La relazione coniugale e il Dhamma572
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La relazione coniugale e il Dhamma572
La relazione coniugale come via di crescita nel Dhamma* di Corrado Pensa** Questo scritto è il testo riveduto di una relazione tenuta all'Istituto Lama Tsong Khapa di Pomaia (Pisa) in occasione della festa del Vesak, nel maggio 1994. Unire invece che dividere - Come la relazione diventa luogo di Dhamma - Accettazione profonda e primordiale Dhamma è addestrare il cuore - Un doppio effetto incrociato - La relazione aiuta il Dhamma, il Dhamma aiuta la relazione - Fedeltà e il ribaltamento di metta - L’esercizio meditativo nella coppia Il frequente scambio di osservazioni circa la pratica L’attitudine devota verso il coniuge e la relazione Unire invece che dividere Intendiamo qui il termine ‘coniugale’ nel suo senso profondo e non necessariamente giuridico: coniugium è parola che denota unione, unità. Dunque la relazione sarà coniugale se è relazione a lungo termine, impegnata da entrambe le parti * Questo scritto è il testo riveduto di una relazione tenuta all’Istituto Lama Tsong Khapa di Pomaia (Pisa) in occasione della festa del Vesak, nel maggio 1994. Apparsa su Paramita Quaderni di Buddhismo, Maitreya, Roma. ** Per informazioni sull’Autore: www.associazioneameco.it 1 La relazione coniugale come via di crescita nel Dhamma nella direzione di una crescente unità. Così intesa, l’espressione ‘vita coniugale’ acquista una tonalità non soltanto poetica, ma anche sacra: vivere insieme per trasformare insieme la vita. Il tema di questo scritto - la relazione coniugale nell’ambito della pratica del Dhamma - mi sembra rivesta un’importanza particolare, considerata l’attenzione sempre maggiore rivolta, oggi, alla spiri tualità laica nel buddhismo occidentale. A ben riflettere, infatti, una forma completa di saògha, ossia di comunità spirituale, per il laico che pratica il Dhamma include due cerchi: il cerchio esterno, la comunità di amici di Dhamma con i quali si ritrova periodicamente per praticare, e il cerchio interno, ossia il coniuge, la persona con la quale il praticante condivide la propria vita, più che con qualsiasi altra. Talora è possibile che un figlio o più figli, per alcuni anni, facciano parte del cerchio interno, e partecipino ad attività spirituali. Tuttavia, anche quando ciò accada, sarà un evento di breve durata, rispetto al rapporto coniugale che può durare anche i tre quarti di un’esistenza. Ci riferiamo perciò a una relazione nella quale entrambi i coniugi, oltre a essere animati da reciproco affetto, sono praticanti di Dhamma. Possiamo chiamare una relazione di questo tipo relazione dhammica: è una ‘relazione doppia’, perché ciascun coniuge ha una relazione col Dhamma e una relazione con l’altro coniuge, contemporaneamente. Qui conside reremo solo questa modalità, ma va detto che una relazione in cui un coniuge è praticante e l’altro, pur non praticando, ha nei confronti della pratica del 2 La relazione coniugale come via di crescita nel Dhamma compagno un atteggiamento di rispetto e di sostegno, è anch’essa una relazione spiritualmente fondata. Lo scopo di queste note è di riflettere sul contributo positivo specifico, che una relazione dhammica può recare al cammino interiore di ogni coniuge. Non ci occuperemo, quindi, della relazione difficile nella quale un coniuge, aiutato da una pratica spirituale molto salda, riuscirà a crescere proprio grazie alla sua abilità nel lavorare nel travaglio. Un caso del genere, infatti, rientra nel fondamentale capitolo della trasformazione delle difficoltà esistenziali, in fermento di crescita per il praticante, ma non ci dice nulla sull’aiuto diretto e specifico che una buona relazione può offrire al percorso dhammico. Come la relazione diventa luogo di Dhamma Una relazione, oltre a portarci il conforto del calore e della compagnia può, d’altra parte e con facilità, dare adito alla moltiplicazione di