in AbSenTiA - Philip Wiegard

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in AbSenTiA - Philip Wiegard
domus 934 MARCH 2010
IN ABSENTIA
DESIGN
philip wiegard
text
Xavier
Laboulbenne
Approdano a Roma gli spazi
metafisici di Philip Wiegard,
abile scultore di mobili e
oggetti che sanno evocare
atmosfere effimere
L’impressione è quella di trovarsi in un film
di Fassbinder, con centinaia di personaggi barbuti, ma tutti diversi uno dall’altro che si muovono
in un bar chiassoso chiamato Moebel Olfe, nel
quartiere berlinese di Kreuzberg, zeppo di fumo,
alcol e musica psichedelica. Sopra questa distesa
di teste, un gruppo di poltrone (moebel) sembra
essere pronto per accogliere corpi raggomitolati.
In realtà rimangono inaccessibili. Sembrano sul
punto di cadere addosso agli avventori del bar
da un momento all’altro, pur essendo di fatto
solidamente ancorate a una parete di cemento
grezzo. Che si tratti di un’illusione ottica? Di uno
stato psicoattivo? Niente di tutto questo: siamo di
fronte a una scultura di Philip Wiegard.
Il lavoro di Wiegard si inserisce alla perfezione nel ritmo della scena artistica berlinese, che
si può misurare attraverso lunghe pause di solitudine creativa, interrotte da intensi momenti di
interazione sociale in spazi collettivi che ospitano
eventi sempre produttivi
I suoi primi lavori
e spesso accompagnati
riprendono spesso
da suoni ed esperimenti
gli elementi
psicotropi. Questi ‘reami’
ornamentali
discordanti tra loro eppudella tradizione
re strettamente collegati
popolare tedesca,
l’uno all’altro mettono in
sono intrisi di
atto uno scarto percettivo
eredità Bauhaus
lucido e allucinato insiee funzionalità
me. Le installazioni sculcollettivistica
toree di Philip Wiegard
riescono a cristallizzare
questi momenti unici che
riassumono lo Zeitgeist della metropoli tedesca
dell’inizio di questo secolo. Come suggeriva Gilles
Deleuze, gli artisti creano ‘percetti’ – insiemi di
percezioni e sensazioni che sopravvivono a chi li
sperimenta – e così facendo conferiscono un’aura
di eternità alle esperienze effimere, o perlomeno
le inframmezzano con una pausa.
Nato in una famiglia di accademici, Philip
Wiegard si è formato alla Universität der Künste
di Berlino, per poi completare gli studi all’Hunter
College di New York. I suoi primi lavori riprendono
spesso gli elementi ornamentali della tradizione
popolare tedesca, sono intrisi di eredità Bauhaus
e funzionalità collettivistica. Bambies, multipli di
schiuma poliuretanica di un elemento decorativo
a rilievo, non sfigurerebbe sulla trave di uno chalet
bavarese, mentre in Kulissen mobili e spazio si
fondono dando vita a una collisione architettonica
per una serie di fotografie realizzate con una macchina fotografica costruita a mano dallo stesso
artista. In Raum 84a, una parete doppia realiz79
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zata con cornici di finestre recuperate diventa un
campo giochi perfettamente funzionante.
I riferimenti culturali di Wiegard si ampliano con il soggiorno di un anno a Parigi: la sua
predilezione per le arti decorative assorbe il
Grand Siècle attraverso una serie di distorsioni
di oggetti settecenteschi. La sedia, motivo ricorrente nell’opera di Wiegard, è un elemento che
gli consente di evocare la morfologia umana ma
che serve anche da metafora della sua assenza. Quindi Séance, una composizione sospesa di
tavoli e sedie imbottite, allude alla ricerca di una
spiritualità alternativa alla vigilia di un evento
secolare come la Rivoluzione francese, ma forse
è anche l’elemento culminante della rivalutazione
del materialismo capitalista.
