Fuggente disarmonia di attimi – Poesie

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Fuggente disarmonia di attimi – Poesie
FUGGEVOLE DISARMONIA DI ATTIMI
di Gianluca Nadalini
Amore mio, che è facile chiamarti amore, come se fosse l’andirivieni delle stagioni sui rami …
tempo di andare, al dove il quando nasconde tutti i poi che arriveranno, che ci saranno dighe per
ostacoli fluenti, ci saranno anche giorni gelidi di primavera, ci saranno battaglie che non passano,
ripassano, lusingano le lacrime che sfogano, come foce immensa di suggestione, come i
camaleonti quando assorbono i colori … perché noi ci siamo stati, com’è stato essere bambini,
come tutte le prime volte che iniziavano, come il ricordo che oltrepassa malinconie malate,
assorte poi raccolte in un sorriso … amore mio, che è facile chiamarti amore, che sarebbe ironico
non brillare … come le stelle che cadono, che si guardano dopo le scie
… fuori intanto, il profumo … tiene stretto tra le dita, la luce che indugia.
(Gianluca Nadalini)
(Poesie nell’angolo)
C’è come una sensazione di stupore, un muto percorso d’inconsistenza, la percezione di essere
deboli, debolmente affacciati sul desiderio, sulle cospirazioni del dovuto, del fatto,
dell’irreprensibile tocco dell’artista andato, morto, mortificato nel dover informare l’anima alle
anime, alle compiacenze di chi paga e prega dalla parte giusta per discolparsi di tutto, tutte le
costole a contarsi da sole, solitarie come persiane socchiuse, come rintocchi di campane lontane,
allontanate dall’orizzonte sfocato, sfumato come i pittorialismi insegnano, educano, spacciano
colori agli angoli dei quadri, delle fotografie buttate negli occhi, sbattute sull’indice che preme e
termina … e non finisce mai, e mai finisce ciò che conclude ancora.
(Poesie nell’angolo)
(Gianluca Nadalini)
Chiedimi del vento e non della tempesta … chiedimi della distanza e non del disgiunto … chiedimi
della fine e non di come uscirò … senza rumore, senza piaghe … così vedrò germogliare le tue
bellezze, i tuoi meriti, la felicità che ambisci dalla culla, da quel pianto che fa parte del mio cuore,
che resterò nel buio per regalarti ciò che la luce permette, insegna, ciò che se perdo è solo un
rintracciare ancora, nei disegni appesi al muro, nelle bottiglie che si riempiono sul tavolo, che se
avessi potuto avrei comandato L’ Enterprise, costruito la “Camera Obscura”, che invece mangio
pop-corn davanti a un film già fatto, scritto, diretto e interpretato dalle anime bianconere nel
fumo, nel ventre delle balene, nelle cose che diventano mondi dilatati, nei perché che si
addensano sull’isola folle del mio capire, del mio cercare qualcosa, del mio restare immobile
mentre tutto mi circonda … che non ho detto che non ho paura … ho solo “spiegato” le ali, alle ali
che volano e si spiegano.