desiderio e di avversione, producendo così complicazione e aumento di tensione: la direzione opposta a quel processo di semplificazione e di distensione che deve caratterizzare il cammino nel Dhamma. Per esempio il sentire di frequente o addirittura l’essere assillati dal desiderio che il coniuge dica questo e non dica quello, che faccia questo e non quello, che mostri considerazione particolare nei nostri riguardi e che, al contrario, si interessi poco o nulla di altri. E’ dunque legittimo chiedersi che cosa è necessario perché un rapporto coniugale diventi dhammico, 3 La relazione coniugale come via di crescita nel Dhamma ossia diventi luogo d’unificazione e semplificazione invece che di complicazione, dispersione e tensione. Converrà cercare di rispondere prima in generale e poi in particolare. In generale, la cosa più necessaria è la somma dell’amore fra i coniugi e dell’amore dei coniugi per il Dhamma: una forza duplice. Infatti, se io voglio il Dhamma, ossia il bene, e, insieme, voglio il bene dell’altro, diventerà prioritario tutto ciò che aiuta sia l’altro sia me, a camminare nel Dhamma. Il di scernimento di ciò che giova a entrambi cresce con l’approfondirsi della conoscenza reciproca e della comprensione profonda nel Dhamma. Il graduale apprendimento circa quello che aiuta entrambi verso il Dhamma è uno dei pilastri della relazione dhammica. Accettazione profonda e primordiale In particolare (su ciò che è necessario perché una relazione diventi dhammica), mi sembra occorra considerare varie aree, a cominciare da quella cruciale di fiducia-accettazione. Il buon genitore infonde fiducia al bambino attraverso la mente, la parola e il corpo, per usare la classica tripartizione della tradizione buddhista. Il buon genitore è presente con mente-cuore sollecito e benevolente, presente fisicamente con frequente contatto corporeo affettuoso, presente verbalmente con parole di sostegno e amore. E da questo tipo di mente-cuore genitoriale, da questa verbalità e da questa fisicità, il bambino è nutrito e si sviluppa e 4 La relazione coniugale come via di crescita nel Dhamma cresce a sua volta nella mente-cuore, nella parola e nella corporeità, sentendosi accettato e sostenuto a tutti questi livelli. La buona relazione è come se riattivasse e approfondisse questa fiducia primaria, esprimendola attraverso la tenerezza fisica e la sessualità, attraverso la parola e attraverso la mente-cuore. Sentirsi profondamente e primordialmente accettati da un altro nel nostro corpo, nella nostra parola e nella nostra mente, è un potente detonatore della nostra accettazione nei nostri propri confronti e, più in generale, nei riguardi della vita. E non è un caso che, qualora uno abbia ricevuto insufficiente accettazione e fiducia nei primi anni di vita, una buona relazione può essere la cura più efficace per sanare questa ferita profonda. Dhamma è addestrare il cuore Dunque, una buona relazione ha come fondamento la fiducia. E questa può essere grandemente coltivata, approfondita e ampliata da parte di chi pone il lavoro interiore o Dhamma al primo posto nella vita. Come stupendamente osserva Achaan Sumedho, Dhamma non è ‘seguire il cuore’, bensì ‘addestrare il cuore’. Come sintetizzare il lavoro interiore in ambito di fiducia-accettazione nella vita coniugale? Nel Nella tradizione theraváda il praticante opera su due fronti: da un lato lavora per nutrire e consolidare l’accettazione-fiducia già presente dentro di sé, dall’altro lavora per accrescere la consapevolezza e 5 La relazione coniugale come via di crescita nel Dhamma la comprensione di tutto ciò che è non accettazione, sfiducia e chiusura. Nel primo caso, farà ricorso sia alla pratica della consapevolezza sia, e in particolare, alla pratica di benevolenza (mettā), compassione (karuna), gioia simpatetica (muditā): queste meditazioni sono spe cifiche modalità di rafforzamento e di espansione di fiducia-accettazione. Nel secondo caso, il