiamente apre problemi diversi sul grado di autonomia del singolo, non solo e non tanto rispetto al suo gruppo, ma rispetto a campagne mediatiche ispirate al populismo giudiziario. A ciò poi si accompagna l’incertezza obiettiva sui criteri per negare l’autorizzazione: quando nelle assemblee parlamentari la maggioranza è comunque netta (come lo era al senato nella scorsa legislatura) si usa di fatto solo il criterio del fumus persecutionis; ma se i numeri sono incerti, serrati, come evitare anche di considerare gli equilibri politici del plenum bilanciando tale criterio con la gravità del reato? E quest’ultimo non diventa ancor più forte nel momento in cui discutiamo di un senato composto solo di 100 membri, in cui 1 o 2 possono risultare in vari casi decisivi? Un’assem- ••• RICERCA ••• La spesa che non aumenta il debito SEGUE DALLA PRIMA ROBERTO SOMMELLA N ella due giorni del Consiglio europeo di Ypres e Bruxelles potrebbe arrivare una decisione fondamentale: scomputare dal calcolo del debito queste risorse, fondamentali per la crescita e il benessere di cittadini e paesi. Significa per noi poter mettere sul piatto della bilancia fino a 30 miliardi di euro per incentivare ricerca e sviluppo (appunto quei due punti percentuali che ci mancano per arrivare al 3 per cento di Pil). A questa decisione, che sarebbe davvero importantissima, si aggiunge anche un’altra possibilità su cui la delegazione italiana a Bruxelles sta lavorando in vista del turno di presidenza: scomputare dal rapporto deficit-Pil la quota di fondi tricolori che vengono stanziati per i programmi cofinanziati con l’Unione europea. Questa opzione, che in ambienti vicini alla Commissione uscente viene definita percorribile, e a cui tiene tantissimo il governo Renzi, sarebbe ancora più importante perché ci permetterebbe di spendere fuori dai vincoli parecchi miliardi di euro (almeno 15 nei prossimi sette anni di programmazione) dando finalmente l’auspicata spinta alle Regioni per portare a termine i piani legati ai fondi strutturali. È forse la svolta determinante che il nostro paese potrebbe cogliere al volo, perché i fondi assegnati a Roma sono in tutto circa 70 miliardi di euro nel prossimo settennato e, dall’altra parte, Roma rischia di perdere il 40 per cento di quelli ancora non utilizzati del passato programma se non verranno spesi entro la fine del 2015. Insomma, grazie all’applicazione della famosa golden rule (investi- • • • E U RO PA • • • SEGUE DALLA PRIMA EUGENIO SOMAINI Gli “stati falliti” e l’Occidente debole I l termine “stato fallito” designa un’entità che è formalmente riconosciuta (da altri paesi e da organismi internazionali) come uno stato nazionale con un territorio e una popolazione chiaramente definiti, ma che è privo di uno stato vero e proprio, e cioè di un governo che eserciti effettivamente la sovranità su quel territorio e su quella popolazione. Gli stati falliti possono assumere diverse forme ma sono in genere caratterizzati dalla frammentazione in un serie di zone, di segmenti della popolazione o di sfere che non sono soggette al potere di organi statali ma a quello di gruppi particolari, che esercitano il potere, spesso in forme brutali, sulle popolazioni e sulle aree che controllano. Il fallimento di uno stato determina quasi sempre l’esplodere di violenze per l’assenza di un potere unico che abbia il monopolio dell’uso della forza e per la presenza di diversi gruppi o fazioni che si confrontano militarmente per conquistare quel potere, creando una situazione di vuoto in cui spesso si inseri- INFORMAZIONI E scono altri