Tredici poesie d`amore e tredici odi per lei

Transcript

Tredici poesie d`amore e tredici odi per lei
.Un pezzo di me
per dire noi.
(Tredici poesie d’amore e tredici odi per lei)
Benny Nonasky
Questo è un ebook gratuito ideato e prodotto da Benny Nonasky con possibilità di
distribuzione e condivisione gratuita. La sua autenticità è nei limiti della creazione operata
dall’autore. Il resto è del lettore. Non c’è niente che lega queste poesie al poeta che le ha
scritte: questo poesie sono legate a Lei e al possibile lettore e ai suoi sentimenti, un legame
che lo lega col poeta. È un lascito. Senza scuse.
a D.
2
.I.
Tu distante e io non t’ho avuta mai.
Sono petto che esplode,
ansia che corrode stomaco e
s’irradia e non specifica limiti.
Cavia il mio corpo d’amore a senso unico.
Altrove scorciatoie e altre vie.
Io
dritto contro quel muro già adorno
di fiori e lettere e croci.
È bastato sentir l’aroma della tua bocca fingendomi
venditore di piccole lampade di ferro blu.
Sono bastate neonate parole, frettolosi momenti
e già io a cavalcare le tue onde
pescando ovunque frammenti e cuori –
pezzo incastra pezzo,
giorno successivo giorno –
pescando ovunque frammenti e cuori di noi.
E io
non t’ho avuta mai.
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.II.
Ho visto un mondo nei tuoi occhi accendersi
come un’irruente vulcano nella notte
divora notti – nella commovente notte
senza orchi, senza senza
i nostri reconditi incubi giornalieri.
In questa notte, in questo mondo,
la tua gioia ha corona e scettro:
è Re e Regina di questo mondo,
in questa notte che non m’accoglie
e che posso ricevere solo scalando
le tue estive guance, sbirciando
dalle vetrate dei tuoi occhi.
Bisogna dirlo: io non sono degno,
io non sono degno neppure di pronunciare
il tuo nome. Tu:
iconoclasta lirica,
linfa che precede la nascita
e già vive, respira, insegna.
Lo senti il mare attraversarmi le orecchie?
Da molo a molo, traghettano i pensieri.
Fanno un chiasso assordante.
Desiderano.
Implorano.
Non dirò nulla.
Resterò davanti alle vetrate.
Non dirò nulla.
Quel mondo non si può sporcare.
Quel mondo che io vorrei.
Quel mondo che io sporcherei.
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.III.
Si dilata la geografia del cuore.
Scopro luoghi interminabili;
vaste lande desolate, spasmodiche città.
Li scruto dalle persiane semichiuse
mentre tu
mi sfiori le spalle nude e lenta
scendi la mano fino a cingermi i fianchi.
Ascolto il tuo seno addormentarsi su me.
Caldo.
Arreso.
Perché andare?
Sei un mondo nel mondo.
Nei tuoi occhi petali di rosa diamante.
Tra le tue parole poesie d’amore scomparse.
Il tuo sesso: piuma tripudio d’estasi.
Non ho interesse ad uscire vivo
da questa stanza.
Tu:
ossigeno,
sabbia,
clessidra
dove riempire
il futuro.
Vena e sangue.
Ferita e cicatrice.
Geografia del cuore: Tu.
5
.IV.
Guardami distante:
sono una stella.
Se aspetti un’ora, un secolo, potrai
osservarmi cadere sulle tue gambe.
Accarezzami mentre la morte
rastrella via la mia placida luce.
Domani rinascerò.
Dipendo dai tuoi occhi.
Ma tu li chiuderai
nel lampo che inebria la discesa.
Mi disorienterai.
Ma da lontano,
zoppo arrancherò fino ai tuoi piedi
e tu sezionerai la notte
e aprirai la pelle al cielo
e mi dissolverai.
Hai vinto?
Domani rinascerò.
Nessun bla bla.
Nessun livido.
Sarà buio perenne
per i miei intenti.
Mia complice l’alba.
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.V.
Tomografia dell’anima.