(Poesie nell’angolo)
(Gianluca Nadalini)
Ci sono le fragole sui tetti di New York, la pizzeria sotto casa, il lievito madre, le locandine dei
vecchi film che hai visto almeno tre volte … depressione intatta, tattile che la senti, la potresti
scambiare con gli sconti al supermercato, che paghi comunque troppo, sempre troppo, sempre la
realtà che recide il gambo dei sogni, fiori appoggiati sul balcone, così è più bello, intatto, tutto
presente nell’assente, come un raggio di sole che brucia il tuo buio, la fantasia in punta di piedi nel
silenzio degli acrobati incoerenti, correnti, che cadono al primo disaccordo, instabilità elementare,
tutte le lettere dell’alfabeto, il grembiule dell’asilo con il nome sopra, sopra le righe sopracitate,
eccitate, evaporate nell’odore di panni stesi all’ombra, alle foglie che comunque cadono, alla
sabbia nella gola, alle mani nelle tasche, alle chiavi di casa nelle tasche, un rollio fugace di partenze
assurde, di vedute che cavalchi le montagne, la neve, i sentieri di guerra che ancora c’è la guerra,
che per strada qualcuno ha fame e sete, che ti chiedono due soldi per campare, per comprendere
un rifiuto, i bidoni dell’immondizia ripuliti ogni mattino, ogni volta che il ghiaccio mangia i vetri, il
fumo che ti esce dalla bocca, la borraccia svuotata dentro un cuore, anima, colore perfetto nel
bianco di ogni tua sfumatura, ogni piccola assoluta incomprensione … i chiodi battuti nel muro, le
crepe mangiate dal muro, il presente sul muro, un quadro storto da rimettere in linea, la linea, la
curva, il dritto e il rovescio … come posso annuire nei no, se l’assenso ha la caparbietà dell’odore
di chiuso … aperto, chiuso … scatole impilate su altre scatole, cartoni bagnati, putrefazione di
sorrisi, violini che stridono e note raffinate.
(Poesie nell’angolo)
(Gianluca Nadalini)
Due ciliegie al posto di orecchini, le tue gambe sull’erba, le tue mani infilate nella terra, due gocce
di vino sulle labbra, sugli occhi, sull’orizzonte che intraprendeva a dondolare piano, un poco di
coraggio per decidere, la tovaglia con sopra le cose, fatte da te, da me, fatte da tanti interminabili
noi, di complici complicate ragioni ragionevoli, di scampoli di cuore insieme al vento, al profumo
degli uccelli che volano, ai rumori del mondo allontanato, dimenticato, i rami con le foglie a far
festa sopra, sotto, nel concreto che armonizza il vero incanto, l’assoluta perfezione del perfetto …
e ti era messa a guardare gli aquiloni, a tirare i fili per finta, a immaginare ogni immagine nel vero,
nei sogni, a correre e a saltare a piedi nudi, la tua sagoma fissata nell’ombra, nel movimento che ti
faceva danzare, sorreggere, sbucciare mele per guadagnarci dolci petali rose, di rosa, due ciliegie
al posto di orecchini, un solo bacio al posto di ogni bacio.
Che cosa serve alla felicità per essere felice?
(Poesie nell’angolo)
(Gianluca Nadalini)
E suonava Goran Bregovic’, e Sarajevo dentro la nostra pelle, e la piazza era piena di giri intorno, di
balli su tasti armonici di fisarmonica fiaccata, stonata, urlata insieme all’onda del mare, come dolci
violini che carezzavano brividi … e quanto ti ho indemoniata, così, non mia, in quelle mani che
avvicinavano forte, il caldo illogico dell’estate, quante siepi nascoste dietro siepi, quanto marmo
caldo a invogliare piedi e orme a stuzzicare anche la mano di Dio, sopra di noi, voi, essi e loro, che
non sanno quello che fanno, farebbero, scolerebbero bottiglie intere di sorrisi, di metafore e icone
incostanti, di ritmo e orologi che non segnano mai l’ora, il meglio del nostro volto, il meglio dei
nostri vestiti, il magico fuoco sulla spiaggia e sulle braci, l’amore, il dolore, il mio pianto sulle
guance tue di pianto … e c’era ancora un’alba, una sottile ironia di giorno, una stella rimasta tra i
capelli, i pescatori addormentati sul porto che pescavano.
E suonava Goran … e i pescatori come scie lontane all’orizzonte, noi … come due perle di sudore
sulla fronte a costruire sogni e a mangiare noccioline … e strimpella Goran, e i vestiti sulla sabbia.
