Le storie - Caritas Italiana

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Le storie - Caritas Italiana
Caritas Italiana Quindici storie dei protagonisti diretti dei MicroProgetti ALGERIA – MicroProgetto 90/11 Orti nel deserto: si semina la vita nei campi profughi a Tindouf Grazie al pozzo, Mohamed fa l’orto nel deserto. Fiorisce il campo profughi... «Il mio nome è Mohamed Nafa Budih e vivo da sei anni, con mia moglie e mio figlio, nel campo profughi di El Ayoun, vicino a Tindouf, sud‐ovest dell’Algeria. Sono un rifugiato saharawi: provengo, come l’intero mio popolo, dall’ex Sahara spagnolo, occupato dal Marocco nel 1975, dopo la fine del periodo coloniale. La vita nel campo, in pieno deserto, è assai precaria; il clima è inclemente, con sbalzi di temperatura fortissimi tra il giorno e la notte. Come tutti, vivo grazie all’assistenza alimentare delle organizzazioni internazionali. Ma da alcuni anni l’organizzazione del campo permette di disporre di piccoli appezzamenti di terreno, nei quali è possibile avviare coltivazioni di ortaggi e allevare piccoli animali da cortile. La coltivazione degli ortaggi ha costituito una vera e propria rivoluzione nei nostri costumi alimentari e ha migliorato notevolmente lo stato nutritivo dei nostri figli. Con l’aiuto di Caritas Algeria, insieme ad altre tre famiglie, abbiamo presentato a Caritas Italiana un piccolo progetto. È stato approvato, e ciò ci ha permesso di scavare un pozzo e dotarlo di una pompa, così da rendere più efficace e sicuro il ciclo produttivo, dalla semina all’irrigazione al consumo. La novità è stata un esempio per decine di altre famiglie come la mia, che poco alla vota si sono impegnate a coltivare un piccolo orto. Attorno continuano a trionfare sabbie e rocce, ma il nostro campo profughi ha cambiato volto: prima era interamente arido, oggi assomiglia a un fiore nel deserto». BRASILE – MicroProgetto 199/12 Costruzione di otto cisterne nelle zona rurale di Jaguaraì Raccogliamo la pioggia con le cisterne: ora possiamo bere, lavarci e... fare l’orto! «Mi chiamo Sabino, mia moglie Adalia, i miei tre figli Adir, Adamir e Alaide. Abitiamo a Jaguarari, nel nord‐est del Brasile, in un’area rurale. Ho studiato fino alle scuole superiori a Salvador de Bahia, poi all’età di 19 anni ho trovato lavoro in una piantagione di cacao, ma ora la produzione è crollata di oltre il 50% e sono rimasto senza lavoro. Mi arrangio con lavori saltuari, riuscendo ogni mese a guadagnare intorno ai 500 reais, circa 200 dollari: mi ritengo molto fortunato. Da alcuni anni, nella parrocchia San Giovanni Battista di Jaguararì, famiglie povere come noi si riuniscono e ragionano su cosa fare per migliorare la propria condizione. Ne sono nate alcune iniziative e proposte. A gennaio 2012, con altre sette famiglie, abbiamo chiesto alla parrocchia un aiuto economico per dotare le nostre case di cisterne per raccogliere acqua piovana fino a 16 mila litri. Le piogge da noi sono intense, ma limitate a brevi periodi dell’anno, seguiti da molti mesi di caldo torrido e di siccità; così si finisce per raccogliere l’acqua in alcuni invasi della zona, lontani dalle abitazioni e spesso con acqua non pulita. La parrocchia ha presentato la proposta a Caritas Italiana: nel giro di otto mesi le cisterne erano già posizionate e in gran parte riempite. Ora abbiamo acqua per bere, per la pulizia personale, per fare da mangiare. E, quando ne avanza, per innaffiare il piccolo orto di casa. Le cisterne sono state una vera benedizione, contro gli sprechi e per migliorare la nostra vita: “Obrigado, Grazie!”». 