regola e costituzioni

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regola e costituzioni
REGOLA E COSTITUZIONI
di fr. Carlo Vecchiato
Negli Ordini monastici all’inizio abbiamo soltanto la REGOLA. Con le riforme dei monasteri
benedettini (v. Cluny), che si organizzano in federazioni di monasteri autonomi, nascono le
Consuetudines proprie delle rispettive riforme. Così si hanno: la Regola, base comune per tutti, e le
Consuetudines (Instituta, Constitutiones), che raccolgono le norme particolari.
Anche gli Ordini Mendicanti hanno alla radice la Regola.
San Francesco, che non vuole rifarsi alle Regole già esistenti, perché vuole che la sua forma di vita
altro non sia che il vangelo, compone la sua REGOLA (Protoregola (1209/1210), Regola non
bollata del 1221, Regola bollata del 1223).
Ben presto l’Ordine sentì il bisogno di una interpretazione autentica della Regola e del testamento di
S. Francesco: sorsero nuove norme e direttive.
Nel capitolo generale del 1239, convocato a Roma, fu eletto ministro generale fra Alberto da Pisa,
provinciale di Inghilterra, che succedette a frate Elia. Il capitolo promulgò le prime Costituzioni, che
regolavano la vita dei frati, specie riguardo al governo. Si limitarono i poteri del ministro generale,
togliendogli quello di nominare i provinciali (da allora in poi eletti in capitolo), i custodi e i
guardiani (da allora in poi nominati dal provinciale); fu riconosciuta la supremazia dei capitoli sui
ministri. Fu deciso di convocare il capitolo ogni tre anni e il numero delle Province, arrivate sotto
frate Elia a 72, fu ridotto a 32: 16 cismontane e 16 ultramontane. Queste e altre norme entrarono a
far parte delle prime Costituzioni, dette ANTIQUAE 1, che non ci sono giunte, ma che si sa confluite
nelle successive, le Narbonensi.
Constitutiones NARBONENSES, approvate nel capitolo generale di Narbonne (1260), ministro
generale S. Bonaventura.
P. Desbonnets, nella prefazione al suo libro “Dall’intuizione all’istituzione”, paragona la normativa
nata nell’Ordine per osservare la Regola di S. Francesco, al lavoro degli invertebrati che, per
sopravvivere, devono elaborare una corazza esteriore, che li sostenga e li difenda. Ma essi devono,
al momento opportuno, essere in grado di abbandonarla per rifarsene un’altra, secondo le
dimensioni che hanno raggiunto, altrimenti quella struttura li porterebbe al soffocamento.
È un’immagine e, come tutti i paragoni, ha la proprietà di evidenziare alcuni aspetti, senza la pretesa
di rispecchiare totalmente la realtà.
La legislazione francescana, che chiamiamo “Costituzioni”, si rinnova continuamente, a seconda
delle esigenze dei tempi, delle disposizioni pontificie, della nuova realtà dell’Ordine.
Il prologo delle prime Costituzioni, quelle Narbonensi, adopera un’altra immagine: riprendendo la
parola del Siracide: “Dove non esiste siepe, la proprietà è saccheggiata” (Sir 36,25), le Costituzioni
(la raccolta delle observantiae regulares, degli statuta regularia) sono paragonate alla siepe
necessaria per custodire il carisma lasciato da Francesco.
Le Costituzioni Narbonensi si compongono di 12 “rubriche” (a partire dalla redazione delle
Costituzioni Assisane del 1316 saranno detti “capitoli”), come i 12 capitoli della Regola, ma senza
una corrispondenza con i loro contenuti:
rubrica 1
l’entrata nell’Ordine (11 articoli)
rubrica 2
l’abito (12 articoli)
rubrica 3
la povertà (24 articoli)
rubrica 4
la vita all’interno della comunità (23 articoli)
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In maiuscoletto le principali redazioni delle Costituzioni lungo i secoli.
