[nazionale - v] lastampa/tuttoscienze/04 19/09/12
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LA STAMPA MERCOLEDÌ 19 SETTEMBRE 2012 Le cinque istruzioni per «fare» un volto La ricerca NICLA PANCIERA Forse non è lontano il giorno in cui potremo ricostruire un fedele ritratto del volto di un sospettato a partire dalle informazioni genetiche trovate sul luogo del delitto, per esempio un capello oppure un frammento di pelle. Un gruppo di scienziati, coordinati da Manfred Kayser dell’Università Erasmus di Rotterdam, ha identificato cinque geni, considerati come gli «architetti» responsabili dello sviluppo delle nostre caratteristiche facciali. I Angelina Jolie, icona della bellezza La scoperta, pubblicata sulla rivista «Plos Genetics» e realizzata nell'ambito del consorzio universitario «VisiGen», avrà delle indubbie, per quanto non immediate, ricadute. Al momento, grazie a un sofisticato sistema ideato da Manfred Kayser, che guida il dipartimento di Biologia Molecolare Forense del Centro di Medicina dell’ateneo olandese, gli scienziati sono già in grado di utilizzare il Dna per risalire al colore degli occhi e dei capelli di un individuo. Tuttavia, i meccanismi genetici che sono alla base della forma del viso restano ancora poco compresi. Ed ecco, quindi, la nuova ricerca che ha cercato di fare luce sulla questione. Partendo dall’analisi dei dati genetici di 10 mila individui e dalle ricostruzioni tridimensionali dei crani di oltre 5 mila persone, effettuate con le tecniche della fotografia e della risonanza magnetica, i ricercatori hanno cercato le corrispondenze tra i geni e una serie di 48 specifici tratti facciali, come la larghezza del volto, la distanza tra gli occhi e la sporgenza del naso. E hanno ottenuto il nuovo quadro d’insieme, anche se, dei cinque geni responsabili della forma della faccia, tre erano già stati individuati, perché implicati nei meccanismi di sviluppo del complesso craniofacciale. Lo studio apre scenari molto promettenti: orientarsi con il Dna nel vastissimo, pressoché infinito spettro delle variazioni che caratterizzano i volti umani significa mettere a punto uno strumento portentoso che promette le più diverse applicazioni, dalla chirurgia fino alla criminologia. sare a un'anima ridata) debba porsi dei limiti: deve permettere di mantenere la vita per il tempo necessario a che la malattia di base possa guarire. Ma, nei casi in cui questo non è possibile, è ovvio che la terapia intensiva perde di senso. Si configurerebbe, infatti, una condizione di accanimento terapeutico o di terapie inutili o futili, secondo la terminologia anglosassone, che porta solo a prolungare l'agonia». Luciano Gattinoni Anestesiologo RUOLO: È PROFESSORE DI ANESTESIOLOGIA ALL’UNIVERSITÀ DI MILANO E DIRETTORE DEL DIPARTIMENTO DI ANESTESIA, RIANIMAZIONE E TERAPIA DEL DOLORE AL POLICLINICO DI MILANO IL SITO: HTTP://WWW.POLICLINICO.MI.IT/ TuttoScienze V Quali sono i filoni di ricerca su cui sta lavorando? «Attualmente è in corso un vasto studio che coinvolge un centinaio di reparti di rianimazione italiani sull'uso dell'albumina nella sepsi - la setticemia -: è una condizione molto rischiosa in un organismo già compromesso nelle sue funzioni, conseguente a una risposta infiammatoria ad agenti patogeni, quali virus e batteri. La qualità e la quantità dei liquidi da infondere è una componente importante nella terapia intensiva. E l'efficacia della somministrazione dell'albumina sulla sopravvivenza di pazienti critici deve basarsi su dati precisi. Ci sono stati studi precedenti che hanno fornito risultati controversi sul suo utilizzo. E adesso occorre libera- re il campo dai dubbi». Crede in un'informazione corretta attraverso Internet? «Credo che l'uso di Internet sia destinato a un'ulteriore crescita e sia un processo inarrestabile, che ci piaccia o meno. Sfortunatamente non garantisce la correttezza delle informazioni. Un paziente in cerca di notizie sulla sua salute e sulle terapie praticate può arrivare a conclusioni fuorvianti. Le informazioni in fatto di salute andrebbero, a parer mio, filtrate, anche se non so quanto tale processo sia possibile». Quali sono i siti che un non «addetto ai lavori» può consultare? «Il primo corrisponde all’European Society of Intensive Care Medicine (www.esicm. org), che si propone di promuovere la conoscenza sui temi relativi alle cure intensive. Il secondo è quello della Società Italiana di Anestesia Analgesia Rianimazione e Terapia intensiva (www.siaarti.it): rappresenta la più importante società scientifica della disciplina e consente di accedere a notizie e aggiornamenti». Consulenza di Rbs (Ricerca biomedica e salute) - [email protected] grasso negli adulti e nei bambini non serve un regime ipocalorico severo, ma basterebbe semplicemente mangiare meglio: più verdura, legumi, frutta, pesce, vegetali, cereali