1 / 7 BURUNDI – MicroProgetto 3/13 Costruzione di 18 casette per i pigmei di Nyagisozi – Rumori Arcade e la sua gente, nella comunità pigmea diciotto case per altrettante famiglie «Mi chiamo Arcade e con mia moglie Jeanine e i nostri cinque figli viviamo a Nyagisozi‐Rukori, villaggio a nord‐est della repubblica del Burundi. Siamo una famiglia di pigmei appartenente alla comunità BaTwa e formiamo, con altri 17 nuclei familiari, un’affiatata comunità. I nostri padri erano nomadi, ma da anni la nostra comunità ha trovato in questo luogo un territorio dove fermarsi, non ostile e con ampie zone libere per il pascolo. Il nostro essere pigmei rimane purtroppo un presupposto di forte emarginazione sociale; il riconoscimento dei diritti di cittadinanza è ancora incompleto. Ma grazie all’attenzione che la diocesi di Nuyinga ci riserva da anni, abbiamo avuto accesso alle strutture sanitarie e i nostri bambini hanno cominciato a frequentare le scuole. Un altro grande bisogno che avevamo era migliorare la condizione abitativa: le capanne di fango e paglia e la mancanza di servizi igienici aggravavano le nostre condizioni di vita. Aiutati dalla diocesi abbiamo allora chiesto a Caritas Italiana un contributo di 5 mila euro, che ci ha permesso di costruire 18 casette in mattoni e relativi servizi igienici. Con il finanziamento ricevuto abbiamo acquistato alcuni materiali e pagato un muratore specializzato; noi abbiamo aiutato a erigere i muri con mattoni realizzati da noi, a costruire i tetti in legno, le porte e le finestre. Una casa sicura, grande, di 25 metri quadri, dove finalmente l’igiene potrà essere migliorata: grazie a Dio, e alla Caritas, ora viviamo in un modo confortevole e dignitoso». CIAD – MicroProgetto 172/13 Elettrificazione del centro per disabili “Talita Kum” Marie‐Helène e Perside non sono immobili. E ora nel loro centro è arrivata pure la luce! «Siamo Marie‐Helène e Perside, amiche inseparabili. Rese tali dalla nostra “condizione fisica”. Viviamo nel centro “Talita Kum”, nella cittadina di Lai, sud del Ciad. A tre anni di età la poliomielite ci ha colpite, e in poco tempo ci ha costrette all’immoblità. Fino a dieci anni abbiamo vissuto senza poterci muovere. Ma dal 2003, con l’apertura da parte della diocesi del centro per disabili, la nostra vita è cambiata! Abbiamo iniziato la fisioterapia, ci è stata consegnata una carrozzina e ora possiamo girare per il villaggio, incontrare amici e avere relazioni sociali. Molte sono le attività che svolgiamo nel centro, insieme agli altri trenta ospiti: corsi di alfabetizzazione, laboratori di cucito e di cucina. Di una cosa però avevamo ancora bisogno: un impianto elettrico con un generatore autonomo, per garantire un’illuminazione regolare. La direzione del centro, tramite la nostra Caritas diocesana, ha inviato una domanda di microprogetto a Caritas Italiana: una richiesta di 3.400 euro che, approvata, ci ha permesso di comprare un piccolo generatore, rifare l’impianto elettrico, aumentare i punti luce e i ventilatori a soffitto, necessari quando le temperature superano i 35‐40 gradi. Avere la luce elettrica con continuità è di grande utilità e ci permette di prolungare le nostre attività anche nelle ore di buio. Il centro può così accogliere anche altre persone che necessitano di fisioterapia, ma che durante il giorno sono impegnate nel loro lavoro. Un immenso grazie a tutti coloro che hanno contribuito con la loro offerta a dare anche a noi un poco di luce!». 