CEMENTO FUTURO
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CEMENTO FUTURO
INGENIO CEMENTO FUTURO: Carmen Andriani risponde a cinque domande di Andrea Dari 11/01/2017 Carmen Andriani Andrea Dari Nei mesi scorsi la casa editrice SKIRA ha pubblicato il libro CEMENTO FUTURO della Professoressa Carmen Andriani, full professor di Architecture and Urban Design dell'università di Genova. Questa pubblicazione riassume plasticamente lo stato dell’arte del prodotto cemento, permettendo di scoprire i reali benefici di questo materiale, l’infinita qualità delle sue applicazioni e la sua indiscutibile modernità. Ne accredita, però, anche il luminoso futuro se, come si prospetta, l’evoluzione dell’edilizia si muoverà nella direzione della rigenerazione e della sostenibilità del costruito. E' un libro scritto a più mani, che a mio parere dovrebbe essere letto non solo da chi si occupa di progettazione, ma anche da chi è parte dell'industria del cemento per riconquistare quella consapevolezza del valore del proprio prodotto che gli consenta di affrontare il mercato con nuove forze e nuove idee. Con questa breve intervista all'autrice e curatrice della pubblicazione ho cercato di comprendere quale sia stato il filo conduttore che ha portato a questo significativo risultato, e quali quindi gli obiettivi finali. CEMENTO FUTURO/una materia in divenire Carmen Andriani rispone a cinque domande di Andrea Dari Andrea Dari: Partiamo dal titolo: in italiano "Cemento Futuro” mentre in inglese “Future Concrete”: perchè nella nostra lingua ha privilegiato la parola cemento rispetto a quella di calcestruzzo ? Carmen Andriani: Il termine ‘cemento’ è entrato da tempo nel linguaggio corrente con un doppio significato. Il primo è un significato tecnico : è la pasta cementizia che lega insieme materiali inerti di diversa natura nella costituzione del calcestruzzo. Il secondo è invece riferito ad un significato più ampio ed astratto del termine. Prendendo la parte per il tutto, chiamiamo cemento quella materia che ha reso possibile nel corso del novecento forme e strutture mai viste prima d’allora; cemento è la pietra liquida del moderno che Pier Luigi Nervi ha celebrato nel famoso testo ‘Costruire correttamente’. Ma è anche, secondo l’opinione pubblica, sinonimo di cattiva costruzione. Cementificazione è infatti il termine dispregiativo con cui si attribuisce al materiale una responsabilità estranea sia alla sua natura che alle sue potenzialità. Cemento Futuro parla dunque di queste potenzialità, della ricerca continua che ha luogo in laboratori ed istituti di ricerca , dei brevetti che nascono dalle sollecitazioni del progetto e dalle intuizioni dei progettisti. Si parla di cemento come brevetto e come materia in continuo divenire: più adatta dunque alle mutazioni continue dei nostri contesti. Il libro è stato voluto da Aitec (Associazione Italiana Tecnico Economica del Cemento) e si aggiunge ad una serie di quattro volumi che , editati negli anni precedenti hanno passato in rassegna le maggiori opere di architettura e di ingegneria realizzate nel novecento e in questo inizio di terzo millennio. (collana Le Forme del Cemento, Ed Gangemi, Roma, AITEC, a cura di C. Andriani ) AD: Nel realizzare questo libro si è avvalsa anche della collaborazione di importanti esperti di architettura e tecnologia. Qual è il messaggio di insieme che esce da questa preziosa collaborazione ? Il libro è integralmente tradotto in inglese, sia per la presenza di diversi autori stranieri che per l’interesse che, soprattutto all’estero, suscitano questi argomenti. E’ presentato, in prefazione, da Antoine Picon, uno dei più autorevoli studiosi di Storia delle Costruzioni, e raccoglie al suo interno il contributo di importanti autori, quali Philippe Morel, Tullia Iori, Roberto Gargiani, Francisco Arquez Soler, oltre a documentare le opere di studi internazionali di architettura, quali quelli di Ricciotti, Cucinella, Burgi, Toyo Ito e molti altri. Documenta anche attraverso interviste ed articoli l’attività di ricerca sperimentale di diverse imprese ed istituti di ricerca : basti pensare all’I.Lab di Bergamo, all’Istituto di Ricerca Edoardo Torroja (IETcc) di Madrid, alle sperimentazioni che Philippe Morel porta avanti nel suo laboratorio parigino o presso la Bartlett di Londra. Tutto questo fermento porta con sé grandi promesse e grande