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termovalorizzazione
G. Carminati
Analisi delle polveri
nei camini dei
termovalorizzatori
L
a misura delle polveri in ambiente è stata sostanzialmente contemporanea alla misura di altri inquinanti, quali CO, SO2, NO/NO2,
O3, ma effettuata mediante metodi manuali e tecniche mutuate dalla
chimica. Col diffondersi di centraline e reti di misura dell’inquinamento
ambientale i metodi manuali sono stati sostituiti da analizzatori automatici, generalmente realizzati secondo il principio dell’assorbimento
dei raggi beta (anni ‘80). Nei camini le misure rimasero saltuarie e
sostanzialmente affidate a tecniche manuali di estrazione, deposito del
particolato su membrana e successiva pesatura a condizioni controllate, secondo procedure definite nei Manuali UNICHIM.
Con la pubblicazione del DM 12 luglio 1990 “Linee guida per il contenimento delle emissioni inquinanti degli impianti industriali ...” furono definite con chiarezza le tipologie di lavorazione con gli inquinanti da misurare ed i rispettivi limiti. In particolare furono normati i grandi impianti di combustione (Potenza termica nominale pari o superiore a 50 MW) ed i relativi Sistemi Analisi Emissioni. Per quanto riguarda le polveri sono elencati i seguenti Principi di Misura:
- estinzione di luce;
- misure radiometriche;
- metodi gravimetrici;
- dispersione di luce a raggio laser.
Nella pratica, la tecnica dell’estinzione di luce (opacimetri) ha fatto la
parte del leone nei sistemi di misura in continuo delle polveri a camino, mentre i metodi gravimetrici sono rimasti appannaggio dei Laboratori certificati, preposti alla misure di confronto o comunque alla validazione degli strumenti in continuo. Le misure radiometriche (assorbimento beta) hanno avuto un impiego limitato.
La dispersione di luce a raggio laser è una tecnologia innovativa, che
consente la costruzione delle spettro granulometrico delle particelle e
non solo il peso totale delle stesse nell’unità di volume. A questa tecnica sarà dedicata la seconda parte dell’articolo.
Tipologia delle polveri
Ci possiamo chiedere cosa sono le polveri: sono granuli solidi, sui quali possono essere adese anche sostanze liquide, di piccole dimensioni
(dell’ordine dei millesimi di millimetro) e di natura, forma ed indice di
rifrazione molto diversi, quasi sempre funzione del processo che le ha
prodotte. Nel caso dei termovalorizzatori è necessario distinguere tra
scorie, vale a dire residui solidi della combustione, scaricate alla fine
della griglia e polveri fini (ceneri volanti), trattenute dal filtro a maniche,
i cui principali costituenti sono: Cloruri, Solfati, Nitrati, Piombo, Cadmio, Mercurio, Zinco oltre a piccole quantità di Diossine, Furani ed IPA
(anche se di un ordine di grandezza superiore a quello delle scorie).
Una piccola parte di queste ultime riesce a superare il filtro a maniche
e viene espulso in atmosfera. Nel corso degli anni, con il perfezionarsi
Dott. Giovanni Carminati , Forni Engineering Srl
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dei filtri a maniche, si è fortemente modificata non solo la quantità totale di particolato, ma anche la tipologia, in quanto, generalmente, particelle di dimensioni differenti hanno anche composizione chimica diversa. Attualmente, è difficile trovare particolato con diametro aerodinamico superiore al micron nei camini di termovalorizzatori equipaggiati con filtri a maniche in GORETEX®.
Metodi di misura
Opacimetri
Basi della misura
Le particelle sospese in un gas diffraggono (scatter), riflettono ed assorbono radiazioni con effetti che dipendono dalla forma, dimensione e
natura delle particelle e dalla lunghezza d’onda della radiazione incidente. A causa della forma irregolare e della composizione variabile
del particolato è molto difficile affrontare un approccio analitico significativo. Tuttavia, è possibile generalizzare e stabilire delle relazioni
empiriche che permettono il calcolo del carico di polveri in un condotto o nel pennacchio di un camino.
Per particelle molto piccole (molto più piccole della lunghezza d’onda
della luce impiegata), c’è una modesta diffrazione e l’ attenuazione si
manifesta essenzialmente come assorbimento. Per particelle con
dimensioni paragonabili o maggiori della lunghezza d’onda della luce,
l’attenuazione è dovuta in gran parte alla diffrazione (scattering). La
maggior parte delle emissioni industriali di polveri sono contenute nel
range da 0,1 a 50 micron.
