L`orrore in chiave hollywoodiana
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L`orrore in chiave hollywoodiana
2. L’ORRORE IN CHIAVE HOLLYWOODIANA Se da una parte lo Stato Islamico ha ampliamente dimostrato di saper sfruttare a proprio vantaggio l’incapacità da parte dei governi locali in Siria e Iraq prima e della comunità internazionale poi, di dare una soluzione alle profonde fratture politiche, nonché sociali in questi contesti, dall’altra ha altresì dimostrato l’intenzione di voler curare dettagliatamente il processo di trasformazione e nominazione che lo riguarda. Da al Qaeda in Iraq (Aqi), a Stato Islamico in Iraq (Isi), passando da Stato Islamico in Iraq e nel Levante (Isil/Isis) fino ad arrivare all’attuale Stato Islamico (Is), esso è giunto al suo stadio finale che consiste nella proclamazione del Califfato e l’autonoma definizione di Stato. Un elemento da non sottovalutare. Così facendo, l’attuale Stato Islamico ha dimostrato di voler stare sullo stesso piano dei suoi nemici fin dai suoi primi passi, facendo sua una delle prerogative dell’Occidente moderno: la capacità di definire e nominare, pretendendo d’imporre, le proprie categorie all’esterno. 2.1 La comunicazione sembra essere nel Dna di questa organizzazione, la quale si pone l’obiettivo di proporsi come soggetto politico statuale sia nell’ambito marcatamente regionale che nel panorama politico internazionale. «L’Is dimostra di saper convogliare differenti simboli e messaggi, portando questi a sintesi, indirizzandoli tramite una perfetta comunicazione, sia istituzionale che informale, nei confronti dei suoi sostenitori»1 promuovendo di fatto una guerra psicologica, oltre che fisica, nella regione mediorientale e agli occhi del mondo. Guerra psicologica fatta di immagini, testi, video, iconografie diffuse in maniera capillare. «Una comunicazione mai casuale, lucida e focalizzata ad imporsi quale soggetto statuale credibile su scala globale, riuscendo a combinare, grazie allo strumento del web, una comunicazione istituzionale con una di natura emozionale»2. Il web è proprio quel campo entro il quale l’Is dissemina le proprie trappole comunicative con l’intento di promuovere un conflitto generalizzato e 1 M. Lombardi, IS 2.0 e molto altro: il progetto di comunicazione del califfato, in P. Magri, M. Maggioni, (eds.), Twitter e jihad: la comunicazione dell’Isis, ISPI - Istituto per gli Studi di Politica Internazionale, Novi Ligure 2015, pp. 91- 134. 2 Ibidem. 20 diffuso che alzi il livello di scontro e, allo stesso tempo, rafforzi il suo prestigio e la propria attrattività. Come ci ricorda Aymenn Jawad al-Tamimi3, che dal 2011 analizza attentamente l’operato del nuovo Califfato, «questo si serve del web per diffondere in maniera sofisticata e professionale l’invito alla jihad adoperando non solo i siti estremisti tradizionali ma anche i social network, e riuscendo a trasformare la sua ideologia in un contagio»4. Se l’al-Qaeda delle origini si limitava a postare video-messaggi del suo leader Osama bin Laden e/o filmati di addestramenti, adesso la «jihadi dawa»5 - l’invito a praticare la guerra santa – si nutre di dissertazioni sul Corano, possibilità di dialogare sui network e video altamente professionali per spiegare non solo come si combatte o additare i nemici da colpire, ma anche per descrivere le condizioni di vita nello Stato Islamico. «La proclamazione stessa del Califfato è stata preceduta da un’indagine di mercato, ordinata da al-Baghdadi, rispetto all’impatto di questo termine sugli utenti nei Paesi musulmani»6. Al-Tamimi ci spiega come la sovrapposizione fra jihad e nuove tecnologie sia all’origine del crescente successo, ad esempio, con le donne da Denver a Parigi; «i reclutatori sono abili, attraverso i social network, a guidare le conversazioni in maniera da spingere ragazze e adolescenti a cercare la felicità, un marito e dei figli nel Califfato»7. In questo modo si moltiplicano anche i cosiddetti «lupi solitari»8, singoli individui che scelgono di diventare protagonisti della jihad lanciandosi in attacchi personali, non coordinati con altri, e dunque molto difficili da prevenire. «Lo Stato Islamico non dispone ancora di basi organizzate che siano in grado di mettere a segno attacchi sofisticati, dunque ha necessità di adoperare il web per diffondere 3 Ricercatore della Oxford University. 