La minaccia della contraffazione in Italia

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La minaccia della contraffazione in Italia
LA MINACCIA DELLA CONTRAFFAZIONE IN ITALIA
di Luca Fucini
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Il fenomeno della contraffazione in Italia costituisce un vero e proprio sistema
commerciale ed industriale che si sviluppa attraverso tutta una serie di canali di
vendita e di distribuzione, nonché, a monte, di sofisticati centri di produzione e di
‘assemblaggio’.
Si tratta, secondo le ultime risultanze derivanti dagli studi condotti da
Confcommercio e Confindustria e sulla base di indagini eseguite dalla Guardia di
Finanza, di una effettiva e concreta economia parallela che fattura in Italia circa 7
miliardi di euro e che sottrae all’Erario 5 miliardi, facendo perdere ben 130.000
posti di lavoro.
Un danno economico rilevante che, visto il campo estremamente vasto della
contraffazione - che va dai marchi agli alimenti passando per i farmaci -, non solo
colpisce le tasche dei cittadini ma, molto spesso, anche la salute.
Per l’importanza dell’argomento, il Ministero dello Sviluppo Economico ha
indetto, addirittura, la Giornata della contraffazione, nel luglio 2010, proprio per
cercare di enucleare la problematica e trovare le migliori soluzioni per
combattere efficacemente il fenomeno.
E’ evidente come in Italia il ruolo della criminalità organizzata, anche di stampo
mafioso, nell’attività di contraffazione, sia estremamente rilevante.
Infatti, gran parte di quei 7 miliardi di euro vanno proprio ad alimentare in
particolare i forzieri della Camorra (mafia napoletana) e della ‘Ndrangheta (mafia
calabrese).
Da uno studio condotto dal Comando Provinciale della Guardia di Finanza di
Roma, sembra che il guadagno derivante dalle attività di contraffazione sia
estremamente più alto rispetto ai cespiti illeciti prodotti dal traffico di sostanze
stupefacenti.
Oltre a ciò, è opportuno sottolineare come questo tipo di attività criminale abbia
creato dei veri e propri intrecci tra le organizzazioni mafiose italiane, Camorra e
‘Ndrangheta, e la criminalità straniera come quella cinese, sviluppando una
perversa capacità nel riciclare i proventi di denaro attraverso reti societarie
sofisticate, come scatole cinesi.
E proprio con la Cina il Ministero delle Politiche Agricole italiano nel gennaio
2010 ha siglato un accordo per contrastare i falsi e la contraffazione nell’ambito
alimentare.
Il protocollo di intesa ha avuto il duplice scopo di consolidare il rapporto
commerciale con il paese asiatico ed individuare, attraverso strategie comuni, la
pirateria cinese in campo alimentare che, secondo gli ultimi dati, produrrebbe
ogni anno danni all’Italia per 100 miliardi di euro.
Infatti, sui mercati internazionali la contraffazione del marchio made in Italy è
estremamente diffuso e su dieci prodotti in vendita solamente uno sarebbe
effettivamente originale.
La Cina in questo momento avrebbe necessità di invertire la rotta sul piano della
sicurezza alimentare, soprattutto dopo lo scandalo del latte alla melamina, ed a
questo proposito, proprio in seguito ai decessi dovuti a quella mortale
sofisticazione, ha introdotto una nuova legge che inasprisce le pene per chi viola
le buone norme alimentari, rendendo più efficaci e stringenti i controlli.
Per comprendere meglio il legame tra la criminalità organizzata di stampo
mafioso e l’attività di contraffazione cinese, è opportuno evidenziare l’ultima
operazione dell’ottobre 2010 che si è svolta proprio a Roma, dal nome “Muraglia
cinese”, condotta dalla Direzione Investigativa Antimafia della capitale.
L’indagine ha portato alla luce un vero e proprio patto criminale tra la Camorra e
la mafia cinese nel cuore di Roma, infatti, i clan mafiosi napoletani importavano
merce falsa dalla Repubblica Popolare e insieme ai cinesi ne imponevano la
vendita ai negozianti della Chinatown romana, nel quartiere dell’Esquilino.
L’inchiesta da parte degli inquirenti era iniziata grazie alle dichiarazioni di un
‘pentito’ di camorra, Salvatore Giuliano, che ha descritto compiutamente alla
Polizia il meccanismo con quale la mafia napoletana controllava il mercato delle
griffes contraffatte, che finivano sia nei negozi dei cinesi a Roma, sia sulle
bancarelle di tutti i mercati d’Italia.
La merce contraffatta partiva dalla Cina e arrivava al porto di Napoli, per poi
essere stoccata nei magazzini del napoletano e poi trasferita nella regione Lazio,
in provincia di Frosinone, mentre le false etichette venivano invece prodotte in
un’altra regione italiana e in seguito assemblate.
L’attività del clan camorristico veniva completata da una capillare attività di
intermediazione immobiliare, attraverso la gestione di alcune società che si
occupavano di imporre ai cinesi la locazione di negozi o di appartamenti.