Misure di opacità
Nel passare attraverso uno spessore finito di materia, il fascio di luce
subisce un’attenuazione chiamata “body absorption”. Così nella camera di misura una parte dell’energia luminosa è riflessa, rifratta, diffratta ed assorbita e la luce attenuata, in uscita dalla cella, è espressa come
Trasmittanza (T) secondo la formula seguente:
T = I/I0 x 100%
La Trasmittanza è poi messa in relazione all’Opacità:
O = 100% - T
Molti opacimetri usano la relazione sopra indicata per misurare
l’opacità dei gas del camino come misura diretta dell’attenuazione della luce visibile causata dal particolato presente nell’effluente gassoso.
L’attenuazione del fascio di luce attraverso i gas del camino può anche
essere espressa in estinzione, come definita dalla legge di Lambert:
I = I0 x e-kcl
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nosa (I0). Successivamente il segnale di misura di intensità
(I) viene paragonato con il segnale di riferimento e viene
calcolato il rapporto I/I0, che definisce la misura corretta.
FIGURA 1 - Schema di principio
di Opacimetro in situ
l = lunghezza del cammino ottico di misura
k = costante di estinzione
c = concentrazione di polveri
Struttura semplificata di un opacimetro in situ
Un solo fascio di luce, generato da una sorgente, è diviso in due fasci:
misura e riferimento. Il fascio di misura è proiettato attraverso il camino
verso un riflettore che lo respinge, secondo lo stesso cammino, verso il
rivelatore. Il fascio di riferimento segue un ben determinato cammino
ottico all’interno dello strumento. A intervalli regolari (generalmente
pochi minuti) e per un periodo molto breve (pochi secondi) il fascio di
riferimento è diretto verso il rivelatore che acquisisce la sua intensità lumi-
FIGURA 2 - Principio della misura di polveri
con luce diffratta a 15°
Opacimetro estrattivo
A seguito dell’inasprimento delle Norme statali, che
impongono limiti alle emissioni sempre più bassi, i sistemi di abbattimento delle polveri, soprattutto nei termovalorizzatori, sono tali da ridurre l’emissione di particolato
fino a 0,1 mg/m3 e anche meno. Per garantire una misura affidabile a queste concentrazioni è necessario che lo
strumento abbia una risoluzione di 0,01 mg/m3 (vale a
dire il 10% della gamma più bassa). D’altra parte, nei picchi di emissione, soprattutto su impianti vecchi o in paesi
con regole meno severe, è possibile raggiungere fino a
200 mg/m3. Da qui nasce l’esigenza di strumenti con
un’ampia gamma dinamica.
Principio di misura
Un fascio di luce di intensità L1 raggiunge il campione P
e, a causa dell’assorbimento e dello scattering sulle particelle, l’intensità
della luce trasmessa L2 risulta inferiore a L1. Questo fenomeno è alla
base della misura di alte concentrazioni di particolato. Per rivelare alte
e basse concentrazioni di particelle, risulta, invece, più conveniente
misurare la luce diffratta ad un angolo di 15° per il motivo seguente:
nella pratica non è molto difficile realizzare un analizzatore di polveri ad elevata sensibilità, ma letture affidabili per livelli di polveri inferiori ad 1 mg/m3 possono essere ottenute solo se l’errore dovuto alla
luce diretta “stray light” è inferiore a 0,005 mg/m3. Anche se la cella
di misura è riempita con aria priva di polveri, parte della luce del fascio
sarà diffratta sulle finestre di ingresso ed uscita della cella ed in molti
altri punti della stessa per poi raggiungere il rivelatore. Questa diffrazione della luce interna allo strumento è chiamata “stray light”. Poiché
il rivelatore non è in grado di distinguere la diffrazione dovuta allo strumento da quella dovuta alle particelle, ogni opacimetro è affetto da una
percentuale di errore. Al fine di eliminare questa limitazione, il detector rileva non la luce diretta, ma la luce diffratta dal campione a 15°.
