Calendario AGG Esposizioni Gennaio 2013

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Calendario AGG Esposizioni Gennaio 2013
BRESCIA
ESPOSIZIONI
GENNAIO 2013
Infopoint Turismo
MOSTRE NELLE GALLERIE D’ARTE E NEI MUSEI
MOSTRE NEI MUSEI CIVICI DI BRESCIA
MUSEO SANTA GIULIA
L’ospite eccellente, le opere della Pinacoteca Tosio Martinengo in Santa Giulia
In coincidenza con l’avvio dei lavori in palazzo Martinengo da Barco – la storica sede della Pinacoteca Civica – è
stata inaugurata al Museo di Santa Giulia l’esposizione “L’ospite eccellente”. Si tratta di una ricca selezione di
dipinti appartenenti alle raccolte della Pinacoteca, temporaneamente ospitati presso il Museo della Città al fine di
garantirne la visione ai bresciani e ai visitatori provenienti da altre città attraverso un criterio espositivo che
valorizza le opere, ponendo in luce gli autori più significativi – tra i quali Raffaello, Moretto, Romanino, Savoldo
e Giacomo Ceruti detto il Pitocchetto – e importanti artisti di interconnessione sulla via maestra dell’intenso
realismo che ha caratterizzato la pittura bresciana ed il collezionismo locale.
La mostra allestita a Santa Giulia consente di compiere un percorso virtuale attraverso la storia della pittura
bresciana – o eseguita a Brescia e per Brescia da importanti artisti italiani – a cominciare dal Tardogotico e fino
al pieno Settecento. Non mancano, naturalmente, i più noti capolavori ai quali è legata la fama della raccolta
cittadina: dal Cristo Redentore e dall’Angelo di Raffaello allo Stendardo di Orzinuovi di Vincenzo Foppa, dal Cristo e
l’Angelo di Moretto all’Adorazione dei Pastori di Lorenzo Lotto, dal Flautista del Savoldo allo straordinario nucleo
dei dipinti di Giacomo Ceruti, tra i quali spiccano tre tele appartenenti al cosiddetto Ciclo di Padernello.
Parallelamente, trovano posto nell’esposizione anche opere alle quali gli studi condotti negli ultimi anni in
occasioni di importanti mostre cittadine hanno restituito il dovuto rilievo: è il caso per esempio dei Profeti del
Moretto, del ciclo dipinto da Giulio e Antonio Campi per palazzo della Loggia, e di notevoli opere di genere del
Seicento e del Settecento (paesaggi, marine e nature morte). Accanto al taglio cronologico, particolare attenzione
viene prestata all’approfondimento di alcuni temi specifici, quali il ritratto (sia di grande che di piccolo formato,
con belle miniature di scuola nord-europea e italiana provenienti in gran parte dalla collezione di Paolo Tosio), la
pittura devozionale e quella destinata a ornare gli edifici ecclesiastici, con le grandi pale d’altare provenienti dalle
chiese di San Barnaba (il polittico di Vincenzo Civerchio e Francesco Napoletano) e di Sant’Eufemia
(l’imponente Sacra conversazione dipinta da Moretto) e con le due Natività di Moretto e Romanino. Le cento opere
esposte a Santa Giulia trovano posto accanto ad alcuni ambienti del complesso monastico che – sempre in
connessione ai lavori di palazzo Martinengo – sono stati destinati a deposito.
Nuove acquisizioni per i Musei di Brescia
Tre affreschi di Floriano Ferramola
I tre affreschi, provenienti da un palazzo cittadino, sono stati depositati, con non comune sensibilità culturale,
nei civici Musei dall’attuale proprietario. Ulteriori ricerche potranno meglio precisarne la provenienza e
l’attribuzione, riferibile tuttavia a Floriano Ferramola. L’ampia apertura paesistica, la tipologia dei volti
femminili, le modalità esecutive rimandano, in particolare, ai due cicli profani che il maestro bresciano eseguì nel
castello di Meano (1509-1512) e in palazzo Calini in città (1512-1518). Per consentire un diretto confronto, i tre
dipinti saranno esposti accanto a quelli staccati dallo stesso palazzo Calini (La caccia con il falcone, La nascita di
Adone). Le tre opere costituiscono un raro esempio di decorazione privata che si segnala, oltre che per le qualità
esecutive, per i significati connessi alla coeva cultura umanistica e alla riscoperta del mondo antico. Nei paesaggi,
cosparsi di edifici in rovina, si dispongono le personificazioni delle Virtù cardinali; la serie era in origine
completata dall’immagine perduta della Prudenza. Come pure indica la conformazione a lunetta, gli affreschi
erano probabilmente collocati entro gli archi perimetrali di un ambiente voltato a crociera. D’altra parte, questi
soggetti ben si adattavano alla decorazione di uno “studiolo” o di una biblioteca, richiamando, insieme ai
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MOSTRE NELLE GALLERIE D’ARTE E NEI MUSEI
dettami della Fede, le prerogative individuali che, guidate dalla Ragione (Prudenza) e della Volontà
(Temperanza), raggiungono il bene dovuto a Dio e agli uomini (Giustizia), nonostante gli ostacoli (Fortezza).
Dal 30 ottobre 2012 al 31 marzo 2013
Terre di confine. Una necropoli dell’età del Ferro a Urago d’Oglio
Tema della mostra è il ritrovamento di una piccola necropoli protostorica di V secolo a.C. La scoperta
rappresenta l’esito dell’indagine archeologica effettuata a Urago d’Oglio (BS) in occasione dei lavori per la
realizzazione dell’Autostrada Brescia-Bergamo-Milano (BreBeMi) che, attraversando i terreni agricoli della media
pianura ha intercettato tra il 2009 e il 2011 ben 130 siti archeologici e altri ne sta portando alla luce.
L’interesse della scoperta sotto gli aspetti storici e archeologici è davvero notevole: una necropoli della Cultura
di Golasecca, ubicata oltre il confine orientale tradizionalmente definito dagli specialisti, in prossimità di un
tracciato fluviale importante quale il fiume Oglio, al centro di vivaci rotte di scambio con il mondo etruscopadano, l’area veneta, il mondo alpino, l’area ligure. Tale situazione di commistione culturale sembra riflettersi
anche nella composizione dei corredi, espressione dell’incontro e della mescolanza di genti diverse, e nel rituale
funerario misto, a inumazione e a cremazione.
L’iniziativa, accompagnata dall’edizione dello studio dei materiali, vuole porsi come un buon esempio dei
risultati che può produrre la collaborazione tra pubblico e privato in particolarenella prassi dell’archeologia
preventiva e nella sua applicazione alle grandi opere pubbliche. Il catalogo a corredo della mostra intende
rappresentare il primo quaderno di una serie che si ponga come fine il dar conto in tempi rapidi dei risultati più
significativi ottenuti in Lombardia negli interventi di archeologia preventiva legati alla realizzazione di grandi
opere pubbliche e anche ai progetti, in parte conseguenti, di valorizzazione del patrimonio archeologico.
L’ospitalità nel Museo della città in Santa Giulia da parte del Comune di Brescia conferma una tradizione di
collaborazione di lunga data, con l’obiettivo di valorizzare il patrimonio archeologico della città e del territorio e
di sensibilizzare i visitatori del musei ai temi fondamentali della tutela e della conoscenza di esso.
Dal 20 novembre 2012
“D’importanza grande e d’eccezionale rarità…”
Collezioni d’arte applicata dei Civici Musei di Brescia
In occasione della stampa del volume “Collezioni e Collezionisti. Arti applicate dei Civici Musei di Arte e Storia
di Brescia”, a cura di Elena Lucchesi Ragni e Antonio Benedetto Spada e realizzato grazie al contributo
dell’Associazione Amici dei Musei, viene esposta al pubblico presso il Museo di Santa Giulia una selezione di
oggetti di grande valore artistico e storico.
Il percorso espositivo consente di ammirare esemplari di rara bellezza provenienti dalla civiche raccolte di arti
applicate, la cui formazione si deve ai generosi lasciti di illuminati collezionisti e mecenati come Gabriele
Scovolo, Paolo Tosio, Camillo Brozzoni e Leopardo Martinengo da Barco.
Avori medievali, oreficerie sacre del Quattrocento, bronzetti rinascimentali, cammei di età neoclassica, il
prezioso medagliere sono espressione di creatività artistica e di sapienza tecnica, oltre che testimonianze di storia
del gusto. Per rarità, qualità e quantità degli esemplari, meritano particolare attenzione la serie delle maioliche
“istoriate”, in grado di documentare l’attività dei maggiori centri ceramici italiani del Cinquecento, e il gruppo
dei vetri di produzione muranese, straordinaria esemplificazione delle tecniche e delle tipologie dal XV al XVIII
secolo. Gli “oggetti d’arte” selezionati per questa occasione, insieme ai molti altri conservati da alcuni anni nei
depositi, costituiscono un patrimonio di straordinaria importanza che trova pochi confronti nei musei italiani. Il
percorso si apre con il notevole gruppo in avorio ed ebano dello scultore tirolese Simon Troger, attivo nel
Settecento per le principali case regnanti europee con opere altrettanto impressionanti per dimensioni, preziosità
dei materiali e virtuosismo esecutivo.
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MOSTRE NELLE GALLERIE D’ARTE E NEI MUSEI
Dal 2 dicembre 2012 al 20 gennaio 2013
Roberto Mangú. Mar Adentro
La mostra propone un percorso nell’immaginario pittorico di Roberto Mangú, artista di notorietà europea,
tramite un seguito di circa 25 opere di grande formato legate al suo rapporto poetico con il Mare Mediterraneo.
Di origine andalusa, Mangú ha il Mediterraneo nel sangue. Cresciuto intellettualmente a Parigi, ha saputo far
convivere la sua doppia natura di mediterraneo e di figlio dell’“Industria Europea”, nel suo peregrinare giunge a
Milano, il posto giusto per lui dove ha infatti vissuto per anni.
Dall’Andalusia riceve la cultura del mare, la cultura dell’oro, la cultura della notte e quella del viaggiare. Dalla
cultura del Nord riceve lo spirito e la forza dell’industria. La somma di queste esperienze e il suo percorso
umano, che lo ha portato a toccare i tre paesi mediterranei ha prodotto in lui e nella sua arte una visione poetica
fortemente identitaria, nella quale l’Italia riveste la forma di un “Essere in Piedi”.
