Spettroscopia gamma

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Spettroscopia gamma
Spettroscopia gamma
M-Nicolae Dascalu
1
Introduzione
Lo scopo di questa esperienza1 è l’acquisizione di una
certa familiarità con la spettroscopia gamma attraverso la tecnica dei rilevatori a scintillazione NaI(Tl)
utilizzata per lo studio di alcune caratteristiche del
decadimento gamma di diversi isotopi radioattivi.
2
Considerazioni generali
Ricordiamo per completezza che i raggi gamma, scoperti nel 1900 da Paul Villard, sono una forma di
radiazione elettromagnetica prodotta da transizioni
nucleari e di tutte le forme di radiazione elettromagnetica, hanno le più brevi lunghezze d’onda e la più
grande energia. A causa della minor tendenza ad interagire con la materia, essendo essi fotoni, sono più
penetranti della radiazione particellare prodotta dalle
altre forme di decadimento.
2.1
Figura 1: Diagramma a blocchi per un sistema di
rilevamento a scintillazione
giungono l’anodo. L’anodo è collegato ad un sensibile
preamplificatore di carica che converte la carica raccolta ad un impulso in tensione ad essa proporzionale.
L’impulso preamplificato viene in seguito modellato e
amplificato da un amplificatore lineare prima che la
trasformazione continui. L’altezza dell’impulso finale
in tensione è proporzionale all’energia dei raggi gamma assorbita nel cristallo. Un analizzatore di altezza
impulso misura l’altezza di ogni impulso di ingresso e
un numero di canale corrispondente viene calcolato.
Rilevatore a scintillazione
Un diagramma a blocchi per un tipico sistema di rilevamento a scintillazione è mostrato in Figura 1. Il
rivelatore a scintillazione NaI(Tl) è illustrato in Figura 2. Attraverso vari processi, che discuteremo più
avanti, un raggio gamma che passa nel cristallo può interagire con esso creando fotoni di scintillazione. Per
rilevare i fotoni di scintillazione il cristallo NaI si trova accanto ad un tubo fotomoltiplicatore. Il rilevatore(cristallo e tubo fotomoltiplicatore) è racchiuso dentro una carcassa cilindrica riflettente ed è circondato
da piombo denso minimizzando cosı̀ gli effetti della
radiazione di fondo. Il tubo fotomoltiplicatore consiste di un fotocatodo seguito da una serie di dinodi(elettrodi impiegati in serie, ognuno con un potenziale maggiore di quello precedente) che termina con
un anodo collettore. Mediante l’effetto fotoelettrico
tra fotoni di scintillazione e elettroni del fotocatodo
avviene un’espulsione di fotoelettroni. Una sorgente
ad alta tensione e una catena di resistori accelerano i
fotoelettroni dal catodo al primo dinodo, dal primo dinodo al successivo e dal dinodo finale all’anodo. Ogni
elettrone incidente colpisce un dinodo con sufficiente
energia per espellere intorno 5-10 elettroni secondari. Per ogni fotoelettrone iniziale, entro la fine della
catena, ci sono sull’ordine di 106 elettroni che rag-
Dopo che molti impulsi di varie grandezze sono stati elaborati, un grafico dei conteggi in ciascun canale
rispetto al numero del canale può essere visualizzato
per mostrare la distribuzione delle altezze degli impulsi. Questa distribuzione può essere interpretata come
il grafico: numero di fotoni gamma rispetto l’energia
dei fotoni gamma provenienti dalla sorgente, cioè lo
spettro della sorgente radioattiva.
2.2
Interazione dei fotoni con la materia
A questo punto è evidente che una conoscenza dei processi fondamentali tramite cui un fotone interagisce
con la materia risulta essenziale per la comprensione
della risposta di un rivelatore a scintillazione.
Sono tre i processi primari, tutti descritti da funzioni continue di energia del fotone, medianti quali i fotoni interagiscono con la materia: effetto fotoelettrico, effetto Compton e produzione di coppie
elettrone-positrone.
1 Visto che si tratta di un’esperienza a scopo didattico è opportuno segnalare che abbiamo inserito nella relazione elementi
che in generale sono omessi nelle relazioni scientifiche moderne.
1
Figura 2: Schema di un rivelatore NaI(Tl) mostrando varie interazioni dei raggi gamma
Effetto fotoelettrico
derati essenzialmente liberi. Dalle leggi di conservazione dell’energia e dell’impulso, si ottiene la formula
di Compton che fornisce l’energia del fotone diffuso
hν 0 in funzione dell’energia del fotone incidente hν e
dell’angolo di diffusione θ :
Nel processo fotoelettrico essenzialmente tutta l’energia del fotone iniziale viene assorbita da un elettrone
legato all’atomo. Se l’energia del fotone incidente supera l’energia di legame degli elettroni situati sul livello energetico K, l’interazione avviene principalmente con gli elettroni situati su questo livello altrimenti
con quelli situati sui livelli energetici più alti. Poiché
l’energia di rinculo del nucleo Er e l’energia di legame B sono in generale trascurabili se confrontati con
l’energia cinetica dell’elettrone liberato Ee , si ha:
hν 0 =
hν
1 + (1 − cos θ)
hν
mo c2
(2)
dove per un elettrone mo c2 = 0.511 MeV e l’energia
cinetica Te dell’elettrone Compton è data da:
Er + Ee + B = Eγ e Er + B Ee ⇒ Ee ∼
= Eγ (1)
Te = hν − hν 0
L’atomo cosı̀ eccitato si diseccita emettendo raggi-X
che sono in generale assorbiti in un secondo processo
fotoelettrico, mentre l’elettrone liberato perde la sua
energia eccitando e ionizzando altri atomi del cristallo. Dato che tutta questa serie di eventi accade in
un tempo relativamente piccolo rispetto i tempi degli
altri processi che avvengono nel rilevatore, l’effetto fotoelettrico è l’interazione più probabile per depositare
il 100% dell’energia dei fotoni gamma nel rilevatore.
La probabilità che un evento Compton si verifichi varia con Z/A del materiale assorbente e dipende poco dall’energia del fotone incidente. Inoltre, essendo tutti gli angoli di diffusione θ equiprobabili risulta che lo spettro energetico dell’elettrone Compton si espande da energia nulla(θ = 0◦ ) all’energia
massima(θ = 180◦ ) che è più piccola dell’energia del
fotone incidente.