2 / 7 ECUADOR – MicroProgetto 285/11 Miglioramento del sistema d’irrigazione Penafiel, il campesino:Vinciamo la siccità con il risparmio idrico e la coltura del cacao «Mi chiamo Penafiel Burgo, vivo con la famiglia nel Canton Palenque. Da generazioni la nostra economia campesina si basa sull’agricoltura e l’allevamento di animali da cortile. Nel 2005 abbiamo subito una forte siccità, che ha compromesso l’intero raccolto. Queste zone sono state sempre molto piovose e non abbiamo mai avuto problemi a irrigare. Proprio dal 2005, però, il clima ha iniziato a modificarsi e l’irrigazione è diventata un problema. Con altre 35 famiglie ci siamo riuniti per cercare soluzioni alla scarsità d’acqua. Grazie all’aiuto di esperti della Pastorale sociale – Caritas della diocesi di Babahoya, abbiamo deciso che sarebbe stato opportuno iniziare a diversificare la produzione agricola e creare moderni sistemi di irrigazione a forte risparmio idrico. Ci siamo costituiti in associazione, abbiamo preparato un progetto e, tramite la Caritas diocesana, abbiamo chiesto solidarietà a Caritas Italiana. Con un finanziamento di 5 mila euro abbiamo potuto acquistare i tubi per la distribuzione dell’acqua e l’acquisto di piantine di cacao per l’avvio di un vivaio. Con contributi locali e il nostro lavoro volontario, abbiamo potuto completare tutte le azioni previste dal progetto, compreso lo scavo delle vasche interrate per la raccolta dell’acqua. Modificare le nostre abitudini di coltivazione non è stato facile ma, già dopo un anno, i benefici ci incoraggiano a continuare. A nome di tutte le altre famiglie campesine, ringrazio Caritas Italiana e quanti hanno contribuito, “perché anche una goccia d’acqua può dar frutto”...». ECUADOR – MicroProgetto 160/13 Pollai per lo sviluppo Estela, animatrice del villaggio andino: I pollai famigliari, occasione di sviluppo «Mi chiamo Estela Villacis de Trujillo e sono l’animatrice della comunità parrocchiale di Yaruquíes, che si trova nel cantone Riobamba, zona centrale inter‐andina dell’Ecuador. Viviamo a 2.800 metri sul livello del mare e siamo circa 2.800 abitanti. Ogni settimana i rappresentati delle famiglie si riuniscono per esaminare i problemi e le esigenze della comunità ed elaborare insieme soluzioni. Tra le tante cose via via emerse e tra le esigenze comuni per sollevarsi dalla povertà in cui viviamo, la priorità è stata data a una questione produttiva: si è deciso di migliorare, con tecniche moderne, l’allevamento dei polli, da utilizzare sia per l’alimentazione familiare sia per la commercializzazione della carne bianca nei mercati locali. Dopo aver elaborato le azioni necessarie, con l’aiuto del parroco abbiamo presentato a Caritas Italiana un microprogetto di 5 mila euro. Dopo quattro mesi i soldi erano già disponibili presso la parrocchia: nei mesi successivi siamo riusciti a rimodernare i pollai familiari, svolgere una formazione teorica e pratica sulla produzione e la gestione di pollame da carne e sulle buone pratiche per la vendita del prodotto. Oltre ai risultati concreti, è stato importante il modo in cui li abbiamo raggiunti: con la partecipazione comunitaria in tutte le fasi del progetto, dall’ideazione al suo intero svolgimento. La comunità parrocchiale di Yaruquíes ringrazia tutte le persone che hanno contribuito a questa importante opportunità di sviluppo». ETIOPIA – MicroProgetto 178/13 Orti familiari e pozzi ad Andode Gidda e le altre 49: dopo gli orti, i pozzi con l’acqua. E il futuro si rasserena «Buongiorno, sono Gidda Kiramu. Sono sposata da nove anni e ho quattro magnifici figli, tre femmine e un maschio. Vivo in un villaggio che si chiama Andode, al centro dell’Etiopia. È una zona 3 / 7 povera, ma con un terreno fertile. Per questo motivo, insieme ad altre 49 