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rubrica 5
rubrica 6
rubrica 7
rubrica 8
rubrica 9
rubrica 10
rubrica 11
rubrica 12
la vita quando si è fuori del convento (19 articoli)
le occupazioni dei frati: de modo laborandi (29 articoli)
la correzione dei frati che hanno mancato (26 articoli)
la visita delle Province (articoli 25)
l’elezione dei ministri (articoli 23)
il capitolo provinciale (articoli 27)
il capitolo generale (articoli 28)
i suffragi per i defunti (articoli 8)
Redazioni successive delle Narbonenses:
Assisienses I (capitolo generale di Assisi del 1279, ministro gen. fra Bonagrazia Tielci, bolognese)
Parisienses (capitolo generale di Parigi del 1292, ministro gen. Raimondo Gaufredi, francese)
Assisienses II (capitolo generale di Assisi del 1316, ministro gen. fra Michele Fuschi, da Cesena)
Si tratta di una revisione delle precedenti: vengono mantenuti i dodici capitoli con le stesse
tematiche, ma il contenuto viene rielaborato (c. 1: art. 8; c. 2: art. 5; c. 3: art. 15; c. 4: art. 15; c. 5:
art. 17; c. 6: art. 35; c. 7: 42; c. 8: art. 29; c. 9: art. 32; c. 10: art. 23; c. 11: art. 24; c. 12: art. 8).
Si fa riferimento alla interpretazione della Regola da parte di Niccolò III (bolla Exiit del 1279) e di
Clemente V (bolla Exivi del 1312) circa la povertà. I testi vengono riportati nella successiva
redazione delle Costituzioni
Lugdunenses I (capitolo generale di Lione del 1325, ministro gen. fra Michele Fuschi, da Cesena).
Nel 1328 il ministro generale fra Michele da Cesena aveva lasciato l’Ordine e si era rifugiato presso
Ludovico il Bavaro (nella controversia sulla povertà, che anche Cristo e gli apostoli non avrebbero
posseduto nulla né in comune né in privato, si era schierato contro il papa Giovanni XXII),
appoggiandolo nell’impresa di opporre al papa Giovanni XXII l’antipapa Nicolò V (fra Pietro da
Corvaro, OMin.).
In questo clima furono compilate le nuove Costituzioni
Perpinianenses (capitolo generale di Perpignan del 1331, ministro gen. fra Geraldo Oddone,
francese).
Le nuove Costituzioni si diffondono in un gran numero di statuti, rubriche, pene severe per i
mancanti, regole per governare l’Ordine e le Province. Ogni articolo porta la fonte da cui è dedotto.
Questa compilazione delle C. si compone di 21 capitoli, di lunghezza variabile:
c 1, La nostra vita e regola, art. 8; c. 2, La devozione al Papa, art. 4; c. 3, L’ingresso nell’Ordien, art.
11; c. 4, La forma dell’abito, art. 9; c. 5, La celebrazione dell’Ufficio Divino, art. 11; c. 6, Il digiuno,
art. 6; c. 7, Comportamento quando si va per il mondo, art. 14; c. 8, Non si riceva denaro, art. 4; c. 9,
Il modo di lavorare, art. 15; c. 10, I frati non si approprino di niente, art. 6; c. 11, L’elemosina, art. 3;
c. 12, Il servizio ai frati malati, art. 3; c. 13, La penitenza da imporsi ai frati che peccano, art. 9; c. 14,
L’elezione del ministro generale, art. 10; c. 15, I capitoli e i ministri provinciali, art. 21; c. 16, La
predicazione, art. 3; c. 18, La correzione dei frati, art. 42; c. 19, Rapporto con i monasteri femminili,
art. 7; c. 20, I missionari fra i saraceni, art. 2; c. 21, Il cardinale protettore, art. 7.
Il papa Benedetto XII, Cistercense, nel desiderio di riformare la curia romana avignonese e gli
ordini religiosi, intervenne direttamente imponendo all’Ordine un testo di Costituzioni di impronta
monastica, che furono dette
Statuta Benedectina (1336), in 30 capitoli, con nuove norme e vari usi monastici.
In verità, come è detto nella bolla di promulgazione Redemptor noster, alla stesura avevano
partecipato, oltre al papa, cinque cardinali, due vescovi e due abati, anche lo stesso ministro
generale, sei ministri provinciali, due ex ministri provinciali e cinque maestri di teologia; e a una
analisi minuziosa appare che gran parte delle diverse Costituzioni antecedenti vi erano integrate.
Tuttavia il tono e lo stile con cui erano state promulgate e imposte erano nuovi e crearono la
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reazione negativa nell’Ordine, quasi che esso non fosse in grado di darsi una legislazione per il
governo e la vita regolare.
