Per prendersi una vita
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Per prendersi una vita
LIBRO IN ASSAGGIO PER PRENDERSI UNA VITA MAX PEZZALI PER PRENDERSI UNA VITA 2008 Erano le vacanze di Natale del 2007. Come ogni anno mi trovavo in città per passare le feste con i miei genitori, e come ogni anno parenti ubriachi mi tormentavano con pranzi e cene interminabili, durante i quali non potevano mancare racconti imbarazzanti sulla mia infanzia e aggiornamenti non richiesti sulle vite di ex vicini di casa, ex compagni di scuola delle elementari, ex conoscenti alla lontana ed ex fidanzate ... Natale in famiglia, appunto. Tutto già visto compreso il gran finale, in genere una frase tipo: «Ma quand'è che voi due vi decidete a fare dei figli?» A quel punto sul viso di mia moglie compariva una smorfia. Una di quelle espressioni dolorose che significano più o meno: ci stiamo provando da anni. Sapevo che avrebbe voluto gridare e ribaltare il tavolo, esasperata, ma ogni volta riusciva a rimanere in silenzio e conservare la rabbia per quando saremmo stati soli; una regina dell'autocontrollo. Poi, ci sono i regali, i sorrisi e i momenti buoni. Ci sono le lunghe discussioni sulla politica e le timide occhiate agli orologi dei cognati e alla calvizie precoce dei nipoti, ci sono i sorrisi dei vecchi, che hanno riunito tutta la tribù sotto una sola tenda, come fosse facile ... C'è il bicchiere mezzo pieno. Per fortuna, però, tra torture e delizie il Natale con i tuoi a un certo punto finisce e ci si può dedicare all' altra famiglia, quella scelta negli anni, gli amici. Fedeli alle consuetudini, la notte della vigilia io e i ragazzi avevamo rispettato 1'appuntamento fisso al pub di Paolo. Poche regole, tutte molto chiare e semplici: no mogli, no fidanzate, no amanti, sì birra. Paolo, mastro di Guinness e fanatico di heavy metal anni Ottanta (cioè dell'unico vero heavy metal mai apparso su questa terra), gestiva il pub e i suoi arredi proprio come un pipistrello farebbe con la sua grotta. A occhi chiusi, senza nemmeno il radar. I locali come quello di Paolo crescono a strati, negli anni, senza logica e senza gusto, solo con la forza dell'entusiasmo e dell'amore dei loro gestori. Non un pub inglese, non un bar italiano, un gran casino fatto di poster rock e paesaggi di pianura, tovagliette da osteria, sedie spaiate, luci colorate, tende di velluto verde pesantissimo, tavolini intagliati da migliaia di coltellini e scavati da penne innamorate, arrabbiate o solo entusiaste. Tutto questo si era ammassato negli anni, e Paolo non si era mai curato di fare altro che non fossero periodiche imbiancature delle pareti e qualche necessario ritocco ai bagni. Il minimo indispensabile, il massimo per nostalgici come noi, che su quei tavolini ci avevamo scritto dei gran pezzi di vita. Al mio ingresso l'impianto, da sempre gracchiante e potentissimo, suonava a tutto volume Bad Boys) Rag Dolls dei Krokus, band che probabilmente rappresenta il più alto contributo della Svizzera alla cultura occidentale. Ci sono due modi per sentirsi a casa in un locale, il primo è essere salutati da tutti gli avventori con un cenno della testa, il secondo è riconoscere la canzone che suona lo stereo. Mi sentivo a casa in tutti e due i modi... I ragazzi erano seduti vicino al bersaglio delle freccette, e da come si agitavano, suonavano chitarre immaginarie e facevano ogni tre secondi il saluto rock, le corna del diavolo, capii subito che non erano alla prima pinta. Marco mi travolse. «Hola, fratello!» tuonò, abbracciandomi con il solito eccesso di foga che mi metteva a disagio. «Ne sei uscito vivo anche quest'anno, ingozzato ma vivo...» aggiunse. © MONDOLIBRI S.P.A. – PIVA: 12853650153 PAG. 2 Marco è uno di quelli che parlano e gesticolano ancora come quando avevano vent'anni; lo fa con naturalezza, senza vergogna. .. Ed è contagioso! «Sì fratello, e ho sete...» risposi. «Tu invece sei qui almeno dall'aperitivo...» dissi indicando i tre boccali vuoti che aveva davanti. «Già, niente rotture di cazzo famigliari nemmeno a Natale. Sono sempre orfano di padre, non c'è stata nessuna novità, e la mia ex