(3)
Produzione di coppie elettrone-positrone
Effetto Compton
La terza interazione succede per mezzo della produzione di coppie elettrone-positrone. In presenza del
forte campo elettrico prodotto dal nucleo, nella sua
L’effetto Compton è una collisione puramente cinematica tra fotoni incidenti e elettroni che sono consi2
vicinanza, un fotone gamma può creare una coppia
elettrone-positrone affinché la sua energia superi il
1.022 MeV(l’energia a riposo di un elettrone e positrone). L’energia del fotone in eccesso diventa energia
cinetica dell’elettrone e del positrone. Questa energia cinetica viene assorbita rapidamente nel cristallo
e quando il positrone arriva a energia cinetica quasi
nulla annichilisce con un elettrone producendo due fotoni di annichilazione che hanno 0.511 MeV di energia
ognuno. La serie di eventi descritta si verifica ai fini
Figura 4: Spettro di una sorgente radioattiva monocromatica
ai fotoni gamma emessi, è importante rendersi conto
che solo una frazione dei fotoni gamma interagisce con
lo scintillatore. Molti non interagiscono affatto e semplicemente passano attraverso lo scintillatore. Inoltre,
quando un fotone gamma interagisce, la dimensione
dell’impulso rivelato dipende dal tipo di interazione
che avviene, poiché l’energia del fotone gamma viene
depositata totalmente o solo parzialmente nello scintillatore proprio in funzione del tipo di interazione.
Per una data quantità di energia depositata nello scintillatore, l’altezza impulso di uscita sarà ben definita
ma ogni impulso non sarà esattamente della stessa dimensione. A causa di variazioni statistiche nella produzione e raccolta di fotoni, la produzione di fotoelettroni e la moltiplicazione degli elettroni, le altezze
degli impulsi mostreranno una distribuzione dei valori
con certe altezze degli impulsi più grandi e altre inferiori alla media. Variazioni tipiche per il rivelatore a
scintillazione NaI(Tl) sono nell’intervallo di 5 − 10%.
Figura 3: L’interazione dei raggi gamma nel rilevatore
NaI(Tl) in funzione dell’energia dei fotoni
pratici istantaneamente. Se entrambi i fotoni di annichilazione vengono assorbiti, l’energia totale assorbita
sarà l’energia del fotone originale e l’evento contribuirà al fotopicco. Tuttavia, a volte uno o entrambi dei fotoni scappa dal cristallo e compaiono piccoli
picchi(chiamati picchi di singola o doppia fuga) 0.511
MeV o 1.022 MeV sotto il fotopicco.
In Figura 4 è mostrato un tipico spettro di una sorgente radioattiva monocromatica. Il fotopicco è il risultato dell’interazione fotoelettrica dei fotoni gamma
nel cristallo che depositano tutta l’energia nel rivelatore. Se l’energia dei fotoni gamma supera il livello di
1.022 MeV bisogna considerare anche la produzione di
coppie come abbiamo già discusso nel paragrafo 2.2
In Figura 3 sono mostrati le sezioni d’urto per l’effetto fotoelettrico, l’effetto Compton, la produzione di
coppie e l’interazione totale dei fotoni nel rivelatore
a scintillazione NaI(Tl). Si nota che mentre per le
sorgenti radioattive che emettono fotoni gamma con
energia minore di 1.022 MeV la produzione di coppie
non si verifica neanche, per energia dei fotoni gamma
maggiore di 5 MeV diventa l’interazione predominante
dei fotoni gamma della sorgente nel rivelatore.
2.3
Il Compton plateau(la regione relativamente piatta
che si estende dal Compton edge a energie più basse) si verifica quando i fotoni gamma interagiscono
con il cristallo nel rilevatore. L’energia dell’elettrone
Compton è depositata nel rivelatore mentre il fotone
disperso scappa dal rilevatore e non viene rilevato. Il
picco backscatter è dovuto ai fotoni gamma che sono dispersi a un grande angolo(∼
= 180◦ ) nel materiale
circostante il rilevatore e in seguito entrano nel scintillatore notevolmente ridotti in energia dove sono assorbiti dal cristallo. La somma dell’energia del picco
backscatter e del Compton edge è uguale all’energia
del raggio gamma incidente.
Spettro di una sorgente radioattiva
monocromatica
Per comprendere lo spettro della sorgente radioattiva,
cioè la distribuzione dell’altezza dell’impulso associato
3
Oltre all’energia dei raggi gamma e le interazioni che
subiscono nel rivelatore i fattori elettronici possono
determinare le dimensioni degli impulsi in tensione
misurati. A causa dei molti stadi di moltiplicazione dell’elettrone, le altezze degli impulsi sono molto
sensibili alla tensione di alimentazione del tubo fotomoltiplicatore che di conseguenza bisogna essere molto stabile. Naturalmente, il guadagno del processo di
amplificazione vincola le dimensioni complessive degli
impulsi.
3
che i strumenti hanno mantenuto constanti i parametri di funzionamento durante la presa dati. Possiamo stimare l’errore sul centroide dei fotopicchi usando la media delle due stime delle deviazioni standard
corrispondenti alle misure fatte sui due fotopicchi del
60
Co.
σ1 + σ2 ∼
σC =
= 0.8 canali
2
Tuttavia abbiamo almeno due motivi per non utilizzare questo valore. Per primo questo è un’incertezza
dovuta alle fluttuazioni casuali associate alle misure
ripetute. Di norma questo tipo di incertezza si tiene sopra l’incertezza di risoluzione della misura. Secondo, l’incertezza maggiore è data dalla difficoltà di
stabilire l’intervallo dove poi viene calcolato il centroide e dal metodo usato per stabilire la posizione
del centroide.
Strumentazione
La tecnica usata è quella dei rivelatori a NaI(Tl) letti
da un fotomoltiplicatore. Il rivelatore usato durante
l’esperienza è il rivelatore NanoSPEC(φ = 50.8 mm)
letto tramite un cavo seriale ed alimentato tramite un
trasformatore esterno. Si tratta di un sistema molto
compatto, controllato completamente da PC, in cui
l’alimentazione del fotomoltiplicatore, il preamplificatore, l’amplificatore ed il multicanale sono integrati.
Il software di acquisizione usato è winTMCA32.
4
Di conseguenza, per la stima dell’errore sul centroide
dei fotopicchi abbiamo deciso di utilizzare il valore di
σC = 3 canali.
4.2
Analisi dei dati ottenuti
Per fare la calibrazione di energia del multicanale, visto che non realizziamo lavoro di precisione, abbiamo
preso come relazione funzionale tra i canali e l’energia
una relazione lineare. Per tener conto degli effetti di
non-linearità che hanno un contributo maggiore all’estremo inferiore dell’intervallo di calibrazione useremo due calibrazioni diverse per due intervalli diversi
di energia.
La tensione di alimentazione HV=+455 V ed il guadagno di amplificazione G=1, impostati con winTMCA32, sono stati mantenuti costanti durante l’interra
esperienza.