Il capitolo generale del 1337, tenuto conto degli Statuta benedectina, approva un testo che si rifa
alle precedenti edizioni delle Costituzioni dell’Ordine. Si tratta delle Costituzioni
Caturcenses (capitolo generale di Cahors del 1337, ministro generale fra Geraldo Oddone,
francese), in 16 capitoli.
Negli anni che seguono i vari Capitoli generali ritoccano le Costituzioni:
Assisienses III (capitolo generale di Assisi, 1340, ministro generale fra Geraldo Oddone), nuova
compilazione tratte dalle Costituzioni del 1316, 1331 e 1337, in 12 capitoli.
Massilienses (Capitolo generale di Marsiglia del 1343, ministro generale fra Fortanerio Vasalli): in
12 capitoli, riprendono il testo del 1260 con l’aggiunta di nuove norme.
Venetae (capitolo generale di Venezia, 1346, ministro generale fra Fortanerio Vasalli, francese):
supplemento di 6 capitoli alle precedenti di Marsiglia.
Lugdunenses II (Capitolo generale di Lione, 1351, ministro generale fra Guglielmo Farinier,
francese), in 14 capitoli, in parte nuovi (cc. 1-6) e in parte trascritti dalle Cost. del 1337.
Nel capitolo genrale di Assisi del 1354 fu approvato un nuovo testo che rimarrà in vigore,
sostanzialmente, fino al 1500. Si tratta delle Costituzioni
FARINERIAE (firmate dal ministro generale fra Guglielmo Farinier) in 12 capitoli (stessi titoli). Già
nel capitolo del 1343 era stato stabilito di riprendere le Costituzioni Narbonensi, adattandole
secondo le nuove esigenze.
Nella seconda metà del 1300 inzia la riforma di fra Paoluccio Trinci da Foligno, approvata dal
ministro generale, e di cui nel 1388 diventa commissario generale. Alla sua morte (1391) la riforma
contava 60 religiosi, distribuiti in 22 romitori. Alla morte del suo successore fra Giovanni da
Stroncone (1418) i religiosi erano 200 in 34 “luoghi”. L’adesione alla riforma di Bernardino da
Siena, Giovanni da Capestrano, Giacomo della Marca e Alberto da Sarteano segnò lo sviluppo della
Regolare Osservanza Francescana e il passaggio da locale movimento eremitico a movimento
europeo apostolico.
Ciò creò una grande tensione all’interno dell’Ordine, fra la Comunità che si sentiva a posto vivendo
secondo i privilegi dati dai sommi pontefici e l’Osservanza, che si riteneva la sola vera interprete di
s. Francesco.
Un tentativo di riformare l’Ordine, salvaguardandone l’unità, fu fatto nel capitolo di Assisi del
1430, dove furono elaborate le Costituzioni
Martinianae (approvate da papa Martino V), in 12 capitoli, ad opera del ministro generale
Guglielmo da Casale e da fra Giovanni da Capestrano. Esse, però, non sortirono l’effetto desiderato.
Anzi, successivamente la Comunità le revocò nel capitolo di Montpellier (1446), ritornando a far
valere le Costituzioni Farinerie.
Fallito il tentativo di un testo per tutto l’Ordine, nel Capitolo generale del 1500 a Terni, furono
elaborate le Costituzioni
ALEXANDRINAE, in 12 capitoli, a spiegazione dei 12 capitoli della Regola, approvate per la sola
parte della Comunità da parte di papa Alessandro VI nel 1501. L’Osservanza non era tenuta ad
osservarle se non nei punti in cui era fatta esplicita menzione anche per essa.
Sempre nel clima difficile fra i due gruppi della Comunità e dell’Osservanza, nel capitolo
“generalissimo” 2 del 1506, celebrato a Roma all’Aracoeli, fu discusso un nuovo testo di
Costituzioni, elaborate da una commissione pontificia, poi approvate da Giulio II nel 1508, allo
scopo di riunificare l’Ordine, le Costituzioni
Julianae, in 12 capitoli. Per le gravi discordie sorte nell’Ordine e soprattutto per l’opposizione
dell’Osservanza cismontana, furono revocate dal papa nel 1510.
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Il Capitolo fu detto “generalissimo” perché vi parteciparono i Conventuali, gli Osservanti e i rappresentanti di altri
gruppi minori: clareni, amadeiti, coletani e guadalupensi.