versatilità d’uso. Lo sintetizza bene Antoine Picon nella sua prefazione quando scrive: “il cemento non ha una identità definita ma numerosi volti che rispecchiano i mutevoli obiettivi dei progettisti e dei costruttori che lo utilizzano . E’ a causa di questa capacità di variazione e di cambiamento che è riuscito ad affermarsi come materiale più emblematico del XX secolo. I nuovi progressi nel campo della scienza dei materiali, dell’edilizia e della progettazione, lo hanno ampliato invece che sminuirlo.” AD: Uno dei termini con cui viene chiamata l’architettura in cemento nel mondo è il “brutalismo”. Alla luce delle nuove tecnologie è ancora un termine attuale ? Anche in questo caso dobbiamo fare una distinzione fra il termine brutalismo riferito ad un determinato periodo storico dell’architettura e ad alcuni autori in particolare (Le Corbusier per primo, e in seguito gli Smithson , Rudolph, Stirling, Kenzo Tange, Michelucci, De Carlo, Ricci, Viganò, ecc) e il brutalismo come qualità estetica riferita alla sincerità strutturale , al rifiuto di ogni ornamento non necessario, alla scelta del cemento a vista (il béton brut dell’Unité d’Habitation di le Corbusier ad esempio) come materia espressiva e plastica in cui forma e struttura coincidono. Dal punto di vista della tecnologia non v’è dubbio che la ricerca è molto avanzata : basti pensare al ruolo del cemento nelle realizzazioni di strutture informali o spazialità fluide che vedono di nuovo insieme architettura e scienza, architetti e ingegneri (da Cecil Balmond ‘ingegnere informale ‘ a Mutsuro Sasaki, e al suo metodo informatico di ottimizzazione delle forme applicato alle ‘flux structures’ di Toyo Ito o di Arata Isozaki). Inoltre i brevetti di ultima generazione, dal biodinamico fotocatalico con cui è stata realizzata a Shanghai nel 2015 la struttura a cesto del Padiglione Italiano; all’i.light o cemento trasparente, anche questo usato all’EXPO di Shanghai del 2010; all’i.crete system, eco calcestruzzo utilizzato per la struttura della Beekman Tower di Gehry a New York, in grado di abbattere del 40% le emissioni gas serra; alla famiglia di calcestruzzi innovativi utilizzati da Ricciotti nelle sue architetture, quali l’UHPC (Ultra Light Performance Concrete), fino al tema dell’utilizzo di materiali riciclati, è possibile comprendere come le nuove sfide del mondo delle costruzioni riguardano la riduzione dell’uso di materie prime, la diminuzione dei consumi di energia ed acqua, la riduzione dell’impatto ambientale e sociale nelle attività di cantiere. Queste priorità vanno coniugate con le necessità estetiche intendendo per ‘forma’ la sintesi felice di tutte le qualità e necessità dell’opera . AD: In Italia si usa purtroppo il termine “cementificazione” per rappresentare un uso inadeguato del territorio in cui il costruire è visto in modo negativo, mentre nel mondo con il termine Build Environment si persegue invece una visione positiva. Nel libro lei ha inserito un capitolo che ha per titolo “Paesaggi di Cemento”: cosa intende comunicare attraverso queste letture ? CA: Il cemento è il materiale più usato al mondo dopo l’acqua, ma è flagellato da un pregiudizio. Identificato spesso come responsabile del degrado ambientale o della speculazione immobiliare, deve anche fronteggiare, nel nuovo millennio, la competitività dei nuovi materiali compositi o plastici, l’aspirazione alla leggerezza dell’architettura contemporanea, il concetto di spazialità fluida che le tecnologie digitali consentono di prefigurare. Abbiamo visto che con l’avanzamento delle tecniche e della tecnologie sia di produzione che di costruzione , anche il cemento ha subito negli ultimi decenni un processo di affinamento e di levigatezza tattile, spaziale , formale. Il miglioramento riguarda anche le sue prestazioni strutturali: i cementi fibrorinforzati tanto cari allo studio Ricciotti, garantiscono una resistenza a compressione paragonabile a quella dell’acciaio, un rapporto peso/ resistenza superiore, spessori molto sottili per l’uso diffuso di fibre d’acciaio o sintetiche che sostituiscono le tradizionali armature in ferro, un’assenza di microporosità che ne garantisce una maggiore durabilità. In questo senso è un materiale versatile a più usi e a tutte le tipologie di intervento: dalle armature infrastrutturali agli edifici, dai fabbricati produttivi agli spazi pubblici