moglie ha deciso che il bambino doveva passare la Santa Natività con lei. .. Così a Capodarino me lo becco io e se ne può volare alle Maldive con il suo amichetto awocato.» Si lasciò andare a una fragorosa risata, come se quella che aveva appena raccontato fosse una storiella divertente, e non il riassunto di una tragedia. Gianluca fece capolino dietro le sue spalle larghe. «Be', fai almeno finta di essere contento di vedermi», disse. «Ehi!» esclamai, allungandogli uno schiaffo sul coppino. «Come stai? Sempre amico dei potenti? Sempre futuro socio di Bill Gates?» «Sì, sì certo!» rispose lui. «Continuate a prendermi per il culo, facevano così anche con Bill...» «Chi prende per il culo chi?» intervenne Marco, che non aveva capito nulla, ma guardava minacciosamente Gianluca dall'alto del suo metro e novanta. «Adesso offri un giro, altrimenti ti porto fuori e ti spezzo le dita di entrambe le mani, così per programmare le tue minchiate dovrai usare quelle dei piedi.» Davanti a tre birre scure, cominciammo a vuotare il sacco di un anno passato senza vedersi. Marco era come sempre lacerato dai difficili rapporti con l'ex moglie e con il figlio, di cui lei aveva l'affidamento esclusivo. Nulla di nuovo, non fosse che a tutto ciò aveva aggiunto una nuova ansia, la preoccupazione per la cr:isi senza soluzioni di Alitalia. «Cazzo», sbottò, «una volta avere un posto come il mio significava mettere il culo al caldo per tutta la vita, oggi invece si lavora con la paura che ogni giorno sia l'ultimo.» «Non credere che io sia messo meglio», risposi. «Almeno tu hai un'alta specializzazione professionale. Insomma, se Alitalia fallisce domani, qualche compagnia che ha bisogno di te la trovi subito. Mica tutti hanno alle spalle migliaia di ore di volo sui 737.» «767», mi corresse Marco, secco. «D'accordo, 767, comunque...» «E ho l'abilitazione anche per i 777», aggiunse con un eccesso di pedanteria che gli perdonai solo perché era brillo. Presi respiro, cercai di spiegarmi meglio per evitare di irritare il gigante preoccupato. «Ho capito... Intendevo dire che voi piloti siete una casta chiusa, e che Il settembre o no, la gente prende l'aereo sempre di più, quindi finché esisteranno 767, 777, 7minchia7, e finché © MONDOLIBRI S.P.A. – PIVA: 12853650153 PAG. 3 ci sarà qualcuno disposto a volarci sopra, il lavoro non vi mancherà. Invece... a scrivere sono capaci tutti, e poi i giornali sono finiti, le notizie si trovano su Internet, vero Gianluca?» «Anche lì qualcuno deve scriverle», replicò il mago dei computer. «Sì, ma ho l'impressione che voi padroni della Rete non siate disposti a dividere i guadagni con la manovalanza che procura i contenuti.» Gianluca si sentì punto sul vivo. Questo era sempre stato il bello e il brutto di noi, del nostro ristretto circolo. Non c'era nulla, dalle donne al lavoro, dallo sport alla politica, che non si potesse affrontare davanti a una birra. «Esageri. Ogni grande rivoluzione culturale ed economica produce delle scosse di assestamento... E poi anche il nostro settore è competitivo, cosa cazzo credi? Vivrò pure nella ricca Silicon Valley, ma vedo ogni giorno professionisti e operatori che cessano l'attività o vengono mangiati da pesci più grandi che...» «Lo sapete che l'estate prossima saranno vent'anni?» La frase di Marco calò come un fulmine a ciel sereno e distrusse il piacevole torpore di una qualsiasi notte di Natale. Certo che lo sapevamo, come potevamo dimenticarlo. Come si può dimenticare il momento esatto in cui si è capito il significato concreto di parole come amicizia, solidarietà, ragione, rabbia, gioia, dolore, futuro. Il silenzio che seguì, fu lungo e molto più esplicito di qualsiasi discorso. Tutti e tre guardammo il quarto lato del tavolino, quello vuoto, con insistenza. Come se ci fosse qualcuno, magari solo momentaneamente assente, fuori a fumare o in bagno. Poi Gianluca scosse la testa, incrociammo lo sguardo e capii che avevamo pensato la stessa cosa. «Cazzo, già vent'anni...» mormorò finalmente, con le spalle curve e ampi aloni di condensa sugli occhiali. «Vent'anni», ribadii io, a corto di frasi originali. «Quest'estate