La pittura di Roberto Mangú si esprime in uno spazio temporale che appartiene al nostro presente, ma si colloca
in una prospettiva atemporale, designando un «altro attuale» che - secondo la definizione di Emmanuel Lévinas interrompe una continuità lineare sia per inserirsi nella memoria che per proiettarsi nel futuro. Questa certezza,
profondamente insita nell'artista, di provocare il destino della pittura, data per morta nel secolo passato, ci offre
lo spunto per una riflessione estremamente profonda e attuale sulla nostra sorte. I dubbi e le incertezze che
incombono ogni giorno sugli uomini ci obbligano a incessanti riferimenti al senso del tempo, come se
quest'ultimo progredisse nell'ineluttabile conseguenza dell'istante che lo precede.
Mar Adentro evoca anche quel rapporto particolare che l'artista intrattiene con il Mare interiore che è anche il
nostro: il Mediterraneo. Il suo lavoro, da tempo, s'iscrive in una mitologia nutrita di coste luminose appartenenti
a questo spazio “mitico” che ha ispirato la nostra civiltà. Aragon scriveva: «Ciò che è stato sarà, purché ce ne
ricordiamo». Roberto Mangú, per le sue origini, per il suo credo, aderisce a questa eredità luminosa e tragica al
tempo stesso, abbagliante e contrastata, veicolo di tanti sogni e speranze e che egli vede come un vasto territorio
comprendente l'Africa e il cui centro è l'Italia, ricordandosi dei Girasoli di Van Gogh nei campi di grano della
Provenza, di Picasso e di Mirò – che rivolsero il loro sguardo alle altitudini delle loro origini andaluse e catalane
- e di Nicolas de Staël, quel russo divenuto mediterraneo che soccombette alla singolarità tragica di questo mare
sfracellandosi sulle rocce di Antibes.
Recentemente Mangú è stato invitato dal Musée Bonnard di Le Cannet ad illustrare e catalogo della mostra
Bonnard, dans la lumière de la Méditerranée (Ed. Hazan, 2011). Il suo rapporto identitario e pittorico con il
maestro francese si evince in quello che teorizza quando si riferisce a lui: “Noi pittori, e in particolare noi, i figli
di Bonnard, sperimentiamo una singolare situazione che ci conferisce questa duplice condizione di essere, in
quanto pittori, i possibili eroi che rendono visibile il mondo in potenza, e allo stesso tempo i più sospettati, per
una certa doxa sulla modernità, di utilizzare mezzi retrogradi.”
La mostra Mar Adentro è una riflessione sulla modernità, sull’idea stessa di pittura in un tempo iconoclasta.
Il catalogo, ripropone il saggio di Roberto Mangú, pubblicato nel catalogo Hazan, contiene una introduzione di
Philippe Daverio, un testo di Véronique Serrano e un testo di Dominique Stella.
La mostra, che viene ospitata nella prestigiosa cornice del Museo di Santa Giulia di Brescia, iscritto nella del
Patrimonio Mondiale dell’Unesco, è realizzata con il concorso della Fondazione Credito Valtellinese e della
Fondazione Brescia Musei e con il patrocino del Comune di Brescia.
In primavera Mar Adentro di Roberto Mangù raggiungerà la seconda tappa del suo viaggio in Italia a Fano, dove
sarà ospitata nella Galleria Carifano.
Dal 23 gennaio al 17 febbraio 2013
Gio Ponti “Vivere alla Ponti”
Le case abitate da Gio Ponti.
Esperimenti di vita domestica e architetture per l’abitare e il lavoro
Dopo Milano, Roma, Venezia, Londra e Parigi, anche Brescia ospita, al museo di Santa Giulia, la mostra “Vivere
alla Ponti”, realizzata per il Salone del Mobile 2012 dall’Ordine degli Architetti di Milano e Muse con il sostegno
di Molteni&C. Un omaggio al design domestico di Gio Ponti e a una visione della modernità ancora attuale, un
racconto insieme intimo e professionale, accompagnato dalle lettere, dalle fotografie di famiglia e dai documenti
video che testimoniano la vitalità del grande maestro del ‘900. Protagonisti sono anche gli arredi disegnati da
Gio Ponti tra il 1935 (sedia per il primo Palazzo Montecatini) e gli anni ’50 (libreria, cassettone, tavolino, cornici
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MOSTRE NELLE GALLERIE D’ARTE E NEI MUSEI
e tappeto per Casa Ponti in via Dezza a Milano, 1956-57). Una collezione rieditata da Molteni & C, grazie
all’accordo firmato in esclusiva con gli eredi Ponti e con la direzione artistica dello Studio Cerri&Associati, dopo
un lungo percorso di ricerca e studio dei prototipi.
Come sostiene Salvatore Licitra, nipote di Ponti, “da italiani e milanesi, abbiamo la preziosa eredità di Ponti che
deve essere portata alla luce e un archivio poco esplorato. Ci sono molti lavori dimenticati e prodotti da rieditare
– perché Ponti ha disegnato molto più di quello che avrebbe mai potuto essere prodotto – che ci offrono anche
l’occasione per comprendere l’uomo, la sua opera e un momento cruciale dell’architettura e del design italiani”.
In questa occasione Molteni&C e gli Ordini degli Architetti di Brescia e Milano ospitano nell’Auditorium di
Santa Giulia un incontro dal titolo “Gio Ponti, l’arte si innamora dell’industria. Progetti dagli archivi” con Paolo
Ventura, presidente dell’Ordine degli Architetti di Brescia, Franco Raggi, vice-presidente dell’Ordine degli
Architetti di Milano, Francesca Molteni, curatore con Franco Raggi della mostra “Vivere alla Ponti” e Salvatore
Licitra, curatore dei Gio Ponti Archives.
Orari: dal martedì alla domenica, dalle ore 9.30 alle 17.30
Ingresso: intero € 8,00; ridotto € 6,00 (per gruppi da 10 a 25 persone e convenzionati). Visitatori da 14 a 18
anni e oltre i 65: € 4,00; scuole: € 3,00; ingresso + didattica: € 4,50. Ingresso gratuito per visitatori fino a 13 anni.
MUSEO SANTA GIULIA, Via Musei 81/B, tel. 0302977833/834,
www.bresciamusei.com - [email protected]
MUSEO DIOCESANO
La maniera grande – Dipinti del XVI secolo dalla Pinacoteca Tosio Martinengo
In occasione della chiusura per restauri della Pinacoteca Tosio Martinengo sono stati depositati presso il Museo
Diocesano diciassette dipinti di grandi dimensioni, per lo più destinati alle chiese della città e rappresentanti della
grande stagione della pittura bresciana del Cinquecento. Un percorso che dall’ultima maniera di Vincenzo Foppa
conduce alle prime prove di Moretto e Romanino, fino ai risultati della maturità dei due artisti, segnati
dall’incontro con i grandi del Rinascimento italiano, da Raffaello a Tiziano.
Quattro artisti per un concorso – Le tele del presbiterio di Santa Maria dei Miracoli
Nel piccolo scrigno rinascimentale, costruito sul finire dell’Ottocento forse su progetto di Bernardino da
Martinengo e decorato con le sculture del milanese Gasparo Cairano, si compie l’atto finale del percorso del
Manierismo bresciano e, insieme, si apre la strada alla nuova generazione. Quattro artisti sono designati per la
realizzazione delle tele che raffigurano altrettanti episodi della vita della Vergine: Tommaso Bona per la Natività
della Vergine, Pietro Maria Bagnadore l’Annunciazione, Grazio Cossali la Presentazione al Tempio e Pietro Marone
l’Assunzione. Le quattro tele testimoniano il passaggio al linguaggio della Controriforma e, con esso, alla stagione
che avrebbe dato i natali al movimento barocco. In occasione e per tutta la durata dei lavori di restauro delle
coperture del Santuario di Santa Maria dei Miracoli, le quattro tele del presbiterio sono esposte presso il Museo
Diocesano: un’occasione per conoscere meglio una delle stagioni più ricche e interessanti della pittura bresciana.
Orari: tutti i giorni, escluso mercoledì, dalle 10.00 alle 12.00 e dalle 15.00 alle 18.00.
Ingresso: intero € 5,00; ridotto € 3,00 (visitatori dai 6 ai 12 anni, studenti e gruppi da 10 a 25 persone); ridotto €
2,00 (oltre i 60 anni); gratuito ai portatori di handicap e loro accompagnatori.
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MOSTRE NELLE GALLERIE D’ARTE E NEI MUSEI
Dal 26 gennaio al 15 maggio 2013
Inaugurazione 26 gennaio, ore 17.30
L’età del rame
La pianura padana e le Alpi al tempo di Ötzi
Al Diocesano di Brescia rivivrà l’età del Rame (3400 - 2200 a.C.). Fu un millennio fondamentale per l’umanità:
“nascono” l’aratro, la ruota, l’aggiogamento degli animali per la trazione, il carro a quattro ruote, lo sviluppo
della metallurgia del rame, spesso in lega con l’arsenico, l’agricoltura e l’allevamento, attività che favoriscono
nuovi assetti economici e sociali. Questa è la mostra che esperti ed appassionati attendevano da anni, dato che
dell’Eta del rame si sa molto; ma moltissimo resta ancora da scoprire e da definire. Così la mostra di Brescia sarà
l’occasione per fare il punto di tutte le nuove scoperte in Italia settentrionale, ambito fondamentale per questa
civiltà. A promuoverla, in collaborazione con le diverse Soprintendenze, il Museo Diocesano e la Fondazione
CAB, è un apposito Comitato organizzatore affiancato da un qualificatissimo comitato scientifico presieduto da
Raffaele C. De Marinis.
La scelta di Brescia a sede dell’attesissima esposizione non è casuale: è proprio nel bresciano, infatti che sono
tornate alla luce le testimonianze più rilevanti di insediamenti dell’età del rame in Italia. La necropoli di
Remedello Sotto, in provincia di Brescia, dopo 128 anni dalla sua scoperta costituisce ancora la documentazione
principale per la ricostruzione dell’età del Rame in area padana. Ma nuove scoperte sono documentate a
Volongo in provincia di Brescia, Fontanella Mantovana, Cumarola e Spilamberto in provincia di Modena,
Bologna, Forlì e Cesena e in altre località della pianura padana e dei primi contrafforti che la circondano. Si
tratta di necropoli, talvolta molto ricche di manufatti. Ma la mostra darà conto anche di altre suggestive
testimonianze: le notissime statue-menhir che, insieme alle incisioni rupestri della Valcamonica, forniscono una
iconografia fondamentale per la comprensione del periodo e che in mostra saranno oggetto di ampia
illustrazione attraverso l’esposizione di alcuni originali e di rilievi a grandezza naturale.
Il diffondersi, nell’Età del Rame, in tutta la regione alpina delle steli antropomorfe, statue-menhir, grandi
composizioni monumentali nell’arte rupestre, statue-stele, è tuttora oggetto di diverse interpretazioni: opere
legate a nuove concezioni religiose, al culto degli antenati fondatori dei clan, al manifestarsi dell’ideologia
indoeuropea o rappresentazione antropomorfica delle divinità. Il fenomeno non è circoscritto alla regione
alpina, ma presenta una vasta diffusione dalle steppe a nord del Mar Nero fino alla penisola iberica.