4 http://www.aymennjawad.org/16019/isis-inside-the-army-of-terror. 5 M. Molinari, op. cit., p. 140. 6 R. Barret, The Islamic State, The Soufan Group, New York, 2014. 7 http://www.aymennjawad.org/16019/isis-inside-the-army-of-terror. 8 M. Molinari, op. cit., p. 141. 21 un’ideologia tesa a radicare il proprio messaggio nelle comunità musulmane presenti in Occidente, a partire dal Vecchio Continente»9. Spesso si tratta di miliziani che combattono al fronte, in Iraq o in Siria, oppure di jihadisti che vivono in Occidente, in Europa o negli Stati Uniti e di propria iniziativa postano sul web messaggi, immagini, video sulle azioni compiute dallo Stato Islamico: il risultato è quello di diventare moltiplicatori dell’impatto delle brutalità commesse. Tutto ciò ha vantaggi e svantaggi legati, da una parte, alle difficoltà che incontra l’antiterrorismo ad individuare le singole fonti di propaganda dello Stato Islamico sul web, dall’altra, dal punto di vista del Califfo, nell’impossibilità di un totale controllo sulle attività dei miliziani online. 2.2 Altro aspetto importante, che di fatto distingue lo Stato Islamico da al Qaeda, è dato dall’utilizzo preventivo del web: se bin Laden e i propri affiliati attendevano giorni, se non settimane, per rivendicare via web un attacco terroristico consumato, perlopiù con immagini spesso scarsamente curate, al Baghdadi presenta sé stesso e i suoi intenti seguendo talvolta copioni hollywoodiani con registi all’altezza di una tale piazza. I video postati sul web da parte dello Stato Islamico sono di una qualità tale che è difficile credere che questi possano essere confezionati a Raqqa o a Mosul; da qui l’ipotesi che l’Isis sia riuscita a creare in Europa e in Nord America dei centri di produzione di propaganda digitale, pensata e realizzata per fare breccia nei musulmani o nei convertiti europei. Nel giugno 2014 , due giorni primi dell’inizio del mese santo del Ramadan, l’Isis ha rilasciato una dichiarazione, tramite web, in cui annunciava la creazione del Califfato rivolgendosi così ad una platea composta da musulmani di tutto il mondo: «scrollatevi di dosso la polvere dell’umiliazione e dell’affiliazione, così che un nuovo califfato nascerà dal caos, dalla confusione e dalla disperazione del moderno Medio Oriente»10. Il giorno seguente, lo Stato Islamico mandava su Internet un video in cui un 9 Ibidem. 10 J. Bowen, Iraq Crisis: Fighting in Tikrit After “Caliphate” Declared, http://www.bbc.com/news/worldmiddle-east-28092840. 22 combattente cileno, di nome Abu Saffiya, mostrava un posto di confine tra la Siria e l’Iraq, da poco demolito. Tale video, intitolato «la fine di Sykes Picot»11, annunciava «l’imminente annientamento, per mano dello Stato Islamico, di due entità politiche create dai britannici e dai francesi nel 1916, la Siria e l’Iraq»12. Lo Stato Islamico a cura di non lasciare niente al caso: inquadrature sapienti e buona scelta di luce. Anche l’audio dei video risulta essere professionale. In alto a destra nelle immagini, compare il simbolo della casa di produzione al-Hayat che da anni agisce nello scenario iracheno come produttore di contenuti media per le diverse sigle di stampo jihadista sunnita, che negli anni si sono susseguite13. La scelta stessa dei protagonisti dei video non sono casuali. Non è casuale che il protagonista del suddetto video