Volgare figurativo italiano

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Volgare figurativo italiano
NASCITA DEL VOLGARE FIGURATIVO ITALIANO
Il termine “volgare” indica che ci troviamo nel XIII – XIV secolo, periodo in cui nasce in
Italia un linguaggio artistico che non è più medievale, non ha modelli in linguaggi di altre
culture ed è quindi totalmente originale. La situazione italiana dopo il 1000 è diversa da
quella di tutte le altre nazioni europee: non esiste uniformità culturale. Tra XII e XIII secolo
comincia a realizzarsi una cultura italiana, in seguito alla fine dell’universalismo
medievale. Uno dei luoghi più importanti di questo periodo è Palermo, dove Federico II
ha stabilito la sua corte e ha raccolto le migliori intelligenze di tutto il Mediterraneo. Qui si
sviluppa un’organizzazione di tipo burocratico: la volontà dell’imperatore, il cui potere è
centralizzato, si realizza attraverso funzionari che lo rappresentano, che spesso sono anche
intellettuali, oltre che consiglieri e amministratori. Essi scrivono poesie per la vita di corte,
non più in latino ma in volgare: nasce perciò la prima scuola poetica in volgare italiano.
L’imperatore inoltre era una grande committente di opere d’arte, poiché si sente l’erede
degli imperatori romani che avevano lasciato testimonianze nell’arte, soprattutto nella
scultura. Egli perciò comincia a cercare artisti in grado di realizzare sculture come quelle
dell’antica Roma; ad esempio, Nicola da Apulia.
Situazione della scultura
Dopo la caduta dell’impero romano la scultura era stata abbandonata, a causa dell’epoca
di dominio della Chiesa, la quale prediligeva le forme artistiche più innaturali e
simboliche, cioè pittura e mosaico. Inoltre la legge mosaica condannava gli idoli e la
scultura creava idoli. Ma la scultura non scompare: rimane infatti vincolata all’architettura,
nel bassorilievo, nel periodo del Romanico, in cui l’architettura diviene predominante su
tutte le altre forme di comunicazione artistica. Le immagini rappresentate hanno la
funzione di istruire i fedeli, ai cui sarebbe stato difficile far comprendere certi concetti in
altri modi. Avviene poi l’integrazione della scultura nell’architettura gotica attraverso le
cosiddette “statue colonna”, che non sono naturali perché non hanno dignità né
indipendenza. Tuttavia tra il 1225 e il 1250 vi è una progressiva perdita della rigidità e una
conquista dell’articolazione del corpo; attraverso la rappresentazione di una scena, finisce
l’isolamento dei personaggi. Avviene l’emancipazione della statua con il recupero dei
modelli classici: la colonna non impala più la figura, c’è il tentativo di rendere naturali i
personaggi, sebbene non vi sia un’esatta conoscenza delle proporzioni. I modelli classici
vengono superati con la definizione di un nuovo canone della scultura gotica. La stasi
gravitante viene trasformata in colpo d’anca (hanchement); vi sono stilizzazione,
proporzioni slanciate e volti sorridenti; possiamo riconoscere le sculture gotiche proprio
dalla caratteristica postura innaturale.
L’Italia
In Italia si può osservare una molteplicità di influenze sulle varie zone del paese.
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Nord: sostrato pre-romano, latino, franco-germanico;
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Venezia: bizantino, orientale;
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Centro: persistenza latina classica
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Roma: persistenza latina, mediorientale (per secoli si recarono a Roma sacerdoti
dalla Siria);
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Sud: greco-bizantino, arabo, normanno.
La scultura in Italia non è gravata da un’iconografia cristallizzata da una tradizione
secolare; quello italiano infatti è il primo codice artistico a raggiungere una propria
originalità. Inizialmente vi è un’integrazione della scultura nell’architettura romanica,
come nei bassorilievi del Duomo di Modena, opera di Wiligelmo, in cui non vi è una
distribuzione regolare delle figure; inoltre il corpo umano è rappresentato senza rispetto
delle proporzioni e della struttura anatomica. Nel Duomo di Fidenza (XIII secolo) le due
sculture all’entrata sono inserite in uno spazio e hanno una loro autonomia; sono libere e
non attaccate alla scena. Il panneggio è stilizzato, ma si vede che lo scultore sta cercando di
dare una forma naturale al corpo (lo vediamo particolarmente nel ginocchio), facendo
intuire la postura e la struttura del corpo.