donne, provenienti anche dai villaggi vicini, l’anno scorso abbiamo deciso di chiedere ad alcune suore di aiutarci a migliorare le nostre conoscenze e abilità in materia di agricoltura, alimentazione e igiene. Ne è nato un microprogetto: con 4.900 euro, inviati da Caritas Italiana, abbiamo potuto acquistare piante da frutto, sementi per ortaggi e alcuni utensili agricoli. Le attività di formazione teoriche e pratiche sono state un’importante occasione non solo di apprendimento, ma anche di socializzazione per le famiglie del villaggio, che hanno scoperto l’importanza dell’agire comune. Io e le altre donne abbiamo sempre mostrato grande entusiasmo in tutte le fasi del progetto: tale passione ha permesso di avviare piccoli orti familiari, fondamentali per la diversificazione alimentare, con grande beneficio per i nostri bambini. Ora, con piccoli contributi locali, stiamo provvedendo allo scavo di cinque pozzi in aree ancora prive d’acqua corrente, così da rendere tutte le famiglie autonome per l’irrigazione. Tutte la partecipanti al microprogetto hanno ricevuto un attestato di fine corso, molto apprezzato. Senza l’aiuto di Caritas Italiana non saremmo mai riuscite a compiere questi passi, che hanno migliorato le nostre condizioni di vita presenti e, ciò che più conta, il nostro futuro». GEORGIA – MicroProgetto 260/12 Corsi di ricamo e lavoro a maglia per dieci ragazze profughe a Gori Tamar, sfollata e straniera in patria: Ora so cucire, voglio diventare autonoma «Mi chiamo Tamar, ho 19 anni e da cinque abito a Gori, nel nord della Georgia. In seguito ai pesanti scontri tra esercito georgiano e milizie ossete, accaduti nell’estate 2008, la mia famiglia è stata costretta a scappare da Tskhinvali, trovando rifugio nella città dove ora abito. I miei genitori hanno portato con sé solo poche cose e a Gori hanno dovuto ricominciare la propria vita con me, unica figlia di soli 14 anni; la ricerca di una casa e di un lavoro è stato il nostro dramma e ancora non lo abbiamo risolto. Io ho cominciato a frequentare la nona classe. Non ho avuto particolari problemi d’inserimento, anche se sono stata vista come una “straniera”. Raggiunta la maggiore età e completato il ciclo unico di studi, mi sono trovata nella necessità di cercare un lavoro. È a questo punto che ho conosciuto Caritas Georgia. Grazie a un piccolo finanziamento di 4 mila euro, ricevuto da Caritas Italiana, a me e ad altre ragazze sfollate è stato permesso di frequentare un corso di ricamo e di lavoro a maglia. Una formazione di un anno, che oggi mi permette di avere un mestiere e un reddito, che con il tempo e l’esperienza potranno incrementarsi, fino a permettermi di diventare autosufficiente. E, spero, di aiutare anche i miei genitori. Ringrazio Caritas Italiana, e tramite essa chi ha contribuito finanziariamente alla mia formazione e a quella di altre dieci ragazze, anch’esse profughe dall’Ossezia». GUINEA BISSAU – MicroProgetto 148/12 Trasformazione della patata dolce e miglio Bakai e i suoi colleghi: Con patate e miglio salto di qualità per cibo, reddito e relazioni «Sono Bakai Vieira, ho 29 anni e vivo a Bambadinca, cittadina della parte orientale della Guinea Bissau. Nel dicembre 2011 la diocesi prese una decisione importante: far diventare parrocchia il territorio della nostra città. Il nuovo parroco avviò subito la Caritas parrocchiale. Noi volevamo migliorare le nostre condizioni di vita e la prima attività di sviluppo fu la semina della patata dolce e del miglio, tipici della regione. Con l’aiuto di amici che avevano studiato, abbiamo elaborato un progetto da presentare a Caritas Italiana: prevedeva la formazione di una cooperativa e l’acquisto di attrezzature. Grazie al finanziamento (5 mila euro) sono stati acquistati un generatore e due mulini, per la lavorazione di patata e miglio. La cooperativa ha trovato sede 4 / 7 nei locali della parrocchia, in cui ha sistemato le attrezzature e allestito un piccolo magazzino nel quale gli agricoltori portano il raccolto. Così i villaggi della parrocchia dispongono di due prodotti ricchi di sostanze nutritive: migliora la dieta delle famiglie. Grazie a un corso di formazione, abbiamo acquisito nozioni importati per commercializzare i prodotti. La maggior parte viene venduta nella capitale, Bissau, dove la cooperativa ha preso accordi con alcuni negozi. Parte dei guadagni alimentano un fondo che la Caritas utilizza per aiutare i più bisognosi. Grazie al nostro impegno e all’aiuto di Caritas abbiamo fatto compiere un salto di qualità alla nostra alimentazione, al nostro reddito e, non per ultimo, ai rapporti solidali nella comunità». KENYA – MicroProgetto 257/13 Attività per un gruppo di nonne Bimbi affidati ai nonni tra noi profughi somali: un piccolo emporio è il nostro futuro! «Il mio nome è Habiba, ho 60 anni, sono di origini somale e da dieci anni sono rimasta vedova. Ho sempre abitato a Wajir, nel nord del Kenya, ai confini con la Somalia, mio paese d’origine. È un luogo difficile in cui vivere, noi ci siamo costretti in quanto profughi: le sfavorevoli condizioni climatiche, caratterizzate da lunghi periodi di siccità, costringono gli abitanti giovani e in forze a spostarsi in luoghi lontani, in cerca di zone da pascolo. A noi anziani vengono dunque prevalentemente affidati i bambini piccoli, quando i genitori sono lontani. Ma anche la piaga dell’Aids tra gli adulti ha fatto notevolmente aumentare il numero di orfani lasciati alle nonne, che non hanno altra scelta che prendersi cura di loro. Dal 1985, grazie alle suore di San Francesco, gli anziani del distretto di Wajir sono sostenuti nella loro vita quotidiana e soccorsi nei loro problemi di salute: un grande aiuto! È nel quadro di questa presenza solidale che le suore hanno presentato un microprogetto a Caritas Italiana, per aiutarci ad avviare attività che ci procurassero, anche se modesto, un reddito per vivere: piccoli negozi, polli, capre e macchine da cucire. Con un aiuto di 4.500 euro sono state aiutate 16 donne anziane. Tra cui io: mi sono dedicata all’avvio di un piccolo emporio che, grazie a una formazione sulla gestione, mi permette ora di guardare più serenamente alla vita che il Signore vorrà ancora concedermi. A nome di tutte le “nonne” di Wajir, grazie!». INDIA – MicroProgetto 211/12 Formazione per attività generatrici di reddito Gli snack di Zaiba: Il negozio di alimentari ci consente di vivere senza elemosinare «Mi chiamo Zaiba Bi Ghattiabhana, appartengo a una casta indù, dove alle donne non è permesso comparire in pubblico. Sono anche uno dei membri del gruppo di mutuo‐aiuto promosso dalle suore Giannelline, che grazie a corsi di sensibilizzazione e seminari condotti nei villaggi hanno fatto crescere la fiducia in me, e in molte altre donne, spingendoci a opporci alle ingiustizie che esistono nella nostra società. Due anni fa ho perso mio marito in un incidente; è stato veramente difficile accettare la situazione. Ero disperata, ma determinata a prendermi la responsabilità di tutta la famiglia, composta dai miei anziani suoceri e da sei figli. Grazie all’aiuto di 2 mila euro da parte di Caritas Italiana, le suore hanno organizzato corsi per insegnare le tecniche del commercio al dettaglio. Ho frequentato il corso, e al termine ho potuto usufruire di un incentivo di 10 mila rupie per l’avvio dell’attività. Ora nel mio negozio vendo alimenti, tra cui gli snack preparati e impacchettati da me stessa. Così riesco a guadagnarmi da vivere, 200‐250 rupie al giorno. E sono felice di riuscire a far crescere i miei figli in modo onesto nella società, senza dover chiedere l’elemosina. 