(Poesie nell’angolo)
(Gianluca Nadalini)
Eccoti il mondo, eccoti le giornate che ti piacciono, tolgo i lunedì se vuoi … ma va bene comunque,
vanno i bene i sassi e anche le piume, la vaporosità delle libellule sotto il cielo, sotto le nuvole,
sotto quei pensieri che all’improvviso ti disturbano, inquietano, ti tirano i capelli mentre dormi,
mentre riposi ancora un po’, che poi dovrai passeggiare tanto, senza aspettare i tuoi piedi, senza
guardare le vetrine, con l’ombrello chiuso nella borsa, aperto solo in caso di pioggia, le monetine
per la macchina del caffè, quei dieci centesimi che mancano spesso, mai, quasi come … che per
poco era fatta, era quasi pronto tutto, era il mondo che sembrava una lacrima seccata, scappata,
ritrovata per accontentare i tuoi occhi, quello che vedi, il giorno che rimani immobile, rimani ferma
come foglia senza vento, senza troppi uragani che fischiano nelle orecchie, nella sabbia che turbina
sul mare, sulle tue mani, sul mondo … eccoti il mondo, tranne il lunedì … che però va bene
comunque …
(Poesie nell’angolo)
(Gianluca Nadalini)
Fammi ridere ancora, come quando sbucci le castagne che bruciano tra le dita, come dici che sei
ubriaca … e non hai finito nemmeno il primo bicchiere … poi, cambi canale quando c’è la
pubblicità, fregatene scusa !!! fregatene e resta immobile così, sul divano, in pigiama … che a me,
sembra un abito di Armani, che potresti sfilarmi addosso, nell’addosso della mia voglie che
vogliono, che dirottano le mie mani sul tuo proibito, sui piedi coperti dai calzetti di lana grossa, sui
piatti da lavare, sul rumore dei libri sulla mensola, sulla polvere che hai spolverato oggi … e
t’incazzi, perché questo non è giusto, e mi piaci davvero, come la favola di Biancaneve, come le
canzoni che partono all’improvviso, nel giusto, nel momento giusto, nello sbagliare a valutare un
tuo rimpianto, l’odore che ti rimane sulle mani quando mi tocchi, quando di notte mi stringi
all’improvviso e mi cerchi come fossi un sogno, una luna lontana da guardare, un topolino
nascosto sotto il letto, una piroetta di gioia, una bacchetta magica, un bacio, un bacio più
profondo … come fare l’amore all’improvviso, come esserci dentro, come esserci dentro … dentro.
(Poesie nell’angolo)
(Gianluca Nadalini)
Io è te, come in un dentro che implode e si stringe tra le cosce che faticano e sfregano come carta
vetrata sul ferro, come un profumo, quando ti basta quello per immaginare, come il rumore della
carta quando scrivere è da buttare ancora una volta …..Il silenzio che ci nutre ora è l'ozio auspicato
dopo il sudore, il primo giorno di scuola, i disegni che facevo da bambino, le messe che sapevano
d'incenso, l'incenso che sapeva di domenica, il pollo morto a cuocersi nel forno di mia nonna, le
fantasie che migliorano, lanciare sassi nel fiume, regalare un pianto al tutto dei tuoi ricordi, alla
febbre che t'insegnava a crescere, ai tuoi capelli corti tagliati di "fresco", alle sedie vuote,
all'ombra noiosa del primo pomeriggio, alle carte da briscola sul letto, alle favole sempre uguali,
alla malinconia giallastra, rinchiusa nelle librerie polverose delle tue letture…
Io è te, non è una forma sbagliata, è un insieme che nell'uno ridimensiona l'altra,
Il noi è, quindi io è te, ma l'uguale ha sempre il dubbio di un’affilata sottrazione, e il non essere
pronto mi riporta alla mia povera sincerità, che credimi, fa la differenza.