L’intensità della luce diffratta, in questo range di concentrazioni, mostra
una relazione lineare con la concentrazione delle particelle, fino a che
le caratteristiche delle stesse si mantengono costanti ed è possibile
costruire una curva di calibrazione, che permette di esprimere la concentrazione di polveri direttamente in mg/m3. Si è osservato che nella
maggior parte delle applicazioni le variazioni sono minime, così che
l’uso di una approssimazione lineare risulta corretta. In casi particolari è più corretto l’uso di una curva quadratica o logaritmica. Per questo motivo la calibrazione deve essere effettuata in campo, dopo
l’installazione. La luce, proveniente da un filamento incandescente, che
emette uno spettro continuo, è divisa da uno specchio semitrasparente
H1 in raggio di misura RM ed in raggio di riferimento RR. Il raggio di
misura attraversa la cella del campione e la luce diffratta dalle polveri
è misurata dal detector. Il fascio di riferimento passa attraverso un attenuatore ottico A, poi è rivelato dallo stesso detector. Un sezionatore
(chopper) C fa in modo che il raggio di misura ed il raggio di riferimento raggiungano alternativamente il detector. Per migliorare la precisione a basse concentrazioni e, quindi, a basso livello di luce, il sezionatore del fascio ha una terza posizione, in cui nessuna luce raggiunge il detector, in questo modo è possibile misurare la corrente di buio.
L’intensità della luce diffratta viene calcolata con la formula:
FIGURA 3 - Banco ottico per la misura di polveri
con luce diffratta a 15°
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In questo modo, è possibile una valutazione e compensazione continua delle variazioni di intensità luminosa e delle derive dei circuiti elettronici, fino a contenere la variazione mensile entro il 2%. Migliorando la sensibilità si raggiunge una gamma dinamica superiore a 105,
senza cambiare i componenti del banco ottico. In fabbrica questa tipologia di strumenti è calibrata con PLA (Polystyrene Latex Aerosol), si
tratta di particelle sferiche con 1 micron di diametro, che garantiscono
la linearità della calibrazione sull’intera gamma di misura.
Sistema di campionamento estrattivo
Qualora si misurino gas saturi di acqua o gas acidi, la misura ottica
può presentare interferenza da parte di goccioline liquide, che diffrangono la luce. Per superare questo problema, il campione è estratto dal camino e fatto fluire in una linea riscaldata fino a 160 °C. La
Figura 4 illustra il loop esterno al camino, su cui è inserito il fotometro.
La linea di campionamento preleva il campione dal camino con una
portata di parecchi m3/h, mediante un aspiratore. Questa elevata portata è stata scelta per due ragioni: una per assicurare un campione rappresentativo, l’altra per evitare depositi. Da questo loop il fotometro
preleva il campione con una portata ridotta (alcune decine di l/min),
sufficiente per la misura. La sonda inserita nel camino ha un ugello per
un campionamento iper-isocinetico al fine di ridurre l’errore relativo,
causato da variazioni nella velocità del gas nel camino, mentre con la
calibrazione si pone rimedio all’errore assoluto. In entrambe queste
tipologie di strumenti particolare cura è dedicata ad evitare lo sporcamento delle lenti da parte dei fumi. Generalmente, gli opacimetri forniscono una misura in % di opacità; poiché, come richiesto dalle Normative, la misura deve essere espressa in mg/m3, è necessario costruire una curva di calibrazione (concentrazione/opacità) mediante una serie
di misure gravimetriche, generalmente
effettuata da una Società certificata. Si
suppone che la relazione tra i valori di
concentrazione di particolato (Y) ed il
segnale strumentale (X) sia del tipo:
FIGURA 4 - Anello di misura delle polveri
mediante opacimetro estrattivo
Sonde Triboelettriche
Le sonde triboelettriche sfruttano il principio fisico della generazione di
elettricità statica causata dallo sfregamento di particelle, sospese nei
fumi, contro la superficie di una barra, posta nella zona di misura. Circuiti elettronici, alloggiati sul lato esterno della sonda, permettono di
trasformare l’elettricità statica in segnale elettrico proporzionale alla
quantità di particelle che lo ha generato. La corrente I,
che si genera, può essere correlata al flusso di massa di
particelle dalla formula:
I = (k * M * Va)/d
I = corrente generata (A)
M = flusso di massa del particolato (kg/sec)
V = velocità del gas (m/sec)
K = costante dipendente dal tipo di materiale particellare
a = costante sperimentale (compresa tra 1.4 e 1.9)
d = diametro aerodinamico equivalente delle particelle (m)
Y = a + bX
La stima dei coefficienti a e b viene effettuata con il metodo dei minimi quadrati. Una volta trovata l’equazione di
regressione, l’indice caratteristico che
si impiega è il ”coefficiente di correlazione lineare” tra i valori misurati dallo strumento in prova e quelli forniti dalle misure di riferimento, che impiegano
tecniche manuali.