Nella mostra sarà illustrato tutto il complesso dei ritrovamenti avvenuti nel 1991 e 1992 al giogo di Tisa, al
confine tra Italia e Austria attraverso copie dei materiali, pannelli didattici e la ricostruzione a grandezza naturale
dell’uomo del Similaun con tutto il suo abbigliamento ed equipaggiamento. Saranno forniti i risultati delle
ricerche più recenti condotte sulla mummia: analisi del DNA, suo inquadramento negli attuali aplogruppi delle
popolazioni europee, aspetti paleopatologici, stato di salute, cause che ne determinarono la morte a 3150 m di
quota. Particolare attenzione sarà posta nel confronto tra i materiali posseduti da Ötzi (ascia in rame, cuspidi di
freccia, pugnale in selce) e quelli relativi alla cultura di Remedello.
Il percorso della mostra si conclude con l’età del Vaso Campaniforme, documentata in provincia di Brescia dalle
due importanti sepolture di S. Cristina di Fiesse e di Ca’ di Marco, a cui saranno affiancate le tombe di recente
scoperta a Parma. Con l’inizio dell’antica età del Bronzo, tra 2200 e 2070 a.C. si stabilizza l’insediamento e
vengono fondati i primi abitati palafitticoli lungo le rive meridionali del lago di Garda e nei bacini infra-morenici
dell’anfiteatro benacense. Questa fase iniziale dell’antica età del Bronzo sarà illustrata attraverso l’esposizione di
ceramiche e manufatti di metallo, in osso, corno, selce e fayence del Bronzo Antico I dal Lavagnone di
Desenzano del Garda, e da Polada, in comune di Lonato, nonché dai ripostigli di asce a margini rialzati di
Remedello Sopra e di Torbole Casaglia (BS). Dopo l’esposizione di archeologia bresciana del 1875 promossa
dall’Ateneo di Brescia sarà la prima volta che materiali di Polada della collezione Rambotti ritornano a essere
esposti a Brescia.
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MOSTRE NELLE GALLERIE D’ARTE E NEI MUSEI
Orario: tutti i giorni, escluso mercoledì, dalle 9.00 alle 12.00 e dalle 15.00 alle 18.00.
Ingresso: intero € 5, ridotto € 2,50. Ingresso gratuito per scolaresche.
Informazioni e prenotazioni: tel. 03040233, fax 0303751064; [email protected].
Museo Diocesano, Via Gasparo da Salò 13, tel. 03040233
www.diocesi.brescia.it/museodiocesano - [email protected]
CHIOSTRO DI SAN CRISTO – CONVENTO DEI MISSIONARI SAVERIANI
Dal 10 novembre 2012 al 24 febbraio 2013
MEXICO Un paese moderno erede di antiche e affascinanti civiltà
Nel convento dei Missionari Saveriani si terrà l’XI edizione della mostra annuale che quest’anno avrà per tema il
Messico. Il Messico, a cavallo fra l’America settentrionale e quella centrale, è bagnato dagli oceani Atlantico e
Pacifico. Gran parte del suo territorio è costituito da altipiani oltre i 1500-2000 metri di altitudine fra cui la
Meseta (altopiano) centrale, chiusa su due lati rispettivamente dalla Sierra Madre del sud e dalla Sierra Madre
orientale. Al nord troviamo steppe e deserti, mentre verso sud le pianure e i rilievi più bassi ospitano foreste
tropicali. Il territorio è soggetto a frequenti terremoti, ed è costellato di vulcani attivi. La maggior parte della
popolazione vive nell’Altopiano centrale, che è il cuore economico del paese. Qui sorge Città del Messico, la
capitale, costruita sul territorio che fu dominio dell’impero Azteco la cui capitale Tenochtitlan fu distrutta da
Cortez nel 1521, ed ora sommersa dall’immensa città moderna. Il Messico mostra una grande crescita
demografica e, di conseguenza, urbana anche dovuta alla forte migrazione di popolazioni contadine verso le
grandi città. Di qui sovraffollamento delle periferie e continui tentativi di emigrazione clandestina verso gli Stati
Uniti. Le risorse naturali del Messico comprendono, oltre ad una fiorente agricoltura, grandi depositi minerari di
argento, petrolio e gas naturale. Politicamente e socialmente tormentato negli ultimi secoli da diverse
dominazioni europee e da diverse rivoluzioni alimentate dalla classe contadina, fra cui la più famosa è forse
quella del 1910-1920, è ora una repubblica federale costituita da vari Stati e da un Distretto Federale, di cui fa
parte la Capitale.
In mostra potrete vedere paesaggi mozzafiato, pannelli che ritraggono momenti di vita della popolazione,
oggetti che mostrano le grandi capacità artistiche dei messicani, sentirete le classiche musiche dei "mariachi" che
accompagnano le numerose feste uso; gli adulti, oltre a splendidi prodotti di artigianato, ammireranno alcuni
abiti dei balli folkloristici, i codici antichi, i manufatti delle antiche culture maya ed azteche, la celebrazione
festosa della Vergine di Guadalupe, la più venerata dell’America latina, in un'atmosfera coinvolgente ed
interessante.
Per le scuole saranno allestiti dei laboratori di artigianato e arte messicana differenziati per percorsi. In
contemporanea alla mostra saranno organizzati eventi culturali e verranno esposte, anche in vendita, alcune
opere dell’artista messicana Maria Puga. Come sempre, mostra significa anche solidarietà. Quest'anno il ricavato
verrà donato al saveriano bresciano p. Mario Gallia, rettore e formatore della comunità degli studenti di teologia
a Città del Messico. Saranno finanziate alcune "borse di studio" per i ragazzi delle missioni di Santa Cruz e
Acoyotla, perché possano frequentare la scuola.
Orari: feriali 9.00-12.30 e 14.30-17.00; domenica e festivi 14.30-18.30
Ingresso: visita alla mostra gratuita, mentre la partecipazione ai laboratori prevede un contributo di 2,50 €. È
necessaria la prenotazione. Per informazioni e prenotazioni: tel. 3493624217, e-mail [email protected]
Chiostro di San Cristo, Via Piamarta 9, tel. 3493624217
www.saverianibrescia.com - [email protected]
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MOSTRE NELLE GALLERIE D’ARTE E NEI MUSEI
MUSEO NAZIONALE DELLA FOTOGRAFIA
Dal 12 al 27 gennaio 2013
Sergio Preseglio “Arte Sacra nel Bresciano”
Orari: Sabato e domenica, dalle ore 16.00 alle 19.00; martedì e giovedì per le scuole su prenotazione.
Ingresso: gratuito
Museo Nazionale della Fotografia, Contrada del Carmine 2/f (Piazzetta della fotografia a fianco della Chiesa del
Carmine), tel. 03049137, [email protected], www.museobrescia.net
GALLERIE DI BRESCIA
MOSTRE INAUGURATE A OTTOBRE
GALLERIA AGNELLINI ARTE MODERNA
Dal 27 ottobre 2012 al 16 marzo 2013
American Dream
L'America del dopoguerra ha prodotto un modello di società che negli anni a seguire si è imposto al mondo. Dal
1945 al 1960 l'egemonia politica, economica e culturale degli Stati Uniti si è costruita sull'estromissione
dell'Europa indebolita dalla guerra. Questo periodo consacra l'idea di progresso e di avanzata tecnologica al
rango di dogma che si applica tanto all'industria quanto all'economia e alla cultura. L'esposizione, attraverso
opere significative di artisti espressionisti o pop che animarono la scena americana degli anni '60, illustra lo
spirito di entusiasmo e di libertà che s'impose nel paese in quegli anni in cui l'arte, l'industria e l'economia
parteciparono a uno slancio creativo che sconvolse le abitudini di vita. La meccanizzazione produceva già da
lungo tempo oggetti di desiderio che l'arte, grazie alla Pop art, trasformò in icone moderne, rappresentazioni
spesso moltiplicate di simboli di una civiltà potente e dominatrice. Gli Stati Uniti, in uno stesso slancio, seppero
altrettanto bene esportare il loro modello di società e imporre un'arte che ne era il principale sostegno.
L'esposizione ci mostra, in un parallelo tra le mitiche moto Harley Davidson e Indian, e le opere di artisti come
Warhol, Rauschenberg, Sam Francis, Robert Indiana... il rapporto sottile che esiste tra l'industria e l'arte in quegli
anni di totale euforia. Il mito americano si è costruito sulla produzione di oggetti che hanno cambiato la
quotidianità degli individui apportando profonde modificazioni nella vita di ognuno. La meccanizzazione ha
trasformato le realtà più comuni, radicandosi profondamente in una prassi che penetra e trasforma l'animo
umano. La velocità d'esecuzione dei compiti è divenuta uno standard illustrato dallo sviluppo
dell'elettrodomestico, dell'automobile e molto altro. Questi oggetti tanto ambiti, la cui realizzazione arriva a
livelli di precisione e di eleganza, raggiungono il Pantheon di una mitologia contemporanea al pari delle opere
d'arte. Moto, automobili, aerei sono le «sculture» dei tempi moderni, ideali di perfezione, oggetti di desiderio,
magnifici nella loro struttura e nella loro concezione. Insieme alle automobili nascono le prime moto. Le Indian
s'imposero per prime, nel 1899. In mostra alcuni modelli del 1922, 1928, 1935... illustrano l’innovazione di moto
diventate leggende e che restano tra gli oggetti mitici di quest’epoca in cui l'invenzione impone i propri sogni.
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MOSTRE NELLE GALLERIE D’ARTE E NEI MUSEI
L'aspetto trionfante dell'America che vince è illustrato dall'epopea Harley Davidson. La marca Harley, adottata
da attori di culto come Marlon Brando, è un simbolo degli Stati Uniti: Harley Davidson, del resto, è tra le dieci
marche americane più conosciute al mondo insieme a Coca-Cola e Disney. La mostra propone moto del 1922,
1928, 1935, 1941... fino al 1970. La storia delle Harley appartiene alla leggenda americana che raggiunge il suo
apogeo negli anni '60 con un film come Easy Rider, realizzato da Dennis Hopper nel 1969. Il film è nel
repertorio del National Film Registry dal 1998, per il suo apporto significativo al cinema americano e alla cultura
americana. Simbolo della gioventù e del rifiuto dei pregiudizi, Dennis Hopper incarna un cinema libertario, al
limite della rottura. Con Easy Rider, road movie nichilista e metafisico dalla colonna sonora esplosiva, si crea un
nuovo ordine del mondo nel quale gli artisti riconquistano il reale. Questo spririto definisce perfettamente la
generazione americana del dopoguerra il cui atteggiamento disinvolto, sperimentale e conquistatore trova la sua
rappresentazione nel mondo dell'arte che si apre a tutte le possibilità. La ridefinizione dell'arte, integrando la
provocazione come mezzo d'azione, così come l'ironia e la libertà - elementi che appartengono anche al
comportamento dada al quale si riferiscono artisti come Rauschenberg - s'impone in un mondo che si reinventa.