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Dopo la divisione dell’Ordine (1517), restano valide per i Conventuali le Alexandrinae, confermate
poi da Clemente VII nel 1524.
Nella Chiesa intanto si era rovesciato il ciclone della Riforma Luterana, alla quale la Chiesa
Cattolica rispose con un processo di rinnovamento che culminò nel Concilio di Trento (1545-47;
1551-52; 1562-63), a sua volta fonte e impulso al rifiorire del cattolicesimo.
Anche il nostro Ordine beneficiò del nuovo clima spirituale. Nel capitolo generale di Firenze del
1565 furono approvate le Costituzioni, poi confermate da papa Pio IV e dette
PIANAE, in dodici capitoli a spiegazione dei 12 capitoli della Regola. Tenevano conto dei decreti del
Concilio di Trento e introducevano il principio della “proprietà in comune”.
Altro testo fondamentale è quello delle Costituzioni
URBANAE, elaborate nei capitoli generali di Roma 1617, 1623 e 1625, sotto il generalato di fra
Giacomo Montanari, fra Michele Misserotti e fra Felice Franceschini, e approvate da papa Urbano
VIII nel 1628. Tutte le precedenti Costituzioni vengono abrogate. Le Costituzioni rivendicano ai
Conventuali la legittimità di essere veri figli di S. Francesco, anche se hanno accettato di vivere
secondo i privilegi e le dichiarazioni dei papi, e ricorda che incorrono nella scomunica coloro che li
accusano di non osservare la Regola. Viene prescritto, inoltre, che le Costituzioni non dovranno
essere cambiate e, se anche i capitoli generali apporteranno delle modifiche, dovranno sempre
portare il nome di Costituzioni Urbane. Come di fatto avverrà per i testi che saranno approvati per
le Province di Francia dopo l’unione degli Osservanti ai Conventuali nel 1771 (Constitutiones
Urbano-Clementinae) e per il testo abbreviato, e mitigato circa il numero e la severità delle censure,
del 1823, approvato da papa Pio VII (Constitutiones Pio-Urbanae explanatae).
Fondamentalmente le Costituzioni Urbane resteranno in vigore fino alla nuova redazione del 1932.
Conservando la struttura di 12 capitoli, il testo si presenta come un manuale per la vita del frate
minore, comprensivo di tutte le situazioni in cui il frate può venire a trovarsi.
In seguito alla promulgazione del nuovo Codice di Diritto Canonico nel 1917, fu messa mano alla
compilazione di un nuovo testo delle Costituzioni, approvate nel capitolo di Assisi del 1930 e
confermate da papa Pio XI nel 1932. Non porteranno più il nome del Pontefice che le ha
confermate, ma saranno semplicemente le
CONSTITUTIONES ORDINIS FRATRUM MINORUM CONVENTUALIUM, ad codicem Iuris Canonici
conformatae.
Anch’esse sono strutturate in 12 capitoli, a spiegazione dei 12 capitoli della Regola, suddivisi in
Titoli. (Alla edizione tipica, in latino, si accompagnò una in italiano “per uso dei fratelli laici”,
molto riassuntiva!!)
Le nuove Costituzioni seguono le Urbanae nell’impostazione, nella suddivisione e nella titolazione
dei Titoli, introducendo quanto il nuovo CIC ha prescritto.
Il breve confronto che segue è stato compiuto tra le Urbanae explanatae (che, pur essendo una
abbreviazione delle Urbane, nella edizione del 1880 constano di ben 244 fitte pagine) e le
Costituzioni del 1932, per far risaltare le novità.
Nelle Costituzioni del 1932 è stata lasciata cadere l’annotazione polemica circa l’identità dei
francescani che hanno accettato l’interpretazione e i privilegi della Chiesa 3.
Viene introdotto il seminario minore (o probandato), prima del noviziato. Parte dei beni del novizio
può essere data al convento del noviziato, per sostenere le spese del vitto e del vestiario del novizio.
Con la vestizione ritorna a conseguire l’innocenza battesimale (n. 98)! (così anche nelle Urbanae).