fosse un musulmano cileno: «il video aveva infatti l’obiettivo di proiettare alla Umma, la comunità mondiale dei musulmani, un’immagine dello Stato Islamico tanto cosmopolita quanto reale, un’organizzazione dotata di un raggio d’azione globale»14. Con l’ausilio della moderna tecnologia e attraverso i canali dei social media, lo Stato Islamico cerca di presentare un’immagine politica contemporanea di se stesso, un’immagine positiva in netto contrasto con le decadenti e mal funzionanti democrazie occidentali e con i regimi musulmani di ispirazione occidentale. «Guardate l’Egitto. Guardate com’è andata a finire per i musulmani che hanno dato il voto a Mohammed Morsi [il Presidente deposto] e hanno creduto alla vostra democrazia, alle vostre menzogne. La democrazia non esiste. Pensate di essere liberi? L’Occidente è governato dalle banche, non dai parlamenti, e questo lo sapete. Sapete di non essere altro che delle pedine, ma siete senza coraggio. Voi pensate a voi stessi, al 11 F. Gardner, Isis Rebels Declare “Islamic State” in Iraq and Syria, http://www.bbc.co.uk/news/worldmiddle-east-28082962. 12 L. Napoleoni, op. cit., p. 54. 13 https://www.youtube.com/watch?v=i357G1HuFcI. 14 L. Napoleoni, op. cit., p. 54. 23 vostro lavoro, alla vostra casa […] perché sapete di non avere nessun potere. Ma fortunatamente è iniziata la jihad. L’Islam arriverà fino a voi e vi porterà la libertà»15. 2.3 Altro aspetto importante dell’Isis e della sua guerra consiste nel rapporto fra comunicazione, nemico e la sua uccisione. Una connessione che permette all’organizzazione di sostenere la sua macchina propagandistica necessaria sia nella lotta contro i nemici esterni (soprattutto a livello psicologico) sia per lo scontro interno al mondo jihadista. L’esibizione mediatica del nemico, la sua punizione e la conseguente uccisione rappresentano uno strumento necessario della cruda dinamica di costruzione di una forma statuale che mira a controllare e governare territori. Allo stesso tempo, la sofisticata capacità comunicativa, sia estetica sia per la pluralità dei media utilizzati, sostiene il desiderio di porsi come soggetto organizzato e strutturato, capace di non far rimpiangere il più moderno stato occidentale. Lo Stato Islamico accompagna dunque la battaglia sul campo con quella mediatica, alimentando il terrore quotidianamente, per facilitare la propria avanzata snervando il nemico vicino oppure favorendone la fuga. Al Baghdadi, più in generale lo Stato Islamico, non si accontenta dei successi dell’oggi; non è sufficiente Mosul, così come non sono sufficienti i centinaia di combattenti giunti in Siria e Iraq per combattere il jihad. «Il Califfo ha esigenza di richiamare i fedeli da tutto il mondo: è questo l’obiettivo a cui mira la macchina propagandistica: attirare e convincere nuovi soggetti, rendendo la proposta jihadista d’appetito»16. Per questo è importante capire ed analizzare quelle che sono le tecniche comunicative messe in atto dallo Stato Islamico, provando a seguirne la logica, soprattutto dopo la proclamazione del Califfato, per provare a capire quali potrebbero essere le mosse future. Molti osservatori, analisti occidentali, sono rimasti sorpresi da quell’annuncio 15 F. Borri, Behind the Black Flag: Current, Former Isil Fighters Speak, http://www.usnews.com/news/articles/2014/06/25/behind-the-black-flag-current-former-isil-fightersspeak. 16 D.F.Eickelman, and Jon W. Anderson (eds). New media in the Muslim world: The emerging public sphere, Indiana University Press, Bloomington, 2003. 