integrali e olio d'oliva, e carne al massimo una volta alla settimana», ammonisce l'esperto. Se questa è la strategia più efficace per vivere meglio e più a lungo, c'è ancora da capire perché introdurre troppe calorie faccia così male, al di là adottare uno stile di vita auste- del danno dovuto all'obesità. ro, abbattendo il loro introito «Riteniamo che ci sia una racalorico del 30%, ma assumen- gione evolutiva che lega l'ecdo il 100% dei nutrienti essen- cesso di cibo all'invecchiamenziali per l'organismo. to», prosegue Fontana. Dal E le prime prove già parla- momento che l'obiettivo di tutno chiaro: «Queste persone ap- te le specie animali è quello di paiono molto più sane dei loro riprodursi e generare figli, incoetanei: hanno un cuore più fatti, nei periodi di scarsità di giovane di 20 anni, hanno bas- cibo tutti gli organismi (uomo si livelli di colesterolo cattivo incluso) tendono a rimandare ed alti livelli di quello buono, la la loro riproduzione a momenloro pressione arteriosa è pa- ti migliori e, automaticamenragonabile a quella di un ra- te, rallentano i processi di ingazzino, il lovecchiamento ro rischio carcellulare per diovascolare preservare la è praticamencapacità riprote nullo così duttiva. Al come il ricontrario, seschio di canRUOLO: È PROFESSORE condo l'espercro evidenziaDI NUTRIZIONE ALL'UNIVERSITÀ to, quando il DI SALERNO cibo è disponito dai marcaE «RESEARCH ASSOCIATE PROFESSOR» tori», spiega bile e abbonDI MEDICINA ALLA WASHINGTON Fontana. UNIVERSITY A ST. LOUIS (USA) dante, l'orgaConsidenismo attiva i rando tutti i parametri, questi segnali molecolari che favorisoggetti hanno una probabili- scono la sua capacità di protà di andare incontro a «mi- creare, ma anche la sua cresciglior vita» del 70% inferiore ri- ta, l'invecchiamento e la predispetto alla media. Merito del sposizione alle malattie. loro nuovo stile di nutrizione Diversi studi hanno già diche ha eliminato dalla tavola le mostrato che mangiare molto cosiddette calorie «vuote», co- comporta l'attivazione di queme quelle contenute nei dolciu- sta cascata molecolare che inmi, nel pane bianco raffinato, tacca il Dna, accelerando l'innelle bevande zuccherate e in vecchiamento. Una dimostramolti alcolici, che fanno ingras- zione che il segreto per vivere sare ma senza fornire alcun 100 anni sta nel simulare una nutriente utile all'organismo. carestia di cibo, mangiando «Per arginare l'epidemia di meno e in modo migliore. Perché nel piatto semivuoto si nasconde l’elisir della salute Siamo “programmati”: quando si mangia poco, rallenta l’invecchiamento cellulare P ALIMENTAZIONE STEFANO MASSARELLI S e l'elisir di lunga vita esiste, non è una pozione magica dai colori brillanti, ma un piatto tristemente misero, con qualche frutto, un po' di verdura, una razione di cereali integrali e poco altro. Dagli animali all'uomo le ricerche scientifiche sembrano ormai indirizzate verso un'unica conclusione: ogni caloria in più introdotta dall'organismo oltre il fabbisogno giornaliero è uno scalino in meno del proprio percorso di vita. Per vivere a lungo, quindi, vale la regola della frugalità cara a Umberto Veronesi: mangiare poco e alzarsi da tavola mai completamente sazi. L'ultima evidenza arriva da un team dello University College di Londra, il quale ha dimostrato che i ratti sottoposti a una dieta con il 40% in meno di introito calorico giornaliero vivono di media il 30% in più rispetto ai ratti mangioni. Risultati già noti per molti altri esseri viventi, dal lievito alla scimmia, anche se le ultime prove sui macachi dimostrano che abbattere l'introito calorico in età avanzata non ha effetti sulla longevità, seb- Luigi Fontana Nutrizionista I prodotti bio non sono più sani I cibi biologici non sono migliori di quelli tradizionali dal punto di vista nutritivo, né presentano vantaggi per la salute: sono le clamorose conclusioni di un team della Stanford University, guidato da Dena Bravata. Dopo aver analizzato migliaia di studi, si è osservato che, per quanto riguarda le vitamine, non si riscontrano dif- I ferenze significative e lo stesso vale per proteine e grassi. I prodotti bio sono più ricchi di fosforo, anche se, clinicamente, è un fatto irrilevante. E anche le sostanze nocive, come batteri e salmonelle, sono equivalenti. Diverso è il caso dei residui di pesticidi, più bassi nei cibi bio, sebbene i valori siano sempre sotto le soglie minime di legge. bene migliori di molto lo stato di salute. «L'uomo sembra rispondere alla restrizione calorica in modo simile agli animali», spiega Luigi Fontana, ordinario di nutrizione all'Università di Salerno, impegnato da una decina d'anni in uno studio statunitense volto ad analizzare il legame tra nutrizione e invecchiamento. Tra le sue «cavie» ci sono businessmen, docenti universitari e persino il direttore scientifico della Nasa, che hanno deciso di