Riproduzione e ciclo cellulare

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Riproduzione e ciclo cellulare
CAPITOLO
7
Riproduzione
e ciclo cellulare
Gli organismi pluricellulari complessi, come l’essere
umano, sono formati da miliardi di cellule diverse che
svolgono funzioni specifiche: difendono da agenti patogeni, assorbono gli elementi nutritivi, trasportano l’ossigeno, sviluppano i nostri pensieri ed altro ancora. Eppure
esse derivano tutte da un’unica cellula, lo zigote o cellula
uovo fecondata. Durante lo sviluppo embrionale, a partire
dallo zigote, si generano tutte le cellule che costituiscono i
diversi tessuti e caratterizzano un organismo vivente.
Due processi sono fondamentali per far sì che da una
singola cellula (zigote) si sviluppi un organismo completo:
I) la singola cellula deve crescere e dividersi per dare
origine a più cellule;
II) le cellule che da essa originano devono acquisire
via via delle proprietà peculiari, trascrivendo specifici
geni che le portino a formare i vari tessuti dell’organismo.
Questi due processi sono conosciuti come il ciclo cellulare ed il differenziamento cellulare.
Durante gli anni ’90 si è compreso che un terzo processo svolge un ruolo importante nell’omeostasi tissutale:
la morte cellulare. Ciclo, differenziamento e morte cellulare, complessivamente, determinano lo stato proliferativo
di una cellula e quindi di un tessuto; il governo vigile di
tali opzioni regola la crescita armoniosa degli organismi
pluricellulari.
Modificazioni che provochino malfunzionamenti in
uno di questi processi sono alla base dell’aumentato
potenziale proliferativo delle cellule che ha come conseguenza diretta lo sviluppo di neoplasie.
Divisione cellulare
Prima di descrivere i diversi modi attraverso i quali una
cellula può dare origine a delle cellule “figlie”, bisogna
considerare che negli organismi unicellulari la divisione
cellulare corrisponde alla riproduzione dell’intero organismo; negli organismi pluricellulari, invece, la divisione
cellulare è prerogativa per la determinazione, l’accrescimento e l’omeostasi dei diversi tessuti.
Gli organismi unicellulari più semplici, i procarioti, si
dividono per scissione (vedi Capitolo 8). La cellula
aumenta di dimensioni, replica il DNA e successivamente
si divide dando vita a due cellule figlie. Il cromosoma batterico, circolare ed associato alla membrana plasmatica, si
replica e le due nuove molecole di DNA si separano una
dall’altra mentre la cellula si allunga (Figura 7.1). Alla fine,
nella zona equatoriale della cellula, a partire dalla membrana plasmatica, si formerà una strozzatura che progressivamente si accentuerà fino a scindere la cellula nelle due
cellule figlie.
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La divisione cellulare nei batteri può essere un processo assai rapido e durare meno di 30 minuti, di contro
negli eucarioti essa è più complessa e ne esistono due tipi:
mitosi e meiosi.
Negli eucarioti superiori tutte le cellule della linea
somatica e quelle della germinale non differenziate (ovogoni e spermatogoni) si dividono per mitosi, mentre la
meiosi è un processo che interessa esclusivamente la linea
germinale ed in particolare quelle cellule che hanno iniziato lo specifico percorso differenziativo (ovociti I e spermatociti I). La mitosi negli organismi pluricellulari è
fondamentale per la formazione dei tessuti e per l’omeostasi tissutale. Durante la mitosi, il patrimonio genetico
viene fedelmente replicato ed equamente ripartito tra le
cellule figlie. Al termine della meiosi, invece, il patrimonio
genetico delle cellule figlie è diverso per due motivi:
I) il patrimonio cromosomico risulta dimezzato da
diploide (2n) ad aploide (n). Con il termine ploidia si
indica il numero delle serie di cromosomi delle cellule
di un organismo: le cellule diploidi possiedono coppie
di cromosomi omologhi (2n); mentre le cellule
aploidi hanno un solo set di cromosomi (n);
II) attraverso processi di ricombinazione omologa si
aumenta la variabilità del patrimonio genetico.