In un’epoca in cui spesso l’arte viene fabbricata da aziende specializzate nella riproduzione
dei ‘concetti’ di un crescente numero di artisti
– prassi che porta verso l’omogeneizzazione
formale – spicca ancora di più il grande talento artigianale di Philip Wiegard, la sua naturale
maestria nel processo di sperimentazione e resa
materiale. La sua recente collaborazione con gli
stilisti londinesi Meadham Kirchhoff rappresenta
sotto questo profilo solo una parziale eccezione,
dato che le gigantesche nuvole da fumetto realizzate in gommapiuma dipinta per la presentazione
della loro collezione primavera-estate sono state
realizzate riproducendo modelli in creta manufatti dallo scultore tedesco.
Affondano le proprie radici nell’appartenenza a Berlino e alla sua condizione di città sempre
più cosmopolita le continue citazioni eurocentriche che si trovano nel lavoro di Wiegard. Nelle
opere in mostra il prossimo aprile a Roma, alla
galleria Furini, si sentono moltissimo le “affinità
elettive” di Wiegard con Giorgio De Chirico, non
solo con l’artista ma anche con l’uomo e le sue
contraddizioni. Affinità che si possono cogliere
con una visita all’abitazione di piazza di Spagna
dove il maestro surrealista visse fino alla sua morte, avvenuta nel 1978: una sintesi perfetta della
sua particolare amalgama di spazio metafisico e
decoro borghese.
Al pari del celebre artista greco immigrato
in Italia, in questa mostra Philip Wiegard presenta un’arcadia popolata da figure ritratte in pose
plastiche, un richiamo ai mondi utopici tanto anelati da Wilhelm von Gloeden, patriota tedesco di
dubbia reputazione. La messinscena del barone
nordico, ambientata in un mondo ideale precedente alla caduta, rivelava probabilmente tanto
sul suo autore e sui meccanismi del desiderio in
una società puritana proto-industriale quanto lo
faceva la nudità dei suoi modelli siciliani. Per dirla
con Henry James: “Senza un contesto, una figura
non è niente”. XAVIER LABOULBENNE
In apertura, da sinistra:
Fauteuil No. 1, 2007;
Séance, 2007. in
questa pagina. in alto:
Cabin, 2008. In basso:
Raum 84a, 2002/2003.
A destra: Uomini-Statua-Oggetto, foto
a colori, 40 x 60 cm,
per gentile concessione di Fondazione
Giorgio e Isa de Chirico, Roma, 2009.
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In questa pagina:
installazione per
la presentazione
della collezione
primavera-estate
degli stilisti Meadham Kirchhoff
alla London
Fashion Week,
settembre 2009.
Le nuvole giganti
in gommapiuma
dipinta sono state
realizzate riproducendo modelli
in creta manufatti
dallo scultore
tedesco.
This page: wiegard’s
installation for
the presentation
of the spring-summer collection by
fashion designers
Meadham Kirchhoff at London
Fashion Week,
September 2009.
The giant cartoonish clouds made
of painted foam
were based on clay
models produced
by the German
sculptor.
Opening page, from
left: Fauteuil No.
1; Séance, 2007. This
page. above: Cabin,
2008. Below: Raum
84a, 2002/2003. right:
Uomini-StatuaOggetto, colour
photography, 40 x
60 cm, courtesy of
Fondazione Giorgio
e Isa de Chirico,
Rome, 2009.
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domus 934 MARCH 2010
Rome plays host to the
metaphysical spaces of Philip
Wiegard, the talented sculptor
of furniture and objects that
evoke ephemeral atmospheres
The impression is like finding oneself in a
Fassbinder film: a boisterous bar named Moebel
Olfe in Berlin’s Kreuzberg neighbourhood filled
with tobacco and alcohol mist, psychedelic
music and hundreds of characters, all wearing
beards and all looking different. Above this sea
of heads, a group of armchairs (moebel) seem
to wait for your body to nestle in, but are unattainable, appearing to fall on you, although they
are solidly anchored to the raw concrete wall.
Optical illusions? A psychoactive state? Think
again. It is a sculpture by Philip Wiegard!