stati, confinanti o non confinanti, che appoggiano l’una o l’altra delle parti in lotta, fornendo loro sostegno armato e a volte intervenendo essi stessi, in modo esplicito o variamente mascherato, con l’obiettivo di allargare la loro sfera di influenza o addirittura di annettersi una parte dei territori contesi. La Russia ha svolto questo ruolo nei confronti dell’Ucraina e della Moldova (replicando nella Transnistria l’annessione della Crimea) e in una certa misura anche in Siria, dove il suo intervento è stato accompagnato, su un versante della guerra civile, da quello dell’Iran, degli Hetzbollah libanesi e, sul versante opposto, da quello dei paesi del Golfo, mentre alcuni paesi occidentali sono intervenuti militarmente nella crisi dello stato libico. Uno degli aspetti più insidiosi del fallimento degli stati è rappresentato dal fatto che difficilmente essi escono integri dalla condizione di fallimento, ristabilendo la sovranità sui ter- ANALISI www.europaquotidiano.it Direttore responsabile Stefano Menichini Condirettore Federico Orlando Vicedirettore Mario Lavia Segreteria di redazione [email protected] ritori e le popolazioni che formalmente sono loro soggette, una circostanza le cui conseguenze sono aggravate dal fatto che, a partire dalla fine della II Guerra mondiale, il sistema delle relazioni internazionali si è basato sul principio della intangibilità dei confini. L’illegittimità, dal punto di vista del diritto internazionale, delle situazioni che emergono dal fallimento degli stati fa sì che, da un lato, lo stato di guerra, effettiva o potenziale, tende a prolungarsi indefinitamente, come dimostra il fatto empirico che le guerre civili sono fenomeni ricorrenti per le stesse popolazioni e per gli stessi territori, e che, dall’altro, una sorta di assenso popolare ex post ai confini emersi dalle guerre civili venga spesso cercato attraverso forme di pulizia etnica, adeguando le popolazioni ai confini e non i confini alle popolazioni, e cioè allontanando dai territori che un tempo occupavano le popolazioni che non condividono il nuovo assetto. Credo che nessuno sia in Redazione e Amministrazione via di Ripetta, 142 – 00186 Roma Tel 06 684331 – Fax 06 6843341/40 anche indirette e legate per esempio al fatto che le regioni coinvolte nelle crisi occupano posizioni cruciali per quanto riguarda le fonti e i canali di distribuzione dell’energia; il quarto, e a mio giudizio decisivo, è che l’unità politica e militare dell’Occidente, in primo luogo attraverso la Nato, assume una rilevanza paragonabile a quella dei tempi che hanno preceduto la fine della Guerra Fredda; il quinto che è comunque possibile e necessario offrire una sponda e un sostegno a quella parte dell’Ucraina che aspira a fare parte dell’Occidente e non intende entrare come satellite nell’orbita russa. COMUNE DI PIOMBINO DESE Provincia di Padova - Area Tecnica AVVISO DI APPALTO AGGIUDICATO - ESTRATTO AMM.NE AGGIUDICATRICE: Comune di Piombino Dese Piazza A. Palladio, 1 35017 Piombino Dese (PD) - Tel. 0499369450 – Fax 0499366727 – Area Tecnica – Servizio Lavori Pubblici - Responsabile di Area: Arch. Bizzotto Gabriele – Responsabile di Procedimento: Arch. Bizzotto Gabriele, RUP: Arch. Bizzotto Gabriele. E-mail:. [email protected]. APPALTO: Affidamento lavori del sistema ferroviario metropolitano regionale (S.F.M.R.) – Soppressione del P.L. al Km. 23+583 Piombino Dese – Via della Vittoria (Intervento 6.31) CUP:B41B11001470006CIG:54749843B9. PROCEDURA: Aperta ai sensi dell’art.55 D.Lgs. 163/2006. Determina a contrarre Area Tecnica n. 200 del 10 dicembre 