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La querelle, però, all’inizio del secolo non era ancora conclusa, se in una lettera alle tre famiglie francescane OFM,
OFMConv e OFCap il card. Vives per espresso incarico di papa Pio X il 15.9.1910 contesta che l’una o l’altra famiglia
riservi a sé l’ininterrotta successione di figli di S. Francesco e ritenga i Conventuali non veri francescani, perché vivono
secondo i privilegi concessi dalla Chiesa.
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L’ammissione del novizio è compiuta per ballottazione segreta dai professi solenni sacerdoti di
famiglia nel convento.
Novità delle Cost. 1932: l’introduzione della professione semplice (per tre anni o fino al 21° anno di
età) (nn. 149-158); la prescrizione degli esercizi spirituali annuali di otto giorni; l’esortazione alla
devozione alla Vergine Immacolata e al S. Cuore di Gesù (206-207).
Esiste ancora la figura dell’oblato, cioè di chi vive la vita del frate senza fare né noviziato né voti.
La novità più importante si trova nel c. IV, sulla povertà, con l’introduzione del nuovo Titolo VI, La
perfetta vita comune. Ancora le Costituzioni Urbane prevedevano l’assegnazione mensile di una
“modica pecuniae summa” per le necessità più immediate (c. IV, Tit. 7,2) e la possibilità di
conservare presso il religioso a ciò assegnato dal superiore il denaro avuto per la predicazione o ad
altri titoli, al quale attingere per “l’acquisto di libri, vesti o altri oggetti secondo la povertà” e di cui
rendere conto ogni anno ai superiori (c. IV, Tit. 7,4).
Il CIC del 1917 aveva stabilito che nelle case di noviziato e di teologia la vita comune doveva
essere totale, altrimenti gli studenti non potevano essere ammessi agli ordini sacri. La vita comune
doveva essere osservata non soltanto circa l’orario della giornata (atti comuni), ma anche riguardo
all’eguaglianza nel vitto, nell’abito, nell’arredamento, che dovevano corrispondere alla povertà
professata. Tutto quello che i religiosi (compreso il superiore) potevano acquisire a qualsiasi titolo
andava inserito nei beni della casa, della Provincia o dell’Ordine, e il denaro ricevuto andava nella
cassa comune. Veniva così abolito il peculio, il deposito personale di denaro.
Le Costituzioni richiamano tutto questo: “Nel nostro Ordine, dappertutto e da tutti, si osservi
fedelmente e fermamente la vita comune perfetta, secondo i decreti della Santa Sede, restando
revocata qualsiasi eccezione, se mai fosse stata per qualsivoglia modo concessa” (402). Nello stesso
tempo ribadiscono con forza il valore della povertà: “I frati si ricordino che hanno abbracciato per
amore di Cristo il tesoro dell’altissima povertà, perciò non richiedano quanto è contrario alla santa
povertà e secondo le vanità, le brame e le sollecitudini di questo mondo” (404).
Ci tengono altresì a ribadire che l’Ordine, sebbene abbia accolto la possibilità del possesso in
comune, intende non comprare né accettare, se non per necessità o utilità, beni immobili,
consapevole di come il loro possesso e amministrazione possono essere di pericolo per la vita
religiosa (358). Vi ritorna al n. 469: “Benché il nostro Ordine abbia accettato, secondo i decreti del
Concilio di Trento e le concessioni dei sommi pontefici, di possedere in comune, tuttavia rimane
sempre valida per il religioso l’altissima povertà”.
Scompare nelle Costituzioni 1932 l’affiliazione al convento (477): il frate si affilia o alla Provincia
o alla missione. Nell’Ordine, infatti, è stata costituita la Crociata Missionaria, alle immediate
dipendenze del ministro generale per le missioni.
Scompare anche la distribuzione dei conventi in quattro classi: conventi di prima classe (con oltre
60 frati), di seconda classe (con oltre 40 frati), di terza classe (con oltre 20 frati), di quarta classe
(tutti gli altri). Un convento, per essere casa formata, deve avere almeno sei frati, dei quali almeno
quattro sacerdoti. Gli altri conventi devono essere considerati come case non formate o residenze
(490-91). Viene introdotto il testo sul Sacro Convento di Assisi, il quale eccelle per dignità. Il
Custode viene eletto in capitolo generale e equiparato al ministro provinciale. Nel Sacro Convento è
costituito il collegio missionario (497-503).