L'espressionismo astratto-rappresentato nell'esposizione da Franz Kline, Mark Tobey, Sam Francis, il cui lavoro
oscilla tra astrazione e figurazione - rivendica questa libertà e inventa nuove tecniche, mescolando influenze
diverse come il surrealismo (subconscio, scrittura automatica, dripping), l'astrazione di Wassily Kandinsky e di
Arshile Gorky e l'insegnamento di Hans Hofmann. In mostra opere di questi artisti magiori dell’astrazione
americana del dopo guerra che rimangono legati all'influenza europea pur rivendicando una propria storia. La
pop art rimette fondamentalmente in questione i criteri che fino ad allora avevano caratterizzato «l'opera d'arte»,
inducendo una riflessione sull'oggetto artistico e ponendolo in una dialettica sociologica, desacralizzando
l'immagine dipinta o la scultura per conferir loro una dimensione di oggetto comunicante (allo stesso titolo della
pubblicità), o banalizzandole proiettandole nella sfera dell'oggetto industriale multiplo proprio al consumo di
massa. Più che da uno stile, l’arte pop discende da uno stato d’animo che consiste nel rendere conto della realtà
della società moderna, mediatizzata, basata sul messaggio istantaneo che s'impone come riferimento assoluto. In
quanto l’opera diventa multipla, sembra ormai entrare nella logica di una modernità contestata in modo cinico
da una artista come Andy Wharol (presente in mostra), illustrata in modo “umanista” da Robert Indiana che
moltiplica i messaggi d'amore e di pace ovunque nel mondo. In mostra un Love emblematico.
Orari: da martedì a sabato, 10.00-12.30 e 15.30-19.30.
Galleria Agnellini Arte Moderna, Via Soldini 6/A, tel. 0302944181
www.agnelliniartemoderna.it - [email protected]
GALLERIE DI BRESCIA
MOSTRE INAUGURATE A NOVEMBRE
FONDAZIONE BERARDELLI
Dal 16 novembre 2012 al 30 gennaio 2013
Il fabbro e il boscaiolo = 1 →iO: Julien Blaine
La Fondazione Berardelli dopo aver dedicato nella primavera del 2008 a Julien Blaine la mostra antologica
Favole e altre storie. Opere dal 1980 al 2007. L'esposizione propone i lavori più recenti dell'artista francese.
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MOSTRE NELLE GALLERIE D’ARTE E NEI MUSEI
Il Fabbro e il Boscaiolo è il naturale proseguimento della precedente personale realizzata negli spazi della
Fondazione e allo stesso tempo della grande retrospettiva che il Museo Mac di Marsiglia ha dedicato a Blaine nel
2009. Verranno allestiti tre differenti progetti che l'artista ha realizzato nel corso degli ultimi anni dal titolo:
Nuove favole
iHALi (?) iUALi
(I n s t a l l a z i o n e Uma n a A n o n ima L a s c i a t a I n a v v e r t i t ame n t e)
Mattone di vetro
Biografia Julien Blaine (Christian Poitevin) nasce in Francia a Rognac nel 1942. Comincia a interessarsi alle
ricerche artistiche tra parola e immagine al principio degli anni 60. Fin dai suoi esordi si cimenta con diverse
forme espressive: è poeta visuale e sonoro, mail artista, performer ma anche organizzatore di eventi,
direttore di periodici e collane. La sua prima performance, intitolata “Reps elephant 306”, risale al 1962 ed è
una sorta d’intervista agli elefanti del circo Franchi, a questa segue l’azione “Target poem” in cui coinvolge il
pubblico presente. Realizza anche numerose pièces sonore, alcune delle quali sono documentate in cassette,
dischi e CD e in diverse audio-antologie. È rappresentato ad esempio in LP Text und Aktionsabend (Ed.
Anastasia Bitzos, 1968) e in Polyphonix (Ed Multhipla Records, 1981). Nel 1962 inizia la sua attività
editoriale fondando la rivista “Les Carnets de l'Octéor” e collaborando allo stesso tempo con Ben Vautier a
“Identité”. Nel 1966 fonda insieme a Jean Francois Bory “Approches”, che chiude nel 1969, alla quale
seguono “Robho” nel 1967, con Jean Clay e Alain Schifres, e “Geronymo” 1970. La più longeva delle sue
pubblicazioni, alla quale di dedica dal 1975 al 1991, è “Doc(k)s”, i cui numeri sono pensati come delle
monografie dedicate a esperienze poetiche in diverse aree geografiche. Tre di questi sono in particolare
dedicati alla mail-art. Blaine con questa rivista, oltre ad istaurare una fitta rete di contatti e scambi culturali,
svolge un lavoro di grande importanza, infatti “Doc(k)s” può essere considerata una vera e propria
ricognizione dei differenti sviluppi internazionali della ricerca poetico visuale e concreta.
Stringe proficue collaborazioni anche con i poeti visivi italiani con i quali lavora a numerosi progetti. Nel
1983 entra a far parte del Gruppo Logomotives, insieme a Alain Arias Misson, Jean Francois Bory, Paul De
Vree, Eugenio Miccini, Sarenco e Franco Verdi, con il quale parteciperà a numerose esposizioni. Egli stesso
è un organizzatore culturale molto attivo e segue con attenzione l'evoluzione delle ricerche poetiche
internazionali. Dirige il V.A.C. (Ventabren Art Contemporain) ed è stato l’animatore dei festival di poesia
sonora d’Avignon (1977, 1978, 1979), di Cogolin (1984, 1985, 1986), di Allauch (1987) e di Tarascon (dal
1988 al 1993).
Orari: da martedì a sabato dalle 15.30 alle 19.00, altri orari su appuntamento.
Genere: arte contemporanea
Fondazione Berardelli, Via Milano 107, tel. 030313888
www.fondazioneberardelli.org - [email protected]
GALLERIA MININI
Dal 17 novembre 2012 al 19 gennaio 2013
Carla Accardi
“Carla Accardi non ha bisogno di commenti o presentazioni.
Regina dell’arte italiana, viene da lontano, dal dopoguerra del segno e della forma.
Meno considerata dei suoi amici maschi, li ha poi superati quasi tutti nella volata finale, frutto di grande fiato,
testa, mano, resistenza e bravura.
Oggi Accardi ci offre lavori di una bellezza estrema, distillata da anni di pensiero sulla forma e sul colore.
Ha una grande forza, come si vede dalla qualità delle opere di ieri e di oggi.
Ogni sera da lei c’è un energico aperitivo con gli amici.
Si vede che il fascino di Carla è ben irrorato…” Massimo Minini
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MOSTRE NELLE GALLERIE D’ARTE E NEI MUSEI
Peter Halley
“Peter Halley è uno dei grandi giovani della pittura americana anni ottanta.
Un pittore classico, un lavoro con ripetizione di minime varianti sul tema di composizioni geometriche che
derivano le loro ragioni dalla forma della città, con i suoi collegamenti, le strade, le costruzioni, i canali
sotterranei dei telefoni, riscaldamento, acque, gas, metropolitane…
L’ultima sua mostra a Brescia era in collaborazione con un grande architetto, Alessandro Mendini.
Hanno concordato muri dipinti dall’Architetto e tele sovrapposte dal Pittore con un effetto travolgente.
Hanno discusso per un anno ma il tutto è nato da un equivoco.
Un giorno vendo due opere di Halley ad un collezionista che avrebbe voluto anche una parete dipinta. Peter alla
fine dice di no, ed il collezionista la fa dipingere da Mendini. Io non so che fare; nascondo la verità per anni, ma
ad un certo punto devo mandare la fotografia delle opere allo spazientito autore, pensando avrebbe protestato.
Invece Peter fu talmente entusiasta di quella sorpresa inaspettata che nacque la collaborazione con Mendini e la
mia mostra successiva…” Massimo Minini
Orari: da lunedì a venerdì dalle ore 10.00 alle 19.30; sabato dalle ore 15.30 alle 19.30.
Genere: personale arte contemporanea
Galleria Minini, Via Apollonio 68, tel. 030383034
www.galleriaminini.it - [email protected]
GALLERIA DELL’INCISIONE
Dal 24 novembre 2012 al 30 gennaio 2013
Bruno Munari. Pensare confonde le idee
L'esposizione, che celebra i quarant'anni di attività della galleria, segue l'attività di Bruno Munari attraverso una
cinquantina di opere e progetti realizzati con tecniche diverse fra gli anni '30 e gli anni '90.
La mostra restituisce la varietà, il rigore e, allo stesso tempo, l'ironia della sperimentazione artistica di Bruno
Munari attraverso una selezione di lavori rappresentativi dei diversi momenti del percorso creativo dell'artista.
Leggerezza e semplicità formale, comuni alle opere in mostra, non sono mai cifra stilistica, ma, piuttosto, il
risultato di una ricerca profonda che indaga i meccanismi del linguaggio visivo e la sua declinazione nella
quotidianità. Il dialogo fra produzione artistica e vita di tutti i giorni è costante: da un lato, come designer,
Munari progetta oggetti d'uso quotidiano che, ancora oggi, sono ammirati per qualità estetica e funzionale (in
mostra saranno presenti bozzetti, studi e prototipi a documentare questo campo d'indagine). Dall'altro lato,
oggetti comuni sono trasformati e, come ne “Le forchette parlanti”, danno nuova voce alla realtà domestica e,
allo stesso tempo, indagano le possibilità comunicative di forme e segni ridotti ai minimi termini.
Stupisce la capacità di interpretare nuove tecniche e strumenti, come ne “Le Xerografie”, immagine uniche
realizzate con una semplice fotocopiatrice o nelle “Sculture da viaggio”, creazioni pieghevoli e leggerissime che
ben riflettono l'idea di una bellezza portatile, che si dispiega col farsi della vita di tutti i giorni.
Molti sono gli ambiti dove Munari seppe lasciare un segno significativo: progettazione grafica, libri per l'infanzia
(originalmente pensati per il figlio, ma ad oggi amati da un pubblico di tutte le età), design, scultura, architettura.