Parete batterica
Membrana plasmatica
Citoplasma
DNA
Avviene la replicazione del DNA
I due genomi si allontanano, la cellula si allunga
e si incomincia a vedere una strozzatura:
inizio della scissione nella zona centrale
Ciclo cellulare
Le cellule eucariotiche riproducono se stesse grazie ad una
serie ordinata di eventi che, invariabilmente, ad ogni divisione cellulare si ripetono con la medesima sequenza e che
termineranno, nella maggior parte dei casi, con una mitosi
o, nel caso delle cellule germinali, con una meiosi. Tale
ordine, come vedremo, è stato rigorosamente conservato
nel corso dell’evoluzione.
Questa sequenza ordinata di eventi sfocia nella riproduzione delle cellule ed è stata denominata ciclo cellulare.
Lo scopo del ciclo cellulare è quello di generare due cellule
figlie con lo stesso patrimonio cromosomico della cellula
madre, “copie” quasi fedeli di questa: infatti il DNA duplicato sarà copia fedele, il citoplasma e gli organuli cellulari,
poi, saranno equamente (ma non sempre) redistribuiti tra
le due cellule figlie.
Durante il ciclo cellulare la cellula svolge molte attività:
si muove, cresce in dimensioni, produce ATP, sintetizza
lipidi e proteine, ripara il DNA ecc ecc., ma tre eventi sono
fondamentali affinché la cellula possa dividersi; essa deve:
1) replicare il DNA;
2) prepararsi alla divisione, modificando in modo appropriato i propri organuli ed il proprio genoma (frammentazione degli organuli e compattamento del DNA);
3) separare fisicamente in due parti il citoplasma attraverso un processo denominato citodieresi.
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Capitolo 7 Riproduzione e ciclo cellulare
La scissione è terminata:
si sono formate le due cellule figlie
FIGURA 7.1 Divisione per scissione di un batterio.
Differenti fasi del ciclo cellulare
Se osservassimo al microscopio ottico un fibroblasto umano
in coltura, in presenza degli appropriati nutrienti e di idonei
fattori di crescita, con particolare dedizione e per un
periodo continuo di 24 ore, ci accorgeremmo di un radicale
cambiamento che coinvolge l’organizzazione generale della
cellula. Ad un certo momento la cellula si arrotonda, il
nucleo si disgrega, i cromosomi diventano visibili, la cellula
si solleva dal substrato d’adesione, si allunga e, infine, si
divide dando origine a due cellule. Questi cambiamenti,
descritti collettivamente con il termine di mitosi (dal Greco
mitos = filo, con riferimento alle strutture compattate ma
filiformi dei cromosomi), sono, seppur radicali, reversibili e
di breve durata (circa un’ora).
I primi biologi cellulari, studiando la crescita delle cellule dal vivo, osservavano principalmente la fase della
mitosi (fase M).
IN TE
R F A SE
fasi iniziali dello sviluppo embrionale, ad esempio, il ciclo
è molto rapido ed in alcuni organismi si stenta a distinguere le fasi G1 e G2. Si osservano rapide alternanze di
fasi M e fasi S anche perché molte delle macromolecole
necessarie per la costruzione delle nuove strutture cellulari sono state già accumulate dalla cellula uovo (vedi
Capitoli 8 e 9).
M
Ciclo cellulare nei tessuti adulti Durante la fase G1 la cellula integra i segnali che riceve dall’ambiente esterno e
“decide” se replicare il proprio DNA. Allorquando viene
replicato il DNA, non è più possibile evitare la mitosi,
quindi è nella fase G1 che viene deciso se duplicare o meno
una cellula.
Negli organismi pluricellulari, come l’uomo, alcune
cellule prolungano enormemente la durata della fase G1,
perché non sono presenti i segnali idonei a far partire la
proliferazione oppure perché la cellula si è estremamente
specializzata (differenziata) e in quel particolare tessuto
non è richiesta un’ulteriore crescita.
Quando la cellula non si divide per un periodo di
tempo piuttosto lungo, si dice che è uscita dal ciclo cellulare (Figura 7.3) e si trova in una nuova fase chiamata fase
G0 (G-zero). Alcune cellule del nostro organismo, quali i
neuroni e le cellule muscolari, stazionano per tutta la loro
vita nella fase G0. Altri tipi cellulari, quali ad esempio gli
epatociti oppure i fibroblasti, restano per lunghi periodi in
fase G0, ma possono rientrare nel ciclo. Questo è il motivo
per cui il fegato può, in particolari condizioni, rigenerare
ed i fibroblasti sono coinvolti nei fenomeni di cicatrizzazione delle ferite. Altri tessuti, invece, sono sottoposti a
continuo rinnovo, come avviene nel sistema ematopoietico, l’epidermide e molti epiteli (ad esempio quello che
riveste l’intestino).