4.1
Stima dell’errore sul centroide dei
fotopicchi
Calibrazione del multicanale
per basse energie
Le misure ripetute necessarie per stimare l’errore sulla posizione del centroide dei fotopicchi sono riportate
nella Tabella 1. L’ultima misura presente nella tabel-
I fotopicchi usati per fare la calibrazione per basse
energie(energie fino a 150 keV) sono riportati nella
Tabela1 2. Indicando con Eb l’energia(bassa) associa-
Tabella 1
Sorgente
radioattiva
60
Co
i
Centroide 1
(canale)
Centroide 2
(canale)
1
685
769
2
684
768
3
684
770
4
685
769
5
683
768
6
684
768
7
684
769
8
683
770
9
683
768
10
683
769
*
684
770
Calibrazione del multicanale
Tabella 2
Sorgente
radioattiva1
Energia
(keV)
Centroide
(canale)
Pb
75
84
511
329
622
411
22
Na
137
Cs
ta al canale C, la retta di calibrazione, ottenuta con
un chi quadrato ridotto corrispondente a un grado di
libertà χ
e2ob = 0.31, è data da:
Eb (C) = (−76 ± 7) + (179 ± 2) 10−2 · C (keV) (4)
1 Ovviamente il Pb non è una sorgente radioattiva. Tuttavia
è stato inserito nella tabella in quanto il picco corrispondente
ai raggi-X emessi dalla schermatura di Pb è il picco di più
bassa energia che abbiamo avuto a disposizione per calibrare
il multicanale nella regione delle energie minori di 150 KeV.
la ha semplicemente ruolo di verifica per controllare
4
Calibrazione del multicanale
per alte energie
gamma emessi dalla sorgente sconosciuta durante il
decadimento:
I fotopicchi usati per fare la calibrazione per alte energie(energie maggiori di 150 keV) sono riportati nella
Tabela 3. Indicando con Ea l’energia(alta) associa-
EX = (0.66 ± 0.01) MeV
Confrontando il valore di energia ottenuto con le tabelle1 delle sorgenti radioattive possiamo capire quale
è la sorgente sconosciuta.
Tabella 3
Sorgente
radioattiva
22
Na
137
Energia
(keV)
Centroide
(canale)
511
329
Cs
622
411
60
Co
1170
684
22
Na
1275
737
60
Co
1330
770
Dal punto di vista della compatibilità energetica della radiazione gamma abbiamo due elementi
chimici(137 Cs e 137m Ba, tutti due emettono fotoni
gamma di 661.5 keV) che superanno il test di Gauss:
zoX = 0.13 ⇒ P [|z| > zoX ] = 90%
Però, considerando il tempo di dimezzamento(137m Ba
- 2.55min e 137 Cs - 30.2anni) si conclude che la sorgente sconosciuta è molto probabilmente il 137 Cs,
visto che l’alternativa 137m Ba è molto improbabile(implicherebbe che la sorgente è stata preparata
alcune ore prima dello svolgimento dell’esperienza).
ta al canale C, la retta di calibrazione, ottenuta con
un chi quadrato ridotto corrispondente a tre gradi di
libertà χ
e2oa = 0.31, è data da:
In Figura 6 è mostrato lo spettro acquisito della radiazione di fondo. Questo presenta un piccolo fotopicco
con centroide CF = 834 canali. L’energia associata a
Ea (C) = (−103 ± 8) + (186 ± 1) 10−2 · C (KeV) (5)
Le probabilità di ottenere un valore maggiore del chi
quadrato ridotto al valore effettivamente osservato per
le due calibrazioni sono:
2
P χ
eb > χ
e2ob = 57%
2
P χ
ea > χ
e2oa = 83%
Poiché queste probabilità superano ampiamente i livelli di significatività convenzionali(5% o 1%) possiamo dire che le due rette di calibrazione sono in accordo
con i dati sperimentali.
4.3
Identificazione di una sorgente
sconosciuta
Figura 6: Spettro della radiazione di fondo
In Figura 5 è mostrato lo spettro acquisito della sorgente sconosciuta. Questo presenta un unico fotopicco con centroide CX = 411 canali. Utilizzando la
questo risulta2 essere:
EF = (1.45 ± 0.2) MeV
Abbiamo come possibile responsabile della radiazione di fondo il 40 K. Questo emette fotoni gamma di
energia pari a 1460.8 keV, ha per tempo di dimezzamento il valore di 1.3 · 109 anni e supera anche il test
di Gauss:
zoF = 0.60 ⇒ P [|z| > zoF ] = 55%
1 Le
tabelle presente alla fine del Manuale Tennelec
è sottointeso che abbiamo usato la calibrazione per determinare l’energia corrispondente al fotopicco. Se non specificato diversamente è da sottintendere, da
ora in avanti, che è stata usata una delle due rette di calibrazione (4) o (5) per determinare l’energia associata al picco
in esame, in funzione della zona di energia in quale questo si
trova.
2 Naturalmente,
Figura 5: Spettro della sorgente sconosciuta
retta di calibrazione (5) si ottiene l’energia dei fotoni
5
Figura 7: Spettro della sorgente
4.4
Studio1 degli spettri di varie sorgenti
gamma
Sorgente
22
22
Na
Il decadimento beta popola con probabilità del 99.95%
il primo livello eccitato del nucleo figlio 22 Ne* ad
energia di eccitazione 1.275MeV:
Na
β+ :
Lo schema semplificato del decadimento del nucleo
22
Na è mostrato in Figura 8. Principalmente, esso decade beta: β + e ε - cattura elettronica, con un tempo
di dimezzamento di 2.6 anni.
ε:
22
11 Na
22
11 Na
∗
+
→22
10 Ne + e + νe
∗
+ e− →22
10 Ne + νe
Tale stato eccitato decade tramite emissione gamma
con una vita media di 3.7 ps direttamente allo stato
fondamentale del 22 Ne:
∗
22
10 Ne
→22
10 Ne + γ 1.275 MeV
Una frazione molto piccola(0.05%) decade β +
direttamente allo stato fondamentale del 22 Ne:
β+ :
22
11 Na
+
→22
10 Ne + e + νe
Tuttavia, nello spettro della sorgente 22 Na la caratteristica più visibile non è però il fotopicco a 1.275 Mev,
ma un altro fotopicco a 0.511 MeV.