D'altronde è questo l'esito necessario del lavoro del designer perché, per dirla con le parole di Munari, “il
designer risponde alle necessità umane della gente della sua epoca, l'aiuta a risolvere certi problemi
indipendentemente da preconcetti stilistici o da false dignità artistiche derivanti dalle divisioni fra le arti”.
La mostra, curata da Claudio Cerritelli, è accompagnata da catalogo con un suo testo critico.
Orari: da martedì a domenica, dalle ore 17.00 alle 20.00.
Genere: arte contemporanea
Galleria dell’Incisione, Via Bezzecca 4, tel. 03030469, www.incisione.com - [email protected]
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MOSTRE NELLE GALLERIE D’ARTE E NEI MUSEI
PACI CONTEMPORARY
Dal 24 novembre 2012 al 12 febbraio 2013
Lori Nix “Another World”
Paci contemporary è lieta di presentare Lori Nix, fotografa contemporanea del Kansas, che vive e lavora a New
York, famosa per le sue immagini surrealistiche e per la sua personalissima interpretazione della Staged
Photography. Come per molti interpreti di questa corrente i suoi lavori si collocano al confine tra fotografie ed
installazione: infatti l’artista ricostruisce manualmente dei mondi in miniatura, utilizzando diversi materiali
comuni, per ricreare scene surreali di un mondo apocalittico, che andrà poi ad immortalare in fotografie di largo
formato. La mostra offrirà un’anteprima della sua ultima serie "The City", ma anche un viaggio a ritroso nel
percorso creativo di Lori Nix con i lavori di tre serie precedenti: "Accidentally Kansas", “The lost” e “Some
other place”. Nei diorami della sua ultima serie "The City", ancora in corso di realizzazione, Nix racconta di un
mondo in cui l'umanità non esiste più e dove la natura si sta riappropriando degli spazi che le erano stati privati
dall'uomo, proiettandoci in uno scenario a tratti tristemente realistico e simbolico. “The City” è l’evoluzione di
un’indagine tematica, sviluppata anche sotto un profilo tecnico ed introspettivo, che l’artista aveva avviato con le
serie precedenti. Se nella serie "Accidentally Kansas" (1998-2000) Nix ripropone una serie di scene a sfondo
apocalittico e dominate da cataclismi naturali: tornado, inondazioni, infestazioni di insetti e altri eventi bizzarri
che hanno caratterizzato gran parte della vita dell’artista, vissuta nel Midwest rurale, nella seria “Some other
place”(2000-2002) la natura, rappresentata in modo enigmatico e senza tempo, diviene il soggetto principale e
l’artista indaga sulla bellezza del paesaggio e del mondo animale, soprattutto in opere come Wasps e Salvazana.
Con la serie "Lost" (2003-2004), Nix continua la sua indagine sul paesaggio, questa volta esaminando i
sentimenti di isolamento e solitudine.
Come gran parte del suo precedente lavoro, anche in “The City” diviene labile il confine tra verità e illusione.
L’unione di un pensiero romantico del paesaggio e l’illuminazione teatrale sublimano l’opera facendo avvertire
nello spettatore un senso di isolamento e di malinconia. L’evidente artificiosità delle scene stimola il piacere
dell'illusione. Un quesito domina gli scenari dal sapore apocalittico della serie "The City": Come apparirebbero
gli ambienti urbani se l'umanità scomparisse? Strade ed edifici diverrebbero spopolati ed abbandonati, e la natura
successivamente se ne approprierebbe. Questa serie di fotografie è la visione di come potrebbe essere un futuro
post-umano. I soggetti principali di questa serie sono spazi pubblici in passato dedicati alla storia e alla scienza,
come musei o piazze storiche, ormai sopraffatti da una natura selvaggia.
Durante l’inaugurazione l’artista presenterà il catalogo edito da Paci contemporary con testo critico a cura di
Gigliola Foschi.
Orari: da martedì a sabato, ore 10.00-13.00 e 15.30-19.30.
Genere: personale di arte contemporanea
Paci Contemporary, Via Trieste 48, tel. 030.2906352,
www.pacicontemporary.com - [email protected]
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MOSTRE NELLE GALLERIE D’ARTE E NEI MUSEI
GALLERIE DI BRESCIA
MOSTRE INAUGURATE A DICEMBRE
VISUAL ART & SPAZIO CONTEMPORANEA
Dal 15 dicembre 2012 al 28 febbraio 2013
I Maya - hach uinik - i veri uomini
I maya lacandoni I Lacandoni sono gli unici veri eredi dei Maya. Per secoli sono vissuti nella sierra lacandona,
tra il Chiapas e il Guatemala, in completo isolamento, conservando l'indipendenza e la cultura degli avi. La
"nostra" civiltà ha conquistato gli ultimi gruppi di quegli indios, che ormai si stanno integrando nella cultura
occidentale. Oggi, con i moderni mezzi di comunicazione, l'isolamento è finito. Così, il mondo maya scompare
per la seconda volta. Queste parole introducono la straordinaria esperienza di Gertrude Duby Blom, fotografa e
giornalista svizzera. Per quasi cinquant'anni Gertrude ha vissuto con i Lacandoni, combattendo per la loro
sopravvivenza. La sua tenacia ha vinto: si può dire, infatti, che li ha salvati dall'estinzione. I moderni lacandoni,
che parlano un dialetto maya yucateco, restano comunque gli unici custodi della più pura cultura maya. Poligami,
abitavano dispersi nella vastità della giungla, in accampamenti di poche famiglie accuratamente mimetizzati.
Coscienti e orgogliosi di essere i soli discendenti incontaminati dei maya, sulle cui piramidi essi celebravano gli
antichi riti, i lacandoni chiamavano se stessi hach uinìk, "i veri uomini", lo stesso termine usato dalle caste
aristocratiche e sacerdotali degli antenati, millecinquecento anni prima. Ma un brutto giorno questo nostro
mondo cominciò a distruggere l'armonia del loro universo. Nel 1941 la seconda guerra mondiale fece salire alle
stelle il prezzo della gomma da masticare, prediletta dai soldati americani, che si ricava dal chicle, il lattice
dell'Achras sapota. Così arrivarono nella giungla le orde dei chicleros. I lacandoni morivano a decine, sterminati
da improvvise epidemie. Delle piste aperte nel folto della vegetazione approfittarono i mercanti di legnami
pregiati, i madereros, che iniziarono a sventrare la foresta con le motoseghe. Sulla loro scia seguirono i coloni,
spesso indiani degli altipiani del Chiapas, mossi dalla cronica fame di terreni coltivabili, imposta al Messico dal
latifondo e dalla crescita della popolazione. E qui la storia dei lacandoni sarebbe potuta terminare, tragicamente:
i "buoni selvaggi" completamente estinti o assimilati, la foresta interamente distrutta. Ma inaspettatamente
giunse il soccorso. Gertrude Duby (1901-1993), per gli amici Trudi, nata a Berna, penetrò a dorso di mulo nella
selva lacandona dopo un'esistenza avventurosa. Poco dopo lo scoppio della guerra, nel 1940, si stabilì in
Messico, dove cominciò a lavorare come giornalista. Imparò anche a scattare fotografie, al solo scopo, sostiene
con qualche civetteria, di documentare i suoi articoli. Il suo sogno era però di incontrare i lacandoni. Nella Selva
incontrò anche un nuovo marito, l'archeologo americano Frans Blom, ma il colpo di fulmine più potente scoccò
tra Trudi e i lacandoni. La giornalista svizzera sposò con dedizione totale la loro causa e mise al loro servizio la
sua vulcanica energia, il suo temperamento caparbio, le capacità organizzativi e le doti politiche e giornalistiche
affinate dalla più che ventennale esperienza nel socialismo europeo.La fiducia reciproca tra Trudi e i lacandoni
venne subito consolidata dalla calorosa intesa con il più autorevole dei too'hil del nord, Chan K'in il Vecchio.
Nel 1940, i lacandoni erano circa 400, ma nel 1948 ne sopravvivevano solo 156. Interessando antropologi
americani ed europei, Trudi scatenò una campagna per fare loro arrivare con urgenza aiuti medici: oggi superano
i 500. Trudi li convinse ad abbandonare i loro accampamenti isolati e a riunirsi in comunità più grandi, quelle
dove vivono tuttora: i lacandoni del nord sul lago di Najá e sul lago di Merizabok; quelli del sud sul fiume
Lacanjá, vicino alle rovine della città maya di Bonampak, famosa per ospitare gli unici dipinti murali a colori
vivaci sopravvissuti alle intemperie, considerata la cappella sistina dei maya. Il pericolo maggiore era tuttavia
dietro l'angolo. A partire dagli anni Sessanta l'invasione dei coloni messicani aumentò spaventosamente: il
governo aveva deciso di sfruttare il legname pregiato e di iniziare prospezioni petrolifere, aprendo nuove strade
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MOSTRE NELLE GALLERIE D’ARTE E NEI MUSEI
nella giungla con macchinari pesanti. Si considerava necessaria e inevitabile la distruzione completa della Selva.
A molti contadini poveri di tutto il Messico vennero offerti titoli di proprietà su scampoli della foresta, a
condizione che vi si trasferissero con le famiglie. Nel 1972 Trudi e Chan K'in ottennero la prima vittoria: il
governo messicano riconosceva il possesso nominale di ben 6140 chilometri quadrati di Selva ai 66 capifamiglia
lacandoni, e cominciò a pagare loro i diritti per il taglio degli alberi, in misura ridicola rispetto al ricavato, ma
questi incassi modesti risultavano cifre enormi per gli standard della vita dei lacandoni. I "selvaggi" lacandoni,
appena usciti da una cultura neolitica, si trovarono di colpo a essere gli indiani più ricchi del Messico. Questo
trasformò radicalmente il loro modo di vivere e da "fossili viventi" in pericolo di estinzione divennero gli indiani
del Chiapas più adattati al mondo moderno. Ma a quale prezzo? La cultura tradizionale dei lacandoni era in
pezzi. Dal 1988 tagliare alberi è diventato illegale, così come uccidere o prelevare la fauna selvatica, ma
corrompendo (facilmente) le guardie forestali si può fare di tutto: portarsi via camion di legna, uccidere giaguari
e ocelot per le loro pelli, e commerciare, vive, le ormai rare Ara macao e Ara militaris. Nel 1989, l'ultima vittoria
di Trudi è stata di costringere il governo messicano ad abbandonare il progetto di un sistema di dighe sul fiume
Usumacinta. Nel marzo del 1991 il Messico siglò un accordo con l'organizzazione ecologista Conservation
International, impegnandosi a salvare ciò che restava della Selva lacandona in cambio di una riduzione di quattro
miliardi di dollari del suo debito estero. Interrogata sulla vicenda Trudi rispose: “La Selva? Non c'è speranza. E'
finita. Del resto, un giorno o l'altro anche il mondo dovrà finire". Lo stesso Chan K'in, capelli leggermente
brizzolati nonostante avesse tra i 95 e i 100 anni, soleva ripetere: “So che è vicino il xutan, il giorno ultimo,
quando gli dei concluderanno questo ciclo del mondo. La terra si seccherà e si creperà, una luna rossa
incomberà sulla terra, i giaguari e i coccodrilli della notte mangeranno tutti gli uomini. Mio nonno diceva che
era ancora lontano, mio padre che non era ancora vicino. Ma a me gli Dei lo hanno detto: il xut-an sta per
venire.” Il 21 dicembre del 2012 è la data della fine del ciclo. Da ultracentenario e lasciando un figlio di poco più
di tre anni, Chan K’in morì il 23 dicembre del 1996. Tre anni esatti dopo la morte della sua amica Trudi.