dobbiamo tornare lassù», disse Marco, che probabilmente non si era nemmeno accorto che Gianluca e io avessimo parlato. «Dobbiamo tornare lassù e andare a trovare Adamo.» «Non credo che apprezzerebbe l'iniziativa», mi permisi di dissentire. Marco non fece caso alla mia risposta, sembrava perso, annegato in quelle due parole. «Vent'anni», ripeté altre tre volte, come a voler sentire tutto il peso del tempo, a capirlo. Gianluca gli prese la spalla destra e lo scrollò, poi disse: «In effetti ha ragione Andrea, dopo tutto questo tempo, che senso ha?» «Vent'anni sono un tempo sufficiente», replicò Marco, rientrato in contatto con noi. «Vabbè», tagliai corto, «da qui all'estate avremo modo di parlarne, non dobbiamo decidere adesso.» «Giusto», ribadì Gianluca, ma Marco sembrava avere già capito cosa andava fatto. Poi la conversazione riprese il suo filo, parlammo ancora per un'ora, di tutto e di niente. Alla fine, prima di andare, alzammo i bicchieri e brindammo a qualcosa. © MONDOLIBRI S.P.A. – PIVA: 12853650153 PAG. 4 La musica coprì il brindisi e le nostre risate un po' forzate; un assolo di chitarra elettrica riempì la notte e si portò via il Natale. Dopo quella sera non ci sentimmo per mesi, fatta eccezione per qualche sfottò calcistico quasi obbligatorio quando si tifano Inter, Milan e Juventus. Messaggi che non dicono nulla ma che servono a fare l'appello, a dire amico, ci sono) va tutto bene) proprio come deve andare. Ognuno di noi era tornato alla propria vita. lo passavo ore frenetiche alla mia scrivania nel ruolo di firma quasi prestigiosa di un quotidiano milanese, poi, a fine giornata, mi sistemavo alla meglio nei panni del marito di una collega, direttrice di un settimanale di moda e costume; Marco galleggiava nello spazio-tempo tra Roma e la sua quotidianità fatta di voli transoceanici, hostess e tristissimi tira e molla con l'ex moglie, che faceva di tutto per non fargli vedere il figlio; Gianluca mandava segnali di fumo telematici dal suo esilio dorato di Palo Alto, dove con la moglie e i tre pargoli americani viveva da perfetto tecno-hippy... Insomma, roba di agricoltura biologica, Birkenstock, auto ibrida e tutte quelle cose lì. Così, quando il calendario del mio telefono mi suggerì di mandare gli auguri di Pasqua, ero convinto che il progetto di andare a trovare Adamo fosse svanito come schiuma di Guinness, perché nessuno fece il minimo accenno a quanto ci eravamo detti la notte di Natale nel pub di Paolo. Invece la mattina del 5 maggio, data della tragedia napoleonica e ancor più tragica per noi interisti umiliati e derisi in una partita cruciale, ricevetti una telefonata da Marco, alla quale risposi subito, senza esitazione... «Vaffanculo, quella partita...» Marco non mi dette il tempo di finire la frase. «Vengo in pace fratello, niente calcio, niente battute, non volevo parlare di quello, anche se...» Stava per cominciare, schiacciai il tasto rosso del cellulare chiudendo la conversazione. Ci sono cose che non si accettano, sportivi o no. Alla quarta telefonata senza risposta decisi di concedergli una possibilità. «Senti Marco...» Questa volta fu lui a interrompermi. La frase gli uscì tutta di un fiato, come una filastrocca alla recita della scuola. «Ho preso le ferie, fratello. Si va!» «Dove?» risposi sorpreso. «A trovare Adamo! Mi sono liberato per luglio. Capirai, con il traffico di voli che c'è ad agosto al responsabile dei turni non sembrava vero... Ah, non preoccuparti per Gianluca, l'ho già awertito io, gli ho spiegato che non poteva essere l'unico a mancare, visto che tu saresti venuto di sicuro...» © MONDOLIBRI S.P.A. – PIVA: 12853650153 PAG. 5 «E chi te l'ha detto che vengo di sicuro? Senti... non so se è una buona idea...» provai a obiettare. Ma con quelli come Marco, gente sopra i novanta chili e i centonovanta centimetri, gente capace di fare atterrare aerei mentre corteggia le assistenti di volo, racconta barzellette ai secondi e parla nell'interfono ai passeggeri, è difficile dire no. […] Aggiornata il giovedì 7 agosto 2008 Edizione Mondolibri S.p.A., Milano www.mondolibri.it © MONDOLIBRI S.P.A. – PIVA: 12853650153 PAG. 6