Questo è dovuto al fatto che il positrone emesso nel
decadimento β + perde la sua energia nel materiale
che costituisce la sorgente e, una volta a riposo nella
presenza di un elettrone, si annichila emettendo due
fotoni, collinearmente in direzioni opposte per conservazione della quantità di moto, con energia pari a
0.511 MeV ognuno:
Figura 8: Schema semplificato del decadimento del
nucleo 22 Na
1 Studiare con una calibrazione uno spettro che contiene anche i fotopicchi usati per la calibrazione stessa del multicanale
non è il metodo standard di operare. Tuttavia, per mancanza
di sorgenti nel laboratorio faremo esattamente cosı̀. Questo è
giustificato dallo scopo didattico dell’esperienza.
e+ + e− → 2γ 0.511 MeV
Quindi, i fotoni gamma emessi della sorgente presentano due valori energetici. Conoscendo questi valori,
6
Tabella 4
P [|z| > zo ]
Eteor
C
σC
E
σE
(MeV)
(canali)
(canali)
(MeV)
(MeV)
X-rays Pb
0.075
84
3
0.074
0.009
0.06
95
Backscatter1
0.170
149
5
0.17
0.01
0.33
74
Backscatter2
0.213
160
5
0.20
0.01
1.39
30
Compton edge1
0.341
230
10
0.33
0.02
0.73
47
Compton edge2
1.062
630
15
1.07
0.03
0.30
76
Photopeak1
0.511
329
3
0.51
0.01
0.08
94
Photopeak2
1.275
737
3
1.27
0.01
0.30
76
Sorgente
22
Na
le equazioni (2) e (3) permettono di calcolare i valori
teorici per i picchi Backscater ed i Compton edge.
zo
(%)
Tutte le misure trasformate anche in energia usando la calibrazione del multicanale sono riportate nella
Tabella 4, insieme ai valori teorici e i Test di Gauss
corrispondenti.
In Figura 7 è mostrato lo spettro acquisito1 in laboratorio della sorgente 22 Na. Questo presenta entrambi
fotopicchi attesi e dato che i due fotoni gamma sono
ben separati in energia entrambi i Compton edge sono
ben visibili. Inoltre, per lo stesso motivo si riescono a
distinguere anche i due picchi Backscatter, se si fa uso
di un’opportuna funzione di smooth come mostrato in
Figura 9. Naturalmente, è presente anche il picco dovuto all’emissione di raggi-X nella transizione Kα del
piombo.
Sorgente
137
Cs (C33)
Lo schema semplificato del decadimento del nucleo
137
Cs è mostrato in Figura 10. Esso decade β − con
un tempo di dimezzamento di 30.17 anni.
Figura 10: Schema semplificato del decadimento del
nucleo 137 Cs
Con una probabilità di 94.6% il nucleo 137 Cs decade
β − nel nucleo figlio metastabile 137m Ba, mentre con
una probabilità di 5.4% decade β − direttamente allo
stato fondamentale del 137 Ba:
Figura 9: Smooth e zoom applicato allo spettro della sorgente 22 Na centrato nella regione di
Backscatter.
β− :
β− :
137
55 Cs
137
55 Cs
→137m
Ba + e− + ν¯e
56
−
→137
56 Ba + e + ν¯e
Lo spettro della sorgente 22 Na è l’unico spettro di una
sorgente non monocromatica acquisito durante l’esperienza dove si riescono a identificare molto bene tutte
le caratteristiche in quanto queste sono ben separate
in energia e non si sovrappongono.
Lo stato metastabile 137m Ba decade con un tempo di
dimezzamento di 2.55 min allo stato fondamentale del
137
Ba emettendo fotoni gamma di energia pari a 0.662
MeV.
137m
Ba∗ →137
56
56 Ba + γ 0.662 MeV
1 Gli spettri acquisiti in laboratorio con il software winTCMA32 sono stati esportati in Wolfram Mathematica per lo
svolgimento ulteriore dell’analisi dati.
Si nota che l’emissione gamma avviene solo per
l’85.1% delle disintegrazioni poiché è possibile la transizione dallo stato metastabile allo stato fondamentale per conversione interna senza emissione di fotoni
7
Figura 11: Spettro della sorgente
137
Cs (C33)
gamma, però con emissione di raggi-X associati agli
elettroni di conversione. Quindi, 137 Cs è una sorgente
monocromatica di radiazione gamma.
precedente.
In Figura 11 è mostrato lo spettro acquisito in laboratorio della sorgente 137 Cs (C33). Questo presenta
le caratteristiche standard di una sorgente radioattiva
monocromatica: fotopicco, picco Backscater, Compton plateau e Compton edge più due picchi nella regione dei raggi-X. Uno è dovuto alla presenza della
schermatura del piombo mentre l’altro è dovuto all’emissione di raggi-X che accompagna gli elettroni di
conversione nella transizione del 137m Ba in 137 Ba.
Lo schema semplificato del decadimento1 del nucleo
60
Co è mostrato in Figura 13. Esso decade β − con un
tempo di dimezzamento di 5.27 anni. Principalmente,
esso decade β − nello stato eccitato del nucleo figlio
60
Ni con energia di eccitazione 2.506 MeV, che ha un
tempo di dimezzamento molto piccolo, di circa 0.3 ps:
Sorgente
β− :
60
27 Co
60
Co (C24)
∗∗
→60
+ e− + ν¯e
28 Ni
Segue un decadimento con emissione gamma a cascata attraverso uno stato intermedio a energia di eccitazione 1.332 MeV e tempo di dimezzamento molto
Le misure trasformate anche in energia usando la calibrazione del multicanale sono riportate nella Tabella 5, insieme ai valori teorici e i Test di Gauss corrispondenti. Si nota la posizione del picco Backscatter
che è molto simile a quella ottenuta per la sorgente
1 Il decadimento del 60 Co ha una notevole importanza storica, in quanto è stato usato in un famoso esperimento nel 1957
da C.S. Wu e i suoi collaboratori in quale hanno dimostrato la
non conservazione della parità prevista nel 1956 da T.D. Lee e
C.N Yang per le interazioni deboli.
Tabella 5
C
σC
E
σE
(MeV)
(canali)
(canali)
(MeV)
(MeV)
X-rays Pb
0.075
84
3
0.074
0.009
0.06
95
Backscatter
0.184
160
10
0.20
0.02
0.52
61
Compton edge
0.478
310
10
0.47
0.02
0.14
89
Photopeak
0.662
411
3
0.66
0.01
0.09
94
137
Cs (C33)
8
zo
P [|z| > zo ]
Eteor
Sorgente
(%)
Figura 12: Spettro della sorgente
Co (C24)
come un unico evento dando luogo a un nuovo picco nello spettro della sorgente 60 Co chiamato picco
somma. Discuteremo questo effetto più avanti nel
paragrafo 4.7.
piccolo anche esso, di circa 0.9 ps:
∗∗
60
28 Ni
∗
60
28 Ni
60
∗
→60
28 Ni + γ 1.173 MeV
→60
28 Ni + γ 1.332 MeV
In Figura 12 è mostrato lo spettro acquisito in laboratorio della sorgente 60 Co (C24). Questo presenta
entrambi fotopicchi attesi e dato che i due fotoni gamma hanno energie relativamente elevate e non molto
diverse tra di loro i picchi Backscatter corrispondenti
ai due fotoni sono sovrapposti e non si riesce a distinguerli con la risoluzione a disposizione. Perfino le due
Compton edge non sono distinguibili, però in questo
caso la ragione è diversa, avendo da fare con il tempo
di acquisizione dello spettro della sorgente. Come al
solito è presente anche il picco nella regione dei raggiX dovuto alla schermatura di piombo. Il picco somma
non è visibile in quanto è fuori scala.