La materia riguardante la confessione dei casi riservati e la confessione dei frati (c. VII) e quella
riguardante la potestà nell’Ordine, il modo di procedere nelle elezioni del ministro generale e
provinciale, il capitolo generale e provinciale, le Custodie (intese come suddivisione della
Provincia, composte da almeno tre conventi) e il guardiano (c. VIII), viene rivista a partire dal
nuovo CIC. Nuovo il titolo sulle parrocchie (698-707). Il capitolo conventuale rimane ancora
riservato ai soli professi solenni di famiglia sacerdoti (!).
Anche il c. IX, che tratta dei predicatori, vede una rinnovazione rispetto a quello delle Urbane (non
si parla più delle due classi di predicatori, nominati dal generale per la prima e dal provinciale per la
seconda, con la lista dei conventi di prima classe).
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Il c. X tratta delle colpe e delle pene da infliggere. Viene lasciato cadere il capitolo delle colpe,
previsto dalle Urbane, e la pena del carcere conventuale. Si parla piuttosto della dimissione
dall’Ordine a norma del nuovo CIC, mentre rimane inalterata la materia sulle pene e sui casi previsti
dal diritto comune.
Il c. XI rimane sostanzialmente inalterato.
Nel c. XII si parla delle missioni: mentre le Urbane avevano soltanto un paragrafo di poche righe, le
Cost. 1932 dedicano maggiore spazio all’attività missionaria delle Province e istituiscono la figura
del segretario per le missioni dell’Ordine (859-868).
Invariati, rispetto alle Urbane, il testo sul card. protettore dell’Ordine (869) e l’esortazione finale
all’osservanza delle Costituzioni (870).
Nelle Costituzioni 1932 viene adottato il metodo della numerazione progressiva di tutti gli articoli.
Il soffio del Concilio Vaticano II
Trent’anni dopo la promulgazione delle nostre Costituzioni si apre il Concilio Vaticano II. Una
ventata d’aria fresca e di Spirito Santo irrompe sulla Chiesa. Tutti gli Istituti religiosi sono invitati a
ritornare alle origini della propria fondazione per ritrovarvi il genuino carisma, come pure a
rileggere la propria identità alla luce della propria storia, dell’insegnamento della Chiesa e delle
mutate esigenze dei tempi.
Il Concilio Vaticano II rinnova il concetto di costituzioni, abbandonando un modo assai parziale e
ristretto di intenderle come un codice minuzioso, quasi come un regolamento comunitario, per
ritornare al significato primigenio delle stesse, cioè a considerarle come la legge fondamentale che
definisce gli elementi sostanziali della vita e della missione di un istituto religioso.
Il Concilio chiede agli Istituti religiosi di rivedere le proprie costituzioni (PC 3) secondo i principi
fondamentali di tutto il rinnovamento religioso (PC 2); e successivamente il "motu proprio"
Ecclesiae sanctae stabilisce che il testo delle nuove Costituzioni deve contenere: 1) i principi
evangelici e teologici della vita religiosa e dell'unione di questa con la Chiesa; 2) le norme
giuridiche necessarie per definire chiaramente il carattere, i fini e i mezzi dell'Istituto. L’unione di
questi elementi è necessaria onde evitare di avere o un testo solamente giuridico o un testo
puramente esortativo.
Il nuovo Codice di diritto canonico, promulgato nel 1983, presenta le costituzioni come
l'espressione concreta del modo peculiare di seguire Cristo in ciascun istituto religioso, e stabilisce
gli elementi che necessariamente in essi dovranno trovarsi in modo esplicito, e cioè:
a) le intenzioni dei fondatori circa la natura, il fine, lo spirito e il carattere di ciascun istituto,
come anche le sane tradizioni (can. 578);
b) le norme fondamentali relative al governo, alla disciplina, alla incorporazione e formazione
dei membri, nonché l'oggetto proprio dei voti (can. 587 §1);
c) gli elementi spirituali e giuridici per il normale sviluppo dell'istituto, senza però moltiplicare
le norme oltre il necessario (can. 587 § 3).
Tenendo conto di tutte le indicazioni di cui sopra, anche il nostro Ordine pone mano alla
riformulazione delle Costituzioni. Inizia un periodo fervido di lavoro che coinvolge tutti i frati
attraverso un questionario sui diversi problemi della vita religiosa. Successive commissioni
predispongono un lavoro di sintesi che viene studiato e via via approvato, ad experimentum, nei vari
capitoli generali ordinari e straordinari del 1969, 1972, 1975, 1978, 1981 e 1983.