24 avvenuto il 29 giugno 2014, con il quale il nuovo Califfato e il suo leader si presentavano al mondo; ma di sorprendente, forse, non c’è poi molto. Lo stesso video in cui compare Abu Safiyya ci mostra come una nuova fase in merito al processo di arruolamento e costruzione del jihad stava iniziando. Per anni questo cammino fra radicalizzazione, arruolamento, combattimento e martirio è stato accompagnato nell’ombra, dal silenzio e dal segreto. Conoscevamo i volti dei mujaheddin solo a seguito del loro sacrificio, una volta divenuti ormai martiri. Al Baghdadi si propone di invertire anche questa tendenza. «Tramite il web i nuovi combattenti discutono, postano video della loro partenza verso il nuovo stato, raccontano una nuova quotidianità nel segno di modelli di vita alternativi a quelli dai quali provengono»17. Il linguaggio utilizzato nei video è spesso quello del giornalismo, del marketing che non ci propone, come nostra abitudine vedere, prodotti di varia natura, bensì prigionieri terrorizzati che attendono la fine. Computer, internet, social media, diventano così strumenti ideali per diffondere l’epica jihadista contemporanea. Attraverso le nuove tecnologie e l’elaborazione di strategie mediatiche sofisticate, la globalizzazione del messaggio jihadista avviene con grande rapidità uniformando i messaggi, le strategie, moltiplicando le opportunità. Anche quelle di raccontare l’orrore in mondovisione, come accade nel caso della serie delle decapitazioni a firma proprio dello Stato Islamico. 2.4 Attraverso le proprie scelte di comunicazione, l’Isis ci ha fatto capire alcune cose in maniera molto chiara. Come abbiamo visto, la casualità non è un qualcosa di accostabile al modus operandi comunicativo dell’organizzazione, la quale persegue i propri obiettivi con grande lucidità e precisione. Uno di questi consiste nell’essere percepiti agli occhi del mondo come «un’organizzazione statale a tutti gli effetti, con regole proprie, strutturazione, progetto 17 European jihadists, It ain’t half hot here, mum. Why and how Westerners go to fight in Syria and Iraq, The Economist, 30 agosto 2014. 25 politico con annessa una strategia di lungo periodo»18. Altro obiettivo che abbiamo intravisto, è quello di riuscire a fare proseliti in seno ai propri territori e, soprattutto, sul piano globale. I destinatari principali di questa sofisticata narrativa sono i giovani delle seconde e terze generazioni musulmane presenti in ogni angolo del pianeta. «Twitter, Facebook e internet sono diventati così gli strumenti contemporanei con i quali veicolare il più arcaico dei messaggi»19. Sin dagli anni Ottanta vari gruppi jihadisti hanno investito notevoli risorse nella propaganda; lo stesso Osama Bin Laden aveva colto l’importanza del fatto che «la guerra mediatica in questo secolo è una delle armi più potenti; infatti, si può dire che costituisca il novanta per cento della preparazione per le battaglie»20. E nel suo primo discorso come capo di al Qaeda, il suo successore Ayman al-Zawahiri lodò i guerrieri del jihad mediatica come «soldati nascosti e ignoti ai più, ma che hanno lasciato il segno nel mondo»21. Eppure, per quanto gli sforzi mediatici di al Qaeda possano essere sofisticati, di fronte alla modernità, diffusione ed efficacia di quelli del rivale Stato Islamico, impallidiscono. «Il gruppo guidato da al Baghdadi ha di fatto oscurato al Qaeda sia dal punto di vista della qualità che della diffusione della propria comunicazione»22. L’analisi condotta dell’International Centre for the Study of Radicalisation and Political Violence presso il King’s College di Londra e una realizzata dalla Brandeis University ci aiuteranno a comprendere la natura qualitativa nonché quantitativa dei messaggi veicolati dallo Stato Islamico in generale e dalle cellule jihadiste in particolare. È infatti importante provare a discernere i messaggi che potremmo definire personali, ovvero 18 M. Maggioni, Lo Stato Islamico: una sorpresa solo per chi lo racconta, in P. Magri, M. Maggioni, (eds.), Twitter e jihad: la comunicazione dell’Isis, ISPI - Istituto per gli Studi di Politica Internazionale, Novi Ligure 2015, p. 90. 19 Ibidem. 