Essendo la vita media dello stato intermedio molto breve i due fotoni vengono emessi praticamente
in coincidenza. Questo fa che a volte i due eventi
Le misure trasformate anche in energia usando la calibrazione del multicanale sono riportate nella Tabella 6, insieme ai valori teorici e i Test di Gauss corrispondenti. I dati riportati per le due Compton edge1 (segnati con * ) sono stati presi dallo spettro acquisito per lo studio del picco somma della stessa sorgente 60 Co, mostrato nella Figura 19. Facendo questo
abbiamo tentato di evidenziare che la ragione presentata prima per l’indistinguibilità delle due Compton
edge nello spettro mostrato in Figura 12 è valida, cioè
Figura 13: Schema semplificato del decadimento del
nucleo 60 Co
1 Certamente questo non è il modo standard di operare,
però come già segnalato più volte fin’ora questo può essere
giustificato dallo scopo didattico dell’esperienza.
collegati all’emissione dei due fotoni vengono rilevati
9
Tabella 6
Eteor
C
σC
E
σE
(MeV)
(canali)
(canali)
(MeV)
(MeV)
X-rays Pb
0.075
85
3
0.076
0.009
Backscatter1
0.210
Backscatter2
0.214
180
8
0.23
0.02
*
Compton edge1
0.960
555
25
0.93
*
Compton edge2
1.116
620
25
Photopeak1
1.173
684
Photopeak2
1.332
770
Sorgente
60
Co (C24)
zo
P [|z| > zo ]
(%)
0.06
95
1.31
19
1.04
29
0.05
0.60
55
1.05
0.05
1.31
19
3
1.17
0.01
0.14
89
3
1.33
0.01
0.15
88
alle tre sorgenti analizzati fin’ora(22 Na,137 Cs e
è abbastanza ristretto.
per un tempo di acquisizione opportuno si riescono a
distinguere l’entrambe Compton edge in quanto sono ben separate in energia relativamente alla risoluzione che abbiamo a disposizione. Per tener conto
dell’errore sistematico introdotto da questo approccio
abbiamo assegnato un errore maggiore su queste due
misure.
Sorgente
57
60
Co)
Co
Lo schema semplificato del decadimento del nucleo
57
Co è mostrato in Figura 15. Esso decade beta mediante ε - cattura elettronica con un tempo di dimezzamento di 271.8 giorni. Sostanzialmente, esso de-
Può essere utile a questo punto una piccola divagazione sulla regione energetica di Backscatter. In Figura 14 è mostrato l’andamento dell’energia del fotone diffuso ad angolo di 180◦ (Backscatter Energy)
in funzione dell’energia del fotone incidente(Photon
Energy). Tale andamento è dato dall’equazione (2)
per θ = 180◦ a energia variabile del fotone incidente.
Si nota come dopo un certo livello dell’energia del fo-
Figura 15: Schema semplificato del decadimento del
nucleo 57 Co
cade ε nello stato eccitato del nucleo figlio 57 Fe con
energia di eccitazione 0.136 MeV, che ha un tempo di
dimezzamento di circa 8.8 ns:
ε:
Figura 14: Energia del fotone Backscatter in funzione
dell’energia del fotone incidente
57
27 Co
∗
+ e− →57
26 Fe + νe
Segue sia un decadimento con emissione gamma direttamente allo stato fondamentale del nucleo figlio
57
Fe:
∗
57
57
26 Fe →26 Fe + γ 0.136 MeV
tone incidente l’energia del fotone Backscatter rimane
costante ai fini pratici. Questo fatto correlato con le
fluttuazioni statistiche nel processo di rilevamento determina la sovrapposizione dei picchi Backscatter corrispondenti a energie relativamente alte pur essendo
ben separate. Inoltre, allo stesso tempo esso introduce
un livello massimo per l’energia di Backscatter. Questo spiega anche perché l’intervallo di energia in quale
abbiamo osservato i picchi Backscatter corrispondenti
che un decadimento con emissione gamma ad uno
stato intermedio metastabile del nucleo figlio 57 Fe,
con energia di eccitazione 0.014 MeV e tempo di
dimezzamento di circa 98 ns:
∗
57
26 Fe
→57m
26 Fe + γ 0.122 MeV
Bisogna notare che la transizione dallo stato meta10
Figura 16: Spettro della sorgente
stabile allo stato fondamentale avviene principalmente senza emissione gamma in quanto è più probabile
che questa avvenga per conversione interna. Quindi,
ci aspettiamo che lo spettro della sorgente 57 Co presenti due fotopicchi molto vicini tra di loro situati a
0.136 MeV ed a 0.122 MeV.
57
Co
gione di energia la risoluzione energetica a disposizione non permette un discorso quantitativo ci limitiamo
alla trattazione piuttosto qualitativa già fatta. Le misure trasformate anche in energia usando la calibrazione del multicanale sono riportate nella Tabella 7,
insieme ai valori teorici e i Test di Gauss corrispondenti. Come già notato mancano le misure per i picchi
Backscatter e Compton edge.
In Figura 16 è mostrato lo spettro acquisito in laboratorio della sorgente 57 Co. La prima cosa da notare
è che i fotopicchi attesi sono sovrapposti, fatto che
non stupisce visto che in questa regione di energia abbiamo una risoluzione energetica non molto buona1 .
Inoltre, i picchi Backscatter e Compton edge non sono distinguibili in quanto sovrapposti a caratteristiche
non analizzate fin’ora. Si tratta dei picchi di fuga(non
parliamo dei picchi di fuga già nominati nel paragrafo 2.2) dovuti al fatto che a volte i raggi-X emessi
dagli atomi di iodio riescono a scappare dal cristallo e
la loro energia di circa 0.028 MeV non viene rilevata.
Di conseguenza, picchi in corrispondenza agli eventi
originali però di energia minore possono manifestarsi.
