Testo Chiara Nepi, curatrice mostra
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Testo Chiara Nepi, curatrice mostra
L’arte al servizio della scienza nel Museo di Storia Naturale di Firenze: i Medici e i Lorena e la comune passione per la Natura di Chiara Nepi La mostra di Torino dedicata ai ritratti della natura – anche se ‘eccentrica’ – di Bartolomeo Bimbi è la terza in Italia, dopo quelle di Cesena nel 2001 1 e di Poggio a Caiano nel 2008 2 , in cui viene offerta alla curiosità e interesse del pubblico una bella selezione di dipinti del pittore settignanese vissuto a cavallo tra XVII e XVIII secolo. Dunque, presso a poco ogni sette anni, quasi con una sorta di inconsapevole ciclicità, ci viene riproposta la possibilità di ammirare, studiare e commentare questi magnifici quadri illustranti la ricchezza e la stravaganza di una natura, in particolare vegetale, certamente frutto della selezione umana, ma anche di “bizzarri” eventi di origine genetica o patologica che tanto affascinarono la dinastia medicea, soprattutto negli ultimi suoi rappresentanti, ma non solo. E infatti, questi dipinti così peculiari possono anche essere letti come espressione di un ambiente culturale forse unico, perché prodotto dell’incontro di alcuni personaggi, tra cui il committente Cosimo III, il pittore Bartolomeo Bimbi e il botanico Pier Antonio Micheli, ai quali è possibile aggiungere altre figure della cerchia granducale, a cominciare dal medico e poeta Francesco Redi e – come già delineato nel saggio di Stefano Casciu nel presente catalogo – dal gesuita Paolo Segneri, la cui influenza sulla religiosità di Cosimo III, e di conseguenza sulla pittura del Bimbi, è stata bene messa in luce da Ilaria Della Monica 3 . Tuttavia, è soprattutto nella speciale consonanza dell’approccio alla natura da parte di un principe devoto e salutista, di un botanico diligente indagatore e catalogatore del mondo vegetale e di un pittore particolarmente versato nella raffigurazione delle piante, grazie anche alla sua lunga esperienza di copista, che va ricercata l’origine di questi capolavori della Natura Morta. C’è da dire che questa consonanza non era nuova alla corte dei Medici. Addirittura si potrebbe risalire agli inizi della dinastia, nel Quattrocento, con Cosimo il Vecchio e Lorenzo il Magnifico, che apprezzavano e favorivano la vita contemplativa a contatto della natura e la coltivazione delle piante; o a Leone X dei Medici che nel 1513 fondò la prima cattedra di Botanica (Lectura Simplicium) a Roma per Giuliano da Foligno. Per non parlare di Cosimo I, che da appassionato cultore delle scienze si diletta di distillati di erbe e medicamenti, introduce la coltivazione delle nuove piante arrivate dalle Americhe, colleziona rarità naturali. Ma, soprattutto, coglie e sostiene quei fermenti di modernità che a metà del Cinquecento si stanno affacciando nello studio delle piante. E’ a Cosimo I infatti che si deve, grazie alla chiamata allo Studio pisano del medico e botanico Luca Ghini, la nascita dei due fondamentali strumenti di indagine della botanica moderna: l’Orto Botanico, inteso non più solo come luogo di coltivazione delle piante medicinali – i ‘semplici’ - ma bensì come laboratorio sperimentale per il riconoscimento di tutte le piante, a prescindere dal loro utilizzo, e l’Erbario di piante essiccate, strumento imprescindibile per lo studio e per la comunicazione della conoscenza botanica. Accanto al principe Cosimo I e allo scienziato Luca Ghini troviamo il pittore Francesco Bachiacca, abilissimo pittore di grottesche e illustratore di piante e animali sulle pareti del noto Scrittoio di Cosimo in Palazzo Vecchio 