La città vive di notte tra letteratura e arte

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La città vive di notte tra letteratura e arte
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Cultura e spettacoli
LIBERTÀ lunedì
Lunedì 23 giugno 2014
La maratona è partita dal Collegio Alberoni e ha toccato Palazzo Farnese,Galleria Ricci Oddi,Libreria Fahrenheit 451 e piazza Cavalli
▼OPERA PRIMA
A Brask il Premio
Kihlgren Cariparma
■ La biografia, sotto forma
A Piacenza
l’iniziativa
di Marcos y Marcos
PIACENZA - Hanno letto l’Eneide
e il Vangelo di Giovanni, ma
anche i racconti di Maurizio
Matrone e di Giancarlo Pagani, le storie relative al matrimonio di Elisabetta Farnese
con Filippo di Spagna e al tondo di Botticelli. Sono state letture notturne quelle che l’altra sera hanno tenuto banco
in diversi punti della città:
l’occasione l’ha offerta “Letti
di notte”, l’iniziativa di valorizzazione della lettura ideata
dalla casa editrice Marcos y
Marcos con Letteratura Rinnovabile in diverse città d’Italia.
Anche Piacenza ha deciso di
aderire al progetto e lo ha fatto con una serie di iniziative
originali che si sono svolte in
tre gallerie d’arte, in piazza
Cavalli e alla libreria Fahrenheit 451. Queste dunque
sono state le location di “Letti
di notte”, che ha messo insieme arte e letteratura: ecco allora che le letture, affidate a
personaggi d’eccezione legati
alla nostra città, hanno offerto
l’occasione di scoprire le collezioni che compongono il
ricco patrimonio artistico di
Piacenza.
Nel parco del Collegio Alberoni, nei pressi dell’antica
Specola Astronomica, si è
svolta la prima tranche di letture: in uno spazio decisamente suggestivo, le letture
hanno avuto la funzione di far
partire una caccia al tesoro, o
meglio all’opera della galleria.
Nello specifico a leggere alcuni passi tratti dall’Eneide, Alexandros di Manfredi, La sto-
Da sinistra:letture in piazza Cavalli,il parco del Collegio
Alberoni da dove è partito “Letti di notte”e Palazzo Farnese
La città vive di notte
tra letteratura e arte
Dall’Eneide agli autori piacentini: letture nei musei
Sopra:Mimmo Lacquaniti alla Galleria Ricci Oddi e Gian Pazzi alla Libreria Fahrenheit 451 (foto Franzini)
ria del cardinale Alberoni di
Rousseau, Vangelo di Giovanni e dal mito di Deucalione e
Pirra dello pseudo Apollodoro
sono stati il presidente del
consiglio comunale di Piacenza Claudio Ferrari, l’insegnante e consigliere comunale Lucia Rocchi, l’avvocato Salvatore Dattilo, il garante dei diritti
dei detenuti di Piacenza Romano Gromi e il presidente
dell’Ordine degli architetti di
Piacenza Giuseppe Baracchi.
La maratona di lettura è
continuata poi nel loggiato di
Palazzo Farnese, dove l’assessore Tiziana Albasi ha presentato la seconda tranche di letture curate dal sindaco Paolo
Dosi, dal direttore di Libertà
Gaetano Rizzuto, dal senologo
Giorgio Macellari e dal pittore
Armodio: a loro il compito di
leggere alcuni scritti relativi ad
opere esposte nella pinacoteca come il tondo di Botticelli
o ad alcuni episodi ritratti nei
quadri della collezione fra cui
le nozze di Elisabetta, le vicen-
de familiari ritratte da Gaspare Landi e le burrasche del
Brescianino e del Tempesta.
Infine alla Ricci Oddi la letteratura e l’arte si sono mescolate alla musica proposta
da alcuni studenti del Conservatorio “Nicolini”: a leggere
sono stati l’ex vice-questore di
Piacenza attualmente al ministero dell’Interno Gerolamo
Mimmo Laquaniti, il presidente dell’Ordine dei medici
Augusto Pagani, la scrittrice e
bibliotecaria della Passerini
Landi Giusy Cafari Panico e il
musicista e direttore del Conservatorio Lorenzo Missaglia,
che hanno fatto riecheggiare
nel chiostro della galleria i racconti di Matrone, Pagani,
Mazzucato e Bosonetto.