Proprio perché testo ad experimentum è stato possibile valorizzare, nella sua stesura, i molteplici
documenti ecclesiali usciti nel frattempo, verificando contemporaneamente nell’esperienza concreta
le innovazioni più rilevanti, specie nei metodi di suffragio e di partecipazione elettiva al governo
della fraternità.
Inoltre si è tenuta presente la norma del nuovo Codice di Diritto Canonico di distinguere nella
nuova legislazione dell’Ordine un duplice testo:
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a) le Costituzioni, o codice fondamentale, che raccoglie quanto indicato sopra (il carisma di san
Francesco e il modo di vivere i voti; le norme fondamentali relative alla incorporazione e alla
formazione, alla vita di preghiera, di vita fraterna, di apostolato; le norme riguardanti la
struttura e il governo dell’Ordine)
b) gli Statuti generali, o codice secondario, che raccoglie norme più pratiche di attuazione delle
Costituzioni e modificabili secondo le esigenze dei tempi.
Le Costituzioni, una volta promulgate ufficialmente, hanno un carattere di stabilità e, per questo,
non sono modificabili se non con il consenso della competente autorità della Chiesa, mentre gli
Statuti, proprio per il loro carattere, sono suscettibili di revisione e aggiornamento da parte dello
stesso Ordine, nei capitoli generali.
Le nuove COSTITUZIONI DELL’ORDINE DEI FRATI MINORI CONVENTUALI DI S. FRANCESCO,
approvate dal Capitolo generale 1983, confermate dalla Congregazione per i Religiosi con decreto
del 2 ottobre 1984, promulgate dal ministro generale fra Lanfranco Serrini il 4 ottobre 1984, entrano
in vigore il 25 marzo 1985.
Le novità delle Costituzioni.
a) Loro totale novità. Non si tratta di un rifacimento o adattamento delle precedenti, come lo erano
quelle del 1932 rispetto alle Urbane.
b) La loro compendiosità: appena 206 articoli, per lo più molto brevi, a fronte degli 870 delle
precedenti Costituzioni. È stato osservato il dettato del CIC: “Non si moltiplichino le norme senza
necessità” (can. 587 § 3).
c) La loro divisione in sei capitoli, lasciando così la tradizionale struttura dei 12 capitoli delle
Costituzioni, presente in quasi tutti i testi delle Costituzioni dei secoli precedenti.
d) Le Introduzioni spirituali che precedono i singoli capitoli, che nell’intenzione del legislatore
vogliono costituire la base carismatica delle norme che seguono. Non un semplice additivo, ma la
radice stessa, che fornisce la linfa vitale a tutto il capitolo.
Struttura delle Costituzioni.
Le attuali Costituzioni non sono strutturate sui 12 capitoli della Regola (che resta sempre il
fondamento e il punto di riferimento, e viene posta immediatamente prima del testo delle
Costituzioni), ma sui sei grandi nuclei della vita religiosa francescana: la vita evangelica; la
formazione; la vita di unione con Dio; la comunità familiare dei frati; la vita apostolica; il governo
dell’Ordine.
Nel testo definitivo sono entrate: lo spirito carismatico mediato dalla tradizione conventuale (ad es.:
per quanto riguarda la preghiera, l’apostolato, il governo), l’esperienza dell’Ordine in questo nostro
tempo (ad es.: la struttura di Province, Custodie, Delegazioni), le indicazioni della Chiesa date
attraverso i testi conciliari, i documenti del dopo Concilio, il Codice di diritto Canonico (ad es. le
norme circa la formazione, l’uscita dall’Ordine, l’autorità), le istanze del nostro tempo (ad es.: le
attività pastorali, il rapporto con le altre Famiglie francescane, le Conferenze).
Ecco in sintesi le Costituzioni:
Cap. I – La vita evangelica dei frati.
Introd. spir.: “Il Signore mi rivelò che dovevo vivere secondo il santo vangelo” – “La vita dei frati
minori è osservare il santo vangelo” – “Imitare l’esempio di Gesù, che diede la sua vita per non
perdere l’obbedienza del Padre” – “I frati minori abbracciano con umiltà e letizia l’altissima
povertà del Signore Gesù” – “Nella continenza… sperimentiamo quanto è dolce e amabile avere un
tale Fratello” – “Osserviamo la Regola…. sempre sudditi e soggetti alla santa Chiesa”.