Tuttavia, si nota che le posizioni attese per queste
caratteristiche hanno cambiato posto, nel senso che i
due Compton plateau e i due Compton edge si trovano alla sinistra sulla scala di energia rispetto ai
due picchi Backscatter. Questo avviene tutte le volte
Nello spettro mostrato in Figura 16 sono visibili due
picchi di questo tipo2 esattamente nelle regioni dove
sono attesi i picchi Backscatter e Compton edge. Inoltre, il secondo di questi due picchi si sovrappone parzialmente anche con il picco dovuto ai raggi-X emessi
dalla schermatura di piombo. Visto che in questa reFigura 17: Spettro energetico del
1 Per
provare a risolvere i due picchi si potrebbe tentare
di modificare il guadagno dell’amplificatore però in tale caso
sarebbe necessaria una nuova calibrazione del multicanale.
2 Sarebbero a C =66 canali ed a C =92 canali, circa.
1
2
57
Co
quando l’energia dei fotoni gamma è minore di circa
11
Tabella 7
C
σC
E
σE
(MeV)
(canali)
(canali)
(MeV)
(MeV)
X-rays Pb
0.075
84
3
0.074
0.009
0.06
95
Compton edge1
0.039
Compton edge2
0.047
-
-
-
-
-
-
Backscatter1
0.083
Backscatter2
0.089
-
-
-
-
-
-
Photopeak1
0.122
0.126
0.009
63
0.136
3
0.48
Photopeak2
113
1.06
29
57
Co
255.5 keV come facilmente può essere dedotto dalle
equazioni (2) e (3).
(%)
do una trattazione statistica si può provare che la risoluzione relativa è proporzionale all’inverso della radice
quadrata dell’energia3 della radiazione:
Per completezza, in Figura 17 è mostrato uno spettro
del 57 Co rilevato con un rivelatore del tipo DSSD1
dove quanto discusso su questo aspetto compare in
maniera abbastanza evidente.
4.5
zo
P [|z| > zo ]
Eteor
Sorgente
1
R∝ √
C
(6)
La relazione (6) permette di avere un’idea della risoluzione del rivelatore a vari livelli energetici per l’impostazione usata durante la presa dati. A tale scopo
in Figura 18 è mostrato il fit non lineare effettuato
sui dati presenti nella Tabella 8 che è stato ottenuto con un chi quadrato ridotto corrispondente a un
grado di libertà χ
e2o = 0.28. Questo andamento spiega perché a basse energie i picchi molto vicini tra di
loro non sono risolvibili con l’impostazione usata per
il rivelatore. Ad esempio, per i due fotopicchi del
Studio della risoluzione del rivelatore
La risoluzione energetica del rivelatore rappresenta la
capacità del rivelatore di distinguere tra valori di energia prossimi tra loro. Come già visto nel paragrafo 2.3
l’interazione della radiazione con la materia a livello microscopico coinvolge processi di tipo stocastico.
Quindi, la risposta ad una radiazione monocromatica,
piuttosto che una delta di Dirac assume una forma
gaussiana.
Tabella 8
Energia
(MeV)
C
(canali)
∆C
(canali)
R
(%)
σR
(%)
0.662
411
27.5
6.7
0.2
1.173
684
35.3
5.2
0.1
1.332
770
38.3
5.0
0.1
La risoluzione è espressa dalla larghezza a metà altezza(FWHM2 ) del picco. Se le due energie sono troppo
vicine rispetto alla risoluzione del rivelatore, questo
non è in grado di separarle. Useremo la risoluzione relativa R, che in genere migliora con l’aumentare
dell’energia, e viene data da:
R=
Figura 18: La risoluzione relativa del rivelatore
57
Co si prevede una risoluzione di circa 12.8% per il
γ1 = 0.122 MeV ed una risoluzione di circa 12.2% per
il γ2 = 0.136 MeV. Dato che la differenza di energia tra i due fotoni gamma e di solo 0.014 MeV, alle
risoluzioni previste si aspetta che i fotopicchi risulti-
∆C
C
Le risoluzioni del rivelatore in percento per alcuni valori dell’energia sono riportate nella Tabella 8. Usan1 low
2 Full
3 Visto
che l’energia rilevata è una funzione del canale e abbiamo sempre usato una relazione lineare che li collega, le relazioni scritte per la risoluzione in una prima approssimazione
sono ritenute valide.
noise Double-sided Silicon Strip Detector.
Width Half Maximum
12
no completamente sovrapposti. Questa previsione è in
totale accordo con quanto osservato nel paragrafo 4.4.
4.6
vantaggio che non necessita la conoscenza né dell’efficienza del rivelatore né della frazione di decadimento.
Ovviamente bisogna usare lo stesso rivelatore e la distanza rivelatore-sorgente bisogna essere esattamente
la stessa durante le misure delle due attività osservate Aon e Aox delle due sorgenti. Con queste ipotesi
l’attività sconosciuta della sorgente d’interesse viene
data da:
A0x
An
(9)
Ax =
Aon
Misura dell’attività di una sorgente
Come già notato nel paragrafo 2.3, solo una frazione dei fotoni gamma emessi dalla sorgente che passano attraverso lo scintillatore viene in seguito rilevata. Questa osservazione è fondamentale per capire
che l’attività osservata1 Ao è solo proporzionale all’attività della sorgente A. La relazione che collega le due
quantità è data da:
A · fg · ε = Ao
Attività delle due sorgenti
del 137 Cs, (C33) e (Cx)
(7)
L’isotopo radioattivo usato per eseguire le misure dell’attività di una sorgente è il 137 Cs. Le sorgenti sono
state posizionate alla distanza di 9.3 cm dal rivelatore(di forma cilindrica e raggio r = 2.54 cm) e prendendo in considerazione il fatto che il cristallo di NaI del
rivelatore si trova all’interno di un involucro protettivo dello spessore di circa 0.3 cm si ha come distanza
sorgente-cristallo2 d = (9.6 ± 0.2) cm. A questa distanza sorgente-rivelatore di 9.3 cm l’efficienza intrinseca del rivelatore risulta essere εint = (0.25 ± 0.01),
valore corrispondente all’energia dei fotoni gamma di
0.662 MeV emessi dalla sorgente 137 Cs.
dove, fg è la frazione di decadimento, ovvero la frazione delle disintegrazioni totali dell’isotopo genitore
per la quale si ha l’emissione del fotone gamma considerato; ε è l’efficienza totale del rivelatore, ovvero il
rapporto tra il numero di quanti registrati ed il numero di quanti emessi dalla sorgente, che dipende dalle proprietà del rivelatore, dalla energia dei quanti e
dalla geometria della misura.