Una macchia: sei tu.
La cura: sei tu.
In quest’anima: tu.
(Prosastico sintomo. Fa parte di me
come parte di un piccolo arnese che
- tum, tu tum – colpisce la parete
e sbriciola l’intonaco
e inchioda nuove scene
e per intero s’immerge nel
cromosoma che ci collega
e ci riorganizza mentre
senti senti
il pugno nel ventre,
il fanculo gridato
verso tutto quello che non
ci compete e ci sfida,
il vento stormire tra le labbra.)
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.VI.
Ho ancora un po' di tempo per dirti
che qui va tutto bene, giochiamo,
anche se la neve non cade più e
il riscaldamento climatico ci lascia
in mutande e in cerca costante di
sostegno sui altri e innumerevoli
pianeti?
Ho ancora un po' di tempo per siglare
un altro patto col sole per potermi
svegliare fianco tuo fianco –
baci senza dentifricio, aria:
coniugazione polmonare di noi
alberi senza foglie, stagioni;
piromani tra le estati d’onnivore
nostalgie?
Ho ancora un po' di tempo?
{NOTA SUL FRIGORIFERO:
Ricordati di pagare l’affitto e il Gas, domani.
E coccolami un po' prima d’uscire! Almeno questo…
(sottolineato due volte)}
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.VII.
Forse le tue labbra non dicono
il cuore, incedere di passi
sta salendo
va su
I coriandoli dalla tua bocca
Sono in festa
permanente.
Forse non bisogna dire
è un vicolo cieco
la rete assorbe
stiamo precipitando
dove/quando?
Se nel tuo tenero ondulare
l’oscillazione molecolare
non sentire
sbattere
e non sentire.
Forse l’hai detto
sono io il cranio rotto
sono io il cielo scomparso
Io.
Non dovevi dire niente
Non l’hai fatto
e non siamo sommersi
(legano cose in noi,
cose che vogliono noi)
e siamo invincibili.
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.VIII.
Io non ti mancherò.
Dici che non ce la farai;
un abbraccio, ciao, e via.
Vorrei solo vomitare
mentre la strada m’accompagna
nella casa di nessuno.
Con quale coraggio dirò alla valigia
che tu non ce la farai?
Mi arpiono a qualunque chimera,
cavalco ogni impercettibile eventualità.
Dici di volere libertà?
Ecco cielo e trilogia.
Imponi una solitudine?
Sarò coro di silenzio.
Ma su quel che provo:
disteso solo il mio nome –
solo il mio nome.
Io non ti mancherò.
Mi volto, non m’insegui.
Cosa ne farò di me quando tornerò
se tu non ce la farai?
Mi farò avvolgere da qualsiasi notte,
diventerò puttana del dolore,
albero spezzato da eterna tempesta.
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.IX.
Le sedie sono vuote,
gli spiriti possono accomodarsi.
La nostalgia di qualcosa mi
comprime rumorosamente il petto,
scende e pretende le caviglie.
Arranco.
Non lascia andare.
(Come amo al suo destino.)
Si staccano i giorni,
i pensieri si cementificano,
il linguaggio regredisce,
ma, brivido che sconvolge, ora
la tua bocca non lascia andare.
(Come pesce al suo destino.)
Si divertono le zanzare
in queste notti d’estate:
il mio corpo spoglio
più non esprime
né si ribella: aspetta.
Anno ecc. ecc.
I calendari degl’anni avvenire
l’improvviserò.
(Io sono al solito posto.
La chiave è dove l’hai buttata tu.)
Intanto mi sazia quel poco che ho.
(Che non sono io,
che ho strappato dai tuoi occhi.)
Forma sempiterna.
Anatema il tuo sorriso.
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.X.
Se un Dio c’è, quel Dio
ha riposto la sua vastità in te.
Come le scintille redatte dal sole
sul fausto Mediterraneo –
timone del vascello sul quale
è salpato il mio cuore –
intersezione dove soccombono
i dubbi e l’inutilità –
la conferma che tutto è stato
redatto da un tuo singolo gesto.