In questi tessuti, molto dinamici in termini di popolazioni cellulari, si osserva un incessante rinnovo per tutta la
vita dell’organismo (Figura 7.4). Per mantenere l’omeo-
FIGURA 7.2 Il ciclo cellulare rappresentato come un’alternanza di
mitosi ed interfase.
Il lungo periodo che separa una mitosi dalla successiva
è invece definito interfase, in quanto rappresenta il tempo
che separa due fasi mitotiche (Figura 7.2). Durante l’interfase la cellula deve crescere di dimensioni, deve replicare il
DNA e deve monitorare l’integrità del genoma, controllare cioè che il DNA non abbia accumulato un eccessivo
numero di mutazioni. Tutto questo avviene senza che si
osservi alcun cambiamento drastico nell’organizzazione
generale della cellula.
Con il progredire degli studi è emerso che molte di
queste attività cellulari che si osservano durante l’interfase
avvengono in modo ordinato e sequenziale. La replicazione del DNA ha luogo durante un periodo limitato dell’interfase noto come fase S, di sintesi del DNA. Questa
fase è separata da quelle adiacenti da due intervalli di
tempo detti, rispettivamente, fase G1 e G2 (dall’Inglese gap,
che significa intervallo); la durata di queste due fasi può
variare ampiamente nei diversi tipi cellulari (Figura 7.3).
Vediamo quale ruolo esercitano gli intervalli (G1 e
G2): durante questi due momenti la cellula integra le
informazioni che riceve dall’ambiente esterno (ad esempio, l’arrivo di segnali che possono essere dei fattori di crescita, soprattutto in G1) ed interno (informazioni circa la
fedeltà della replicazione del DNA, in G2) e verifica che
tutte le condizioni richieste per la formazione di due
nuove cellule siano state soddisfatte. Queste fasi rappresentano momenti decisionali fondamentali per la cellula; a
conferma di ciò, come condizione estrema e se le condizioni richieste non sono state soddisfatte, il ciclo cellulare
può essere bloccato nelle fasi G1 e G2.
Le cellule umane più comunemente usate per lo studio del ciclo cellulare sono stati i fibroblasti, il cui ciclo
dura approssimativamente 24 ore. In altri eucarioti più
semplici, come il lievito, il ciclo cellulare è decisamente
più rapido e si completa in circa 2 ore. Nelle cellule umane
8-10 ore sono necessarie per la replicazione del DNA (fase
S), la fase M è sempre relativamente breve (all’incirca 1
ora), la fase G1 dura mediamente 9-11 ore, mentre altre 4
ore sono richieste per la fase G2.
Come si è detto precedentemente, la durata delle fasi
può variare notevolmente nei diversi tipi cellulari. Nelle
S
G0
G1
G2
Punto
di restrizione
M
Figura 7.3 Le diverse fasi del ciclo cellulare. Alla fase G1 segue
la fase S di sintesi del DNA, alla quale succede la fase G2. Il ciclo termina con la mitosi e la separazione in due della cellula (citodieresi).
Il punto di restrizione in G1 o START, nel lievito, è un momento
decisionale molto importante prima del quale la cellula “sceglie” se
dividersi ed entrare in fase S oppure se uscire dal ciclo per entrare in
uno stato di non proliferazione denominato fase G0 del ciclo cellulare o quiescenza.
Ciclo cellulare
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stasi tissutale, da un lato alcune cellule si dividono mentre,
all’altro estremo, altre cellule muoiono per apoptosi (vedi
in seguito).
Le cellule che si dividono in continuazione sono le cosiddette staminali, cellule indifferenziate che, dividendosi,
danno origine a cellule figlie che potranno iniziare un percorso differenziativo specifico per un dato tipo di tessuto.
Una caratteristica del ciclo cellulare delle cellule staminali è
la sua asimmetria; la mitosi di una cellula staminale genera
infatti due cellule figlie che hanno a disposizione due alternative: possono rimanere cellule staminali oppure possono
intraprendere la strada che le porterà a differenziarsi ed,
alla fine, ad uscire dal ciclo ed eventualmente morire.
Cosa determini il destino di una cellula è ancora argomento di intenso studio ed il dibattito resta vivace, anche
se vi sono alcune osservazioni che indicano nell’ambiente
extracellulare il responsabile di tale destino. Questo concetto risulta più chiaro se facciamo riferimento alle cellule
staminali che si trovano nello strato basale dell’epidermide, in diretto contatto con la lamina basale. In tale tessuto solo una delle due cellule figlie generate dalla mitosi
di una staminale mantiene i contatti con la lamina basale.