2013. OFFERTE PERVENUTE: n. 17 (di cui n. 16 entro il termine e n. 1 oltre il termine). OFFERTE AMMESSE: n. 16. CRITERIO DI AGGIUDICAZIONE: Prezzo più basso ai sensi degli artt. 82 e 86 del D.Lgs. n. 163/2006. DATA AGGIUDICAZIONE: 3 giugno 2014, con Determinazione del Resp.le Area Tecnica n. 164.V ALORE DI AGGIUDICAZIONE: 3.357.423,97 (IVA esclusa).AGGIUDICATARIO: Cooperativa di Costruzioni Società Cooperativa P.IVA: 00175840362 - 41122 Modena Via Repubblica Val Taro, 165. DURATA DELL’APPALTO O TERMINE DI ESECUZIONE: 900 GG. Il testo integrale è pubblicato sul sito internet: http://comune.piombinodese.pd.it/it/Comune/ Amm-trasparente/bandi-di-gara-e-contratti.html. IL RESPONSABILE AREA TECNICA F.to Arch. Bizzotto Gabriele EDIZIONI DLM EUROPA Srl Distribuzione Prestampa Abbonamenti con socio unico Sede legale via di Ripetta, 142 00186 – Roma SEDI 2003 SRL Via D.A.Azuni,9 – Roma Direzione tel. 06-50917341 Telefono e fax : 06-30363998 333-4222055 COMPUTIME Srl – via Caserta, 1 – Roma Annuale Italia 180,00 euro Sostenitore 1000,00 euro Simpatizzante 500,00 euro Semestrale Italia 100,00 euro Trimestrale Italia 55,00 euro Estero (Europa) posta aerea 433,00 euro ● Versamento in c/c postale n. 39783097 ● Bonifico bancario: BANCA UNICREDIT SpA Coordinate Bancarie Internazionali (IBAN) IT18Q0200805240000000815505 intestato a Edizioni DLM Europa Srl Via di Ripetta, 142 -00186 Roma. Consiglio di amministrazione Presidente V.Presidente Amm. delegato Enzo Bianco Arnaldo Sciarelli Andrea Piana Consiglieri ISSN 1722-2052 Registrazione Tribunale di Roma 664/2002 del 28/11/02 grado di fare previsioni a breve medio o lungo termine sull’evoluzione delle crisi da fallimento degli stati che si stanno svolgendo sui confini dell’Ue, su alcuni punti credo si possa comunque convenire: il primo è che, su tutti gli scacchieri attualmente aperti (dall’Ucraina, alla Siria, alla Libia) l’Occidente si trova in una situazione di relativa debolezza, nel senso che non è in grado di proporre soluzioni delle crisi che siano insieme plausibili e ad esso favorevoli, e ancor meno dispone dei mezzi per portarle a compimento; il secondo è che nemmeno i paesi che si trovano in una condizione di relativa forza sembrano in grado di conseguire stabilmente i loro obiettivi; il terzo, che deriva dai primi due, è che l’Occidente può adottare una strategia di attesa, contando sul logoramento delle forze che a breve sembrano avere la meglio, strategia che però richiede che si eviti il pericolo, in alcuni casi assai concreto, di un radicale deterioramento del quadro o di reazioni a catena, menti in infrastrutture e ricerca fuori dai calcoli di bilancio) l’Italia potrebbe rimettersi sul cammino della crescita, innovando i processi industriali e mettendo un freno alla fuga dei Scomputare cervelli. A Bruxelles la discussione dal calcolo del è partita e non si può dare per scontato che arriverà a buon fine a deficit questi causa dei soliti sacerdoti del rigofondi permette re. L’Italia per i motivi descritti, ha il dovere di fare tutto il possibi- investimenti le affinché questi buoni propositi di 30 miliardi non restino solo sulla carta. Mario Cavallaro Lorenzo Ciorba Domenico Tudini Guglielmo Vaccaro Pubblicità: A. Manzoni & C. S.p.A. Via Nervesa, 21 20149 Milano Tel. 02/57494801 Stampa LITOSUD Srl via Carlo Pesenti, 130 Roma Responsabile del trattamento dati D.Lgs 196/2003 Stefano Menichini Organo dell’Associazione Politica Democrazia è Libertà La Margherita in liquidazione «La testata fruisce dei contributi statali diretti di cui alla Legge 7 agosto 1990 n.250»