4 . Il figlio di Cosimo, Francesco I, ama le piante e le scienze naturali, distilla erbe e medicamenti personalmente come il padre, si dedica alla cura dei suoi giardini e allestisce una collezione di agrumi. Gli è accanto uno dei più noti naturalisti del XVI secolo, Ulisse Aldrovandi, allievo di Luca Ghini e fondatore dell’Orto Botanico di Bologna, ed è ancora a lui che viene dedicata da Andrea Cesalpino, autore del primo erbario scientifico al mondo 5 , l’opera De Plantis Libri XVI (1583), vero e proprio trattato di sistematica vegetale. Il sodalizio tra principe e scienziati è ancora una volta rafforzato dalla presenza di un pittore, il grande Jacopo Ligozzi, indiscusso ritrattista di piante e animali, raffigurati con esattezza scientifica grazie alle notevoli capacità di osservazione e abilità artistica. Anche il fratello di Francesco, Ferdinando I, a lui succeduto, ama le cose naturali: sovvenziona viaggi alla ricerca di piante e acquista nuove varietà colturali per i suoi giardini. Gli sono accanto il botanico fiammingo Giuseppe Casabona, prefetto dell’Orto Botanico di Pisa, e i pittori Daniel Froeschl e Georg Dickmann, chiamati a illustrare le piante dell’Orto pisano e quelle raccolte dal Casabona stesso nel suo viaggio a Creta 6 . 1 LE BELLE FORME DELLA NATURA, 2001 STRAVAGANTI E BIZZARRI, 2008 3 DELLA MONICA, 1992, 2008 4 SIGNORINI, 1993 5 L’erbario venne allestito nel 1563 e oggi è conservato nella Sezione di Botanica del Museo di Storia Naturale dell’Università di Firenze. Sulla sua importanza si rimanda a NEPI, 2007 e a MOGGI, 2009. Cesalpino allestì un secondo erbario dedicato a Cosimo I, oggi perduto. 6 Oggi queste bellissime tavole sono conservate nel Museo Botanico di Pisa, si veda TONGIORGI TOMASI e GARBARI, 1995. 2 Il Seicento vede il granduca Cosimo II nominare scienziato di corte Galileo Galilei, dopo essersi adoperato per il suo ritorno in Toscana dopo la condanna papale. Ma sono soprattutto i suoi successori, Ferdinando II e il figlio di quest’ultimo, Cosimo III, a ‘rinverdire’, talvolta in forma quasi maniacale, la passione per bulbi rari e semi di fiori provenienti da terre lontane, nonché per le numerosissime varietà di frutti coltivati in tutta Europa e acquistati a caro prezzo da emissari inviati appositamente, per finire con le raffigurazioni pittoriche di questi stessi prodotti della Terra che andranno a costituire il nucleo fondante della strabiliante collezione oggi conservata nel Museo della Natura Morta di Poggio a Caiano. E’ lo stesso Francesco Redi a definire il granduca Cosimo III “…della botanica non solamente fautore ma studiosissimo…” 7 tanto da seguire personalmente l’acclimatazione e la coltivazione delle piante nei suoi pomari e nei giardini delle ville, dove si coltiva di tutto, compreso l’ananas. Appassionato di fruttiferi, si interessa in modo particolare agli agrumi dei quali fa arrivare a Firenze nuove specie e varietà, come ad esempio il bergamotto (Citrus bergamia Risso et Poit.) 8 . E infine sovvenziona le spedizioni del suo botanico di corte, Pier Antonio Micheli, affinché raccolga in tutta la penisola piante rare da coltivare nei giardini botanici di Pisa e Firenze. Merita senz’altro soffermarsi un attimo sul rapporto che si instaura tra il principe e lo scienziato: Pier Antonio Micheli, di modeste origini, è un botanico autodidatta che grazie alle sue notevoli capacità di osservazione e di apprendimento è riuscito a farsi apprezzare dall’ambiente culturale e scientifico fiorentino. Per questo motivo, a soli 27 anni, viene presentato a Cosimo, che resosi conto della sua preparazione, lo nomina ‘aiuto custode’ dei giardini botanici