praticante si eserciterà ad accendere una consapevolezza, né occasionale né fugace, su tutto ciò che in lui è chiusura, avversione, rifiuto, resistenza, dualismo, cioè non accetta zione. Riferito alla vita coniugale, questo significa rendere frequentemente il proprio coniuge oggetto di benevolenza, compassione, gioia simpatetica; e significa inoltre accendere una consapevolezza sem pre più addestrata in ogni momento su sfiducia, non accettazione e chiusura nei confronti dell'altro. Tutto ciò in aggiunta alla pratica di consapevolezza e di accettazione che si farebbe comunque, indipen dentemente dal coniuge. Un doppio effetto incrociato Quest’opera di accettazione fiduciosa, a volte facile e nutriente, a volte impegnativa e travagliata, Lavorando infatti ad accettarmi divento più aperto, ossia più trasparente e ricettivo. Grazie a questa ricettività, l’accettazione esercitata dal coniuge nei miei confronti mi giungerà più facilmente, e questo accrescerà la mia auto-accettazione. Ecco il doppio effetto. Inoltre io lavoro sia all’accettazione di me 6 La relazione coniugale come via di crescita nel Dhamma stesso, sia all’accettazione del coniuge, il quale godrà del medesimo effetto benefico: sicché diciamo incro ciato. Una sorta di circolo virtuoso, nel quale autoaccettazione e accettazione dell’altro si rinforzano a vicenda. Un esempio. L’accorgermi che i miei difetti sono un problema più per me che per il mio coniuge, il quale li accetta e li perdona, è un fatto per me curativo e capace di riverberarsi in fiducia nella relazione e nel lavoro interiore, nel Dhamma. Ossia: la fiducia fa crescere la relazione, la buona relazione fa crescere la fiducia, anche la fiducia nel lavoro interiore o ‘Dhamma visibile e verificabile’. Questa iniezione di fiducia è di importanza capitale, perché la fiducia o fede radicale (saddhá, bodhicitta d’aspira zione) è una struttura portante nell’insegnamento del Buddha. Certo la grande meta del cammino è ancora più grande della fiducia nell’assoluto, è la realizzazione stessa dell’assoluto. Ma questa realizzazione è come il culmine di un’onda crescente di fiducia e di com prensione, di uno slancio vitale intrinsecamente benefico e salutare che si fa gradualmente più forte. La relazione aiuta il Dhamma, il Dhamma aiuta la relazione La pratica del Dhamma porta la fiducia presente in una buona relazione alla sua massima possibile estensione, estensione del tutto inconcepibile in un contesto rigidamente laico. 7 La relazione coniugale come via di crescita nel Dhamma Mi sembra importante riflettere ancora sull’in crociarsi di affetto reciproco e di affetto per il Dhamma, ossia sulla relazione tra due persone che hanno, ciascuna, una relazione col Dhamma e, di conseguenza, uno speciale interesse per il lavoro interiore dell’altro. Uno dei motivi principali di giovamento di questa doppia relazione è che essa rende più difficile il cadere nella reciproca dipendenza, nel mutuo attaccamento ossessivo e ansioso. In ambito cristiano lo dice efficacemente E. Drewermann: "Tu puoi relativizzare l’influsso e il potere assoluto di altri esseri umani solo quando hai trovato la strada per arrivare al tuo Dio"*. Dunque, ancora, la relazione aiuta il Dhamma e il Dhamma aiuta la relazione e ciascuno dei coniugi ad andare verso la libertà, verso la semplificazione e la distensione profonda. E se la complicità del reciproco attaccamento è un grande ostacolo, la ‘complicità’ nel porre la pratica al primo posto per entrambi è, invece, manifestazione di Dhamma. Questa complicità positiva e sollecita è un’ importante salvaguardia. Infatti, anche senza considerare i pericoli d’involuzione nel senso di reci proca possessività e attaccamento, c’è il pericolo di addormentarsi nella buona relazione, di assopirsi nella confortevole nicchia di una disciplina spirituale diventata facile. Ma fortunatamente quattro occhi vedono meglio di due. E dunque il coniuge che colga un addormentamento nell’uno, nell’altro o in entrambi lo farà presente, fungendo così da specchio * E. Drewermann, Parole per una terra da scoprire, Queriniana, Brescia 1993, p. 25. 