È proprio questa cellula che conserva le proprietà staminali (Figura 7.5). A tal proposito, è stato dimostrato che,
anche quando vengono perdute le caratteristiche staminali perché ha inizio un percorso differenziativo, la cellula
può ancora dividersi ma, a differenza della staminale, il
numero di divisioni sarà limitato nel tempo.
Cellule
che muoiono
Cellule
che si differenziano
Cellule
che si dividono
Lamina basale
FIGURA 7.4 Esempio di un tessuto ad elevato ricambio come, ad
esempio, la nostra pelle. Cellule nello strato più a contatto con la
lamina basale sono in attiva proliferazione e si dividono continuamente. Negli strati superiori si consolida il programma differenziativo, mentre negli strati apicali le cellule infarcite di cheratina e
proteine accessorie svolgono un’azione protettiva che terminerà con
la loro morte ed il distacco.
Cellula
staminale
a
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Capitolo 7 Riproduzione e ciclo cellulare
in
b
am
L
Cellula
differenziata
Mitosi
asimmetrica
CELLULE
FIGLIE
Cellula
staminale
FIGURA 7.5
Cellula che inizia
il differenziamento
Esempio di mitosi asimmetrica in una cellula staminale.
2n
Numero di cellule
Metodiche per l’analisi del ciclo cellulare Il ciclo cellulare
potrebbe essere descritto anche come un’alternanza di cambiamenti nella ploidia cellulare. Le cellule somatiche umane,
per esempio, sono diploidi ed hanno un patrimonio di 46
(2n) cromosomi corrispondente a 23 (n) coppie di cromosomi omologhi (parzialmente omologhi nel maschio, XY).
Nelle cellule umane esistono due coppie per ogni gene, ad
eccezione dei geni presenti sul cromosoma X nelle cellule
maschili.
Più precisamente, le cellule nella fase G1 sono diploidi
(2n), mentre già con la fase S, quando avviene la sintesi del
DNA, avremo una situazione eterogenea a seconda se la
cellula si trova all’inizio o alla fine di tale fase, ma invariabilmente si passerà da una certa quantità di DNA al doppio
di essa per cui nella fase G2 il genoma sarà tetraploide (4n).
Questo DNA sarà suddiviso nella successiva fase di mitosi
tra le due cellule figlie nuovamente diploidi. Le variazioni
nel contenuto del DNA possono essere sfruttate per determinare in quale fase del ciclo si trova una cellula. Esistono
dei coloranti fluorescenti che legano il DNA, proporzionalmente alla sua quantità, e permettono quindi di valutare la sua concentrazione in una cellula. Le cellule
vengono trattate con i coloranti e poi analizzate grazie ad
una particolare apparecchiatura, il citofluorimetro, ottenendo delle rappresentazioni del ciclo cellulare come
quella rappresentata in Figura 7.6.
CELLULA
MADRE
le
a
as
4n
G1
S
G2
Contenuto di DNA
(intensità della fluorescenza)
FIGURA 7.6 Analisi della quantità (n) di DNA in una popolazione
cellulare mediante citofluorimetria dopo colorazione con ioduro di
propidio. In ascissa è rappresentato il contenuto di DNA, mentre
in ordinata il numero di cellule. Nella fase G1 la quantità di DNA
è pari a 2n, in G2 è pari a 4n, mentre in S è eterogenea variando
da 2n a 4n.
Un’altra importante metodica, che ha permesso di definire la posizione nel ciclo cellulare di una singola cellula e la
durata delle diverse fasi, si basa sull’uso di derivati radioattivi delle basi dei nucleotidi del DNA (usando, ad esempio,
una timina dove al posto di alcuni atomi d’idrogeno era
inserito tritio) oppure degli analoghi delle basi evidenziabili
poi con un anticorpo specifico (largamente utilizzata è la 5bromo-desossiuridina, un analogo delle timina). Le cellule
vengono fatte crescere in presenza di questi traccianti della
replicazione al fine di individuare quali e quante sono
quelle che stanno attraversando la fase S.