Così è:
il tuo volto: fiore di mandorlo,
il tuo corpo: rosa nuvola d’ottobre,
il tuo dire: resurrezione lunare.
Non esistono dimensioni che ti contengono.
Non esisterebbe l’aria senza il tuo respiro.
Se un Dio c’è, quel Dio
ha riposto la sua vastità in te.
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.XI.
Io voglio far di te il mondo.
Gliene parlerò.
Organizzerò dei comizi.
Andrò su ogni nuvola a
declamare poesie che spiegano
all’ignoranza delle tempeste
la tua catastale perfezione.
Le correnti del Sud saranno
il mio urlo di battaglia.
I fulmini, la mia lancia verbale.
I tuoni saranno le locuzioni
avverbiali che specificheranno
il nostro andamento e funzione.
Noi, insieme, monopolizziamo l’amore.
Il mondo non ha scampo.
A breve abdicherà, lasciandoti
trono e un appellativo nuovo
da interpolare.
Il tuo nome.
Si chiamerà così.
Questa è la mia politica.
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.XII.
Mi hai chiesto di fermare ogni cosa,
immobilizzare i riflessi alle vetrate,
frenare il tamburellio delle fabbriche.
Vuoi comprendere la grandezza dell’universo attraverso i miei occhi.
(Dico:
dal primo giorno ch’i’ vidi il suo viso
in questa vita, infino a questa vista,
non m’è il seguir al mio cantar preciso.)*
Ho girato la chiave.
Tutto adesso è pietra.
(Così mi circonfulse luce viva,
e lasciommi fasciato di tal velo
del suo fulgor, che nulla m’appariva)*
T’avvicini – lo vedi?
Mi fissi – lo vedi?
Una tua lacrima esplode su questa terra
marmorea e la ruota riprende ad andare.
(L’altro disio che mo t’infiamma e urge
d’aver notizia di ciò che tu vei,
tanto mi piace quanto più turge)*
È solo per lei.
Hai visto l’universo nei miei occhi.
Hai visto la nostra casa,
il nostro giardino.
Un paradiso che avvolge la terra
e inonda.
*dal Canto XXX° del Paradiso (Divina Commedia) di Dante
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.XIII.
Ti dimentichi di me:
non faccio parte del tuo mondo
neppure in un anfratto endemico –
un minuscolo spiraglio;
seicento anni di solitudine.
Quante rose dovrò coltivare
prima di ricevere il tuo amore?
Quante rocce dovrò far brillare
per raggiungere il tuo cuore?
Io non mollo.
Pur di morire in quest’agonia,
Io non mollo.
Chiamami folle, scemo.
Quasi m’offenderei se non lo facessi.
Questo è il mio biglietto da visita.
Non mi volere male, ti amo,
sono un essere in via d’estinzione.
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I
Sarà l’infrangere del moto continuo. Niente più
alba e la sua divinazione. La luna ha solo
destreggiato il sogno di riscatto promesso.
Ho lasciato un po’ della mia ombra
nei tuoi capelli nudi.
II
Sarei dovuto nascere mare; sentire
il tuo richiamo. Andare,
ricoprendo il mondo – andandoti
incontro. Senza via di fuga.
III
Nel tradimento del corpo rovinato,
unguento il tuo vivere.
Dappertutto vita che strattona.
Cosa sei per me e gl’alberi per noi?
IV
È stata la pioggia. Ieri il freddo, oggi
pozzanghere nelle quali
assenza.
Bastardo sguardo pesca ricordi.
Io l’esca. Io il pesce. Io mi mangio.
V
Nel tuo inverno, presso di esso,
la deriva del ghiaccio;
tutto ciò che posseggo.
Soffermati:
in nessuna bufera si esibisce l’eternità.
Strozzami il corpo.
Stringimi.
Carezze da rondine.
VI
Sono cicatrici i passi tra gli oggetti
che non dimenticano.
I tuoi piedi calpestano.
Voglio comunque provarci.
Per sotterrare. Dirtelo ancora –
rosso minerale generalizzato.
