Sigarette, patatine e calcio. L`Emilia provincia d`America

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DI MARCO BETTAZZI
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11 ottobre 2014
Camera di Commercio Americana
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Certo quello di Philip Morris è un caso quasi unico, destinato «a rivoluzionare la
storia industriale della nostra città e della Regione», spiegava l'altro giorno il
presidente degli industriali bolognesi, Alberto Vacchi. Perché, in gergo tecnico, è
un investimento green field, che crea una fabbrica dal nulla. Ma tra le aziende
statunitensi che hanno investito recentemente in EmiliaRomagna, rileva uno
studio di Confindustria, c'è anche il colosso del commercio online Amazon, che
ha aperto un nuovo magazzino a Piacenza da mille posti di lavoro. Oppure la
Mohawk Industries, che a fine 2012 ha acquistato la Marazzi, gigante delle
piastrelle di Sassuolo, per 1,2 miliardi di euro. E ancora la Baxter, che nel
settembre 2013 ha perfezionato l'acquisto della Gambro di Medolla,
biomedicale, per quasi 4 miliardi di dollari. 004690
Gli ultimi sono stati Philip Morris
con la nuova fabbrica di
Crespellano, e in questi ultimi
giorni (anche se in maniera
alquanto travagliata) Joey Saputo
e Joe Tacopina col Bologna
Football Club. E ancora la Mc
Donald's, che ha stretto un
accordo con la Pizzoli di Budrio
per la fornitura di patate ai negozi
italiani che aprirà la strada alla
costruzione di un nuovo
stabilimento nel bolognese da 40
milioni di euro. Quello tra
l'EmiliaRomagna e gli Stati Uniti è un vero e proprio matrimonio d'affari, un
legame tra due terre che competono sull'innovazione e vedono ben 141 aziende
a partecipazione americana presenti sul nostro territorio, con un volume d'affari
per il nostro export verso gli Usa che supera i 4,5 miliardi di euro, tra l'altro in
crescita del 61% tra 2010 e 2013.
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Anche Bologna è finita nel mirino degli Usa. Per esempio della Penske
Automotive, che ha stretto una joint venture con le concessionarie del Gruppo
Vanti, o della Valspar Corporation, con sede a Minneapolis, che nel 2013 ha
acquisito la Inver Vernici di via di Corticella. E tra le tante aziende americane
presenti in regione ci sono anche la Gowan a Faenza, la Crown Cork a
Spilamberto, la Tenneco Marzocchi a Zola Predosa e la Kemet, che ha comprato
l'ex Arcotronics di Sasso Marconi. E forse non c'è da stupirsi di tutta questa attenzione, visto che secondo uno
studio curato dal Financial Times proprio l'EmiliaRomagna è prima tra le regioni
più attrattive d'Italia e quinta in Europa, avendo come principali punti di forza
potenziale economico, risorse umane, rapporto costi/efficienza, qualità della vita,
infrastrutture e contesto favorevole agli investimenti. Ma gli emiliani non stanno a
guardare, visto che solo per citare gli investimenti più recenti il Gruppo Del
Conca (piastrelle, Rimini) e la Softer (plastica, Forlì) hanno costruito entrambe
uno stabilimento nel Tennesse, mentre tra le bolognesi presenti negli Usa da
tempo si possono ricordare Datalogic, Maccaferri, Ima, Bonfiglioli, Corradi,
Carpigiani, Furla e La Perla. Tutto bene, dunque? No, perché l'Emilia sconta le pecche che gli americani
riconoscono da sempre all'Italia, che possono frenare, o l'hanno già fatto, gli
investimenti. I problemi su cui bisognerebbe agire con la massima rapidità,
secondo un'indagine condotta tra gli imprenditori dalla Camera di commercio
americana in Italia, sono il fisco, la lentezza e l'incertezza della giustizia, più il
costo e la flessibilità del lavoro.
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joe tacopina Joey Saputo
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11 ottobre 2014
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