di Pisa e Firenze, proprio con il compito di raccogliere piante per gli “aggrandimenti” di quei giardini 9 . Addirittura il granduca non esita a finanziare la sua istruzione, facendogli arrivare dal Jardin des Plantes di Parigi quello che è considerato l’ultimo grido nella classificazione dei vegetali, l’Institutiones Rei Herbariae (1700) di J. P. de Tournefort, botanico del re di Francia. Infatti, con il crescere del numero e delle varietà delle piante collezionate, Cosimo avverte la necessità di farle catalogare e descrivere, dimostrando un atteggiamento culturale perfettamente in linea con lo spirito classificatorio che ravviverà lo studio della natura nel XVIII secolo e che culminerà nella pubblicazione del testo ‘cardine’ della sistematica vegetale, cioè a dire lo Species Plantarum di Carlo Linneo nel 1753. In Cosimo però l’esigenza di fare ordine nella sempre più vasta diversità del mondo delle piante si accompagna anche alla volontà di documentare la ricchezza e la magnificenza del suo personale patrimonio orticolo e frutticolo, allo scopo di farlo conoscere e tramandare, oltre che per ‘celebrare’ la straordinaria benevolenza divina nei confronti del suo casato, come bene illustrato da Stefano Casciu nel suo saggio. E magari anche perché vuole ‘fotografare’ tutta questa ricchezza prima che possa sciuparsi e forse scomparire. A questa esigenza quasi impellente, se non bulimica, saranno perfettamente funzionali la grande capacità di osservazione e le conoscenze del botanico Pier Antonio Micheli e la perizia descrittiva del pittore Bartolomeo Bimbi. In una sorta di dialogo di altissimo livello, sia scientifico che artistico, Micheli e Bimbi iniziano a documentare, nei preziosissimi manoscritti e in un erbario di migliaia di campioni il primo 10 e in decine di straordinari dipinti il secondo, la diversità vegetale e colturale che tra la fine del Seicento e l’inizio del Settecento era a disposizione della corte medicea. E’ proprio dalle opere del Micheli e del Bimbi che oggi è possibile conoscere l’enorme varietà di cultivar di fruttiferi presenti in quell’epoca e oggi in gran parte perduta 11 . Questo per quanto riguarda soprattutto gli alberi da frutto. Ma accanto a questi, Cosimo fa ritrarre a Bartolomeo Bimbi anche piante che hanno prodotto frutti giganteschi o anomali oppure che hanno fiorito fuori stagione o, ancora, che hanno dato luogo a eccezionali produzioni fruttifere in termini numerici. Piante cioè che, oltre a deliziare il palato, provocano anche stupore, meraviglia e forse anche timore in chi le guarda, soprattutto in un’epoca in cui le conoscenze sulla genetica e la patologia vegetali non erano ancora nemmeno immaginabili. Una grande selezione proprio di questi ultimi dipinti viene mostrata in questa esposizione: nella loro quasi totalità – escluso i Datteri, il Girasole e il Cedrato gigante su un piano di marmo – essi sono conservati nella Sezione di Botanica del Museo di Storia Naturale, a far bella mostra di sé sopra gli armadi che contengono i campioni essiccati di piante, ancora oggi utilizzati dai botanici per le loro ricerche e vicini, quindi, anche al grande erbario preparato da Pier Antonio Micheli, in una sorta di dialogo che continua a perdurare ancora oggi. Ma non è sempre stato così. Come riportato anche da Casciu nel suo saggio, i dipinti vennero fatti realizzare da Cosimo III per le sue ville, in particolare Topaia e l’Ambrogiana e lì rimasero fino alla fine della dinastia medicea. 7 STROCCHI, 1982 BALDINI, 1982 9 TARGIONI TOZZETTI, 1858 10 I manoscritti micheliani sono conservati nella Biblioteca di Scienze dell’Università di Firenze, mentre l’erbario è depositato nella Sezione di Botanica del Museo di Storia Naturale della stessa Università. Per eventuali approfondimenti si vedano RAGAZZINI (1993) e NEPI (2009). 