L’efficienza totale del rivelatore ε può essere
fattorizzata in due termini:
ε = εint · εgeo
Le misure effettuate sulle due sorgenti sono riportate
nella Tabella 9. I valori ottenuti per le attività delle
due sorgenti utilizzando i metodi descritti in precedenza ed i Test di Gauss corrispondenti sono riportati
nella Tabella 10. Per calcolare il valore teorico del-
con, εint l’efficienza intrinseca del rivelatore, ovvero il
rapporto tra il numero di quanti registrati ed il numero di quanti incidenti sul rivelatore, che dipende
dall’energia dei fotoni gamma incidenti e dalle dimensioni del rivelatore; εgeo l’efficienza geometrica del rivelatore che è un fattore geometrico e per una sorgente
isotropa è semplicemente data dalla frazione di angolo
solido coperta dal rivelatore.
Tabella 9
Sorgente
137
Metodo assoluto
Cs (C33)
137
Questo metodo si basa sulla misura diretta dell’attività osservata Ao e necessita la conoscenza sia dell’efficienza totale del rivelatore che della frazione di decadimento. Per una sorgente ipotizzata come puntiforme
e isotropa, disposta a una distanza d dal rivelatore cilindrico di diametro 2r, l’attività della sorgente viene
data, con una buona approssimazione, da:
A=
N
t εint fg
2d
r
Cs (Cx)
Nnet
σNnet
t
(s)
σt
(s)
26520
163
279.9
0.1
35719
189
105.9
0.1
la sorgente 137 Cs (C33) abbiamo usato la definizione
dell’attività di una sorgente radioattiva tenendo conto del fatto che la sorgente 137 Cs (C33) aveva un’attività odierna A = (32.4 ± 0.5) kBq al 4/10/2005. Nel
metodo relativo usato per determinare l’attività della
sorgente 137 Cs (Cx) abbiamo preso come valore noto
della sorgente 137 Cs (C33) il suo valore teorico.
2
(8)
Si nota che i risultati ottenuti per l’attività della sorgente 137 Cs (C33), sperimentale e teorico, sono compatibili al limite dell’errore. È molto probabile che
non siamo riusciti a posizionare la sorgente alla distanza ben precisa di 9.3 cm dal rivelatore. La stessa
cosa si nota anche per i risultati ottenuti per l’attività
Metodo relativo
Questo metodo si basa sulla misura diretta dell’attività osservata di due sorgenti, in generale, dello stesso
isotopo radioattivo, da quali una ha attività nota An
mentre l’altra ha un’attività sconosciuta Ax . Ha il
2 L’errore
di 0.2 cm è dato dalla propagazione degli errori
approssimata per eccesso sulla distanza sorgente-cristallo misurata come differenza di due punti spaziali, ognuno con un
errore di 0.1 cm.
1 L’attività osservata A
o viene data semplicemente dal
rapporto N/t, cioè il rate di conteggi.
13
Tabella 10
Sorgente
137
Cs (C33)
137
A
σA
(kBq)
(kBq)
assoluto
25.5
1.5
teorico
28
0.4
assoluto
90.6
5.3
relativo
99.7
1.7
Metodo
Cs (Cx)
della sorgente 137 Cs (Cx), metodo assoluto e metodo
relativo, dove probabilmente abbiamo la stessa fonte
di errore.
4.7
zo
P [|z| > zo ]
(%)
1.67
9.5
1.65
9.9
zioni indipendenti(quindi scorrelate temporalmente)
possono sommarsi accidentalmente.
In questo paragrafo intendiamo di verificare quale tra
queste due ipotesi è in accordo con i risultati sperimentali. Nella prima delle ipotesi l’attività della
sorgente osservata al picco somma risulta essere data
da:
Acor
= P1 P2 A
s
Analisi del picco somma nello spettro
del 60 Co
Nello studio
dello
spettro
della
sorgente
60
Co(paragrafo 4.4), abbiamo accennato che in
realtà lo spettro conteneva anche un picco fuori scala
chiamato picco somma, dovuto al fatto che la separazione temporale dell’emissione dei fotoni gamma
di energia 1.173 MeV e 1.332 MeV è dell’ordine del
ps che risulta essere molto inferiore alla risoluzione
temporale del rivelatore che è di circa 1 µs.
mentre nella seconda viene data da:
Ascor
= P1 P2 A2 ∆t
s
dove, Pi con i = 1, 2; sono le probabilità che i fotoni
gamma emessi dalla sorgente vengono rilevati; A è
l’attività della sorgente; ∆t è la risoluzione temporale
del rivelatore.
In Figura 19 è mostrato lo spettro acquisito della sorgente 60 Co (C35)(che aveva un’attività odierna
A = (37 ± 5) kBq al 1/11/2000) con una scala sufficientemente grande per poter contenere anche il picco
somma.
Utilizzando la relazione (7) e il fatto che l’attività
della sorgente al picco(sia al picco soma che ai due
fotopicchi) non è altro che il rate di conteggi, possiamo riscrivere le due relazioni(tenendo anche conto
che le frazioni di decadimento per i due fotoni gamma
del 60 Co sono tutte due approssimativamente uguali
all’unità) come:
N1 N2 1
·
A
t
∆t
= N1 N2 ·
t
Nscor =
Nsscor
(10a)
(10b)
dove, t è il tempo di acquisizione dello spettro della
Tabella 11
Figura 19: Spettro della sorgente
60
Co (C35)
In realtà, bisogna considerare due ipotesi che provano
a spiegare la comparsa del picco somma nello spettro della sorgente 60 Co (C35). Una prima possibile
spiegazione può essere quella già presentata, secondo
la quale il picco somma è dovuto all’emissione in cascata dei fotoni gamma con distanza temporale molto
piccola. Una seconda possibile spiegazione può essere
data dal fatto che fotoni gamma prodotti da transi-
Photopeak
E
(MeV)
Ngross
γ1
1.173
22630387
γ2
1.332
17775819
γs
2.505
788039
t
(s)
68072.7
sorgente. Le misure effettuate sui tre fotopicchi sono
riportate nella Tabella1 11 e i due valori ottenuti per
1 Abbiamo
riportato solo i conteggi lordi dato che la radiazione di fondo veniva sovrastimata dal software winTMCA32,
in quanto i fotopicchi del 60 Co sono tropo vicini tra di loro per
la data risoluzione del rivelatore in quella regione di energia.
14
Tabella 12
i
Ngross
σNgross
Nnet
σNnet
t
(s)
0
37718
194
36426
191
1
34673
186
33130
2
33889
184
3
26840
4
σt
(s)
X
(g cm-2 )
σX
(g cm-2 )
292.3
0.000
0.000
182
297.6
1.230
0.062
32074
179
314.8
1.890
0.095
164
24896
158
295.3
3.632
0.182
24658
157
22812
151
300.7
4.862
0.243
5
19147
138
17152
131
303.8
7.435
0.372
6
17257
131
15572
125
300.0
8.665
0.433
7
13605
117
12109
110
300.0
11.794
0.590
8
11316
106
9895
99
300.2
13.684
0.684
9
10020
100
8625
93
313.0
15.426
0.771
10
8056
90
6892
83
300.0
17.316
0.866
11
5716
76
4758
69
310.8
21.119
1.056
12
6037
78
4859
70
500.8
25.981
1.299
0.1
i conteggi sotto l’area del picco somma, utilizzando le
relazioni (10a) e (10b), sono:
bilità1 che i fotoni interagiscono con il materiale per
uno degli effetti ben noti.