Ricerca della naturalezza della figura inserita in una lunetta
La figura all’interno della lunetta aveva solitamente dimensioni simboliche e simmetria
(linguaggio tipico dell’Alto Medioevo). Ora si assiste ad un tentativo di farla apparire più
lontana in profondità. Nicola Pisano (1215 – 1284) recupera il modello classico: grazie alla
committenza di Federico II studia i modelli antichi rende così la figura umana di nuovo
naturale, integrando, nella Porta di Capua (1239) architettura e scultura con pari dignità.
La conquista della piena naturalezza all’interno della lunetta avviene in Toscana, regione
molto produttiva, specialmente a Lucca e Pisa. I modelli classici sono stati studiati e così si
riesce a inserire la figura in modo naturale all’interno della lunetta. Importante è il pulpito
(o pergamo) di Nicola da Pisano: esso viene utilizzato per leggere le Scritture, ma è anche
una “macchina iconografica” che trasmette significati. La forma esagonale è collegata
all’idea di perfezione; i leoni stilofori che reggono le colonne di porfido rappresentano il
livello naturale; poi ci sono evangelisti e profeti, cioè coloro che preparano l’umanità
all’arrivo della salvezza (sono il II livello); il III livello comprende i plutei (5 pannelli), in
cui sono presenti temi legati alla vita di Cristo (nascita, infanzia, predicazione, passione e
morte). Nella Natività (1260) le figure hanno struttura fisica possente e volume non
stilizzato. L’annunciazione è una tipica narrazione medievale in cui la sequenza di tempi
diversi veniva rappresentata nello stesso spazio compositivo. Queste opere venivano poi
spiegate da una persona, perché esse non erano abbellimento o lusso ma avevano una
funzione educativa. La naturalezza nella descrizione dei muscoli può essere vista anche
nell’ Adorazione dei Magi. Il modello per la rappresentazione di Maria è classico (Fedra con
Eros appoggiato alle sue ginocchia), così come il modello per la rappresentazione della
fortezza che è Ercole.
La statuaria gotica di Giovanni Pisano (1245 – 1318)
Era figlio di Nicola. Possiamo confrontare lo stesso tema scolpito da suo padre e da lui. Il
suo pulpito (pergamo di Pistoia) è più completo e ricco, con archi a sesto acuto. La Natività
del pulpito di Pistoia ha un forte contrasto tra ombre che crea apparentemente confusione
e tensione emotiva (le spinte contrastanti sono una caratteristica del gotico);
l’interpretazione è più tesa e drammatica. Nel pergamo della cattedrale (1302) vi è un
brulicare di figure e nella Deposizione i personaggi sono tutti tesi verso una parte.
Rielaborazione del canone gotico
Solitamente le statue gotiche hanno uno slancio dell’anca (come la Madonna di Fontenay,
1300). Giovanni Pisano crea qualcosa di molto più nervoso: il corpo della Madonna si
inarca per riprendere l’equilibrio per la spinta del bambino e nello stesso tempo rimane col
viso vicino al bambino (crea tensione). Arnolfo di Cambio (1245 – 1310) crea una struttura
monumentale e naturalistica della figura umana, con attenzione veristica. Si basa su alcuni
modelli precedenti: il ritratto dell’abate Guglielmo da Volpiano (poco naturalistico), i
modelli della scultura funeraria d’oltralpe che idealizzavano il tipo regale, reso in modo
naturalistico ma non individualistico (Eleonora d’Aquitania e Plantageneti, XIII secolo).
Arnolfo rappresenta il cardinale de Braye in modo che sembri quasi un calco di cera.
Le statue romaniche non hanno forme anatomiche ben definite, ma Arnolfo rappresenta il
ritratto di papa Bonifacio VIII con forme definite e Carlo I d’Angiò con un viso
completamente somigliante, senza idealizzarlo.
L’evoluzione della pittura
L’inizio dell’arte italiana si manifesta soprattutto nella scultura, che era stata trascurata; la
pittura, invece, è stata praticata durante tutto ilo medioevo e perciò codificata, risentendo
di una tradizione molto forte, in iconografie e regole precise. Dopo l’anno 1000 diviene
inoltre importante il contatto con l’arte greco-bizantina, che influenzerà sempre più l’arte
italiana, in particolare in seguito alla quarta crociata (1204), quando giunge in Italia una
gran quantità di opere bizantine, il cui linguaggio artistico sarà ripreso dagli artisti italiani.
I temi fondamentali nella pittura di questo periodo sono: i crocefissi e la maestà della
Madonna.