8 La relazione coniugale come via di crescita nel Dhamma di consapevolezza per entrambi. Fedeltà e il ribaltamento di mettā Un’ultima annotazione su fiducia-accettazione. La fiducia reciproca dei coniugi e, insieme, la fiducia di ciascuno nel Dhamma rendono più facile e naturale la fedeltà coniugale, il terzo precetto buddhista, e una sensibilità più sveglia e pronta a riguardo. Il praticante non ingenuo avrà buon senso e umiltà, per non considerarsi mai al di là della trasgressione; buonsenso e umiltà che gli faranno capire l'utilità della riflessione sull’essenza dei precetti etici: il non nuocere. Ciò significherà, in concreto, una certa premura nel proteggere la relazione, esercitando un attivo lasciare andare davanti a situazioni pericolose. È anche fruttuosa la pratica di ribaltare nel senso di mettā, un’ attrazione che vedessimo nascere in noi. Invece di appropriarsi del desiderio sorto per una persona e di identificarsi con esso, il praticante ne userà l’energia, per accendere un augurio di bene profondo per la persona oggetto di attrazione. Un ribaltamento del genere presuppone che la relazione coniugale non sia problematica. In questo caso, operazioni del genere, al di là delle nostre migliori intenzioni, possono finire con l’accrescere il risentimento. Come se una voce dentro di noi dicesse: “Ho rinunciato a tanto per colpa tua, ora debbo rinunciare anche a questo”. Se la consapevolezza ci mostra questi contenuti, sarà necessaria una profonda riflessione sulla nostra relazione. 9 La relazione coniugale come via di crescita nel Dhamma L’esercizio meditativo nella coppia Per provare a rispondere in maniera particolareggiata alla domanda su cosa giovi a trasformare una relazione coniugale in una relazione dhammica, abbiamo considerato la fiducia-accettazione. Adesso rifletteremo sulla pratica del Dhamma, nella relazione. Anzitutto è inutile ricordare quanto giovi alla relazione e alla pratica il sedersi quotidianamente in meditazione insieme: un momento forte del saògha familiare. Naturalmente senza rigidezza, data l'eventualità di orari di vita e di lavoro diversi. Fare ritiri congiuntamente o disgiuntamente è un grande aiuto per la crescita della relazione nel Dhamma: l’esercizio nei ritiri tende a potenziare sia la pratica sia la relazione. Ciò, tuttavia, può comportare un certo travaglio, perché il ritiro sarà impietoso nel mettere a nudo la verità e le eventuali carenze della relazione. Qualora la relazione non superi una certa soglia di carenze e qualora chi partecipi al ritiro abbia una pratica solida, il ritiro può rivelarsi un’ottima medicina per curare e sostenere la relazione. Nel caso, invece, che i problemi relazionali siano elevati, un ritiro può essere il catalizzatore di una profonda messa in discussione della relazione. Nella pratica dei ritiri, capita di osservare, in ambito coniugale, un fenomeno apparentemente paradossale. Quando il ritiro non è fatto insieme, il di stacco dal coniuge dispiace. Non solo, ma poiché una buona relazione è come il vino buono, e migliora col passare del tempo, questo dispiacere - la ‘sindrome dello strappo’ - diventa più vivo col passare degli anni. Al tempo stesso - ecco il paradosso - ci 10 La relazione coniugale come via di crescita nel Dhamma sentiamo sostenuti dal coniuge, in questa separazio ne dolorosa per entrambi. A causa della relazione, dunque, sentiamo sia lo strappo sia il sostegno nello strappo. Più che un paradosso, tuttavia, si tratta di una tipica espressione di quella che abbiamo chiamato doppia relazione: relazione tra due persone che hanno a cuore la pratica dell’altro, che in qualche modo, porta frutto a entrambi. Il frequente scambio di osservazioni circa la pratica Questo scambio mi sembra una piccola perla della ‘pratica a due’. È