Apprendere il volo –
le rose: piccoli canti monocolore.
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Sconvolto. Dirtelo ancora.
Grido.
VII
Non ho retorica: ho grandi capacità tecniche.
(Costruisco un campo sulla tua pelle.
Costruisco un’orchestra nell’intreccio
delle nostre lingue. Sospiro.)
Scoprirti ossigeno ogni volta che arranco.
VIII
Forse perdiamo troppo tempo nei nostri perché.
Annaffiamo i contorni di rovi e deserto.
Siamo fermi.
Nel nostro recinto.
Soli.
E ti cerco.
IX
Se la notte mi sazia di sogni,
il giorno pulisce ogni speranza.
Cosa pervade oltre?
Sale apnea dal cuore, sinapsi cieche.
Intraprendo errori nel timore del comando.
Come un’idiota rigo il tempo.
Avanza, avanza, avanza.
Ci sarà, da qualche parte, un linguaggio
che spazzerà l’ingegneria dell’abbandono?
Cercando di sconfiggerlo,
cercando d’acchiappare il vento,
stai lì a miscelare i colori
del mondo.
Vengo lì a colorare un po’ anch’io.
Riusciremo, senza rimpianti?
X
Dovrei svegliarmi, perso nella tua nebbia,
così sempre, barricato nel tuo aprirti sole,
ad un medesimo punto a punto, ogni momento,
modellare l’aurora, leggendo l’ultimo libro
di Séamus Heaney, trovando ancora altro
spazio per contare stelle e matite e
grandezze, the skin peel drawing down
like silk
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at a practised touch,
la natura dei tuoi occhi che sbocciano.
XI
Al di là di ogni comparsa,
c’è un distacco che non posso coprire;
c’è un distacco che non puoi coprire.
Ma c’è un treno che percorre le arterie:
sali tu ad ogni ripida fermata.
XII
Guardarti persa, lacrime dentro, un
fiume che s’arrampica.
Nascere vita, fuggire dalla ferita.
Guardami:
ricompormi e aspettare l’incendio.
XIII
Così placido Plutone.
Così ancestrale il suono.
Ora silenzio nelle nostre membra cellulari.
Arriva un vento triste
a scoprire il buio nascente.
Solo Cristo può permettersi di rinascere.
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Benny Nonasky (1987) è calabrese, ma da alcuni anni risiede a
Torino. È finalista e vincitore di diversi premi (come il primo premio
nel “Premio Internazionale di Poesia, Poseidonia-Paestum”).
Presente in diverse antologie in Italia (Fili di Parole, G. Perrone
Editore; Chorus, Ibiskos Edizioni) e all’estero (finalista al 50esimo
Festival d’Atene). Attore e scrittore di teatro (AIRBALAC, Sindrome
di Crono, ecc.). Presente con performance di letture poetiche in
diverse manifestazioni in Italia come il Festival Internazionale di
Poesia a Genova o Poesia a Strappo a Crema, Bolzano, Verona o
Paratissima a Torino. È stato cofondatore della rivista online
“Trasumanar” e gestisce un blog dedicato alla poesia, con videoletture e recensioni (venerdidipoesia.blogspot.com).
Ha pubblicato:
2016: l’ebook gratuito “CACO PETALI DI ROSA”
(http://www.bennynonasky.it/caco-petali-di-rosa-13-poesie-inedite-ebook-gratuito/)
2013: l’antologia poetica “The tears of things”, a Berkeley
(California), tradotta da Jack Hirschman
2012: la silloge poetica “Imàgenes Trasmundo” per Albeggi Editore
2010: un quaderno poetico intitolato “Vestito a nozze, carne e trenta
lamette”, GDS Edizioni
2009: la silloge poetica “Nelle trasparenze caotiche di nuvola
perpetua”, Ed. Montag.
Sul suo sito internet, oltre a un blog di articoli, racconti, recensioni e
poesie, troverete tutti i libri scaricabili gratuitamente. Questo è
l’indirizzo web: www.bennynonasky.it
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