650 ca. [Siena]1 Conventio tra Maurus, vescovo di Siena, e
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650 ca. [Siena]1 Conventio tra Maurus, vescovo di Siena, e
650 ca. [Siena] 1 Conventio tra Maurus, vescovo di Siena, e Servandus, vescovo di Arezzo, circa il possesso di alcune pievi e oratori situati nel territorium senese. Copia, seconda metà IX secolo - prima metà XI secolo2. Archivio Storico Diocesano di Arezzo, Carte della Canonica, n. 3 [B]*. Edizioni: Schiaparelli, CDL, I, n. 4 Intentio stetit inter virum beatissimum Mauro 3 Senense civitatis episcopum et idem beatissimum Servandum4 Aritine civitatis episcopum intentionem quam a iure videbatur de ecclesia vel plebe eorum, id est: Sancte Marie5 [..35..]6, et alia ecclesia Sancti Amsani7, tertia ecclesia Sancti Iohannis8 in [..12..], quarta Sancte Restitute9, quinta Sancti Gervasii10. Atque stetit Tropus presbiter predicti beatissimi Servandi episcopi; tenebat propriis manibus sancta evangelia, et dixit hoc quod iuratur: “Quod ecce hodie per annis quadraginta, quia ego scio, seu amplius [..4..], quod didici per seniores sacerdotes nostros, tam a tempore Narseti11 usque modo superscripte ecclesie et plebes ad sanctam Aretinam pertinuerunt, nam non ad ecclesiam Senensem”. Unde et in eorum presentia iam dictus presbiter sacramentum, sicut superius legitur, conduxit et fecit [..8..]. Item de presbitero Iohanne, quem sacravit beatissimus Maurus episcopus, et dicit eundem presbiterum sibi competere. Stetit ut [..10..] revertentes eos ad propria, venire debeant ad ecclesia Sancte Restitute, ibique presentetur presbiter Gratianus et suprascriptus Iohannes presbiter vel alii seniores, et pacifico et diligenti ordine requirant quando Iohannes presbiter tonsus est [..58..] vel predictum a quondam [..5..] Aibone gastaldio12 et, ut dictum est atque traditum est tibi, per ecclesiam [..5..] et [..12..] pro oraculo qui est positus in casale nomine Mene, quod restauraverunt plebes [..9..] utrarumque partium, et sacravit eam predictus beatissimus Maurus episcopus. Stetit ut in iura [..7..] Mauri episcopi esse [..12..] inveniatur [..15.], excepta plebe Servandi episcopi. Item protulit Maurus episcopus, eo quod homines qui abitant in Sexta13 oraculum de desertis restauravissent, et ex ipso oraculo, tempore quando ab incendio est crematus, patrocinia sanctorum exinde a plebe in alia ecclesia posuissent. Et ecce modo sic peruit ab ipsa [..4..] plebs, que ibidem pertinet, quatinus debeat et patrocinia in ipso loco restituere [..10..], et sacrare denuo sacrum altare modo Servandus episcopus, ne post sacrationem aliquas calumnias inferat. Stetit [..3..] ut accedant pariter ad ipsum locum vel oraculum, et requirant a senioribus cui ex ipsis ipse oraculum debet pertinere, aut ante in cuius fuit potestate, et nunc ipse eam et consecret et possideat. Ego Maurus vir beatissimus subscripsi et omnia suprascripta consensi. Ego Iulianus vir venerabilis presbiter hac conventione consensi et subscripsi. Ego Preticus archidiaconus Senensis ecclesie consensi et subscripsi. NOTANDUM LOCA IDEO HIC VACUA QUIA A VETERIBUS TOMIS VETUSTATE CONSUMPTUS NIHIL PLUS CAPERE POTUIa 1 Questo è il primo documento pervenuto relativo alla lite sorta tra le diocesi di Arezzo e Siena per il controllo