FIGURA 5 - Struttura semplificata
di analizzatore di polveri a raggi beta
Analizzatori a raggi β
Il campione da analizzare è prelevato dal camino mediante una sonda isocinetica riscaldata per mantenere intatte le condizioni di flusso
del campione. La massa di polveri, contenute nel campione, si deposita su un filtro per un tempo ben definito e, generalmente, variabile da
utente. Un detector di radiazioni misura, poi, l’assorbimento di raggi
β da parte dello strato di polvere; l’assorbimento da parte del filtro e
dello strato di aria viene misurato facendo passare, prima, il filtro pulito. La misura è, poi, fatta per confronto con questo riferimento. I moderni analizzatori, generalmente gestiti a microprocessore, forniscono
direttamente la misura in mg/Nmc, essendo nota la portata della sonda. Il vantaggio di questi strumenti è di fornire una misura indipendente
dalla forma ed indice di rifrazione delle polveri.
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La sensibilità all’effetto triboelettrico della sonda varia
in funzione della natura delle polveri da campionare.
Da esperienze, si è accertato che tale sensibilità, cioè la
possibilità che la sonda generi un segnale elettrico dalla collisione delle particelle sospese nel campione di
FIGURA 6 - Esempio semplificato di sonda triboelettrica
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gas, inizia con concentrazioni di polveri minime da 3-8 mg/m3 fino a
50 -120 mg/m3 in modo accettabilmente lineare, in funzione del materiale utilizzato e della velocità del fluido. Come per gli opacimetri,
anche per la strumentazione ad effetto triboelettrico è necessaria, a valle della messa in servizio, la determinazione della curva di taratura in
campo con metodi gravimetrici, onde svincolarsi dalla necessità di
conoscere tutti i parametri della formula di cui sopra.
Data la modesta precisione di questa tecnica di misura, le sonde triboelettriche sono usate principalmente come sensori di allarme per confronto con soglie di polverosità preimpostate. L’applicazione tipica consiste nella segnalazione di rottura di maniche in un filtro, che genera
un brusco innalzamento di polveri nei fumi.
Sonde elettrodinamiche
FIGURA 7 - Spettrometro di polveri a raggio laser
Il principio di funzionamento consiste nell’induzione che le particelle,
presenti nel flusso dei fumi, esercitano su un elettrodo, inserito nel condotto. Mentre i sistemi triboelettrici lavorano sul principio dell’amplificazione e misura della corrente continua prodotta dall’impatto o strisciamento delle particelle contro un elettrodo; questa corrente continua viene filtrata ed eliminata nei sistemi elettrodinamici, in quanto è, sicuramente, funzione della concentrazione di polveri, ma dipende anche da
molteplici altri parametri, quali: tipo di polvere, energia di impatto delle particelle, materiale superficiale della sonda, sporcamento della stessa e velocità del flusso. La differenza sostanziale tra i due metodi consiste nel fatto che con la tecnica triboelettrica si misura la corrente totale delle particelle che colpiscono la sonda, mentre con la tecnica elettrodinamica si misura la frequenza della corrente indotta dalle particelle che passano in prossimità della stessa. Il sistema elettrodinamico
presenta alcuni vantaggi sul sistema triboelettrico: limite di rilevabilità
<1 mg/m3; insensibilità all’umidità; insensibilità all’incrostazione della sonda; indipendenza dalla velocità dei fumi; maggior precisione. I
limiti del sistema elettrodinamico sono costituiti da deriva della calibrazione nel caso di: modifiche nella distribuzione dimensionale delle
particelle; cambiamenti nella tipologia delle particelle; cambiamenti
nella carica delle particelle (soprattutto nei filtri elettrostatici); presenza di goccioline di acqua; brusche ed ampie variazioni nel processo.
in ambiente. Quali sono i pregi ed i difetti?
- il principio di misura è relativamente semplice e molto diffuso;
- consente di realizzare strumenti compatti, portabili e di impiego molto semplice;
- fornisce risultati immediati;
- fornisce una buona corrispondenza con i risultati sperimentali (tecniche gravimetriche manuali);
- la misura non è distruttiva.