Orari: da giovedì a sabato, dalle 15.30 alle 19.30.
Ken Damy Visual Art, Loggia delle Mercanzie, Corsetto Sant’Agata 22, tel. 0303758370,
[email protected]
PROGETTO TANGRAM
Dal 15 dicembre 2012 al 31 gennaio 2013
Laura Micieli
L'inizio è il tema, il tema è l’ombra e l’ombra è all’inizio; che ci preceda o ci segua, è sempre presente. In questo
ciclo illustrativo l’artista propone, con la rappresentazione fisica dell’ombra, la sua accezione più profonda, il
medesimo concetto definito dalla psicoanalisi, in un dialogo illustrato tra l’uomo ed il proprio inconscio. I
personaggi interagiscono tramite flash dialettici con la propria ombra interiore, esteriorizzata nella fisicità
dell’ombra quotidiana. Un’ombra quindi indipendente, incontrollabile, la tua migliore amica o il tuo baratro
buio. In questo mondo inconscio affiorano irrazionali scale demodé e buchi nel cielo; l’ombra beffarda e
derisoria si muove, ironizzata dalla mano dell’artista, mostrandoci le nostre mancanze, impietosa le nostre paure;
possiamo solo sperare di farcela amica.
Mi chiamo Laura Micieli, nasco nel 1990 presso la ridente cittadina di Brescia. Mi diplomo al Liceo Artistico Maffeo Olivieri di
Brescia e dopo aver fatto un rapido ed astuto quadro della situazione sulle modalità per divenire disoccupata al più presto, scelgo di
proseguire gli studi nell’ambito dell’illustrazione, frequentando la Scuola del Fumetto di Milano. Perfezionandomi nella tecnica
senza privarmi del sentimento, le mie illustrazioni rispecchiano probabilmente una spiccata attitudine alla malinconia ed alla
goffaggine (eufemismo), doti coltivate con dedizione fin dalla tenera età. Negli anni ho stretto un solido rapporto di stima reciproca
con i Bau, fonte di ispirazione continua prediletta nelle mie illustrazioni.
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MOSTRE NELLE GALLERIE D’ARTE E NEI MUSEI
Orari: da martedì a venerdì dalle 16.00 alle 18.30.
Progetto Tangram, Contrada Del Carmine 21/b, 3771522091, [email protected],
www.progettotangram.it
GALLERIE DI BRESCIA
MOSTRE INAUGURATE A GENNAIO 2013
PALAZZO DELLA LOGGIA
Dal 12 gennaio al 7 febbraio 2013
Mostra storica
Ritorno sul Don 1941-1943
Una mostra sulla guerra degli italiani in Unione Sovietica
Diversamente dalle letture tradizionali – dove la campagna di Russia condotta dall’Ottava armata italiana è
ridotta alla ritirata alpina del gennaio 1943 – la mostra Ritorno sul Don vuole riprendere la storia di quella
sventurata e tragica spedizione nel contesto della “guerra di sterminio” condotta dalle truppe germaniche in
URSS. I video, le fotografie, le mappe collocati nella mostra scandiscono la cronologia di una guerra totale:
dall’Operazione Barbarossa scatenata da Hitler con l’obiettivo di annientare l’URSS, all’assedio di Leningrado e
Mosca, fino all’offensiva del giugno 1942 che porta le truppe tedesche nel bacino del Don e poi sul Volga,
all’assedio di Stalingrado. Dentro questo grande affresco i visitatori troveranno, come un filo rosso, la guerra
degli italiani, dalla partenza del primo contingente, il 10 luglio del 1941, al dolente rientro dei superstiti nella
primavera del 1943 dopo la disfatta dell’Ottava armata.
Orari: dalle 9.00 alle 12.00 e dalle 14.00 alle 19.00
Ingresso: libero
Palazzo della Loggia, Salone Vanvitelliano
CENTRO DOCUMENTALE
Dal 12 al 27 gennaio 2013
Mostra storica
156^ Divisione di fanteria “Vicenza”
Orari: dalle 9.00 alle 12.00 e dalle 14.00 alle 19.00
Ingresso: libero
Centro Documentale (già Distretto Militare), Via Callegari 3
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MOSTRE NELLE GALLERIE D’ARTE E NEI MUSEI
WAVE PHOTOGALLERY
Dal 12 gennaio al 28 febbraio 2013
Giorgio Lotti. Antologica
Nel panorama del fotogiornalismo italiano ed internazionale, Giorgio Lotti ha sicuramente scritto con le proprie
immagini pagine di grandissima importanza e di significati che vanno ben oltre il semplice appunto di cronaca.
Essere al posto giusto nel momento giusto non è sempre garanzia di ottimi risultati. Se non si ha la capacità di
scegliere quei momenti che significheranno storicizzazione dell'evento, si rischia di cadere nella banalità dello
scatto su commissione, senza contenuti né contestualizzazione. Giorgio Lotti ha la cultura, l'esperienza, la
capacità di relazionarsi e di entrare nel problema e nelle persone, necessarie a garantirci quello che le sue opere
sanno trasmetterci. Che si trovi al cospetto di Zhou En Lai (una delle fotografie più riprodotte della storia) o
che venga inviato a documentare l'alluvione di Firenze nel 1966, piuttosto che i funerali di Padre Pio nel 1968, o
l'esodo degli albanesi nel 1991, passando attraverso la “mondanità” delle più note celebrità del mondo del
cinema, della musica e del teatro, Giorgio Lotti sa sempre scegliere l'immagine giusta, quella che attraverso i
media di tutto il mondo ci racconta in modo puntuale e personalissimo l'evento. Wave Photogallery propone
un'antologica che intende rendere omaggio ad uno dei maestri della fotografia, di quella fotografia che non
sembra più appartenere alle esigenze del mercato attuale ma che inevitabilmente continua ad essere di
insegnamento e riferimento a chi si avvicina all'immagine con l'aspirazione di andare oltre e poter anche essere
protagonista del mondo dell'arte.
Renato Corsini
Giorgio Lotti nasce a Milano nel 1937. Inizia a lavorare nel 1957, collaborando come free-lance per alcuni
quotidiani e settimanali quali “Milano Sera”, “La Notte”, “Il Mondo”, “Settimo giorno”, “Paris Match”.
Nel 1964 entra nello staff di Epoca sotto la direzione di Nando Sampietro dove rimane fino al 1997, anno di
chiusura del giornale. Ha lavorato fino al 2002 a Panorama. Nel 1973, per un reportage fatto in Cina viene
insignito, dalla University of Photojournalism, Columbia, del premio “The World Understanding Award”.
Ha partecipato inoltre a numerose edizioni del Sicof a cura di Lanfranco Colombo. Nel 1995, nel corso del 16°
Sicof viene premiato con l”Horus Sicof 1995” per il ruolo svolto nel campo della fotografia italiana. È stato
premiato dalla città di Venezia per i suoi reportages sulla Serenissima. Nel 1994, a Modena, riceve il prestigioso
premio letterario “Città di Modena”. Alcune immagini sono conservate nei musei americani, di Tokio, Pechino,
al Royal Victoria Albert Museum di Londra, al Cabinet des Estampes di Parigi, al Centro Studi dell’università di
Parma, alla Galleria Civica di Modena. Negli ultimi dieci anni si è dedicato alla ricerca fotografica nel campo del
colore e dell’arte.
Orari: da martedì a venerdì, 10.00-12.00 e 15.00-19.30; sabato, 15.00-19.30.
Genere: personale di fotografia
Wave Photogallery, Via Trieste 32, tel. 0302943711
www.wavephotogallery.com – [email protected] / [email protected]
ab/arTE GALLERIA D’ARTE MODERNA E CONTEMPORANEA
Dal 12 gennaio al 9 febbraio 2013
Geometrie e tagli di luce nelle incisioni di Luigi Corsini
A cinque anni dalla morte, una monografia e un’antologica di Luigi Corsini segue i momenti più significativi
della sua vita artistica tra Urbino, Roma e Brescia, e consente di conoscere una delle personalità dell’arte italiana:
le stagioni espressive principali e un bilancio che va ad individuare e ricomporre il contesto culturale e
l’affermazione delle prime nuove indagini nell’ambito della calcografia. Un omaggio a un artista che è stato un
innovatore nella sperimentazione novecentesca e che con il suo canone stilistico è nella storia dell’arte incisoria
postmoderna. A cura di Riccardo Prevosti. Con monografia e saggio critico di Andrea Barretta.
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MOSTRE NELLE GALLERIE D’ARTE E NEI MUSEI
Orari: giovedì: 15.30-19.30; venerdì e sabato: 9.30-12.30 e 15.30-19.30.
Genere: arte contemporanea
Galleria d’arte moderna e contemporanea ab/arTE, Vicolo San Nicola 6, tel. 0303759779, [email protected]
ASSOCIAZIONE ARTISTI BRESCIANI AAB
Dal 12 al 30 gennaio 2013
Talento giovanile bresciano 2011-2012
Orari: da martedì a domenica, dalle ore 16.00 alle 19.30
Genere: personale arte contemporanea
Associazione Artisti Bresciani AAB, Vicolo delle Stelle 4, tel. 03045222
www.aab.bs.it - [email protected]
SPAZIO AREF
Dal 12 gennaio al 24 febbraio 2013
Emilio Rizzi (1881-1952)
L’Associazione rende un doveroso omaggio ad Emilio Rizzi, uno dei due pittori a cui l’Aref è dedicata, a
sessant’anni dalla scomparsa, avvenuta il 22 dicembre 1952.
La mostra comincia al piano terra, nella Galleria di SpazioAref, prosegue al primo piano e si conclude nell’atelier
di Emilio Rizzi, un ambiente estremamente suggestivo che raccoglie oggetti, mobili e dipinti appartenuti
all’artista, risalenti al soggiorno parigino e agli anni di lavoro a Brescia.