di alcune pievi situate nel territorium senese e alla quale appartengono anche, per quel che riguarda i secoli VIII-IX, i seguenti documenti: CDL, I, nn. 17, 19 e 20 (agosto 714, 715 giugno 20 e 715 luglio 5); CDL, III/1, nn. 12 e 13 (715 marzo 6 e 715 ottobre 14); Pasqui n. 11 (752 maggio 19); DK, n. 150 (a. 783), ChLA2 XC, n. 1 (801 marzo 4); ChLA2, XC, n. 3 (817 agosto 19); ChLA2, XC, n. 5 (ottobre 833); ChLA2, XC, n. 6 (833 dicembre 9); Manaresi n. 53 (a. 850); ChLA2, XC, n. 16 (879 novembre 15); ChLA2, XC, n. 17 (marzo 881). Il presente documento venne trascritto sul recto del rotolo membranaceo opistografo (Rotolo n. 3 della Canonica aretina), composto da cinque pergamene cucite insieme dal loro lato più corto (la conventio occupa la pergamena n. III di tale Rotolo) insieme ai documenti CDL, I, nn. 17 e 20 (agosto 714 e 715 luglio 5); CDL, III/1, nn. 12 e 13 (715 marzo 6 e 715 ottobre 14) e, infine, Pasqui n. 11 (752 maggio 19). La lite per il controllo delle pievi si protrasse dall’anno 650 ca. all’anno 1220 con esito quasi sempre favorevole alla chiesa di Arezzo. L’analisi delle carte di questa controversia datate in epoca longobarda e carolingia ha occupato, e occupa, un ruolo centrale nella storiografia sull’Alto Medioevo italiano sin dagli inizi del XX secolo in pagine che riguardano non soltanto studi locali (Lusini 1901; Tafi 1972, 171-176, 191198 e 227-240; Maroni 1973, pp. 141-216; Fatucchi 1973-5, pp. 238-320; Fatucchi 1985, pp. 55-71) ma anche riflessioni sulla Toscana e su Siena, Arezzo e il loro territorio (Schneider 1975 – ed. or.1914 –, pp. 92 e 97 e ss; Tabacco 1973, pp. 163 e ss.; Delumeau 1996, pp. 475-584; Licciardello 2005, pp. 125-126; Spicciani 2007, pp. 232-234; Azzara 2012, pp. 35-40), così come saggi sulla giustizia e il diritto altomedievali (Besta 1906, pp. 61-92; Delumeau 1978, pp. 563-605; Delumeau 1983, pp. 45-67; Bougard 1995, pp. 342-3; Loschiavo 2004, pp. 214-217, Heil 2013, pp. 23-88 e 435-438), e occupa un ruolo centrale per quanto riguarda le interpretazioni relative all’organizzazione del territorio e alla cura d’anime nelle campagne altomedievali (Fasoli 1958, pp. 104 e 160; Bertolini 1960, pp. 465-473; Bognetti 1968, pp. 408 e ss.; Castagnetti 1979, pp. 29-39; Violante 1983, pp. 1023-1029 e passim; Ronzani 2009, pp. 200-208); nonché in alcune delle principali riflessioni sulla storia sociale e istituzionale del Regnum Langobardorum (Tabacco 1969, pp 228-232 e pp. 255-259; Everett 2003, pp. 189-196; Gasparri 2004, pp. 5-16 e 18-19 e Gasparri 2012, pp. 46-48 e 177-178) e dell’Europa altomedievale (Wickham 2005, pp. 212-213 e pp. 392-3). Infine, la disputa ha interessato anche storici dell’architettura (da ultimo, Moretti 2007, pp. 201-203). Di recente, anche gli archeologi che hanno studiato, da un punto di vista materiale, le pievi citate nel dossier della lite, in particolare nei casi di S. Pietro a Pava e San Pietro d’Asso (Felici 2009, pp. 431-440; S. Campana, C. Felici, B. Frezza 2012, pp. 463-480; Hobart et alii 2012, pp. 175-213; Ricci et alii 2012, pp. 2393-2398). 