A completare la serata sono
state le letture vampire a sostegno di Avis svoltasi in piazza Cavalli e la performance di
Gian Pazzi alla Fahrenheit.
di romanzo, di un genio, per
ricostruire l’infanzia ricca di
scoperte, di desiderio di conoscere, di eccezionali capacità di apprendimento, ma
anche i tormenti del non riuscire mai, crescendo, a sentirsi a casa propria, complice
un’acuta sensibilità e le mille
ossessioni che un’intelligenza fuori dal comune sembrava enfatizzare, più che ridimensionare. Ma nel libro La
vita perfetta di William Sidis
del giornalista danese Martin
Brask, edito da Iperborea, si
esplorano anche i volti della
società statunitense tra fine
Ottocento, l’epoca dell’emigrazione Oltreoceano dei genitori ebrei ucraini, che sperimentarono sul figlio bambino prodigio innovative teorie pedagogiche, e il 1944, data della morte a 46 anni di colui che, giovanissimo, aveva
strabiliato una platea di matematici all’università di Harvard, dove si era poi laureato
appena sedicenne, per condurre in seguito un’esistenza
ritirata e piena di rinunce,
quasi a volersi nascondere
dal mondo sulla cui ribalta
internazionale era salito anzitempo. Eppure nell’avvincente volume, che si è aggiudicato il Premio speciale Edoardo Kihlgren Opera prima - Cariparma Crédit Agricole - per una letteratura europea, giunto alla sesta
edizione e assegnato al Museo diocesano di Milano, emerge anche quanto William
James Sidis (il nome completo era un omaggio al celebre
filosofo, amico di famiglia) avesse cercato di confrontarsi
direttamente con la questione delle lotte per i diritti dei
lavoratori, abbracciando il
socialismo, e la tragedia della prima guerra mondiale,
contro la quale professava un
convinto pacifismo. Ideali
che lo vedranno però presto
sconfitto, in un malinconico
e commovente tramonto segnato dall’isolamento e dalla
solitudine.
Anna Anselmi
Betty Paraboschi
LE PRIME DEL CINEMA
A CURA DI DAVIDE MONTANARI
Seymour Hoffman magistrale nella parte Clint Eastwood nostalgico fa rivivere
il gruppo musicale The Four Seasons
di un regista ossessionato dalla morte
◗◗ E’ stato presentato al Festival di
Cannes nel 2008, ma “Synecdoche,
New York”, ambizioso film esordio
dello sceneggiatore premio Oscar per “Se mi lasci
ti cancello” Charlie Kaufman, sembra quasi un testamento del grande attore protagonista di questa pellicola: Philip Seymour Hoffman, morto a
febbraio di quest’anno
per overdose. Hoffman
recita magistralmente la
catatonica parte di Caden
Cotard, regista teatrale
pieno di problemi ed ossessionato dalla morte.
Paura questa che gli farà
provare un continuo e costante
senso di smarrimento e di inutilità
del tutto (di cui lui è una parte) che
aumenta quando viene abbandonato dalla moglie Adele (Catherine
Keener) nota pittrice di microscopici ritratti. Adele lo lascia per andare a Berlino, portando con sé la
loro figlioletta, Olive (Sadie Goldstein). La sua psicologa, Madeleine
Gravis (Hope Davis), non è granché
tranne quando promuove i suoi libri.Tra mille sintomi Caden tenterà
una relazione con una donna, Hazel (Samantha Morton), ma niente
da fare. Ossessionato dal timore di
Philip Seymour Hoffman nel film
“Synecdoche,New York”
non avere più molto tempo davanti a sé, Caden decide di mollare tutto e di andarsene. Aspirando a
creare un’opera d’arte totale. Riunisce così un gruppo di attori in un
magazzino di New York e li dirige
in una sorta di rappresentazione
della banalità dell’esistenza, chiedendo a ciascuno di vivere una vita non propria, intercambiabile in
una serie di luoghi ricostruiti dove
la città viene ricostruita dentro il
microcosmo del teatro. Il titolo del
film,“Synecdoche, New York”, è un
gioco di parole fra Schenectady,
città statunitense dello stato di
New York in cui è ambienta la vicenda, e sineddoche, la figura retorica su cui il film sembra essere costruito.Tutto il film è carico poi di doppi sensi e
giochi di parole (es: il cognome del protagonista,
Cotard, è anche il nome di
una rara malattia neuropsichiatrica in cui il malato crede di essere morto).