(Poesie nell’angolo)
(Gianluca Nadalini)
Le nonne hanno il pane anche per i piccioni, a loro non manca mai niente, tutte quelle rughe
raffinate, affilate come strani consigli, rimedi, colori all’improvviso al loro posto … chi li ha viste
con gli occhiali, cucire ogni strappo della noia? A guardare vecchie storie sulla carta, sulle cose
accostate sulla mensola, sulla polvere e lo zucchero filato, sulla mano che ti accompagnava a
scuola, un libro, un’allegria, la coperta che era di sua madre … lana calda e fastidiosa, che il sole fa
bene alle ossa, che qualche volta bisogna sorridere, mangiare tutto senza fare storie, rumori,
composto sulla sedia della vita, dei giochi e nel silenzio che ti aiuta a pensare, braccia conserte che
insegnano, marmellata da spalmare, l’odore delle ciliegie dall’albero, caramelle incartate, nel vaso
di vetro sopra al frigorifero.
… e quanto riempire di vasi e di rose insieme … quanto freddo ci sarà nel cielo?
(Poesie nell’angolo)
(Gianluca Nadalini)
Meraviglia!! Che tu sia per sempre i miei occhi che ti guardano, una luce diffusa nel mio cuore, il
respiro del sole, sulle lacrime di brina appena è giorno, appena i sogni si adagiano sui fiori e
sull’erba, appena tutto diventa il tuo e il mio tutto … e ancora qualcosa di ancora, di tempo da
sbocciare insieme, di colori appesi al vento come foulard impazziti tra le nuvole … alzarsi sopra
ogni altezza, con la punta dei piedi sull’anima, sul contorno che ci stringe, ci abbraccia e ci regala
coccinelle, ci regala il profumo del nostro odore, il pensiero del nostro infinito e l’infinito ancora
del nostro pensarci.
Meraviglia! Mio eco che ritorna, mio bacio che bisbiglia.
(Poesie nell’angolo)
(Gianluca Nadalini)
Noi, due nell’uno che comprende l’insieme, un numero, un colore, una smorfia di baci appena
sopra le tue labbra, vicino al naso, all’intorno visibile dei tuoi sguardi … che vedi l’oltre, che tutti
chiamano sogno, quella leggera distanza in cui la voce ha fattezza d’anime sovrapposte, millimetri
di estasi senza controllo, senza regole che non si fermano, smarriscono, un palloncino che si alza
nel superbo, sulle comprensioni lodevoli del noi, nel distinguersi ancora una volta, nel letargo che
conserva l’inverno, il torpore di un nido nuovo per le ali di una nuova primavera … che non
esistono più stagioni, ma continue linee sovrapposte, per punti fissati nell’eterno miracolo,
dell’istante che intona ineluttabili melodie alle nuvole, quando il cielo imbarazzato nasconde il sole
alla sua stessa luce … per proteggerne poi … l’incanto, la rivelazione, noi, nell’uno che comprende
l’insieme.
(Poesie nell’angolo)
(Gianluca Nadalini)
Notte che mi riposa, notte che giudica il buio … con tutte le luci che servono, con le distanze che
cercano, con le macchine che passano ancora … il sapore del whisky, l’odore del vuoto, le oneste
ore nell’ora giusta per camminare … rumori della notte che non sono rumori, tapparelle
abbassate, qualche morbida paura, qualche storia d’amore che si strofina in questa notte, che
respira di notte, che la gente parla ancora, fuma, mangia, sogna i sogni per la notte, la malinconia
che mi piace, i passi che si perdono, le mani nel fondo esatto del cuore, nelle tasche della mia
giacca grigia, la sciarpa di lana, il naso freddo, il sudore strano della notte … perché è notte adesso
… come le possibili ombre della notte, di questa notte, di treni che frenano in stazione, di vetri
rotti, di digestioni difficili, di lampioni che hanno sempre quel “non so che” … di nebbia, di notte,
di dire, fare, baciare, lettere e testamenti, di peccati perdonabili, di quel Dio della notte, degli
angeli della notte, delle ali della notte, del volo di ogni notte, di civette che guardano, di occhi che
dormono, di notte, che è questa notte, che mi piace adesso, che anche a Berlino è notte, che a
Parigi è notte … che nel posacenere è notte, che mi piace così … che è notte, solo buio che giudica
… che va bene così, davvero.