auspicabile farlo non meno di un paio di volte alla settimana, senza che diventi un rituale rigido, ma, anzi, rendendolo il più informale possibile. In genere, richiede qualche ‘rodaggio’ per superare certi vicoli chiusi, gli stessi dei gruppi di meditazione, nella fase dei resoconti di pratica. Mi riferisco alla genericità (la pratica va bene) e al fraintendimento della materia prima della pratica con la pratica: per esempio, se descriviamo una giornata difficile abbiamo solo fatto un’introduzione; se a questa non segue la descrizione di quali iniziative di pratica abbiamo preso per rapportarci in maniera spiritualmente feconda con le diffi coltà della giornata, stiamo indugiando fuori dalla pratica. Una volta appreso come fare, lo scambio può di ventare uno strumento di crescita interiore notevole, dove entra in gioco un elemento prezioso: la speciale conoscenza tra coniugi, al punto di potersi dire, in 11 La relazione coniugale come via di crescita nel Dhamma molti casi, che un coniuge è il migliore conoscitore dell’altro. L’attitudine devota verso il coniuge e la relazione Questo significa che il coniuge può essere per certi aspetti il migliore maestro per l’altro. Può accadere, per esempio, che un grande maestro mi dica cose profonde, ma non così tagliate su misura per me come, invece, possono essere a volte le osservazioni del mio coniuge praticante. Il coniuge può essermi maestro e potrò essere maestro del mio coniuge. Flessibilità e alternanza di ruolo sono segno di buona salute e di buona fioritura dhammica nella relazione. Non così se i ruoli sono fissi, ossia un co niuge sempre nel ruolo di maestro, l’altro in quello di discepolo. Perché ogni coniuge possa essere percepito alternativamente come maestro ci deve essere in entrambi la qualità di discepoli. In pratica questo significa coltivare la devozione nei riguardi del coniuge e nei riguardi della relazione. È importante non avere paure o pregiudizi intorno alla parola devozione, che significa dedizione generosa, prontezza al bene, sollecitudine. Grazie alla devozio ne, saremo naturalmente ricettivi a ciò che il coniu ge ha da dirci e, simmetricamente, il coniuge sarà ricettivo nei nostri confronti. In questa prospettiva, il rapporto coniugale sarà il rapporto naturalmente privilegiato e avrà una naturale precedenza sugli altri rapporti. ‘Naturalmente’ indica non il dovere, ma una tranquilla preferenza per il nostro coniuge. 12 La relazione coniugale come via di crescita nel Dhamma Questo dinamismo di devozione reciproca che si intreccia con la comune devozione al Dhamma è un tratto molto bello della relazione dhammica. Dice un maestro di Vedanta, A. Desjardins: “L’unica relazione che può essere (o può gradualmente diventare) ricca e perfetta come la relazione col guru è quella tra moglie e marito”*. Qui non credo s’intenda che la relazione coniugale dhammica escluda o rimpiazzi la relazione col maestro o con maestri, ma si vuole dire, credo, che la relazione coniugale può essere spiritual mente molto potente. Le possibili conseguenze più alte della devozione, sono illustrate, ad esempio, da Chokyi Nyima Rimpoche: “Per quale motivo è necessario sviluppare devozione e compassione? Nel momento in cui avvertiamo profonda devozione è possibile che la mente resti totalmente scoperta e nuda. In quell’istante la saggezza profonda che abita in ciascuno può essere più facilmente realizzata”**. A proposito di devozione coniugale e dhammica, mi pare se ne possano individuare tre stadi: 1. un primo lampeggiamento nella devozione che affiora nell’innamoramento iniziale; 2. una paziente alimentazione della devozione, in genere della durata di diversi anni. Se paiono troppi, bisogna ricordarsi delle metafore appropriate: la quercia e il pino; 3. la devozione comincia come a prendere il sopravvento * A. Desjardins, Toward the fullness of life, Putney and Brat- tleboro, Vermont 1990, p. 146 (ed. orig. Pour une vie réussi, La Table