Il grande business tra mafia cinese e camorra, attraverso la rotta Cina - Grande
raccordo anulare di Roma, è stato scoperto dalla Guardia di Finanza, del
Comando Provinciale di Roma, già nel 2009, quando, a seguito di una faticosa
ed attenta indagine, si è scoperto che attraverso l’Est europeo, Romania,
Ungheria e Bulgaria, transitano regolarmente carovane di Tir carichi di merce
contraffatta.
Il meccanismo è il seguente: il boss cinese è in contatto diretto con i signori del
falso nella provincia sudorientale dello Zhejiang, da dove, peraltro, provengono il
90% dei cinesi che sono in Italia, eseguito l’ordine il fornitore cinese affida il
carico a camionisti dell’est, che si occuperanno del trasporto. Ovviamente, i
pagamenti vengono fatti o in contanti o usando i soliti canali dei money transfert.
Per ingannare eventuali controlli, alcuni Tir che compongono la colonna
trasportano solo merce regolare, mentre gli altri stivano gli articoli contraffatti in
fondo al container.
Superati i confini di nordest della penisola italiana, si scivola verso Roma per
imboccare il Grande raccordo della capitale per poi raggiungere il luogo
dell’appuntamento dove verranno distribuite le merci contraffatte per essere poi
vendute.
L’attività della Guardia di Finanza nella lotta alla contraffazione in Italia è
veramente encomiabile, solamente nel luglio 2010 il Comando Provinciale di
Milano ha effettuato un maxi sequestro recuperando ben 10 milioni di prodotti
contraffatti, individuati in magazzini nascosti e in negozi.
L’entità della merce illegale sequestrata fa ovviamente riflettere, ed è sempre più
evidente che esista un giro di affari smisurato che finanzia le attività illegali
collegate alla criminalità cinese, infatti, risulterebbe intimamente connesso alla
contraffazione il riciclaggio di denaro sporco.
A tal proposito, sempre la Guardia di Finanza nel giugno 2010 ha condotto una
maxi operazione contro la mafia cinese a Prato, cittadina vicino a Firenze famosa
da sempre per i tessuti, portando alla luce ben 3 miliardi di euro, frutto di
riciclaggio.
Se
la
contraffazione
costituisce
un
grave
nocumento
economico,
la
contraffazione dei farmaci rappresenta un danno ben più grave, poiché colpisce
la salute dei cittadini.
L’OMS definisce contraffatto un farmaco la cui
etichettatura è stata
deliberatamente preparata con informazioni ingannevoli in relazione al contenuto
e alla fonte.
Il fenomeno della contraffazione dei farmaci è oggi purtroppo in espansione
proprio in virtù dei maggiori contatti e scambi con Paesi che non seguono gli
standard occidentali, infatti, da stime approssimative sembrerebbe che oltre il
50% dei farmaci nei Paesi non industrializzati sia contraffatto, contro il 7-10% dei
Paesi industrializzati.
La distribuzione fraudolenta in Italia di medicinali contraffatti è in rapida crescita,
e dalle indagini condotte risulterebbe che non esiste una specifica categoria di
farmaci che viene di preferenza contraffatta, poiché la manipolazione riguarda
sia farmaci “branded” che generici, salvavita e non, afferenti a varie categorie
terapeutiche.
Già nel 2009 è stata condotta in Italia una campagna informativa dal titolo
“Farmaci contraffatti, evitarli è facile”: la legge italiana oggi vieta l’esercizio di
farmacie on line, purtroppo, di fatto, non vi è alcuno strumento per impedire ai
potenziali acquirenti di accedere ai siti on line di rivendite non autorizzate e
quindi molto pericolose.
A livello di controlli da parte della Guardia di Finanza vi è, comunque, un’attività
di studio per il controllo dell’attività di internet come mezzo di diffusione dei
prodotti farmaceutici contraffatti.
Inoltre, vi è un’intensa attività istituzionale anticrimine volta a: 1) stilare una lista
nera delle false farmacie; 2) scoraggiare l’acquisto on line di farmaci come quello
effettuato presso palestre, sexy shop e beauty farms; 3) far passare il messaggio
che i farmaci acquistati presso farmacie ed esercizi commerciali adibiti alla
vendita di farmaci da banco e da automedicazione non possono essere
contraffatti; 4) educare sui rischi conseguenti all’uso di farmaci contraffatti.
Tuttavia, bisognerà attendere qualche anno per valutare i risultati, non
dimenticando che, purtroppo, le organizzazioni criminali mafiose sono penetrate
anche all’interno di società farmaceutiche, addirittura quotate in borsa, che
producono e diffondono, soprattutto nel nord Europa, farmaci contraffatti privi, ad
esempio, del principio attivo od oltremodo edulcorato.
Per avere un’idea dei numeri relativi al commercio di farmaci falsi, basti ricordare
che nel 2005 sono stati ben oltre 11 milioni i prodotti contraffatti sequestrati
dall’Agenzia delle Dogane.
Quest’anno la Guardia di Finanza di Catania ha sequestrato sul territorio italiano
46 mila confezioni di farmaci, prodotti aggirando qualsiasi tipo di autorizzazione,
con etichettatura ed istruzioni in lingua cinese destinate al consumo dei cinesi in
Italia.
