CD E DvD

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CD E DvD
72
cd e dvd
ROBOTNIK
«Brodo»
Folk Club / Maison Musique ROB01,
distr. Egea
Taboo / Essere italiano / Caramelle / Evolution / Tosso / Tragedia in viola / Virilità / Le
futon rouge / Donna / Forse / Gambero / Turn
The World Around / Space Oddity / Mah nà
mah nà / Ultimo impero.
Formaz. complessiva: Stefano Cagliero,
Touma Guittet (tr.), Giorgio Cotto (trne),
Marco Zuber (tuba), Federico Arbore, Alessandro Cartolari (alto), Francesco «Cecio»
Grano, Igor Sciavolino (ten.), Mariano Cirigliano (cl.), Jean Dutour (cl. b.), Sergio
Zamparo (fl.), Jean Guilaud (viol.), Riccardo
Castagna, Chris Iemulo (chit.), Marco Munna (p.), Piero Mortara (fis.), Stefano Oletto
(b. el.), Enrico Mazzone, Françoise Delfino,
Felice Sciscioli (batt.), Lino Cisilino (perc.),
Massimo Laiolo, Devis Longo (voc.), Marco
Nocita (risate).
Rivoli, da maggio 2007 a marzo 2008.
Robotnik («operaio» in polacco e «servo
della gleba», «contadino» in ceco, oltre che
nom de plume di una star italiana della dance elettronica negli anni Ottanta) suona per
noi come parente di Diabolik e Paperinik,
più una dose d’arte concettuale, un’altra
di ludica follia e un bel po’ di esuberanza e
perizia strumentale. Ecco i tratti essenziali
del quartetto Cagliero-Castagna-OlettoLaiolo, che sottopone i propri ospiti a una
singolare proposta compositiva: la musica
a consiglio. Ovvero, come recitano le note
di copertina, «improvvisazione quasi libera, guidata dalle tracce fantasma Robotnik
con suggerimenti in cuffia».
In pratica, i musicisti ascoltano in cuffia
registrazioni che al pubblico restano ignote
e su queste improvvisano, adottandole
come bussole, o suggerimenti armonici
o ritmici e d’ambiente, da assecondare o
contrastare, da rileggere e decostruire. Il
procedimento non è in realtà macchinoso:
tutto scorre fluido. Tra i brani, Essere
italiano, non il più bello, è un ideale inno
nazionale per il XXI secolo.
- Fucile
IDA SAND
«True Love»
Act 9481, distr. Egea
Ventura Highway / Notice Me / The Weight / My Biggest Fear / As Long As You
Love Me / Devil’s Game / Heart Of Gold
/ Manic Depression / Loverman / Who’s
Gonna Help Brother Get Further / Redemption Song / True Love.
Ida Sand (voc., p., p. el.), Peter Asplund
(tr., flic.), Magnus Lindgren (cl. b., fl.),
Ola Gustafsson, Mattias Torell (chit.),
Peter Forss (b. el., cb., viol.), Per Lindvall (batt., perc.), Ingela Olson, André
De Lang (voc.).
Stoccolma, data scon.
Da qualunque brano lo si prenda
(fatta eccezione per l’intimistica rilettura di Loverman, tutta striata di soul),
questo secondo disco di Ida Sand
mostra ben pochi indizi di jazzità,
nella condotta tematica e ritmica come
nell’armonizzazione.
Le canzoni, sulla cui gradevolezza
non c’è peraltro alcunché da eccepire,
propongono piuttosto un songwriting
in stile internazionale, mentre quando
si passa dalle composizioni originali
alle rivisitazioni ecco venire fuori i
nomi di Hendrix, Costello, Neil Young,
Bob Marley: un inchino al pop d’alto
rango che chiaramente traspare anche
dall’impostazione blueseggiante della
voce, difficilmente inquadrabile nella
schiera delle jazz singers scandinave.
La matrice nordica è infatti, assieme a
quella jazzistica, l’altra grande assente
in questo album, il cui repertorio si
addice all’etere radiofonico assai
più che a un jazz club. Del resto alle
chitarre e alla produzione troviamo
Gustafsson, marito della cantante
nonché rocker affermato sulla scena
scandinava.
