Rispetto ai vecchi sistemi le nuove tecnologie in cucina sono più

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Rispetto ai vecchi sistemi le nuove tecnologie in cucina sono più
 cucina processi
L
e cucine di oggi sono completamente diverse rispetto a quelle di qualche decennio fa. Eppure anche un tempo
gli chef erano capaci di grandi risultati, tanto che la tradizione della cucina italiana è nata con strumenti e con tecniche antiche, non
certo con i forni trivalenti o i piani
di cottura a induzione. È giusto allora dire che i sistemi hi-tech sono
meglio di quelli classici?
Su questo quesito abbiamo sentito
Roberto Carcangiu, chef di valore internazionale, profondo conoscitore degli strumenti tecnici oggi a disposizione dei ristoratori e
anche formatore di nuovi profes-
Rispetto ai vecchi sistemi le nuove tecnologie in cucina
sono più efficienti. Ma l’alto costo richiede di usarle
al meglio. Uno chef ci spiega come. Riccardo Oldani
sionisti. «Per fissare i termini del
confronto», esordisce Carcangiu,
«bisogna innanzi tutto capire che
cosa sia una ricetta. Non è tanto
un atto creativo, quanto la soluzione di un problema, cioè preparare un piatto con strumenti e
ingredienti a disposizione. Faccio l’esempio dello spezzatino,
“inventato” per utilizzare pezzi di
carne meno pregiati, in un’epoca
in cui gli strumenti di cottura era-
no fuoco di legna e marmitte che
consentivano solatnato una cottura lunga e a fuoco basso».
Oggi abbiamo più strumenti a nostra disposizione e ci si pone un
problema relativamente nuovo
per chi cucina, cioè la scelta dei
mezzi da usare. «Molte aziende –
aggiunge Carcangiu – producono
strumenti hi-tech, completamente computerizzati e automatizzati,
proponendo l’idea che la macchi-
na è in grado di fare tutto, basta
scegliere il programma adatto. Le
cose però non stanno così. Per capire come usare gli ultimi ritrovati
bisogna anche sapere come si lavorava una volta: solo così può essere chiaro l’obiettivo finale, e cioè
produrre un piatto di qualità».
La prova dell’arrosto
Per capire meglio questo concetto scegliamo di prendere in considerazione la preparazione di un
arrosto e di vedere le differenze
di processo tra passato e presente. «Intanto definiamo bene che
cos’è un arrosto», spiega ancora Carcangiu, «e cioè un pezzo
re più pezzi alla volta, a seconda
del numero di teglie di cui è dotato il forno. Terminata la cottura
si può passare l’arrosto nell’abbattitore, confezionarlo sottovuoto e
stoccarlo in cella frigo con una
shelf-life di circa dieci giorni.
30%
il
del tempo
necessario alla cottura
tradizionale si riduce
grazie ai nuovi forni
C’è anche il sottovuoto
carne rispetto a quelli statici.
In questo modo, spiega Carcangiu, «ci si assicura anche di contenere il calo di peso dell’arrosto nei
suoi limiti fisiologici, cioè entro il
15-20% di quello iniziale; una cottura troppo prolungata può portare a perdite di peso fino al 50%,
con conseguente spreco della materia prima e minori porzioni da
servire». Il procedimento con i
forni hi-tech è inoltre più breve e
non richiede controlli da parte del
personale, che così è meno impegnato. Infine, si possono prepara-
C’è poi anche un altro procedimento, suggerisce Carcangiu: si
rosola l’arrosto e si passa direttamente in abbattitore. Poi si cuoce
sottovuoto e così si può conservare anche fino a un mese. Non serve nemmeno il forno trivalente: è
sufficiente un bagnomaria termostatato o un forno vapore.
I nuovi metodi consentono quindi di ridurre i tempi e di ottimizzare la produzione, con un minore impiego di personale. «Gli addetti però devono essere ancora
più preparati di un tempo», dice
Carcangiu, «non bisogna pensare
che la tecnologia possa sostituire
la conoscenza. Gli chef di oggi devono conoscere i procedimenti del
passato e le potenzialità delle macchine, altrimenti si rischia di fare
un investimento molto costoso per
poi utilizzare la cucina soltanto al
10% delle potenzialità».
L’ottimizzazione, osserva Carcangiu, era la parola d’ordine nelle
grandi cucine di una volta: «Tutto
veniva utilizzato al meglio, comprese le parti non consumate, che
nei giorni successivi si trasformavano in altri piatti. Oggi questa
capacità si sta perdendo, perché si
butta via tutto ciò che non è consumato subito. Con il rischio che
i risparmi prodotti dalla tecnologia siano vanificati dagli sprechi
di materia prima».
CONFRONTA L’ARROSTO
2
forno statico
Si toglie l’arrosto dalla teglia, si dispongono sul fuoco
verdura e anche ossa per creare uno strato che impedisca il contatto diretto tra carne e fondo metallico. Si mette in forno statico a 180°C.
1
In una padella o in una teglia alta si rosola il taglio di carne, badando di scottare
appena la superificie su tutti i lati.
180°C
3
Di tanto in tanto, ogni 20 minuti, si apre il forno e si
copre la carne con sughi e grassi produtti dalla cottura
per inumidirla ed evitare che si secchi.
4
Dopo un tempo lungo, dipendente dal peso della carne e calcolato dallo chef in base alla propria
esperienza, l’arrosto è pronto.
12
h 1,30
9
5
Il pezzo di carne è pronto per essere tagliato
e impiattato. La parte non utilizzata verrà impiegata nei giorni successivi per dar vita ad altre
ricette o entrare in ripieni e farciture.
3
6
forno trivalente più sottovuoto
1
Il taglio di carne viene scottato direttamente su una piastra fry-top o su una griglia direttamente incorporata nel piano della cucina. Il procedimento è rapidissimo.
2
Si dispone nella teglia la carne guarnita
di verdure. Si sceglie il programma del forno
trivalente, impostato a non più di 140°C. Si
possono cuocere svariati pezzi insieme.
100-140°C
3
L’arrosto viene infornato con una sonda per il
controllo della temperatura interna. Non si estrae
durante la cottura. A 72°C al cuore è pronto.
72°C
12
9
4
h 1,00
Si abbatte a temperatura
positiva a 4°C per prepararlo alla conservazione, oppure si impiega immediatamente e si serve.
3
6
4°C
ristoranti
86
imprese del gusto
87
5
Dopo l’abbattimento si confeziona sotto vuoto, in modo da
garantire una conservazione in
cella frigorifera di massimo 10
giorni.
Angelo Siviglia
Sottovuoto batte forno statico
di carne cotto senza aggiunta di
null’altro, a parte la materia prima
grezza. La sola aggiunta d’acqua,
per esempio, trasforma la preparazione in uno stufato».
Un tempo la preparazione di un
arrosto avveniva in un forno statico e richiedeva diversi interventi
del cuoco durante la cottura (vedi
sotto), che durava molto a lungo
e che non poteva prescindere da
una grande esperienza. Per esempio si doveva capire se la cottura
era ultimata soltanto dall’osservazione esteriore della carne.
Con i forni trivalenti di ultima generazione l’arrosto si prepara con
la sonda ed è sicuramente pronto quando la temperatura al cuore arriva a 72°C. Inoltre si lavora
a temperature più basse, perché i
forni a convezione e quelli ventilati in generale “asciugano” di più la