2 Luigi Schiaparelli indicava, seguendo Pasqui (1899, I, p. 3), l’anno 1056 come data possibile dell’esecuzione delle copie dei documenti d’epoca longobarda presenti nel Rotolo n. 3. Infatti, nella pergamena n. II del Rotolo è scritto: (C) Haec sunt exemplaria de privilegiis apostolicorum et preceptis regum et imperatorum a veteribus tomis trans/ scripta super contentione Aretinensis ecclesiae atque Senensis, que ego Gerardus sancti Donati primicerius/ fideliter denotavi, Deo et domino nostro Iesu Christo teste et omnibus sanctis, si damnatione cum Iuda traditore in die extremi/ examinis non confundar, de quantum legere potui iuxta meam conscientiam, nihil plus aut minus describens/ per manus Geçonis eiusdem sancte Aretine aecclesie notarii (edito in CDL, I, p. 9, nell’introduzione proposta da Schiaparelli al documento che qui si presenta). Successivamente, Carlrichard Brühl (CDL III/1, n. 12, p 52) realizzava una diversa proposta di datazione in base all’analisi fotografica delle pergamene del Rotolo n. 3 eseguita, su sua richiesta, da Bernhard Bischoff, che collocava “nella seconda metà del IX secolo o al più tardi nel primo terzo del X” questa e le altre trascrizioni dei documenti di epoca longobarda (si vedano anche le considerazioni di Brühl 1970, p. 96). Recentemente, François Bougard tornando sull’argomento ha negato l’ipotesi di Bischoff e Brühl e ha segnalato come più probabile data per la realizzazione delle copie cucite insieme nel Rotolo n. 3 un tempo di poco precedente al concilio lateranense del 1059, momento nel quale dovettero essere presentate in giudizio davanti al tribunale convocato a Roma a sostegno delle tesi aretine. Le ragioni di Bougard, che attribuisce nuovamente l’opera a Gezone, sancte Aretine aecclesie notarius, riguardano la sua appartenenza alla “première génération des notaires actifs auprès de la cathédrale au XIe siècle” (Bougard 2006, p. 119). Notai a cui si debe quel cambio grafico osservabile nel “laboratorio” aretino studiato nel dettaglio da Giovanna Nicolaj. Ed è proprio Nicolaj, che nel 2012, in margine a un intervento in tema di falso documentario, propone il ritorno alle ipotesi di Bischoff, ovvero a una datazione al pieno secolo IX delle trascrizioni di epoca liutprandea: “Gerardo, primicerio aretino dell’XI, è intervenuto a correggere le copie del IX sul recto (denotavi)”, Feo - Nicolaj 2012, p. 213. Tuttavia, in mancanza di nuovi studi critici specifici sui problemi relativi alla materiale redazione del rotolo, la questione deve rimanere aperta. * La trascrizione è stata condotta su una riproduzione fotografica di B messa a mia disposizione dal personale dell’Archivio Storico Diocesano di Arezzo. 3 La sua presenza, insieme a quella del vescovo aretino Servando, consente di datare in modo approssimativo il documento. Mauro fu eletto vescovo di Siena negli anni del regno di Rotari (636-652) e intervenne al concilio Lateranense dell’ottobre 649 contro i monoteliti. La storiografia tradizionale segnala il viaggio di ritorno da quel concilio romano come il momento in cui i vescovi di Arezzo e Siena avrebbero raggiunto l’accordo, Tafi 1986, p. 32. 4 Vescovo di Arezzo (640?-655?), Tafi 1986, p. 32-33. 