20 Harmony Database, Combating Terrorism Center at the U.S. Military Academy, West Point. ID, AFGP-2002-600321. 21 The Emir’s Speech: Zawahiri Addresses Al-Qaeda, Jane’s Terrorism and Insurgency Centre, 25 agosto 2011. 22 M. Arnaboldi, L. Vidino (eds), Califfato, social e sciami in Europa: l’appeal della propaganda dello Stato Islamico, in P. Magri, M. Maggioni, (eds.), Twitter e jihad: la comunicazione dell’Isis, ISPI Istituto per gli Studi di Politica Internazionale, Novi Ligure 2015, p. 137. 26 liberamente composti e diffusi dai vari account delle persone affiliate all’organizzazione, da quelli in una certa misura imposti ai combattenti da parte del fronte di affiliazione. «Non essendo possibile effettuare, di volta in volta, una distinzione precisa delle due esperienze, proveremo almeno ad individuare i diversi scopi dei vari contenuti»23. «I risultati degli studi sopra citati mostrano abbastanza chiaramente le predominanza, nei social network, di messaggi a carattere dottrinale»24. Fra questi possiamo trovare riferimenti a principi salafiti, note di glorificazione del martirio e rinvii a personaggi chiave del jihadismo globale, tra cui Awlaki25 e Osama bin Laden. In più, si nota la tendenza che intercorre fra i diversi gruppi a delegittimarsi vicendevolmente: «non è raro trovare messaggi di takfir, ovvero accuse di miscredenza»26. È interessante notare come la dimensione dottrinale ha resistito ai cambiamenti comunicativi e propagandistici conosciuti dalle realtà jihadiste negli ultimi dieci anni: ciò può essere spiegato dalla legittimità teologica che ogni gruppo jihadista mira ad ottenere. Inoltre, giungono a noi aggiornamenti costanti dai campi di battaglia e informazioni sul tipo di vita condotta sul fronte. All’interno di questo scompartimento esiste una grande varietà di contenuti dai vari gradi di violenza; un continuum talmente vasto al punto di includere video che vanno da crocifissioni o bambini che reggono teste mozzate, a mujaheddin che versano latte per i loro gatti27. Inoltre, troviamo video i quali testimoniano l’applicazione delle pene secondo il modello sciariatico, altri che mostrano cerimonia durante le quali singole persone giurano fedeltà a un leader. «Si tratta, in 23 M. Arnaboldi, L. Vidino (eds), op. cit., p. 146. 24 Ibidem. 25 Nato nel Nuovo Messico da genitori di origine yemenita, rientrato in Yemen nel 1978 al seguito del padre, ministro dell'Agricoltura dello stato mediorientale, nei primi anni novanta ritorna negli Stati Uniti laureandosi in ingegneria civile alle università del Colorado e di San Diego. Imam, erroneamente ritenuto membro di Al Qaeda e possibile successore di Osama bin Laden, muore in Yemen il 30 settembre 2011 all'età di 40 anni nel corso di un attacco di un drone, organizzato dal Commando congiunto delle Operazioni Speciali sotto la supervisione della CIA. https://it.wikipedia.org/wiki/Anwar_al-Awlaki. 26 M. Arnaboldi, L. Vidino (eds), op. cit., p. 146. 27 Vi è un account twitter dedicato esclusivamente alla convivenza fra gatti e mujaheddin dello Stato Islamico, raggiungibile a @ISILCats (Islamic State of Cat). 27 larga parte, di proiezioni di potenza»28: a livello di collettivo si vuole mostrare l’influenza di cui godono i vari collettivi all’interno dei contesti in cui operano, mentre a livello individuale i singoli combattenti presentano le loro esperienze sotto diverse chiavi di lettura. «Infatti, da un lato alcuni mujaheddin esibiscono modelli eroici e romantici di presunto impegno umanitario nel liberare il popolo musulmano dall’oppressione, dall’altro alcuni puntano sullo stravagante divertimento che il jihad offre loro, mentre altri ancora ne esaltano il gangsterismo, l’azione e il pericolo»29. Una varietà di messaggi propagandisti che hanno reso il messaggio jihadista appetibile a un numero di persone senza