- Cecchini
LAURIE SCOTT BAKER
«Gracility»
Musicnow MNCD012 (due Cd),
distr. www.musicnow.co.uk
(1) Gracility / (2) Pibroch 1926 / (3) Bass
Chants & Cues / (4) Circle Piece.
(1) Derek Bailey, Keith Rowe (chit.), Gavin
Bryars (b. el.), Laurie Scott Baker (cb.);
Londra, 1969. (2) Evan Parker (sop.); s.l.,
1975. (3) John Tilbury (org.), Baker (b. el.,
sint.), Jamie Muir (batt., voc.); s.l., 1972.
(4) Michael Parsons (sop.), Chris May (cl.),
Alec Hill, Phil Gebett (cl. b.), Hugh Shrapnel,
Andy McKay (ob.), Bryn Harris (fl. a pist.),
Christopher Hobbs, John White (org.), Ed
Fulton (viol.), Baker (cb.), altri; s.l., 1970.
Era rimasto inedito (come tutto
quest’album) l’unico incontro discografico
tra Bailey e Rowe: 71’ apparentemente
improvvisati e invece frutto d’istruzioni
precise sul tipo di amplificazione dei singoli
strumenti e sul modo di usarla (suoni delicati ma volumi al limite del feedback, però
da evitare). Poi c’è un Evan Parker (anzi,
due o tre, in sovraincisione) su una partitura
ispirata a un racconto di Alistair MacLeod
e alle improvvisazioni di cornamusa nelle
Highlands: fatato, checché ne dica The Wire.
Alla rivista inglese non piace neppure
l’organo di Tilbury: invece è uno dei piatti
più prelibati, dall’inizio che evoca le introduzioni di Baba O’Riley e di Out-BloodyRageous (Lowrey compreso, come quello
di Ratledge) alle successive stratificazioni
mediante il collegamento rileyano tra due
registratori – che anticipò i più famosi
frippertronics – fino all’esplodere di un avant
rock faustiano (ma anche entwistleiano)
innescato dalla ritmica dei Sunship (coevo
quartetto con Gowen e Holdsworth). Come
dessert, una partituta grafica è interpretata
da membri della Scratch Orchestra (tra cui
un Roxy Music e vari compositori del giro
Cardew): sovrapposizioni di suoni lunghi
che, per la diversa misura, creano un ordito
sempre cangiante.
- Achilli
THE SKOPJE
CONNECTION
«AmAm»
Enrico Blumer Production EBP 01-09,
distr. Egea
Song For The Lonely Sailor / No Land /
Hope / The Dzijanic / Ah, Martina / Zanzara / I Want To Sing / High On Hope / Alessandro da Torre Boldone / For My Dju / Ptt
/ Gjocville nGhost Town / Soap Bubble.
Luca Aquino (tr.), Dzijan Emin (corno,
melodica), Georgi Sareski (chit.).
Skopje, febbraio 2009.
Grazie all’incontro con musicisti
italiani e a qualche disco giunto fin qui,
ormai sappiamo come in Macedonia, già
Jugoslavia, ci sia un gruppetto sparuto
ma preparato di jazzisti. E di conoscerli
valeva la pena: tanto più lo si può dire
dopo l’ascolto di questo recentissimo
«AmAm» (il nome viene da un ex bagno
turco vecchio di sei secoli, rivelatosi ora
una sala dall’ottima acustica). Nel trio
Skopje Connection brillano l’«italiano
di turno», il sempre più apprezzato
trombettista beneventano Aquino, e due
macedoni: Sareski, chitarrista uscito con
ferrea tecnica e idee chiare dal Berklee,
ed Emin, primo corno della Filarmonica
di Skopje ma con un irrefrenabile amore
anche per il jazz.
Quanto colpisce nel progetto e nella
sua esecuzione è soprattutto l’originalità
del suono: ognuno cerca di estrarre dal
proprio strumento possibilità nascoste,
o lungi dall’uso normale, ma senza le
iperboli che a volte si accompagnano a
simili propositi. E se Sareski ed Emin si
offrono anche come compositori, nella
maggioranza dei casi le note sono dichiarate di «composizione simultanea»
(mentre Soap Bubble è di Francesco
Bearzatti, uno dei primi musicisti italiani
che abbiano instaurato legami con la
Macedonia).
- Maletto