Una vita e una morte in Dhamma428

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Una vita e una morte in Dhamma428
Una vita e una morte
in Dhamma
a cura del Vipassana Research Institute
Articolo commemorativo a un anno dalla morte di Ratilal
Metha, meditatore e benefattore
Ardore, nella meditazione e nel centro – Il rispetto per la sua
religione di nascita – L’ardente motivazione negli ultimi anni –
La morte come evento ispiratore
Dhamma Khetta, centro internazionale di Meditazione Vipassana ad Hyderabad, fu il primo centro
aperto in India. Goenka lo inaugurò nel settembre
del 1976, piantandovi una pianticella dall’albero
della Bodhi (Illuminazione)* di Bodh Gaya e guidando il suo centoventiquattresimo corso, che vide
la partecipazione di centoventidue studenti.
Ardore, nella meditazione e nel centro
Il centro fu edificato su di un terreno donato dalla
famiglia di Ratilal Metha. Ratilal fu forza guida del
* L'albero della Bodhi (Bodhi Tree) era il fico sotto il quale
Siddhartha Gautama, giunse alla bodhi (Illuminazione) e
quindi allo stato di Buddha. Era cresciuto nell'area dell’attuale
Tempio di Mahabodhi, a Bodh Gaya, (Bihar, India).
L'esemplare attuale è l’ultimo dei molti discendenti dell'albero
originario che si sono succeduti nei secoli. L'albero della Bodhi
è meta di pellegrinaggio, essendo uno dei luoghi sacri più
importanti del buddhismo
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Una vita e una morte in Dhamma
centro, dall’inizio e per molti anni. Uomo d’affari
di successo e membro devoto della comunità giainista, dopo la morte prematura della moglie in un
incidente stradale, cominciò anch’egli, come molti,
a cercare il modo di affrontare l’ angoscia.
Già serio ricercatore spirituale, ascoltò a una conversazione tra un monaco giainista e un insegnante
di giainismo, su differenti metodi di meditazione e
sulle esperienze positive di meditatori che avevano
partecipato a corsi di Vipassana; di conseguenza a
ciò, decise di partecipare a un corso condotto da
Goenka.
Con l’ardore che caratterizzò tutta la vita, si immerse nella tecnica, partecipando ad altri sei corsi,
uno dopo l’altro. Poi ne organizzò a casa sua e usò
la sua influenza per convincere molti ad apprendere
Vipassana, e tra questi, tutti i membri della sua famiglia.
Inoltre supervisionò personalmente la costruzione
di quasi tutti gli edifici di Dhamma Khetta. Lasciando le comodità di casa sua, vi trascorreva lunghi periodi, vivendo in semplicità, dedicandosi alla meditazione e ad aiutare gli altri.
Il rispetto per la sua religione di nascita
Questa grande devozione verso il Dhamma non
diminuì il suo rispetto verso la tradizione nella quale fu allevato: continuò ad osservare i doveri di un
devoto giainista e ad onorare e servire i monaci e
le monache giainiste, riconoscendo che l’essenza
dell’insegnamento giainista è il superamento di bra-
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Una vita e una morte in Dhamma
mosia, avversione e ignoranza, e che Vipassana è la
via per raggiungere questo scopo.
Aveva compreso la natura universale del puro
Dhamma che trascende tutte le differenze religiose
e filosofiche.
L’ardente motivazione negli ultimi
anni
La salute cominciò a deteriorarsi, fino a quando
il cancro si diffuse causandogli intensa sofferenza.
A circa ottant’ anni, dovette sottoporsi a interventi
chirurgici impegnativi e debilitanti, ma essi non diminuirono il suo bisogno di praticare e di condividere il Dhamma. Continuò a seguire la costruzione
di Dhamma Khetta e partecipò a un lungo corso a
Dhammagiri, non appena rimessosi da un intervento, ardentemente motivato a usare nel modo migliore il tempo che gli restava.
La morte come evento ispiratore
Al momento della morte, la sua mente era consapevole ed equanime, nonostante la dolorosa condizione fisica: i presenti ebbero il privilegio d’essere testimoni di un evento ispiratore. Soffriva e sapeva che
stava morendo, ma non se ne lamentava. Quando
sentì la fine vicina, chiese di lavarsi e poi, sul letto, di
essere girato verso est e aiutato a sedersi in posizione
di meditazione. Familiari e amici erano presenti e
in meditazione; e con la registrazione dei canti di
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Una vita e una morte in Dhamma
Goenkaji in sottofondo. Alle parole di benedizione
- Bhavatu sabbe mangalam -, il medico controllò il
polso e disse: -Se ne è andato -. Aveva mantenuto
la posizione seduta e neanche la testa si era piegata.
Quando giunse la notizia della sua morte, Goenka
era in California.
Era giorno di pausa tra due corsi e i volontari, stavano attendendo alla consueta ora di meditazione
del mattino, con la presenza di Goenkaji e Mataji.
Alla fine della meditazione, Goenka annunciò:
- Ho notizie meravigliose - (per lui non era usuale
esprimersi così). Gli studenti furono ancora più meravigliati quando aggiunse che la notizia consisteva
nel modo meraviglioso con cui Ratilal Mehta aveva
affrontato la morte. È raro considerare la morte in
questo modo e commovente venire a conoscenza di
questo ideale trapasso di un meditatore devoto.
Gli studenti che lo conobbero ricorderanno la sua
vivace personalità e la sua grande determinazione, la
sua traboccante energia e il suo entusiasmo.
Pubblicato sul Notiziario Vipassana Italia 1986, col titolo
Metha, una vita vissuta in Dhamma
Revisione a cura di Biblioteca Vipassana, 2009
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