5 / 7 Ci sono molte donne nei villaggi che lottano e faticano a causa della povertà, ma la nostra condizione sociale non ci permette di guadagnare e di vivere dignitosamente. Adesso il mio esempio è un’ispirazione per molte altre che stanno lottando. Io ringrazio Dio per questa opportunità d’oro, che mi ha permesso di salvare la mia famiglia dalla povertà e dalla miseria». MADAGASCAR – MicroProgetto 303/11 Miglioramento della coltivazione del riso Fabruce ha riparato la risaia distrutta dalle piogge: Si torna a sperare Mi chiamo Fabruce, abito con la mia famiglia nel villaggio di Ambarilava, nella diocesi di Moramanga, al centro del Madagascar. Unico sbocco lavorativo della zona sono le risaie e le piccole fabbriche di mattoni. Da alcuni anni, insieme ad altre 15 famiglie, coltiviamo una risaia che le suore Ancelle di Santa Teresa di Gesù Bambino hanno acquistato perché le famiglie povere del villaggio avessero di che mantenersi. A inizio 2011 violente piogge hanno danneggiato i canali di irrigazione della risaia, causando una notevole riduzione dei raccolti. Così nel 2012, dopo varie riunioni, ci siamo decisi, con l’aiuto di suor Juliette, a presentare una richiesta di microprogetto alla Caritas Italiana. Con un contributo di 5 mila euro e la nostra manodopera gratuita abbiamo ripulito i canali, rinnovato le attrezzature e comprato semi di migliore qualità. Inoltre abbiamo creato una piccola spianata per battere il riso e ristrutturato un magazzino per conservare il prodotto durante la lavorazione. Tutto questo non solo ha permesso di riprendere il lavoro, ma ci ha ridato fiducia e speranza in un futuro migliore per le nostre famiglie e per il nostro paese. Le mie parole non sono sufficienti per dire il grazie che tutti voi meritate». MOZAMBICO – MicroProgetto 275/11 Un pozzo per il villaggio di Nseue La vecchia pompa di Nseu è stata sostituita. Così il colera è scongiurato… «Mi chiamo Jovenal Chissano, ho 17 anni e due fratelli di 8 e 12 anni. Vivo nel villaggio di Nseu, ben duemila chilometri a nord della capitale del Mozambico, Maputo. I miei genitori sono agricoltori, come tutti gli altri 800 abitanti del villaggio, e dall’età di 6 anni io vado con loro, nel campo, ad aiutarli, a zappare, seminare e raccogliere arachidi e manioca. Un lavoro spesso pesante, ma che ho visto sempre fare con il sorriso e con passione. Da alcuni mesi, però, vedevo preoccupati i miei famigliari, così come altri genitori dei miei amici. L’unico pozzo di acqua potabile del villaggio aveva esaurito la sua portata. Era una vecchia perforazione, fatta trent’anni fa dai militari: ora anche nei periodi di pioggia non dava più acqua e nel villaggio cominciavano i primi casi di colera. Era necessaria una nuova perforazione, più profonda e moderna, che però rischiava di avere costi proibitivi. Così mio padre ha convinto gli altri capifamiglia del villaggio a cercare un appoggio presso la diocesi di Pemba. Si è trovata una ditta affidabile, si è steso un progetto ed è stato inviato a Caritas Italiana. Dopo due mesi abbiamo ricevuto una risposta positiva. I lavori sono durati due mesi: ora un’acqua buona esce da una nuova e luccicante pompa, azionata da una lunga leva. Bere acqua pulita ci mette al riparo dal colera, e non solo. Ciascuna famiglia contribuisce con 5 meticais al mese alla manutenzione del pozzo. Una cifra modesta, corrispondente a 14 centesimi di euro: per noi un esborso importante, ma necessario, per guardare con fiducia e salute al futuro della comunità». 