Per quanto riguarda il settore agroalimentare, il mercato italiano, a causa del
crescente valore in termini economici del “made in Italy”, è sempre più nel mirino
della criminalità organizzata e della contraffazione, che colpisce soprattutto il
latte, il formaggio e la carne, come attestato anche nel “Rapporto Italia a tavola
2010” stilato a cura del Movimento per la Difesa del Cittadino in collaborazione
con Legambiente.
Le merci sequestrate in Italia soltanto nel 2009 ammontano complessivamente a
41 milioni di chili, e nello stesso anno sono stati effettuati dai vari enti preposti
ben 700 mila controlli.
Oltre alla commercializzazione di prodotti alimentari falsi, ad esempio vino e falso
olio d’oliva spacciati come prodotti a Denominazione di Origine Protetta, è stato
rilevato anche un caso assai più grave di traffico di ormoni per la zootecnia,
sfociato nell’arresto di 22 persone, accusate anche di associazione a delinquere.
E poi, ovviamente, c’è la pasta, simbolo della tipica alimentazione italiana nel
mondo, ad essere particolare oggetto vulnerabile di contraffazione.
Proprio nel settembre 2010, un’operazione congiunta della Guardia di Finanza e
della Dogana di Ancona ha portato al sequestro di tre rimorchi sbarcati da un
traghetto greco e diretti nel nord Italia con 63 tonnellate di pasta, prodotta
all’estero ma che riportava sulle confezioni la scritta “Made in Italy”, oltre a
inequivocabili simboli ed iscrizioni, come la bandiera tricolore, tali da ingannare il
consumatore.
Un ingente import di finta pasta italiana che produce danni devastanti per
l’agricoltura e che porta a sottopagare i prodotti agricoli senza alcun beneficio per
i consumatori, proprio per l’effetto della concorrenza sleale provocata
dall’immissione in commercio di cibo proveniente da altre parti del mondo, ma
etichettato come italiano.
Questo tipo di contraffazione è ormai sistemica e capillare, tanto da
rappresentare un vero ostacolo alla crescita economica del settore agricolo
alimentare del Paese Italia, e contro cui è sempre più necessario provvedere a
monitorare continuamente e a sventare alla radice.
Il “Rapporto Italia a tavola 2010”, comunque, conferma che il sistema dei
controlli, operato dai Carabinieri per la tutela della salute (NAS), dalla Guardia di
Finanza, dall’Agenzia delle Dogane e da altri istituti deputati a scovare
falsificazioni e sofistificazioni, funziona e lavora bene, nonostante il taglio di fondi
e di uomini.
L’Istituto Legambiente precisa che “I dati sulla difesa della sicurezza alimentare
dimostrano come questa battaglia per la legalità sia necessaria per tutelare la
salute dei cittadini, ma anche per proteggere dalla lunga mano dei truffatori e
della criminalità organizzata un comparto importante come l’agroalimentare. Non
è un caso che a crescere siano proprio le falsificazioni dei prodotti tipici certificati
e di quel made in Italy, famoso in tutto il mondo, che alimenta buona parte delle
nostre esportazioni. Con particolare attenzione vanno quindi difese dalle frodi le
nostre piccole e medie aziende, che rappresentano il target più sensibile alle
mire dei gruppi organizzati che speculano sul settore con profitti di milioni di
euro”.
L’Italia si conferma tra i primi paesi coinvolti nel fenomeno della contraffazione,
sia
per
quanto
attiene
alla
produzione,
sia
per
quanto
riguarda
la
commercializzazione di merci falsificate, con un altissimo costo che incide sulla
sua realtà economica e sociale, penalizzando il made in Italy, la ricerca, la
produzione industriale ed intellettuale, nonché la concorrenza e il mercato del
lavoro, producendo, di conseguenza, mancate entrate in termini di evasione ed
elusione fiscale.
Un settore in continua e vertiginosa crescita testimoniato dalle innumerevoli
operazioni delle Forze di Polizia e dell’attività dell’Agenzia delle Dogane che,
purtroppo, pur con grande professionalità e volte sempre a moltiplicarsi,
sembrano incrinare appena un fenomeno tanto esteso quanto sommerso.
Attualmente l’Italia è tra i primi dieci Paesi nel mondo dove il fenomeno risulta più
esteso, forse il primo in Europa per quanto riguarda i prodotti legati alla moda e
la pirateria musicale, ma possiamo dire che i farmaci e i giocattoli stanno
conoscendo un trend di crescita veramente impressionante.
Purtroppo, come ha sottolineato l’ultimo rapporto redatto per la Confesercenti dal
Centro Studi e Ricerche sulla Legalità e Criminalità
Economica, in Italia, la
contraffazione è in grande crescita perché c’è un mercato che viene “tollerato”
dalle autorità pubbliche, che così danno all’opinione pubblica l’immagine di un
fenomeno sociale piuttosto che l’insieme di gravi reati penalmente perseguibili.
In conclusione, sono necessarie politiche di maggiore tutela dei marchi italiani ed
un investimento più consistente mirato alla crescita culturale verso un consumo
più consapevole.