Per contro vengono fatti alcuni assunti non necessariamente verificantisi nella pratica, vale a dire:
- le particelle sono sferiche;
- l’indice di rifrazione è costante e corrisponde a quello di taratura
dello strumento;
- le particelle si allineano e non si sovrappongono nel punto di scattering;
- la luce laser ha un fascio omogeneo.
A questi punti deboli le Case costruttrici rimediano, almeno in parte,
mediante il software che introduce fattori correttivi, determinati per confronto con strumenti gravimetrici.
Per rendere possibile la misura di polveri di diametro inferiore sono state introdotte tecniche più raffinate, e precisamente: DMA+CPC, cosa
significano?
In pratica, viene separata la sezione classificatrice delle particelle
(DMA) dalla sezione conteggio (CPC).
Il conteggio è sempre effettuato mediante il metodo del laser scattering,
ma ingrossando le particelle, facendo condensare su di esse del butanolo. In questo modo la dimensione delle stesse raggiunge valori compatibili con il minimo rilevabile di tale tecnologia.
Questa soluzione consente il conteggio, ma perde la selezione dimensionale, che viene effettuata a monte mediante un analizzatore di mobilità differenziale (DMA). Questo consiste essenzialmente in due elettrodi concentrici, tra i quali viene stabilita una differenza di potenziale, variabile a scatti, che devia solo le particelle, entro un certo range
dimensionale, verso l’uscita al CPC. Vediamo di approfondire la struttura delle due unità, che compongono il sistema di misura.
• DMA - Come già detto il DMA è costituito da due elettrodi cilindrici coassiali; il campione entra tangenzialmente nel classificatore e si
distribuisce uniformemente, mescolandosi con l’aria di schermo (aria
depurata, con una portata indicativamente dieci volte superiore a
quella del campione), che trascina gli aerosoli verso l’uscita. Durante
il transito all’interno dello spazio cilindrico le particelle sono deviate
dal campo elettrico, in funzione della tensione applicata agli elettrodi e della carica delle particelle, e separate in funzione della loro mobilità elettrica. Solo le particelle con una appropriata carica dimensionale raggiungono la fessura di uscita ed il CPC come aerosoli monodimensionali. Il DMA è generalmente equipaggiato con un impattore,
che elimina in maniera meccanica le particelle sopra una certa dimen-
Misura delle polveri fini e delle nanopolveri
Da alcuni anni sono disponibili strumenti per ambiente, che forniscono lo spettro granulometrico del particolato presente in una certa atmosfera; generalmente rilevano polveri con diametro aerodinamico da
0,5 a 30 µm (particelle fini), ma, in tempi recenti, con tecniche di condensazione, che aumentano il diametro delle particelle e le rendono
meglio individuabili, si raggiungono diametri fino a pochi nm (nanoparticelle). Il principio di misura è lo scattering di un raggio laser con
rilevazione a 90° della luce dispersa; l’aspetto di maggior interesse è
che il lampo di luce sul detector e, quindi, il suo segnale elettrico, dovuto al rimbalzo sulla particella, è proporzionale al diametro della stessa. In tal modo è possibile costruire lo spettro granulometrico del particolato, suddiviso in certo numero di classi, oppure fornire, con un
opportuno algoritmo, direttamente la concentrazione di PM10, PM2,5 e
PM1 in peso, quando si attribuisca una certa massa unitaria alle polveri in esame. Poiché l’ampiezza dell’impulso generato dallo scattering
della luce laser sulla particella è proporzionale alla radice sesta del diametro aerodinamico della stessa, appare chiaro che non è possibile
effettuare misure su diametri estremamente piccoli, e questo limite si
assesta a circa 300 nm. Questo metodo è molto diffuso ed è alla base
di numerosi apparati, di Case differenti, per la misura di micropolveri
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sione e di un neutralizzatore, che stabilizza la carica preFIGURA 8 - DMA + CPC
sente sul particolato. Questo neutralizzatore è realizzato
con sorgenti debolmente radioattive (Americio, Kripton,
ecc.); attualmente si sta iniziando ad usare degli ionizzatori per superare i problemi connessi al trasporto di sorgenti
radioattive (soprattutto in Italia).