Sono esposte più di quaranta opere fra le più importanti dell’artista, che ripercorrono le fasi principali della sua
produzione: quella romana (1903-1908), quella parigina (1909-1914) e infine quella bresciana (1922- 1952).
Accanto ai capolavori abitualmente esposti a SpazioAref, come Armonie in bianco (1906 ca.) o La tazza dorata
(1909), il pubblico avrà la possibilità di ammirare opere di grandissima qualità come Il sogno (1901 ca.),
Autoritratto (1905), Donna con la chitarra (1909 ca.), La bambina in rosa (1909 ca.), Piccolo orologio (1925 ca.),
che non vengono esposte in una mostra pubblica da almeno dieci anni, cioè dalla mostra antologica dedicata a
Rizzi, organizzata dall’Aref nell’inverno 2002-2003 nel Salone Vanvitelliano in Loggia.
L’esposizione è arricchita da fotografie per lo più inedite e da materiale documentario proveniente dal Fondo
Emilio Rizzi, conservato presso l’AABC (Archivio dell’Arte Bresciana Contemporanea) dell’Aref.
Emilio Rizzi nasce a Cremona il 5 maggio 1881 da Giuseppe, avvocato, e da Laura Botti, penultimo di cinque
fratelli. Dopo aver frequentato l'istituto tecnico Guido Grandi di Cremona, nel 1895 si iscrive all'Accademia di
Brera a Milano seguendo i corsi dei maestri: Vespasiano Bignami, Giuseppe Mentessi e Cesare Tallone che lo
stimerà come uno degli allievi prediletti e lo farà entrare nell'ambito della sua famiglia. Stringe fraterna amicizia
anche col pittore Ambrogio Alciati e con lo scultore Siccardi di Bergamo.
Nel 1903 Rizzi vince il concorso del pensionato Fanny Ferrari, indetto dal Comune di Cremona per
l'assegnazione di una borsa di studio triennale di lire 1.800 per perfezionare i suoi studi all'Accademia di Roma.
Nella città capitolina trova alloggio in via Flaminia al numero 89, in una delle stanze di Villa Poniatosky. Emilio
partecipa alla vita artistica romana, frequentando i pittori Dazzi, Biazzi e lo scultore Zanelli. Circa nel 1905-1906
tiene un corso regolare di lezioni alla Accademia Moderna di Belle Arti di Roma, insieme all’illustre pittore
Antonio Mancini, ad Antonio Sciortino e Dante Ricci. In quegli anni Rizzi, insieme ad artisti e studenti,
frequenta numerose trattorie romane, ed in particolare quella dove alloggia Mancini, in via Ripetta, nel quartiere
dove sorge l’Accademia di Belle Arti. Qui conosce la futura moglie Barbara Anselmi, che con la madre e le
sorelle gestisce la trattoria.
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MOSTRE NELLE GALLERIE D’ARTE E NEI MUSEI
Nel 1906 il pittore si reca sul monte Vilio, nell'alta Ciociaria, con l'amico pittore Ise Lebrecht di Verona;
l'iniziativa desta molta curiosità poiché per un mese i due dormono in una tenda durante i loro spostamenti nella
campagna romana. Nel 1907 continua il suo peregrinare nelle province laziali e visita Palestrina, Terracina,
Viterbo; dovunque si reca dipinge seguendo l'esempio dei "XXV pittori della campagna romana", confermando
la sua costante passione per i dipinti di paesaggio. Seguendo la consuetudine di quegli anni che attribuiva grande
importanza all'esperienza artistica parigina, Emilio, incoraggiato dall'amico Mancini, si stabilisce nella capitale
francese l'11 febbraio del 1909. Nel centro mondiale dell’arte cerca il riconoscimento della sua pittura attraverso
nuove ed importanti committenze. Rizzi alloggia in un elegante "atelier" sul prestigioso boulevard Berthier, al
numero 15, poco lontano dallo studio del già celebre Boldini, il più importante ritrattista dell'alta borghesia
parigina. Nel 1910 Emilio vince la medaglia d’oro alla I Esposizione d’Arte di Cremona; nell’anno successivo
partecipa alla Mostra Internazionale d’Arte di Roma. Il 13 luglio Emilio e Barbara si sposano a Parigi con rito
civile, il matrimonio religioso è celebrato a Corchiano, provincia di Viterbo, località nella quale si trasferirono
dopo il loro ritorno dalla Francia, solo nel 1915. A Parigi il pittore cremonese espone più volte ai Salon ufficiali
e degli Independants, vincendo nel 1913 le Palme Accademiche, il più grande riconoscimento dell’Accademia di
Francia agli artisti stranieri. I coniugi Rizzi trascorrono alcuni mesi del 1914 in Bretagna, a Brignogan in riva
all'Atlantico. La loro permanenza in terra francese si conclude forzatamente dopo la dichiarazione di guerra, il 2
agosto 1914, della Germania alla Francia, che impone severi controlli agli stranieri. Emilio e Barbara tornano in
Italia a Corchiano dove risiede la cognata Colomba. Il 24 maggio del 1915 l'Italia entra in guerra, e Rizzi è
arruolato nell'artiglieria da campagna come automobilista.
Il 18 gennaio 1917 nasce l'unica figlia della coppia: Miretta, che viene alla luce in circostanze drammatiche
nell’ospedale militare a Civita Castellana (Viterbo).
Congedato dal servizio militare nel 1920, Rizzi raggiunge la moglie e la figlia a Corchiano, in quella campagna
che tanto aveva amato. Affascinato dal paesaggio sabino, dolce e ancora primitivo, ritrova lo slancio per
raffigurare gli scorci della campagna romana. A lungo il pittore è ospite dei principi Chigi a Soriano del Cimino e
dei Pignatelli, oltre al conte Celani. Nel 1921 soggiorna per breve tempo a Parigi da solo, ma la crisi del
dopoguerra e la morte di molti amici lo scoraggiano e decide di lasciare definitivamente "l'atelier" serbato fino
ad allora.
Il fratello Ugo aveva aperto a Brescia, fin dal 1907, una ditta di torrefazione e bar, la “Rizzi & Persico”, che alla
sua morte lascia in eredità ad Emilio, il quale nel 1922 acquista una casa in piazza Loggia, dove all'ultimo piano
arreda un nuovo studio che gli permette di ritornare alla sua vera professione. Continua l'intensa opera
ritrattistica, nella quale eccelle e nel 1926 ritorna per un breve periodo a Corchiano, insofferente al soggiorno
bresciano e all'attività commerciale cui ha dovuto assoggettarsi per qualche tempo.
Alla fine degli anni Venti, Rizzi trascorre frequentemente le vacanze in laguna, a San Pietro in Volta presso
Venezia: la sua ispirazione, già così felice nelle singolari sensazioni della Bretagna e del Lazio, trova un'altra
diversa fonte di colori vivi eppur morbidi e sfumati.
Nel 1929 con altri famosi artisti bresciani, è incaricato da Virgilio Vecchia di dirigere la scuola di disegno del
Sindacato Fascista di Belle Arti, detta Scuola di San Barnaba, incarico che detiene per circa dieci anni. La lunga
esperienza di maestro d’arte è messa a frutto da Emilio nel dopoguerra, quando fonda nel 1945 la scuola
dell’Associazione Arte e Cultura, che diverrà successivamente l’odierna A.A.B, nelle cui sale – nel 1952 – tiene
una mostra personale per i cinquant’anni della sua attività di pittore. Viene colto da malore nel suo studio a
Brescia mentre è intento a dipingere. Muore tre giorni dopo, il 22 dicembre 1952.
Orari: da giovedì a domenica, dalle ore 16.00 alle 19.30.
Genere: personale arte contemporanea
Aref – Associazione Artistica e Culturale Emilio Rizzi e Giobatta Ferrari, Vicolo del Sole 4, tel. 0303752369,
www.aref-brescia.it - [email protected]
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MOSTRE NELLE GALLERIE D’ARTE E NEI MUSEI
COLOSSI ARTE CONTEMPORANEA
Dal 19 gennaio al 28 febbraio 2013
Inaugurazione sabato 19 gennaio, ore 16.30
L’arte del rugby
Protagonista dell’evento è il gioco del rugby, con gli importanti e caratterizzanti valori che da sempre lo
accompagnano e lo contraddistinguono; uno sport antico, nobile e unico per completezza del gesto atletico in
sintonia con la dedizione, la fatica e l’equilibrio tra mente e corpo: una straordinaria armonia tra quantità e
qualità.
L’evento espositivo, curato da Alberto Mattia Martini, raccoglie circa una trentina di opere che gli artisti - Guido
Airoldi, Thomas Bee, Corrado Bonomi, Dario Brevi, Gianni Cella, Filippo Centenari, Francesco De Molfetta,
Silvano De Pietri, Roger Dildo (Federico Tosi), Stefania Fabrizi, Fidia Falaschetti, Stefano Fedolfi, Claudio
Filippini, Enzo Fiore, Enzo Forese, Andrea Francolino, Mimmo Iacopino, Marco Lodola, Antonella Mazzoni,
Davide Nido, Carlo Pasini, Fabrizio Pozzoli, Simone Racheli, Aldo Spoldi, Marco Sudati, Wainer Vaccari,
Vittorio Valente, Wal (Walter Guidobaldi) hanno dedicato al rapporto arte-sport, arte e rugby.
La mostra L’arte del rugby nasce dal desiderio di realizzare un evento che indaghi uno degli sport più
impegnativi e duri, nel quale è richiesta grande resistenza fisica, ma è certamente anche lo sport di squadra
formativo per eccellenza. Il rugby insegna e tramanda da sempre concetti morali basilari della socialità come il
rispetto delle regole e dell’avversario, basandosi su canoni di etica e di comportamento senza eguali in campo
sportivo e in campo umano, regole scritte con l'anima. Sono stati quindi coinvolti alcuni importanti artisti del
panorama contemporaneo, chiedendo loro di realizzare un’opera, esprimendosi attraverso la propria tecnica e
sensibilità e facendosi ispirare dallo “spirito del rugby”.
Per sottolineare l’importante avvenimento culturale, è stato inoltre pubblicato dalla Galleria Centro Steccata un
volume a cura di Alberto Mattia Martini dove saranno pubblicate tutte le opere.
Orari: da martedì a sabato, 10.00-12.00 e 15.00-19.00.