5 Le lacune del documento impediscono una identificazione univoca della pieve poiché sono varie le chiese battesimali che condividono la medesima intitolazione nel dossier documentario della lite tra gli episcopi di Arezzo e Siena. Ciò nonostante Schiaparelli identificava questa pieve con Santa Maria in Pàcina (CDL, I, p. 10), nel comune di Castelnuovo Berardenga (vid anche Tafi 1998, pp. 267-270). Se questa identificazione fosse corretta si tratterebbe della stessa pieve citata in CDL, I, nn. 17, 19 e 20 (agosto 714, 715 giugno 20 e 715 luglio 5); CDL, III/1, n. 13 (715 ottobre 14) e ChLA2 XC, n. 17 (marzo 881). 6 Sulle lacune presenti nel documento Schiaparelli avvertiva: “non sono una riproduzione, forse neppure approssimativa, dell’ampiezza dei pasi guasti o illeggibili dell’originale e non ci possono guidare nel numero delle lettere da restituire (CDL, I, p. 9). Nella sua edizione, in nota, indica invece il numero approssimato di lettere interessate dalle lacune (CDL, I, p. 10). 7 In località Dofana, nel comune di Castelnuovo Berardenga. Questa è la chiesa più volte citata nel dossier relativo alle pievi lungo i secoli VIII e IX, cfr. CDL, I, nn. 19 e 20 (715 giugno 20 e 715 luglio 5); CDL, III/1, n. 13 (715 ottobre 14); Pasqui n. 11 (752 maggio 19); ChLA2, XC, n. 1 (801 marzo 4); ChLA2, XC, n. 17 (marzo 881). 8 Le lacune del documento impediscono una identificazione univoca della pieve. Schiaparelli (CDL, I, p. 10) la identifica con San Giovanni a Vescona, nell’odierna località di Pievina di San Giovanni, frazione di Asciano (Siena), cfr. anche Tafi 1998, pp. 278-280. La chiesa viene citata anche in CDL, I, nn. 17, 19 e 20 (agosto 714, 715 giugno 20 e 715 luglio 5); CDL, III/1, n. 13 (715 ottobre 14) e ChLA2 XC, n. 17 (marzo 881). 9 Di tutte le pievi contese questa è l’unica a essere intitolata a Santa Restituta. L’edificio era posto nel territorio di Montalcino, nella val d’Orcia, Tafi 1972, p. 204-209. Questa pieve viene citata anche in CDL, I, nn. 17, 19 e 20 (agosto 714, 715 giugno 20 e 715 luglio 5); CDL, III/1, n. 13 (715 ottobre 14) e ChLA2, XC, n. 17 (marzo 881). 10 Di difficile identificazione. Dopo questa citazione, la pieve di San Gervasio scompare dal dossier relativo alle pievi contese. 11 In relazione con la citazione di Narsete (+ 574), è utile ricordare il ritrovamente nello scavo della pieve di San Pietro a Pava (San Giovanni d’Asso) di un “tesoretto” di 26 monete (sei in oro e venti in argento) che giungono sino all’anno 541. Nello scavo dell’abside della stessa pieve (ma senza relazione con il “tesoretto”) è stata anche ritrovata una moneta vandala, un Nummus in bronzo di Gelimero (530-534), probabilmente arrivato nella zona con le truppre bizantine impegnate nella guerra grecogotica: Arslan 2007, pp. 194-199. 12 S. Gasparri ha proposto di identificare questo personaggio con un gastaldo di Siena, forse predecessore immediato del gastaldo senese Wilerat citato in CDL, I, n. 19 (715 giugno 20), Gasparri 2004, p. 7 nt. 12. Per una aprossimazione all’onomastica longobarda in Toscana, N. Francovich Onesti 2000, pp. 357-374. 13 L’oraculum di Sexta è stato recentemente identificato con un edificio ecclesiastico sorto in un tempo indeterminato nei pressi di una grande villa di età alto imperiale situata a Sesta (Montalcino), Campana – Felici 2009, p. 454. a Il copista di questo documento aggiunse questa frase al termine del testo del documento, in corrispondenza di possideat; sull’analisi paleografica della nota cfr. CDL, I, p. 9 e Bougard 2006, p. 121.