precedenti30. Interessante è analizzare la tipologia e la motivazione che spinge tante persone a rispondere positivamente ai messaggi che arrivano, tramite web, da parte dei vari gruppi jihadisti e dello Stato Islamico. Possiamo dire, con una certa sicurezza, sia che la matrice con la quale si ha a che fare è psicologica sia che soggetti diversi rispondono in maniera diversa in base al tipo di messaggio veicolato. Un’analisi condotta dal Centro di prevenzione contro le derive settarie dell’Islam31, ci permette di vedere che persone particolarmente sensibili ai messaggi propagandistici dalla forte portata dottrinale, soffrono di ansia e depressione, messaggi capaci di ridurre il gap di incertezza sul proprio futuro attraverso la presentazione di un sistema di vita con pochi e chiari valori. «A questi, vanno aggiunte le persone cresciute in famiglie eccessivamente tolleranti o atee, individui più propensi a trovare conforto in messaggi che diano nette regolamentazioni dottrinali»32. Altra categoria di persone riguarda i più giovani, i quali risultano essere attratti dalla dimensione lucida del jihad: sono infatti 28 M. Arnaboldi, L. Vidino (eds), op. cit., p. 148. 29 Ibidem. 30 “Foreign fighters are joining International, 31 ottobre 2014. jihadi groups in ‘unprecedented’ numbers”, Public Radio 31 “La metamorphose operee chez le jeune par les nouveaux discours terroristes: recherche-action sur la mutation du processus d’endoctrinement et d’embrigadement dans l’islam radical”, Cpdsi, novembre 2014. Si veda anche l’articolo correlato, “Dépressif et issu d’une famille athée: le profil type du jihadiste français”, France 24, 18 novembre 2014. 32 M. Arnaboldi, L. Vidino (eds), op. cit., p. 149. 28 convinti di avere la possibilità di poter vivere un’esperienza da video gioco nella vita reale, oltre ad essere sensibili ai messaggi e video girati da amici coetanei presenti sul fronte. Ultima categoria, è quella composta da persone socialmente escluse o che hanno problemi ad integrarsi nei rispettivi ambienti sociali: «in questa ottica le promesse e le prospettive di una vita più semplice, che consenta loro di poter accedere velocemente a dinamiche d’inclusione elitaria»33. In questo senso, l’annuncio di al Baghdadi, risalente all’estate 2014, in cui venivano promesse sovvenzioni per i matrimoni fra membri dello Stato Islamico34, rappresenta un esempio di tutto ciò. La comunicazione digitale gioca altresì un ruolo fondamentale nei confronti delle popolazioni locali, in termini propagandistici. «Isis ha cercato di presentare il proprio dominio come la salvezza per le popolazioni sunnite di Iraq e Siria, e se stesso come alfiere dell’eterna lotta missionaria contro i rafida (gli sciiti) in Iraq e i nusairya (gli alawiti) in Siria»35. Nel corso della sua prima apparizione pubblica nella moschea Habdaa di Mosul, al Baghdadi presentò lo Stato Islamico come il modello che meglio rappresentava gli ideali della popolazione: «non vi prometto lusso e abbondanza (…), ma ciò che Allah promise ai credenti: la creazione del Califfato in Terra»36. Avendo presto compreso che la legittimità non può essere assicurata esclusivamente tramite l’utilizzo della forza, Isis ha cercato di raffigurare un modello amministrativo attraente, utilizzando proprio la macchina della propaganda per rappresentare la soddisfazione degli abitati che vivevano nei territori posti sotto il proprio controllo. «Si spiegano così le immagini dei propri servizi sociali, come l’assistenza medica a basso prezzo, la distribuzione di aiuti umanitari o bombole di gas ai residenti, l’apertura di classi d’insegnamento del Corano, l’assistenza minorile e il pattugliamento delle città in 33 Ibidem. 34 “ISIS leader offers marriage grants to militants”, Al Arabiya, 29 agosto 2014. 