Genere: arte contemporanea
Colossi Arte Contemporanea, Corsia del Gambero 13, tel. 0303758583
www.colossiarte.it - [email protected]
SPAZIO ARTE PINELLI
Dal 19 gennaio al 2 febbraio 2013
Inaugurazione sabato 19 gennaio, ore 17.30
Liliana Rossini. Personale arte contemporanea
Nello SpazioArtePinelli, sabato 19 gennaio dalle ore 17.30, si svolgerà l’inaugurazione della personale dell’artista
Liliana Rossini a cura di Rosa Lardelli con la presentazione critica di Marta Mai
L’artista Liliana Rossini, in questa mostra, espone una serie di opere recente sul tema degli animali, dove la
pittrice evidenzia l’attrazione espressiva di questi soggetti.
Liliana Rossini, pittrice bresciana, è nata a Bagnolo Mella (BS). Diplomata in architettura e arredamento, ha
lavorato, per diversi anni, con mansioni di arredatrice, per poi dedicarsi completamente alla pittura.
L’artista crea dipinti ad olio su tela con un’evidente matericità pittorica; con spatolate immediate decise crea una
armonica proporzione nei vari soggetti dei quali la natura è sua amata ispirazione.
Dal 2003, l’artista, registra al suo attivo l’allestimento di numerose mostre personali che hanno riscosso successo
di pubblico e i consensi della critica; in Italia: Arezzo, Bologna, Bergamo, Brescia, Catania, Firenze, Ferrara,
Mantova, Milano, Reggio Emilia, Verona; all’estero ad Innsbruck in Austria.
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MOSTRE NELLE GALLERIE D’ARTE E NEI MUSEI
(Prof.ssa di lettere e Cultrice della materia Letteratura Italiana Contemporanea e Didattica della Lingua Italiana,
presso l’Università Cattolica di Brescia, collabora e scrive per riviste di carattere letterario ed artistico.
Appassionata d’arte, scrive e commenta le opere privilegiando l’aspetto comunicativo - empatico)
[…..] Indotta a dipingere da urgente e cosciente spinta emotiva, l’artista Liliana Rossini, con la sua pennellata
lunga e materica, mentre con gli occhi dell’anima costruisce la scena, svela il suo pensiero.
E così l’immagine, risultato di colore profuso senza il supporto del disegno, se tradisce il pathos per la scelta
cromatica, che si distanzia dal reale, nel contempo dice di corporeità, che valorizza tutti i sensi, per vivere
pienamente. Corpo e spirito concorrono freneticamente al risultato creativo: nell’ambivalente fruizione del
colore, che trascende il vero e lo dice sottintendendolo, Liliana Rossini coinvolge, empaticamente trascina e
convince. Le opere in mostra presentano animali selvaggi. Sono metafora di spontaneità, di potenza, di vitalità,
di libertà nel rispetto della legge della giungla, in cui ciascuno ha il proprio spazio e ha una funzione.
Sono, in sintesi, esigenza di armonia, in cui si quieta ogni tensione e a cui ogni uomo amante e rispettoso della
natura sempre aspira.
Giovanna Galli (Esperta d’arte e cronista della rubrica cultura per il giornale di Brescia)
[…..] Liliana Rossini esprime nella pittura tutta l’intensità e il vigore di un forte sen¬timento della natura, unito
a una grande spontaneità delle emozioni. E il colore nelle sue tele è steso con una pennellata generosa, ed è
denso, corposo, pieno, a sottolineare il ruolo che esso ricopre nel lavoro creativo di questa pittrice. […..]. La
superficie pittorica rappresenta per Liliana Rossini una sorta di “luogo ideale” in cui riversare la complessità del
proprio universo interiore; la natura viene infatti rivisitata attraverso la lente deformante dell’emozione, e ritrova
in questi dipinti una vitalità inedita. Di fronte alla tela la pittrice dichiara di sentirsi viva, di provare sensazioni di
indescrivibile intensità, sensazioni che si riversano in ogni pennellata, in ogni tocco di colore e che vengono poi
trasmesse all’osservatore, in una sorta di gioioso “contagio”. Dal punto di vista tematico molto frequentato è
evidentemente il tema del pae¬saggio, trattato secondo le regole del linguaggio mosso in stampo impressionista,
non impostato rigidamente ma nemmeno completamente privato di struttura, in cui si osservano soluzioni
luministiche, vibranti e fugaci, ottenute grazie alla giu¬stapposizione di tocchi di colore tonale e puro, con una
pennellata veloce.
Maurizio Bernardelli Curuz (Critico d’arte e Direttore Artistico Fondazione Brescia Musei)
[…..] l’artista bresciana procede de¬liberatamente per accumulo, rilevando la materia sulla tela, con una
corposità […..]. Il suo è un inno alla joie de vivre, al colore, alla bellezza immota del creato, […..] L’artista si
muove con notevole sicurezza nel contrappeso di elementi contrastanti. Rende l’idea di un soffio o di una
trascolorazione immediata, sia giocando attraver¬so l’uso dell’accordo cromatico che, al contempo enumerando
gli effetti sperimen¬tali della matericita’ e programmando minuziosamente la ricaduta ottica che un pigmento
essudante e lavico determina, a livello di superficie scabra e non lineare, come completamento vibrabile della tela
stessa.
[…..] Un’interlocuzione continua che, allo spettatore, non solo dona la consapevolezza che, sotto il profilo
tecnico, l’artista tenga saldamente per le redini il ductus pittorico, orientandolo nella giusta direzione ma,
attraverso il montaggio degli opposti, suscita un travaso costante di vibrazioni tra l’alto e il basso, tra il materico
e il morbido, tra la roccia e il fiore delicato di un albero primaverile. Un’energia positiva e ariosa.
Orari: da martedì a sabato, 09.00-12.00 e 15.00-19.00.
SpazioArtePinelli, Via Belvedere 7/A, tel. 030361247
Rosa Lardelli - Associazione Arte e Cultura Ars Vivendi, Via Sandro Pertini 29, tel. 0303530557,
[email protected] - www.rosaeventi.blogspot.com
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MOSTRE NELLE GALLERIE D’ARTE E NEI MUSEI
ASSOCIAZIONE ARTE E CULTURA PICCOLA GALLERIA U.C.A.I
ASSOCIAZIONE PER L’ARTE LE STELLE
Dal 19 gennaio al 3 febbraio 2013
Inaugurazione sabato 19 gennaio, ore 17.00
Rosabianca Cinquetti “Acciaio”
Tra i tanti temi che compongono la produzione della pittrice veronese Rosabianca Cinquetti, Acciaio segna il
ritorno al mondo degli oggetti casalinghi. L’oggetto d’uso, concreto e visibile, si trasforma in enigmatico
palinsesto narrativo, capace di raccontare l’invisibile percorso dell’anima nel suo misurarsi con le fatiche e le
gioie della vita. Questo è reso possibile dalla totale e costante adesione ad una pittura di straniamento e al tempo
stesso di riconquista del dato reale, ottenuta partendo da inquadrature fotografiche coerenti con l’idea
progettuale, poi trasportate in disegno su tela, ingrandite oltre misura e dipinte, con un procedimento tecnico
estremamente rigoroso, paziente e curato in ogni dettaglio. L’oggetto, solo apparentemente avulso da ogni
contesto, assume così il valore assoluto di una riflessione interiore che lentamente procede con la stesura di
ombre, colori, riflessi. A metà degli anni Ottanta Rosabianca Cinquetti affronta una prima volta il soggetto delle
pentole d’acciaio “come una forma di esorcismo: il recupero, attraverso la pittura, di un oggetto quasi odiato, un
simbolo del correre quotidiano: del fare, del disfare e del rifare ancora”. Una pittura che già in questa fase rivela
chiaramente un passo oltre l’iperrealismo, per abbracciare piuttosto strade espressive che attingono ad un
bisogno di salvezza, di libertà da una quotidianità che tende a pianificare ogni attimo di vita.
Dai primi anni del 2000 l’artista avverte l’esigenza di un ritorno al tema che sfocia nella mostra del 2006 Crisalidi
d’acciaio, dove già il titolo evidenzia un differente approccio interiore. Compaiono sulle lucide superfici i graffi
dell’usura come paradigma dello scorrere della vita, evidenza del tempo passato e della memoria impressa nelle
cose. Ora, nel recentissimo ciclo, quello stato larvale di vita sfocia come un fiume in piena, dando vita ad una
nuova serie, in cui è evidente come la costruzione delle immagini, che apparentemente segue il medesimo codice
estetico, è sempre più funzionale alla trasmissione di un messaggio. Pentole, coperchi e colapasta, nel lucido
cromatismo dell’acciaio, diventano luogo narrativo attraverso il quale Rosabianca ricostruisce il personale
mondo di affetti e relazioni famigliari, proiettandolo fuori di sé fino ad elevarlo a valore universale.
La raffinata qualità tecnico-espressiva consente di esasperare la nitidezza delle forme che catalizzano
magicamente il mondo circostante, imprigionandolo deformato nelle lucide pareti a specchio, o entrando in
relazione con esso in un ossessivo gioco di ombre. Acciaio si carica così, nella lucida forza delle forme, nella
tenace consistenza della materia e nel suo interagire col mondo, di un grande messaggio spirituale, sommesso
quanto volutamente percepibile. Progetto mostra a cura di Fausto Moreschi e Carmela Perucchetti.
Orari: da mercoledì a domenica dalle ore 16.00 alle 19.00
Genere: arte contemporanea
Associazione per l’arte Le Stelle, Vicolo San Zenone 4, tel. 0302752458 / 3351370696
[email protected]
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MOSTRE NELLE GALLERIE D’ARTE E NEI MUSEI
AUDITORIUM SAN BARNABA
Dal 23 gennaio al 2 febbraio 2013
Vedem. La rivista segreta dei ragazzi di Terezín
A cura di Anei in collaborazione con Anpi, Casa della Memoria
Dachau 16.3.2012
A cura di liceo artistico “M. Olivieri”
Orari: da lunedì a sabato dalle ore 9.00 alle ore 12.30, il lunedì e il venerdì dalle ore 14.00 alle ore 16.00
Per prenotazioni visite guidate: tel. 3296647100
Auditorium San Barnaba, Corso Magenta 44/a – casa [email protected]
UNIVERSITÀ CATTOLICA DEL SACRO CUORE
Dal 23 gennaio al 2 febbraio 2013
Totalitarismo, razzismo, antisemitismo
Il cinema tra 1933 e 1945
Archivio storico della Resistenza bresciana e dell’Età contemporanea dell’Università Cattolica del Sacro
Cuore – Sede di Brescia, Biblioteca dell’Università Cattolica “Padre O. Marcolini”
Orari: da lunedì a venerdì dalle ore 9.00 alle ore 17.00
Università Cattolica del Sacro Cuore sede di Brescia “Atrio Montini” e “Spazio espositivo della Biblioteca”
Accessi da via Trieste 17 e via Gabriele Rosa 47 – casa [email protected]
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Aperto tutti i giorni: 9.009.00-13.00 e 13.3013.30-17.30
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