11 BALDINI, 1982 8 Fu Pietro Leopoldo di Lorena a voler trasferire questi dipinti nel nascente Imperiale e Regio Museo di Fisica e Storia Naturale, da lui fondato nel 1775 in un palazzo di via Romana a Firenze per radunarvi tutte le collezioni naturalistiche e gli strumenti scientifici accumulati dai Medici nel corso del loro principato. Accanto agli strumenti di Galileo e della gloriosa Accademia del Cimento, vicino ad animali ‘impagliati’, a ‘nicchi’ provenienti da mondi lontani e a misteriosi fossili, i dipinti del Bimbi e di altri pittori secenteschi come Filippo Napoletano e Bartolomeo Ligozzi vennero quindi collocati a decorare le sale destinate alle collezioni botaniche, rappresentate a quel tempo da pochi erbari ma, soprattutto, da magnifici modelli in cera, sia di piante esotiche in vaso che di frutti, tutti a grandezza naturale e tutti perpetuanti la tradizione della documentazione della grande diversità nel mondo vegetale. Pietro Leopoldo aveva infatti dotato il suo Museo di una sorta di ‘laboratorio delle meraviglie’ – un’Officina di Ceroplastica, fortemente voluta dal primo direttore del Museo stesso, l’abate trentino Felice Fontana – con il preciso compito di realizzare riproduzioni in cera relative all’anatomia umana e animale e al mondo vegetale 12 . Quest’ultimo riguardava sia piante in vaso, per lo più appartenenti a specie esotiche, poco o per niente conosciute dai visitatori del Museo e provenienti dai viaggi di esplorazione, sia frutti, in particolare agrumi, ma anche mele, pere, pesche, per non parlare di ortaggi, come zucche, meloni, radici di rafano, ecc. Tutti i modelli in cera dovevano essere a grandezza naturale, proprio come le raffigurazioni pittoriche di Bartolomeo Bimbi: chi le guardava doveva avere l’impressione di trovarsi di fronte ad una esatta e veritiera riproduzione dei frutti reali, per impararne le fattezze, le caratteristiche salienti, le dimensioni, in una sorta di moderno laboratorio virtuale. La collezione ceroplastica della Sezione di Botanica è oggi costituita da 180 modelli di piante alloggiate in vasi di squisita fattura e 161 tra frutti e ortaggi, poggiati su importanti basi di legno filettate in oro o su eleganti basette in porcellana di Doccia, oltre che da 37 preparati vegetali anatomici, fisiologici o patologici su tavole di legno. E’ una collezione davvero unica al mondo, per bellezza, raffinatezza e scientificità. In questa mostra vengono esposti per la prima volta una sessantina di modelli pomologici in cera. Essi furono i primi manufatti ceroplastici realizzati per le sale del Museo destinate alla botanica, seguiti poco dopo dai modelli delle piante in vaso e dalle tavole dimostrative. Questo fatto, confermato anche dai primi Registri Inventariali del Museo 13 , potrebbe spiegare la presenza di alcuni problemi nella conservazione dei colori originali, in particolare di certi modelli di agrumi, in cui processi ossidativi a carico dei pigmenti utilizzati nella colorazione della cera hanno provocato l’imbrunimento delle superfici. La nomenclatura presente sugli antichi cartellini ha una evidente e significativa concordanza con quella dei dipinti di Bartolomeo Bimbi. In particolare, alcuni nomi di agrumi sembrano direttamente provenire da quelli utilizzati dal gesuita Giovanni Battista Ferrari nel suo famoso lavoro della metà del XVII secolo 14 , nomi che Pier Antonio Micheli aveva riportato fedelmente nei suoi manoscritti dedicati a questi frutti e che noi possiamo