6 / 7 PARAGUAY MicroProgetto 309/12 Acquisto di carretti per il lavoro di un gruppo indio a Ciudad del Este Costruiti i carretti per raccogliere rifiuti, ci siamo sottratti allo sfruttamento «Mi chiamo Antonio Bariga e a nome di altre otto famiglie di indios voglio ringraziare la Caritas Italiana e quanti, attraverso essa, ci hanno permesso di intraprendere in autonomia l’unico lavoro che ci viene permesso qui in città, a Ciudad dell’Este: un’attività di raccolta e riciclaggio del materiale di scarto, svolta tra le case e le numerose discariche della periferia. L’attività di raccolta dei rifiuti (carta, ferro, legno e altro) fino a sei mesi fa veniva svolta grazie a carrelli trainati a mano, presi in affitto dai commercianti che poi riacquistavano i materiali raccolti a prezzi molto sotto i livelli di mercato. Una situazione molto svantaggiosa, che ci vedeva costretti a versare la quota di noleggio dei carretti e a vendere il materiale raccolto anche se il prezzo era sfavorevole. Abbiamo così deciso di rivolgerci alla parrocchia per esporre il problema. Con una modesta cifra avremmo potuto auto‐
costruirci dei carretti, così da poterne essere proprietari e svolgere il lavoro in modo autonomo, liberandoci dalla spirale di sfruttamento in cui eravamo finiti. Aiutati dal parroco, ci siamo rivolti a Caritas Italiana, che ha accolto la richiesta. Grazie al finanziamento ottenuto (3.200 euro), abbiamo costruito cestelli e li abbiamo assemblati con assali e ruote adeguati al peso da sostenere. Abbiamo stabilito le regole di utilizzo comunitario, per agevolare l’inserimento di altre famiglie indios. Da gennaio siamo finalmente autonomi e pienamente operativi: per la nostra piccola comunità, un importante momento di sviluppo e progresso sociale!». UGANDA – MicroProgetto 197/13 Acquisto di medicine per Oluko Health Centr Caterin ha perso il suo primo figlio, ma ora per la maternità c’è un buon reparto «Mi chiamo Caterin Mboya, ho 22 anni e abito in un piccolo villaggio a pochi chilometri dalla cittadina di Oluko, nel nord dell’Uganda. All’età di 18 anni ho messo al mondo, dopo nove mesi di gravidanza, il mio primo figlio: è stato un parto difficile, avvenuto all’interno della capanna in cui abito. Purtroppo le carenti strutture sanitarie di cui disponiamo, nella mia città, non hanno permesso al bambino di superare i trenta giorni di vita. Ma a partire dal 2007, grazie all’attività sanitaria della diocesi di Aura, supportata dal Centro internazionale per la pace fra i popoli di Assisi, a Oluko è stato ristrutturato un centro sanitario, e in esso il reparto di maternità. Si è trattato di un’iniziativa importante per noi donne della città e dei territori circostanti: essere seguite in tutte le fasi della gravidanza e poter mettere alla luce un bimbo in un ambiente in cui ti senti protetta e assistita è un grande progresso! Così in questi anni si è attenuata in noi la diffidenza a partorire lontano dalle nostre abitazioni e siamo diventate sempre più fiduciose. Grazie a un microprogetto del valore di 3 mila euro, presentato dalla diocesi di Aura a Caritas Italiana, è stato possibile, anche per il 2013, garantire le cure preventive e le medicine, permettendo così oltre 300 cure prenatali, 103 parti e 534 vaccinazioni. A nome di tutte le mamme e dei loro bambini, il mio grazie sincero!». 7 / 7