Il racconto parte piano e
poi procede a balzi lungo
la linea del tempo, più o
meno lunghi, è costruito
a geometrie variabili tra
un continuo sali e scendi
di piani narrativi, magnifici alcuni, inconcludenti altri. Dove il teatro entra nella vita e
la vita nel teatro e la persona che
siamo, sembra quasi dirci il regista,
è la somma delle parti che abbiamo recitato, delle persone che abbiamo incontrato, degli amori che
non siamo riusciti a provare o delle
delusioni che abbiamo vissuto.
Synecdoche, New York di Charlie
Kaufman con Philip Seymour Hoffman, Samantha Morton, Michelle
Williams, Catherine Keener,Tom
Noonan, Emily Watson, Dianne
Wiest, Jennifer Jason Leigh, Hope
Davis
Al cinema Jolly
◗◗ Non ha la carica di “Gran Torino”
né la poesia sospesa de “I ponti di
Madison County”, ma “Jersey boys”
è comunque un film solido e lineare che assolve
bene il suo compito. Certamente il film più vintage e nostalgico che
l’84enne regista dagli occhi di ghiaccio Clint Eastwood abbia mai girato.
“Jersey boys”, ispirato all’omonimo musical che da 8
anni replica a Broadway, è
la storia (dalla formazione
al successo e dallo scioglimento all’ingresso nella
Hall of Fame) del gruppo
musicale dei ragazzi del
Jersey The Four Seasons e del suo
cantante solista: l’italo americano
Francesco Castellucci (noto col nome d’arte Frankie Valli), artista dalla
voce tenorile inconfondibile capace di un grandioso falsetto. Scoperto, fra rapine, un lavoro da barbiere
e amicizie con la mafia, nei sobborghi del New Jersey negli anni ‘50
da Tommy DeVito, già in sodalizio
musicale con Nick Massi, a cui presto si aggiunte il talento da scrittore di Bob Gaudio. I quattro negli
anni Sessanta conobbero la fama
internazionale grazie a successi come “Sherry”,“Rag Doll” e “Big girls
I protagonisti del film ““Jersey boys”
diretto da Clint Eastwood
don’t cry”. Anche se la canzone più
famosa rimane il pezzo da solista
per Valli “Can’t take my eyes off
you”. Eastwood, rompendo quella
che sembrava una tradizione consolidata a Hollywood, ha deciso di
non ingaggiare star famose per il
suo musical, ma di portare al cinema gli stessi ragazzi che a
Broadway hanno messo in scena
più di 300 rappresentazioni. Gli attori che cantano dal vivo sono
quindi John Lloyd Young (Valli), Erich Bergen (Gaudio), Michael Lomenda (Massi) e Vincent Piazza (De
Vito). Solo quest’ultimo non ha
preso parte al musical ed era già
noto per il suo ritratto del gangster
Lucky Luciano nella serie tv
“Boardwalk Empire”. Dal
musical Clint ha deciso di
trasferire anche uno stratagemma narrativo: gli attori bucano la “quarta parete” parlando direttamente alla macchina da
presa, quindi direttamente al pubblico. Così facendo ogni membro dei Four
Seasons racconta la storia
dal suo punto di vista.
Portare al cinema tutte
quelle canzoni che hanno
fatto parte della sua giovinezza era per Eastwood
un sogno perché la musica è sempre stata nel cuore del regista: nel
1982 Eastwood interpretò un cantante country nel film “Honkytonk
Man”, da lui stesso diretto. Nel 1988
diresse “Bird”, biografia del celebre
jazzista Charlie Parker e dal 2003 in
avanti compone personalmente le
colonne sonore dei suoi film, da
solo oppure in coppia con il figlio
musicista, Kyle.
Jersey boys di Clint Eastwood con
John Lloyd Young, Erich Bergen,
Michael Lomenda, Vincent Piazza e
Christopher Walken
Alle multisala Iris e Uci