• CPC - Il particolato entra inizialmente in un saturatore,
costituito da un tubo riscaldato con presenza di Alcool NButilico. Le particelle ed i vapori di Alcool fluiscono poi in un
condensatore, a temperatura più bassa, dove il vapore
supersaturo condensa sulle particelle. Tale processo aumenta la dimensione delle polveri e le goccioline, così formatesi,
sono conteggiate con il metodo del laser scattering.
Sull’uscita è inserito un filtro ed un assorbitore per ridurre
drasticamente il particolato e l’odore dell‘Alcool. Collegando l’uscita del DMA ad un CPC, è possibile misurare particelle con diametri inferiori a 10 nm, ed avere lo spettro
dimensionale delle stesse, suddiviso generalmente in alcune
decine di classi. Un’altra tecnica, completamente diversa dal
laser scattering, ma più simile alla misura manuale, impiega
Allo scopo di approfondire la
una colonna di impattori con dimensioni idonee alla raccolconoscenza del fenomeno e forta di differenti classi granulometriche.
nire risposte sicure, molteplici
Il campione, aspirato da una pompa, attraversa inizialmenUniversità, da anni, stanno porte un dispositivo, che lo carica elettricamente, poi le particelle
tando avanti programmi di ricercariche fluiscono attraverso la catena di impattori, ove ogni
ca finalizzati all’approfondistadio raccoglie una frazione specifica. I diversi stadi sono
mento del fenomeno sia dal punelettricamente isolati ed il numero di particelle è ricavato dalto di vista fisico che tossicologila carica di ogni stadio, misurata, in tempo reale, da un senco. Tali studi non hanno ancora
sibilissimo elettrometro multicanale. Il principio operativo
condotto a risultati certi e chi fa
dell’impattore richiama la classificazione dimensionale delaffermazioni drastiche spesso
le particelle secondo il loro diametro aerodinamico. Un intenon ha motivazioni scientifiche,
ressante accessorio è costituito da una calza termica (fino a
ma solo politico-propagandisti200 °C), che consente l’impiego dello strumento anche in
che; tuttavia i primi test hanno
ambienti caldi e umidi. Appare evidente l’interesse tossico- FIGURA 9 - Principio di misura
fornito risultati confortanti, selogico di queste misure, in quanto buona parte della perico- di un analizzatore di polveri
gnalando emissioni di polveri
losità del particolato è legata al diametro.
submicroniche assai ridotte con
ultrafini a impattori
Le polveri più sono fini più penetrano a fondo negli alveoli
due modesti picchi , dovuti propolmonari o, addirittura, entrano nel circolo sanguigno, rilasciando le
babilmente alla struttura del tessuto ed alla tipologia del moto delle
sostanze tossiche su di esse adese. In tempi recentissimi, con tali struparticelle, che per le polveri più grosse comporta rimbalzi sulle fibre
menti e con l’introduzione di accorgimenti, quali l’impiego di sonde
del filtro, mentre per le polveri nanometriche ha carattere browniano.
isocinetiche e tecniche di diluizione per ridurre la temperatura e
Tutto questo conferma che il timore di emissioni di polveri da moderl’umidità dei fumi, sono state effettuate, anche sui camini, misure di
ni termovalorizzatori è poco giustificato.
grande interesse, che hanno consentito di avere informazioni molto più
approfondite di quanto consentano gli opacimetri e le misure di polveri totali (misure pur previste dalla Legge).
Bibliografia
Conclusione
L’emissione di polveri dai camini dei termovalorizzatori ha subito una
drastica riduzione con l’avvento dei filtri a maniche in Goretex (R), tanto che attualmente i valori sono spesso inferiori ad un mg/Nm3 e sono
prossimi al minimo rilevabile degli strumenti di misura più diffusi, vale
a dire gli opacimetri in situ. La membrana Goretex ha una microporosità con fori dell’ordine del micron, pertanto è da ritenersi che polveri
con diametro aerodinamico maggiore siano pressoché completamente abbattute. Si aggiunge alla struttura del tessuto la formazione del
“cake”, che ulteriormente riduce il diametro dei fori. Prove sperimentali hanno confermato queste ipotesi. Permane il timore che, abbattute
le polveri grossolane e le polveri fini, continuino ad essere disperse in
atmosfera le polveri ultrafini e le nanopolveri.
La Termotecnica • Dicembre 2008
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