Con te partirò

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Con te partirò
Con te partirò
(racconti “liberi di
viaggiare”)
MAL D’AFRICA
Esiste? O è solo immaginazione ingigantita da films come “La mia Africa” o dai romanzi di
avventura di Wilbur Smith?
“Esiste”, conferma con decisione Luisa Frattini, consigliere delegata ad attività di beneficenza della
Associazione “Liberi di viaggiare”.
Ne parlo come se fosse una conversazione: in realtà è una vera e propria intervista, visto che non
saprei nemmeno da dove cominciare considerato che in Africa non ci sono mai stato.
“Come fai a dirlo ed ad essere sicura?” chiedo.
“Lo so perfettamente, perché già al ritorno della prima volta sentivo fortissima la voglia di tornarci e
tutto questo prima ancora di aver disfatto le valigie” risponde:
“Non può essere una fissazione (non oso dire una ossessione)?”
“Credimi, è molto di più. E’ una nostalgia che il tempo tende a rendere insopportabile come la
mancanza dell’aria.”
“Quante volte ci sei stata?” insisto per tentare di approfondire l’argomento.
“Non ricordo esattamente, so che sono più di dieci anni che torno in Africa con molta gioia e con
desiderio. All’inizio ho visitato la parte settentrionale (Egitto,Marocco,Tunisia..), poi ho conosciuto
il Kenia ed in particolare Nairobi e… ”
“Luisa, per favore, andiamo con ordine. Parlami dell’Africa settentrionale e di che cosa ricordi in
particolare”.
“Non ho dubbi: la cosa che mi manca maggiormente è il deserto” esclama, mentre lo sguardo si
illumina e sul volto appare un sorriso pieno di ricordi. “Vedi, il deserto non è solo una distesa
infinita di sabbia,di dune, è soprattutto silenzio, un particolare tipo di silenzio, che ti obbliga a
guardarti dentro, a fare i conti senza possibilità di dirti bugie. Ti aiuta a prendere le decisioni più
radicali, anche se la sofferenza psicologica all’inizio è forte. Anche se sei solo nel deserto senti di
poter parlare con gli altri, a partire dal tuo vicino, che sei tu”.
Queste parole mi ricordano quelle di Sandra Candiani, una maestra “particolare” che ha aperto
una scuola di poesia per bambini in un quartiere periferico di Milano e che in una splendida
intervista (Corsera-“La lettura” 21.7.13,pag. 10 -11) illustra il metodo d’insegnamento,quello del
silenzio, con queste parole :“ Il silenzio teso, del comando che ti costringe ad ubbidire ed a
diventare piccolo ed inerme, qui non esiste. C’è il piacere del silenzio che allarga, che è ascolto di
sé, del mondo, dell’altro, della sinfonia di cui facciamo parte”.
“Quindi, se ho ben capito, il deserto ti ha aiutata” insisto.
“Certamente. Alcune decisioni fondamentali per la mia vita le ho prese nel deserto con il suo aiuto”
(il tono della voce non lascia spazio a dubbi).
“Ora parliamo del Kenia.” chiedo curioso per verificare se c’è una differenza, un “salto” emotivo,
psicologico nella esposizione di Luisa.
“Conosco bene Nairobi: è una città moderna nella parte turistica ,quella destinata ai vacanzieri, del
centro della città con gli uffici di società multinazionali. Basta allontanarsi qualche chilometro per
incontrare la realtà brutale della povertà,della disperazione, della fame, dei villaggi fatti di capanne
con il tetto in lamiera e le pareti di vegetazione, dei disperati, della emarginazione.
E’ lo spettacolo mortificante della periferia,dell’abbandono, della faccia del mondo che non si vuole
conoscere perché crea turbamento e problemi di coscienza.
Ma in questo particolare mondo c’è una ricchezza incredibile:le persone”.
“Per favore Luisa, fammi capire bene. Ti riferisci alle persone che prestano la propria vita ad
aiutare? “ chiedo.
“Certamente anche a loro, ma soprattutto ai poveri,ai sofferenti, a gente che possiede a malapena
una capanna, un vestito ,senza cibo,senza medicine.
In queste persone c’è una ricchezza non di tipo materiale, ma di gioia, fatta di sorrisi , di capacità
nel guadarti negli occhi con semplicità, di chiederti come stai, di offrirti qualcosa anche se non
hanno nulla, di rivederti …”.
“Per favore, dimmi che cosa hai ricevuto”, interrompo.
“Da loro ho ricevuto 1.000 ed a loro ho dato soltanto 100. Questa è la misura dell’incontro con tale
realtà. Ti assicuro che è vero e lo ritrovo ogni volta che mi apro il cuore”.
“Mi puoi fare un esempio” insisto.
“Ti parlo di una signora che vive sola, in una capanna, che ad ogni incontro mi accoglie, mi mette
a mio agio, mi vorrebbe dare da bere (un tè o una bibita) e mi consegna sempre un bicchiere di
acqua mezzo vuoto. Il suo sorriso al mio arrivo, la sua gioia nel darmi uno sgabello con un cuscino
per poterci parlare, i suoi gesti sinceri sono parte di quel 1.000 come l’abbraccio di commiato. E a
maggior ragione questo avviene con i bambini.”
Arriva un breve silenzio causato dalla difficoltà di parlare senza cedere alla emotività e per sviarla
rilancio:
“Come svolgi praticamente la tua attività di volontariato?”.
“Da anni ho rapporti con le suore salesiane , che mi indicano le principali richieste relative ai
problemi delle scuole: mancano libri,penne, quaderni, banchi …
Ovviamente i tempi per ottenere qualche miglioramento sono lunghi e non mancano difficoltà con
le famiglie, spesse volte contrarie, atti di vandalismo, furti, litigi fra piccole bande, discriminazioni
verso le bambine etc.Il campionario è senza limiti, ma la tenacia delle suore ottiene dei risultati
spesso insperati”.
“In questo momento quale è l’urgenza più importante?”.
“E’ Embu, un villaggio a Nord, dove non esistono strutture sanitarie e dove le suore salesiane
hanno l’obiettivo di realizzare un piccolo centro di assistenza, sopratutto per donne e bambine.
Si parte da zero e quindi qualunque attrezzatura medica è necessaria.
Per questo serve l’aiuto, anche piccolo, di tutti e per richiederlo ho in mente diverse iniziative”.
“Come possono aiutare i “Liberi di viaggiare”.
“Per prima cosa conoscendo l’iniziativa,verificarne la urgenza e la fattibilità.
Devono sapere che metto la mia faccia, la mia credibilità perché ogni aiuto, di tutti i tipi, possa
essere utile alla causa”.
La causa è quella di sconfiggere la povertà in questo pianeta globalizzato, dove la tecnologia
azzera lo spazio ed il tempo senza riuscire a scalfire la corazza della diffidenza di chi può prestare
aiuto affinché nessuno sia straniero.
Per i Liberi di viaggiare non ci sono scuse: è dei Nostri e dovremo prestare attenzione alla sua
attività.
Grazie Luisa.
Effegi46-Settembre 2013
Visita: www.liberidiviagg.altervista.org
Mal d'Africa.doc
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