Nscor = (701410 ± 94792)
Si nota che abbiamo utilizzato la sorgente radioattiva
137
Cs (C33) che emette fotoni gamma di energia 0.622
MeV. Le misure necessarie per la determinazione del
coefficiente di assorbimento di massa nel piombo sono
riportate nella Tabella 12.
Nsscor
= (5909 ± 1)
(11)
Si nota che il valore ottenuto Nsscor non solo non è
compatibile con il valore misurato ma è addirittura
due ordini di grandezza diverso da quest’ultimo. Il
valore Nscor è dello stesso ordine di grandezza del valore misurato ed, inoltre, risulta compatibile secondo
il Test di Gauss con il valore misurato:
Il fit lineare effettuato usando i conteggi netti in base
alla relazione (12) linearizzata è mostrato nella Figura 20. Questo è stato ottenuto con un chi qua-
zo = 0.91 ⇒ P [|z| > zo ] = 36%
Dalle due ipotesi fatte per spiegare la comparsa del
picco somma nello spettro della sorgente 60 Co si può
concludere senza molta difficoltà che solo la prima
ipotesi si trova in accordo con l’esperimento.
4.8
Determinazione del coefficiente di
assorbimento di massa nel piombo
È ben stabilito che l’intensità di un fascio di fotoni
gamma varia con lo spessore di materiale attraversato
in base alla relazione:
Figura 20: Fit lineare usando i conteggi netti
I = Io e−µX
drato ridotto corrispondente a dieci gradi di libertà
χ
e2on = 0.75 e fornisce la retta di equazione:
(12)
dove, µ è il coefficiente di assorbimento di massa e X
è lo spessore di materiale attraversato. Il coefficiente di assorbimento di massa dipende dall’energia della
radiazione gamma incidente, in quanto l’assorbimento
della radiazione è direttamente collegato alla proba-
Yn (X) = (4 ± 9) 10−3 + (99 ± 2)
cm2
·X
kg
(13)
1 Come già visto nel paragrafo 2.2, questa probabilità è data
dalla sezione d’urto che dipende dall’energia della radiazione
incidente.
15
5
Il fit lineare effettuato usando i conteggi lordi in base
alla stessa relazione (12) linearizzata è mostrato nella
Figura 21. Questo è stato ottenuto con un chi qua-
Conclusioni
Durante l’esperienza effettuata abbiamo avuto la possibilità di avere un primo contato con i rivelatori, in
particolare con il rivelatore a scintillazione NaI(Tl).
Il principio di funzionamento di tutti i rivelatori di
particelle è il trasferimento di tutta o di una parte
dell’energia della radiazione alla massa del rivelatore,
dove è convertita in qualche altra forma più accessibile alle percezioni umane. Tutti i rivelatori moderni
forniscono essenzialmente un tipo di risposta elettrico, cioè l’informazione dal rivelatore è trasferita in
impulsi elettrici che poi sono processati da opportuni
circuiti elettronici.
I rivelatori a scintillazione sono tra i più diffusi rivelatori di particelle usati in fisica nucleare, basati sulla
proprietà di alcuni materiali di emettere luce quando
eccitati o ionizzati dalla radiazione incidente.
Figura 21: Fit lineare usando i conteggi lordi
drato ridotto corrispondente a dieci gradi di libertà
χ
e2ol = 0.48 e fornisce la retta di equazione:
Yl (X) = (−1 ± 8) 10−3 + (92 ± 2)
cm2
·X
kg
Per capire veramente la loro importanza bisogna
anche osservare che questi sono stati utilizzati in
una serie meravigliosa di importanti esperimenti fisici
che comprende, ad esempio, la scoperta del positronio, spettroscopia Mossbauer, l’esperimento di Pound
and Rebka sul redshift gravitazionale, la scoperta in
astronomia dei gamma ray bursts. Quindi, l’utilità
dell’esperienza e senza dubbio ad uno dei più alti
livelli.
(14)
Le probabilità di ottenere un valore maggiore del chi
quadrato ridotto al valore effettivamente osservato per
i due fit lineari effettuati sono:
2
P χ
en > χ
e2on = 66%
2
P χ
el > χ
e2ol = 88%
Poiché queste probabilità superano ampiamente i livelli di significatività convenzionali(5% o 1%) possiamo dire che la relazione (12) è in accordo con le misure
effettuate.
Quindi, il coefficiente di assorbimento di massa nel
piombo, per l’energia della radiazione incidente di
0.622 MeV, risulta essere dato da:
cm2
g
cm2
µl = (0.092 ± 0.002)
g
µn = (0.099 ± 0.002)
(15)
Confrontando questi due valori con il valore di riferimento µ = 0.105 cm2 · g-1 del coefficiente di assorbimento di massa nel piombo(corrispondente all’energia
dei fotoni gamma usata nella misura) mediante il Test
di Gauss, questi risultano entrambi compatibili con il
valore atteso:
zon = 0.30 ⇒ P [|z| > zon ] = 76%
zol = 0.65 ⇒ P [|z| > zol ] = 52%
Tuttavia, si nota che il valore determinato usando i
conteggi netti rappresenta una stima migliore per il
coefficiente di assorbimento di massa nel piombo relativamente al valore determinato usando i conteggi
lordi.
16
Indice
1 Introduzione
1
2 Considerazioni generali
1
2.1
Rilevatore a scintillazione . . . . . . .
1
2.2
Interazione dei fotoni con la materia .
1
2.3
Spettro di una sorgente radioattiva
monocromatica . . . . . . . . . . . . .
3
3 Strumentazione
4
4 Analisi dei dati ottenuti
4
4.1
Stima dell’errore sul centroide dei
fotopicchi . . . . . . . . . . . . . . . .
4
4.2
Calibrazione del multicanale . . . . . .
4
4.3
Identificazione di una sorgente
sconosciuta . . . . . . . . . . . . . . .
5
Studio degli spettri di varie sorgenti
gamma . . . . . . . . . . . . . . . . . .
6
4.5
Studio della risoluzione del rivelatore .
12
4.6
Misura dell’attività di una sorgente . .
13
4.7
Analisi del picco somma nello spettro
del 60 Co . . . . . . . . . . . . . . . . .
14
Determinazione del coefficiente di
assorbimento di massa nel piombo . .
15
4.4
4.8
5 Conclusioni
16
17