Wiegard’s work fits in perfectly with the
rhythm of Berlin’s artistic scene, which can be
measured through long lapses of creative solitude, interrupted by intense social interactions
in collective venues, which are nonetheless productive and are often accompanied by sound and
psychotropic experiments. These contrasting
yet closely connected realms bring about a shift
of perception that is both lucid and dazed. Philip
Wiegard’s sculptural installations succeed in
crystallising these unique moments that encompass the Zeitgeist of the German metropolis at
the beginning of this century. As Gilles Deleuze
suggested, artists create
“percepts” – ensembles
of perception or sensation that survive those
who live them – giving
Philip Wiegard’s
an aura of eternity or at
sculptural
least a pause to fleeting
installations
experiences.
succeed in
Born into a famcrystallising these
ily of academics, Philip
unique moments
Wiegard studied at the
that encompass
Universität der Künste
the zeitgeist of the
in Berlin, with a stint at
German metropolis
Hunter College in New
at the beginning of
York. His first body of
this century
work often picks up on
ornamental details of
the German vernacular,
Bauhaus heritage and
collectivist functionality. Bambies, multiple polyurethane cast of a
bas-relief, would be suitable on the girder of a
Bavarian chalet. In Kulissen, furniture and space
merge in an architectonic collision for a series of
photographs, made with a camera hand-fabricated by the artist himself. A double wall made
of found window frames becomes a fully operational playground in Raum 84a.
After a year-long residency in Paris,
Wiegard’s cultural references widened, with
his twist on decorative art absorbing the Grand
Siècle through distortions of 18th-century
objects. The frequent motif of the chair in the
artist’s opus functions as an evocation of the
human morphology, but also as a metaphor for
its absence. Séance, a levitating ensemble of
upholstered tables and seats, alludes to the
search for an alternative spirituality at the verge
of a secular French Revolution, but perhaps it is
also the culminating element of a re-evaluation
of capitalist materialism.
In an age when art is often fabricated by
companies that are specialised in reproducing
the “concepts” of a growing number of artists, leading to a formal homogenisation, Philip
Wiegard’s remarkable craftsmanship is all the
more noteworthy, alongside his spontaneous
bravura with the process of experimentation
and materialisation. In this sense, his recent
collaboration with the London fashion designers Meadham Kirchhoff represents an exception, as the giant cartoonish clouds made of
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In alto: Ultima Esperanza, stampa in
gelatina argento,
2009. A sinistra: Kulissenphoto, stampa in
gelatina argento,
2001/2006. In basso,
dall’alto: Bambies,
multipli di schiuma
poliuretanica, 2004;
Il Viaggio inquietante, tavolo, legno,
cartone, lana, pittura in latex, 2008.
painted foam for their last spring-summer show
were reproductions of clay models produced by
the German sculptor.
Insistent Eurocentric quotations in
the young artist’s work reflect the expanding cosmopolitanism of Berlin at large. In his
pieces to be exhibited this April at Furini Arte
Contemporanea in Rome, one clearly perceives
Wiegard’s “elective affinities” with Giorgio De
Chirico, not only with the work but also with the
man and his contradictions. These affinities can
be grasped with a visit to the surrealist master’s
house in Piazza di Spagna, where he lived until
his death in 1978 – providing a perfect synthesis
of that distinctive amalgamation of metaphysical space with bourgeois decorum.
Not unlike the celebrated Greek artist
who immigrated to Italy, in this exhibition Philip
Wiegard presents an Arcadia inhabited by sculptural figures, in reference to the utopian worlds
so longed-for by Wilhelm von Gloeden, one of
his infamous compatriots. The Nordic baron’s
prelapsarian masquerade probably revealed
as much about himself and the construction of
desire in a puritan proto-industrial society as the
nudity of his Sicilian models did. As Henry James
observed: “Besides which, a figure is nothing
without a setting.” XAVIER LABOULBENNE
above: Ultima Esperanza, silver
gelatin print, 2009.
Left: Kulissenphoto,
silver gelatin print,
2001/2006. Below, from
top: Bambies, multiple polyurethane
foam, 2004; Il Viaggio
inquietante, table,
wood, cardboard,
wool, latex paint,
2008.