ritrovare identici nei cartigli delle grandi tele degli agrumi del Bimbi, a testimonianza ancora una volta del rigore scientifico utilizzato in tutte queste diverse riproduzioni. Ancora oggi, guardando e ammirando i frutti in cera usciti dalle mani sapienti di ceraioli come Clemente Susini, Francesco Calenzuoli, Luigi Calamai non si può non pensare ad una sorta di fil rouge che lega la famiglia dei Medici, la sua passione per le Scienze Naturali e per il collezionismo da ‘wunderkammer’, con il casato dei Lorena e il suo illuministico programma di acculturamento popolare, concretizzato nell’Imperiale e Regio Museo di Fisica e Storia Naturale, prima istituzione naturalistica al mondo aperta a tutti, e di cui l’odierno Museo di Storia Naturale è diretto discendente ed erede. 12 NEPI, 2009 ARCHIVIO STATO FIRENZE, IMPERIALE E REAL CORTE nn. 5266-5267, 1793 14 FERRARI, 1646 13 BIBLIOGRAFIA CITATA FERRARI 1646 G. B. Ferrari, Hesperides sive de Malorum Aureorum cultura et usu, ex Typ. Vitalis Mascardi, Roma 1646 TARGIONI TOZZETTI 1858 G. Targioni Tozzetti, Notizie della vita e delle opere di Pier’Antonio Micheli botanico fiorentino (a cura di Adolfo Targioni Tozzetti), Firenze 1858 BALDINI 1982 E. Baldini (a cura di), Agrumi, frutta e uve nella Firenze di Bartolomeo Bimbi pittore mediceo, Tip. F. Parretti, Firenze 1982 STROCCHI 1982 M. L. Strocchi, Bartolomeo Bimbi pittore naturalista alla corte di Cosimo III dei Medici, in E. Baldini (a cura di), Agrumi, frutta e uve nella Firenze di Bartolomeo Bimbi pittore mediceo, Tip. F. Parretti, Firenze 1982 DELLA MONICA 1992 I. Della Monica, Bartolomeo Bimbi, Paolo Segneri e Cosimo III, in “Artista”, 1992, pp. 36-65 RAGAZZINI 1993 S. Ragazzini, I manoscritti di Pier Antonio Micheli conservati nella Biblioteca Botanica dell’Università di Firenze, Inventari e cataloghi toscani n. 43, Giunta Regionale Toscana, Bibliografica, Firenze 1993 SIGNORINI 1993 M. A. Signorini, Sulle piante dipinte da Bachiacca nello scrittoio di Cosimo I a Palazzo Vecchio, Mitt. Kunsthist. Inst. Florenz, XXXVII: 396-407, 1993 TONGIORGI TOMASI e GARBARI 1995 L. Tongiorgi Tomasi e F. Garbari (a cura di), Il giardiniere del Granduca: storia e immagini del Codice Casabona, Pisa 1995 LE BELLE FORME DELLA NATURA 2001 Le Belle Forme della Natura. La pittura di Bartolomeo Bimbi (1648-1725) tra scienza e ‘maraviglia’, catalogo della mostra a cura di D. Savoia e M. L. Strocchi (Cesena), Modena 2001 NEPI 2007 C. Nepi, La “slegatura dell’erbario di Andrea Cesalpino (1525-1603), Museol. Sci., n. s. 1: 50-54, 2007 DELLA MONICA 2008 I. Della Monica, La Topaia come luogo dello spirito, in STRAVAGANTI E BIZZARRI 2008, pp. 45-54 STRAVAGANTI E BIZZARRI 2008 Stravaganti e bizzarri. Ortaggi e frutti dipinti da Bartolomeo Bimbi per i Medici, catalogo della mostra a cura di S. Casciu e C. Nepi (Poggio a Caiano), Firenze 2008 MOGGI 2009 G. Moggi, L’Erbario di Andrea Cesalpino, in IL MUSEO DI STORIA NATURALE DELL’UNIVERSITÀ DI FIRENZE, VOLUME II LE COLLEZIONI BOTANICHE (a cura di M. Raffaelli): 64-83, Firenze 2009 NEPI 2009 C. Nepi, L’Erbario Micheli-Targioni, in IL MUSEO DI STORIA NATURALE DELL’UNIVERSITÀ DI FIRENZE, VOLUME II LE COLLEZIONI BOTANICHE (a cura di M. Raffaelli): 84-99, Firenze 2009 NEPI 2009 C. Nepi, I modelli in cera delle piante e delle tavole didattiche, in IL MUSEO DI STORIA NATURALE DELL’UNIVERSITÀ DI FIRENZE, VOLUME II LE COLLEZIONI BOTANICHE (a cura di M. Raffaelli): 214-227, Firenze 2009 FONTI D’ARCHIVIO Archivio di Stato di Firenze, Inventario dei frutti artificiali dell’Imperiale e Regio Museo di Fisica e Storia Naturale di Firenze, Imperiale e Regia Corte Lorenese, mss. 5266-5267