I crocefissi: evoluzione dell’iconografia
Generalmente i crocefissi erano molto grandi, dipinti, spesso sospesi a mezz’aria
all’interno di un luogo sacro. Gli scomparti venivano aggiunti in seguito e contenevano
scene collegate alla vita di Cristo; la cimasa (in alto) conteneva la raffigurazione
dell’Annunciazione; il piede (o calvario) la rappresentazione di Maria Maddalena. Un
tema particolarmente diffuso in questo periodo è quello del Christus Triumphans, cioè
trionfante perché vince sulla morte: in questo caso il suo sguardo non dimostra sofferenza
e i suoi occhi sono aperti; egli trasmette un messaggio di speranza. Questi crocefissi sono
caratterizzati da: distribuzione simmetrica dei personaggi, frontalità del personaggio
principale, riduzione dei personaggi secondari attraverso il dimensionamento simbolico e
non naturalistico. Si veda ad esempio il Christus Triumphans di Sarzana (1138) o quello di
Berlinghieri (1210-20), dove sono evidenti la forte stilizzazione, il ventre tripartito e il
bacino che tende a ruotare verso destra; da notare il fatto che sia stato creato a Lucca, città
in cui forte era lo sviluppo della borghesia, che investiva in opere d’arte. Il secondo tema è
quello del Christus Patiens (inizio XIII secolo), ossia il Cristo morto che trasmette un
messaggio di sofferenza e induce al pentimento, affinché la sua morte serva a qualcosa.
Troveremo quindi occhi chiusi e testa reclinata, e stilizzazione soprattutto nel ventre
tripartito (ad es. il crocefisso del Maestro Bizantino, 1230, Pisa). Con Giunta Pisano (1230 e
1250) vi è già un’importante differenza: mentre per i bizantini il Cristo era eretto, ora vi è
una proiezione dei fianchi sul lato destro, affinché possa essere rappresentato lo spasmo
della morte; si cerca perciò di introdurre un elemento di drammaticità per mezzo della
contrazione e, spesso, del chiaroscuro e della deformazione espressiva del volto. Nel
crocefisso di Coppo di Marcovaldo (1261) sono ancora più accentuati il dolore e le rughe: il
linguaggio tradizionale viene deformato per creare un effetto coinvolgente sugli spettatori.
Un ulteriore passo in avanti viene compiuto da Cimabue, che passa ad un uso naturalistico
del chiaroscuro, rendendo possibile l’effetto tridimensionale. La pancia non è “a righe” ma
naturale, il panno permette di vedere le forme sottostanti: vi è senso del volume e della
massa del corpo. In seguito Giotto compie una rivoluzione: introduce per la prima volta il
peso di una persona morta. Proprio con Giotto comincia il codice figurativo italiano,
caratterizzato da maggiore naturalezza.
Evoluzione della maestà della Madonna
Riguardo all’iconografia della Madonna, gli antecedenti possono essere trovati nelle
antiche rappresentazioni della Mater Matuta etrusca o della Dea Madre in generale; da qui
viene inoltre ripresa la simbologia della sfinge accanto al trono: essa rappresenta la
conoscenza. La figura della Madonna ha assimilato infatti caratteristiche delle grandi dee,
come Venere o Iside, portando su di sé tutte le peculiarità delle figure femminili
precedenti appartenenti al mondo pagano. I prototipi fondamentali sono le icone dell’alto
medioevo, in cui spesso la Madonna era rappresentata con stilizzazione e con
caratteristiche poco sensuali. Subendo l’influenza dell’arte bizantina il tema della maestà
della Madonna assume caratteristiche ben precise: si diffonde l’asse di simmetria, la figura
è perfettamente frontale, c’è dimensionamento simbolico, l’espressione della Madonna è
ieratica. L’elaborazione toscana del ‘200 segue alcune fasi, qui sotto elencate.
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1250: Margaritone d’Arezzo. Modello bizantino innaturale, i santi sono disposti col
dimensionamento simbolico.
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1261: Coppo di Marcovaldo. Umanizzazione nel rapporto, rottura di frontalità e
simmetria.
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1240-1302: Cimabue. Tentativi di resa naturalistica. La Madonna sembra un po’ più
espressiva e comincia uno scaglionamento dei corpi in profondità.
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Giotto. Crea cose nuove: dà volume creando una specie di edicola che contiene la
donna; dà quindi l’idea della rotazione che rende la postura più naturale, anche se
vengono conservati il dimensionamento simbolico e la simmetria. Da notare il
manto blu della Madonna, che sembra riflettersi sulla tunica bianca dell’angelo. Ciò
significa che Giotto si è posto il problema dell’effetto della luce, anche sui colori.