(Gianluca Nadalini)
(Poesie nell’angolo)
Poi, mi hai fatto quel balletto da ragazza cattiva, con la bottiglia di birra in mano, con il vestito
della festa, che era proprio una gran festa, con la scarpetta di cenerentola a mezzanotte … persa
davvero, nelle strade di Bologna coperte di notte, di ubriachi che dormivano realmente … che
freddo, la tua sciarpa attorno al collo, le macchine spente e parcheggiate bene, l’odore delle
pizzerie al taglio, che comunque servono quando hai fame, quando la luna si taglia il suo spazio,
l’allargarsi di sensazioni irripetibili, i manichini morti dietro le vetrine, dietro alla confusione del
pagare troppo, troppo poco, troppi film alle due del mattino … il divano che aspetta, il termosifone
acceso, l’odore della forza che ci colpevolizza … bisogna rassegnarsi ad amare ciò che non si riesce
a comprendere … i corsi di scrittura creativa, quelli di fotografia espressiva, i pazzi che vogliono
insegnare a mangiare poesia … e ridere, poi ridere di noi, di loro, della prima persona singolare …
sigarette nelle pozzanghere e nella neve, riflessi dinamici e sottili, io che non trovo le chiavi, tu che
apri comunque, il chiasso per le scale, la luce spenta, il bacio che ha rapito il nostro destino, il
destino, il volo che angosciava le ali, il possibile che alitava suoi nostri sospiri, non ci fregava di
niente e di nessuno, ma il niente era l’incognita, e il nessuno era presente nel niente.
(Poesie nell’angolo)
(Gianluca Nadalini)
Prima di dormire raccontami una favola … che sei arrivata tardi al lavoro, che hai paura
d’ingrassare, che quando ti guardi allo specchio a volte fai facce strane … lavati i denti, le mani e gli
occhi, metti la crema che fa un buon profumo, mi piace … e ricordati … mi devi raccontare una
favola prima di dormire … cosa hai mangiato, cosa hai pensato appena sveglia, dimmi la verità,
dimmi che le mie espressioni non ti bastano mai, che sei arrabbiata, che vorresti cambiare qualche
finale, quelle piccole cose che non vanno bene, che hai il raffreddore, che quando sorridi non
esiste nient’altro, che a volte corri e a volte ti fermi a riprendere fiato, che hai ragione, che hai
torto, che ti vorrei mancare solo quando non ci sono, che non è facile restare semplici, facili,
silenziosi a scambiarci le labbra, la prima volta che ti ho vista, che provo a smettere di fumare, che
quando cucini siamo in un ristorante a mille stelle, che sei la favola che racconti … ogni sera, ogni
volta che nasce un cammino, ogni volta che ti vedo giocare, e fai finta di restare seria … ma non ti
viene tanto bene …
(Poesie nell’angolo)
(Gianluca Nadalini)
Questo è buio, dal dentro mi risale poca luce, davvero … meglio rigirare i capelli sulla testa, e
spingere l’aria fuori dai polmoni che sfogano e affogano, e respirano i baleni del silenzio, del senso,
della camera nei muri che dividono, separano, origliano i rumori del sottile, come il soffio
dell’amaro nelle mandorle, nelle bucce scricchiolanti della festa, della domenica che devi aprire la
rottura, che non ci vuole più eroismo, che non ci vuole più spavento, che ogni gesto è goccia
inabile sugli occhi, senz’armi né armatura, senza voce rauca livida di gioia, di pentimenti, di
lasciare tutti i piatti da lavare … che qua ci serve il buio, mi richiede il buio, il commiato delle mani
dentro un fatto.