35 H. H. al-Qarawee, Il modus operandi di Isis: il messaggio politico, la propaganda e l’indottrinamento, in P. Magri, M. Maggioni, (eds.), Twitter e jihad: la comunicazione dell’Isis, ISPI - Istituto per gli Studi di Politica Internazionale, Novi Ligure 2015, p. 160. 36 https://www.youtube.com/watch?v=hMvKneiNwMc. 29 automobili della polizia»37, tutti ulteriori strumenti di propaganda verso l’esterno. Attività online che diffondono al mondo l’immagine di Isis come amministrazione pubblica efficiente rispetto ai governi centrali di Siria e Iraq. Ovviamente non siamo in grado di dire se tutto questo sia vero o meno. Quello che è certo è l’efficacia che questi messaggi hanno in un contesto di generale destabilizzazione, corruzione, mala politica, guerre civili. 2.5 È interessante notare e riflettere sul salto qualitativo che intercorre fra la produzione audio-visiva messa in campo dallo Stato Islamico con quella a cui ci aveva abituato al Qaeda. Se quest’ultima trasmetteva al mondo messaggi generalizzati di terrore e di violenza, facendo leva sulla spettacolarizzazione dei propri attacchi, l’Isis tende a lanciare messaggi più mirati nei confronti del/dei Paesi che di volta in volta ha intenzione di colpire o semplicemente terrorizzare. Nel far questo, l’organizzazione di al Baghdadi, a differenza di quel che faceva al Qaeda, utilizza attori internazionali passati nelle fila dello Stato Islamico, con l’intento di mettere in evidenza il carattere internazionale dell’organizzazione stessa; in tutto questo, quello che emerge con forza è la differenza stessa dei messaggi politici che le due organizzazioni trasmettono al mondo: dopo l’undici settembre 2001, Bin Laden ci ha fatto capire che ogni luogo pubblico, che fosse un grattacelo o un grande magazzino, non era più sicuro in quanto possibile soggetto ad attacco terroristico da parte di un nemico che abbiamo comunque, di fatto, sempre percepito come lontano. Al Baghdadi, semplicemente servendosi per i propri video propagandistici di jihadisti europei e/o americani, fa passare il messaggio che questa volta il nemico è più vicino che mai. Un’operazione possibile proprio perché “il nuovo Califfo” possiede quel serbatoio di reclute, europee e qualificate, che Bin Laden sognava di avere per sfidare dall’interno l’Occidente nemico e puntare a conquistare Roma, facendo sventolare il drappo nero della jihad sull’obelisco di San Pietro. Su Daqib, la rivista dello Stato Islamico in lingua inglese, il portavoce Muhammad al-Aldani dice: «prenderemo Roma, spezzeremo le sue 37 https://www.youtube.com/watch?v=9j27z2roYto. 30 croci, renderemo schiave le sue donne, e se non saremo noi a farlo, ci riusciranno i nostri figli o i nostri nipoti, vendendo sui mercati degli schiavi i figli di Roma»38 . Alla luce di questo, in contrasto con le forze di al Qaeda in Afghanistan o con l’esercito suicida di al Zarqawi in Iraq, lo Stato Islamico viene presentato dall’Occidente come una specie nuova: «un’organizzazione capace di produrre alti profitti, che agisce come una multinazionale della violenza, che dispone di un esercito numeroso e moderno e che assolda uomini perfettamente addestrati alla guerra»39. Tutto vero. Ciò che non lo è, forse, sono le novità e l’unicità dei suoi tratti genetici. I campi, invece, in cui l’Isis supera le precedenti organizzazioni armate sono quelli della competenza militare, della manipolazione mediatica, dell’impegno sociale e, soprattutto, di processo di creazione dello stato. Miglioramenti nei programmi tradizionalmente intrapresi dai gruppi armati che suggeriscono un’evoluzione, non una mutazione genetica, del vecchio modello di terrorismo. «Perfezionamenti che nascono dalla capacità dello Stato Islamico di adattarsi a un ambiente politico in rapido cambiamento come quello del post-Guerra fredda e della globalizzazione»40. 38 M. Molinari, op. cit., p. 19. 39 L. Napoleoni, op. cit., p. 22. 40 Ivi, p. 23. 31