Ronde, Paris). ** Chokyi Nyima Rimpoche, The Union of Mahamudra and Dzogchen, Ranjung Yeshe Publications, Hong Kong 1989, p. 103 13 La relazione coniugale come via di crescita nel Dhamma e a comparire spontaneamente: la barca ha sempre meno bisogno del nostro remare e, sempre più, vie ne sospinta dal vento. Mi sembra importante osservare che così come noi prima ci prendiamo cura della pratica del Dhamma e poi, da un certo punto in avanti, è come se la pratica si prendesse cura di noi, allo stesso modo noi prima ci prendiamo cura della relazione e poi, da un certo momento, la relazione comincia a prendersi cura di noi. Due fenomeni omogenei e speculari. Il che spiega ulteriormente i motivi della grande compatibilità e reciproca interpenetrabilità di Dhamma e vita coniugale. Riposare nel presente ed espandere benevolenza Allorché la relazione coniugale è maturata di ventando una relazione devota, ossia accompagnata dalla reciproca devozione dei coniugi e dalla devozio ne per il Dhamma, può aiutarci ad andare più a fondo in alcune aree centrali del cammino interiore. Penso anzitutto a una maggiore capacità di stare nel presente, di fiorire nel momento. Infatti, proprio quella fiducia e quel reciproco sostegno di cui abbiamo parlato, se ne rivelano potenti vettori. Inutile dire che una relazione problematica spinge nella direzione opposta, allontanandoci dal presente: nel rammarico, nel desiderio, nel ricordo di torti subiti o nella paura di torti futuri. Una buona relazione in cui il Dhamma è la stella polare, riposa invece di essere causa di stress e rende 14 La relazione coniugale come via di crescita nel Dhamma più agevole l’accesso all’esperienza del presente. E anche la gioia generata dalla relazione è un altro invito a riposare nel presente. Una maggiore familiarità con la fiducia e la distensione, e una crescente intimità col presente, hanno un effetto della massima importanza, un anno dopo l’altro. L’effetto, cioè, di suscitare nibbidá, il salutare disincanto nei confronti della men te giudicante in noi stessi; nei confronti di quella mente che sentenzia, condanna, separa e divide, impedendo la vera comprensione e ostacolando l’intelligenza calda che libera. Con nibbidá si attenua in noi la dipendenza, la dipendenza dalla mente separante e dualizzante, mente che è al polo opposto dell’accettazione; al tempo stesso aumentano l’interesse e l’attrazione per la mente accettante, unificante, perdonante. A questo proposito, una relazione dhammica può offrire un contributo importante. Lo possiamo riepilogare con queste parole: “Così come io sono cresciuto interiormente grazie anche all’accettazione non giudicante del mio coniuge, e così come vedo che lo stesso accade al mio coniuge, in virtù della mia accettazione non giudicante - accettazione, frutto di un lungo tirocinio nel Dhamma - desidero con naturalezza espandere quest’attitudine oltre i confini della relazione”. I frutti di una relazione dhammica tendono a trasbordare oltre la relazione. Ciò è vero in qualche misura di ogni buona relazione. Ma è par ticolarmente vero di una relazione dhammica, tra i cui fondamenti c’è la frequente alimentazione dell’intento altruistico (chiamato mettá in certe 15 La relazione coniugale come via di crescita nel Dhamma scuole, bodhicitta in altre). E’come ci fosse un canale perché il frutto della relazione passi in un cerchio più ampio. Ricordando che uno sguardo divenuto più accettante indica un graduale e profondo rinnovamento del modo di percepire il mondo. Riassumendo, è certamente possibile che una relazione cresciuta nel Dhamma, invece di vettore di tensione, complicazione, moltiplicazione di desiderio e avversione, diventi portatrice di semplificazio ne, di pace e di distensione, aiutando i coniugi a camminare fiduciosamente verso ciò che non nasce e che non muore. Revisionato da Biblioteca Vipssana, 2015. La suddivisione in paragrafi e la loro titolazione è a cura della Redazione. 16