(Poesie nell’angolo)
(Gianluca Nadalini)
Rimani immobile, a te ci penso io … anche se i grilli ti disturbano, fanno spavento, ti enunciano la
notte, e il complesso organizzato delle stelle t’importuna … rimani così, non pronunciare
nemmeno, origlia i tuoi tentacoli e mormora una nuova melodia, come fossi pazza tra i pazzi, come
se tutti i fiumi ricomparissero alla fonte, che bevi bene i sogni, che amalgami vino e uva, che
l’odore è l’istinto di un profumo, un ricordo che sfarfalla nel concetto, la conchiglia che custodisce
il trambusto del mare … contro le ali degli angeli, degli Dei, delle cose che ti conquistano, posa ora
la tua forza così fragile … rimani immobile … come fossi movimento che scolpisce, o intaglio
assoluto che delimita.
(Poesie nell’angolo)
(Gianluca Nadalini)
Ti aspetterò nei miei sguardi, perché il clamore dei tuoi occhi, sarà l’urlo silenzioso di un ricordo
presente … come piaghe da curare, muffa madida sul muro, bottiglie vuote del miglior sangue,
rosso di purezza, bianco di perdono, dito nel costato di un Cristo che non sussiste, ubriaco come il
volo di ogni preghiera, che se potessi genuflettermi alle folle, diventerei persona, uomo, piccolo
giaciglio vigoroso, per topi ballerini su di un palco, che tutti mi vedono, osservano, ridacchiano
come scimmie diseducate, perfetta fotografia che sfugge e sguaina spada dalla carne, dalle
sagome che sembrano figure, dalle immobili certezze del perfetto, dal tempo che morde lingue e
lettere, saliva ai lati della bocca, bacio che scivola sul petto, amore che scodinzola nel buio.
Che mai il giorno cresca … se l’alba poi beffarda, per le stelle si farà menzogna.
(Poesie nell’angolo)
(Gianluca Nadalini)
Tutti seminati i miei baci, sulla tua figura incalcolabile, come fosse un insieme di stelle, nella luce
accecante di tutte le stelle che guardi, che vedi, che raffiguri con il dito la notte, quando
rappresenti il pensiero che prende forma, il sospiro che rioccupa il fiato, le sensazioni che non
conosci mai abbastanza, sempre nuove manie d’apprendere, da collocare nell’incastro delle voglie
che indagano su noi, sospettosi amanti furtivi, ladri carezzevoli d’intensità, labbra appoggiate poi
rimosse, riappoggiate, crogiolate dentro lo spazio che ci riunisce, divide, affresca l’ombra che
continua a fare amore, a procurare e a plasmare, statue incensurabili di espressione perfetta, con
le mani ferme sui gesti, con le scarpe slacciate di fretta, con l’essere noi, nel solo noi che ci
contiene.
… e pensa che la morte, non mi fa più neanche paura … perché il marmo, si sa … non assorbe
lacrime.
(Poesie nell’angolo)
(Gianluca Nadalini)
Un leggero giorno di noi, due mani che pronunciano, due braccia che avvicinano, il rumore del tuo
profumo nella stanza, nel buio che ci anestetizza ancora un po’, anche se è tardi, anche se come
sempre dobbiamo andare via, lasciarci, esprimersi con le realtà del mattino, con la mia macchina
parcheggiata male, con i vicini che meditano un nuovo rumore, con tutte le cose da inseguire …
che forse oggi piove, che il traffico mi rende strano, che i semafori hanno solo tre colori … e
aspetto, aspettiamo le ore che sfilano … ripenso alla felicità, al film di ieri sera, a mentre salivi le
scale … e i tuoi capelli dietro le spalle … quanti piccoli miracoli, un lieve giorno di noi che salva il
mondo, che ci protegge, che ci ricorda, che.
(Gianluca Nadalini)
(Poesie nell’angolo)