e ai grandi complessi ad uso misto. Un materiale dunque che ben si adatta alla scala territoriale della città contemporanea, ed alla sua dimensione paesaggistica ed onnicomprensiva. In senso più specifico, per tutte le caratteristiche sopradescritte il cemento, materiale in continua evoluzione , è usato frequentemente anche da noti architetti paesaggisti, come Paolo Burgi , ad esempio, che ne fa l’elemento caratterizzante dei suoi progetti di paesaggio più avanzati e sperimentali. AD: Quanto il cemento può essere oggi protagonista nella Ricerca in Architettura ? Per tutte le ragioni sopra descritte, il cemento ha ottime prospettive non solo di sopravvivenza ma di nuova vita . Il grattacielo di Gehry ad esempio, torna a privilegiare la struttura in cemento rispetto alle tradizionali strutture in acciaio. Gli ultimi brevetti ( dal TX Millenium utilizzato per la Chiesa Dives in Misericordia di Richard Meier a Roma al foto catalitico biodinamico utilizzato per il Padiglione Italiano a Shanghai) lavorano in linea con quella che è la direttiva ormai vicina del 2020 : rendere gli edifici attivi e non più passivi rispetto al consumo energetico. Questo dato unito al preoccupante cambiamento climatico ed alle condizioni di rischio globale cui il nostro ambiente va soggetto, pone le ricerche sui nuovi brevetti cementizi su un piano di necessità non più prorogabile . Materia attiva e non più inerte: questa è la sfida di questo millennio. La ricerca tecnologica si intreccia a quella formale , la qualità degli spazi non può essere disgiunta dalla loro adeguatezza a far fronte al cambiamento. Questo libro traccia un percorso inverso : dalla natura molecolare della materia al manifestarsi della forma attraverso le traiettorie imperscrutabili della intuizione creativa e del processo scientifico attraverso cui quella forma si realizza. Collana: Architettura. Varia Editore: Skira Argomento: Anteprime, Varia Lingua: bilingue (italiano-inglese) Anno: 2016 ISBN: 885723066 Dimensioni: 16.5 x 24 cm Pagine: 256 Illustrazioni a colori: 144 Illustrazioni in b/n: 144 Rilegatura: Brossura LINK al sito SKIRA: http://www.skira.net/books/cemento-futuro Carmen Andriani (Roma 1953) si laurea in Architettura con L. Quaroni a Roma nel 1980. E' professore Ordinario di ADVANCED LANDSCAPES e di PROGETTAZIONE ARCHITETTONICA presso il Dipartimento Architettura e Design (DAD) dell'Università di Genova ed è stata prima docente presso la Facoltà di Architettura di Pescara. Si occupa di attività di ricerca sulle trasformazioni indotte nel paesaggio da manufatti dismessi e da grandi opere d'ingegneria. Dal 1996 è ca-poredattore della rivista del DAU di Pescara «Piano Progetto Città». Visiting professor presso la Waterloo University di Toronto, ha tenuto conferenze sul suo lavoro in università italiane e americane. Tra i numerosi progetti elaborati negli ultimi anni si segnalano in particolare: il progetto di concorso per un percorso turistico-monumentale dalla piazza del Pantheon a Fontana di Trevi (primo premio, in corso di realizzazione); il progetto di concorso per la sistemazione del prospetto della città di Teramo sulla valle del Tordino (premiato, 1993); il progetto di concorso a inviti per il recupero del Porto Corsini a Ravenna (1994); il progetto di riqualificazione del parco fluviale e del porto canale di Pesca-ra; il progetto per un parco tecnologico e per la riqualificazione ambientale dell'area metropolitana di Rogoredo a Milano (Triennale di Milano, 1995); il progetto di concorso per la riqualificazione del Bor-ghetto Flaminio a Roma (prima e seconda fase, 1995); il progetto per la mostra a inviti “L’architetto e l’artista a confronto su un tema emblematico: l’ampliamento di spazi e di funzioni della Galleria Na-zionale d’Arte Moderna” (1997) e per il progetto per il concorso a inviti per il Centro delle Arti Contemponaree di Roma (1998); il progetto di concorso per il Ponte dei Congressi (selezionato II fase, 2000) e l’ampliamento della Galleria Comunale d’Arte Contemporanea (2001). Suoi disegni e progetti sono stati esposti in mostre in Italia e all'estero, e pubblicati su riviste e cata-loghi. Nel 1996 Carmen Andriani è stata invitata alla VI Mostra Internazionale d'Architettura della Biennale di Venezia, nella sezione "Voci emergenti"; nel 1999 ha partecipato alla mostra di progetti “Venezia. La Nuova Architettura”.