Regolazione del ciclo cellulare
Alcuni sistemi, definibili come veri e propri “controlli di
qualità”, verificano il passaggio attraverso le diverse fasi
che contraddistinguono il ciclo cellulare. Infatti è fondamentale sottolineare che il passaggio da una fase all’altra
non è un evento automatico, anzi la transizione tra le
diverse fasi è sottoposta a continue verifiche per essere
sicuri che le procedure caratteristiche di ciascuna fase
siano state completate (ad esempio, in fase S la replicazione del DNA). È richiesto che ogni fase sia correttamente terminata affinché la successiva possa essere
avviata, quindi, durante il ciclo, la cellula è sempre “sotto
esame”. Ma più che di esame dovremmo parlare di autocertificazione perché essa stessa effettua le verifiche. Queste verifiche sono denominate checkpoint o punti di
controllo del ciclo cellulare (Figura 7.7).
Il sistema dei checkpoint opera affinché le diverse fasi
si attivino in sequenza temporale ordinata; sono tre i
checkpoint del ciclo cellulare che sono stati studiati più in
dettaglio:
I) il checkpoint che controlla l’ingresso nella fase S
(transizione G1 S S). Questo controlla che il DNA sia
integro, che vi siano gli elementi nutritivi necessari
per la crescita cellulare e, soprattutto negli organismi
pluricellulari, che nell’ambiente extracellulare vi siano
i fattori di crescita idonei. Il non superamento di questo checkpoint provoca l’uscita delle cellule dal ciclo,
anche per periodi di tempo particolarmente lunghi;
una permanenza prolungata fuori dal ciclo è descritta
come fase G0 o quiescenza cellulare.
II) il checkpoint che controlla l’ingresso nella fase M
(transizione G2 S M). A questo punto la cellula controlla che il DNA non abbia subìto danni o mutazioni;
tale controllo impedisce ad una cellula, che non abbia
completato correttamente la duplicazione del DNA, di
proseguire con la mitosi.
III) il checkpoint che controlla il completamento della fase
M (metafase S citodieresi). Il checkpoint mitotico
opera affinché sia controllata la progressione della mitosi;
in questo modo è verificata l’interazione tra le fibre del
G0
S
G1
Checkpoint
verifica:
-Integrità DNA
-Segnali esterni
-Nutrienti
G2
M
Checkpoint
verifica:
-Fuso mitotico
Checkpoint
verifica:
-Integrità DNA
replicato
FIGURA 7.7 I diversi checkpoint (punti di controllo) che agiscono
durante il ciclo cellulare.
fuso mitotico ed i diversi cromosomi, ed il loro corretto
allineamento nella zona equatoriale della cellula (Figura
7.7).
Qualora non siano soddisfatti i requisiti richiesti, la progressione del ciclo cellulare può essere bloccata ai vari punti
di controllo. Il blocco è garantito dall’interazione degli elementi molecolari che costituiscono il checkpoint, di cui parleremo brevemente in seguito, con il macchinario che
controlla la progressione del ciclo cellulare.
Come vedremo nei successivi paragrafi, la scoperta del
macchinario che controlla il ciclo cellulare e la comprensione della sua regolazione furono possibili grazie al
lavoro febbrile svolto in molti laboratori sparsi in varie
regioni del mondo. La sua scoperta è stata una tappa fondamentale nell’avanzamento delle nostre conoscenze nell’ambito biomedico con implicazioni essenziali per la
comprensione dei meccanismi molecolari che sono alla
base della trasformazione tumorale.
L’interruttore che controlla il ciclo cellulare Come sono orchestrati i cambiamenti di una cellula quando entra in mitosi? Chi decide se il DNA deve essere replicato? Come fa la
cellula a scegliere se uscire dal ciclo cellulare ed entrare
nella fase G0 o proseguire verso la fase S? Infine, perché
molte cellule tumorali non riescono più ad arrestare il ciclo
cellulare e si dividono in continuazione? Tutte queste domande sono sorte spontanee ai primi ricercatori che studiavano e descrivevano il ciclo cellulare. Ci si rese conto fin
dal principio che, per rispondere a queste domande, era di
fondamentale importanza identificare quale “macchinario
molecolare” controllasse il ciclo cellulare; tra i ricercatori
era forte la convinzione che la definizione di tali problematiche avrebbe fornito un contribuito fondamentale per
comprendere le basi molecolari del cancro.
I primi passi in questa direzione furono compiuti all’inizio degli anni ’70, grazie ad esperimenti basati sulla
fusione di cellule in diverse fasi del ciclo cellulare. Come
rappresentato nella Figura 7.8 è possibile fondere le mem-
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