Titolo I: Gli elementi costitutivi dell’Ordine: denominazione e carisma (3 art.: §§ 1-3)
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Titolo II: La professione dei voti: significato generale, valore e esigenze dei singoli voti (16 art.:
§§ 4-19).
Titolo III: La professione della Regola: Regola, Costituzioni, Statuti (6 art.: §§ 20-25)
Titolo IV: La struttura dell’Ordine: Sacro Convento, Province, Custodie, conventi (art. 4: §§ 2629).
Cap. II – La formazione dei frati.
Introd. spir.: “Se qualcuno verrà dai nostri frati, sia benignamente accolto” – “L’esempio della
vita è la migliore animazione vocazionale” – “Al candidato, giunto a un sufficiente grado di
maturità umana e spirituale, il ministro esponga i contenuti della nostra vita” – “I candidati
sappiano che sono venuti alla scuola di Cristo umile” – “Terminato l’anno della prova promettono
con l’osservanza dei consigli evangelici di seguire il Signore” – “Gli alunni si formino e si
perfezionino con l’opera degli educatori” – “Imparino la lettera e il contenuto della Regola e della
vita”.
Titolo I: La cura delle vocazioni (2 art.: §§ 30-31)
Titolo II: L’ammissione all’Ordine: idoneità dei candidati (4 art.: §§ 32-35)
Titolo III: Il noviziato e la professione: noviziato, la professione temporanea e la solenne (11 art.:
§§ 36-46).
Titolo IV: I principi della formazione: ruolo dei seminari, degli educatori, delle comunità (7 art.: §§
47-53).
Titolo V: La formazione spirituale: formazione agli impegni della professione, alla preghiera
liturgica e personale (3 art.: §§ 54-56).
Titolo VI: La formazione dottrinale, tecnica e pastorale: formazione per i candidati al sacerdozio,
per i fratelli religiosi, formazione permanente (6 art.: §§ 57-62).
Titolo VII: La formazione agli ordini sacri (4 art.: §§ 63-66).
Cap. III – La vita di unione con Dio.
Intr. spir.: “Siamo sollecitamente indotti a dirigere il nostro cuore al Padre” – “Ricorriamo al
Signore nostro Gesù Cristo, crocifisso” – “Il Signore Gesù con lo Spirito Santo ti renda grazie…
celebriamo le divine lodi” – “In comunione con l’Immacolata Madre di Dio, Madre della Chiesa,
Regina del mondo” – “Il beato Francesco iniziò la conversione del cuore e si propose di
cominciare a fare penitenza” – “Francesco viveva in Gesù la piena comunione con Dio uno e
trino”.
Titolo I: La vita e lo spirito di preghiera (2 art.: §§ 67-68)
Titolo II: La preghiera liturgica: l’Eucaristia, la Liturgia delle Ore (5 art.: §§ 69-73)
Titolo III: Le altre azioni sacre: devozione all’Eucaristia, la Parola di Dio, meditazione, ritiro
spirituale, devozione alla Madonna e ai Santi (7 art.: §§ 74-80)
Titolo IV: La penitenza: sacramento della riconciliazione, mortificazione, digiuno (5 art.: §§ 81-85)
Cap. IV – La comunità familiare dei frati.
Intr. spir.: “L’Ordine è una fraternità, i cui membri sono uniti tra di loro da vincoli e relazioni
fraterne… attratti dallo stesso spirito e generati dallo stesso padre” – “Resi membra di Cristo
nella comunione della fede e della carità… un cuore solo e un’anima sola” – “La vita evangelica
caratterizzata dai voti e dall’apostolato, e la vita comunitaria costituiscono la vita integrale del
frate” – “Il b. Francesco prescrive ai frati e ai ministri di radunarsi insieme al ministro generale
nei capitoli” – “Divenuto araldo del vangelo, incominciò ad annunciare il vangelo” – “Tutti
coloro che hanno come unico padre S. Francesco coltivino la comunione fraterna fra di loro”.
Titolo I: La vita fraterna francescana: vita fraterna ai diversi livelli (generale, provinciale,
conventuale), tra superiori e frati, tra i frati stessi, verso i malati (7 art.: §§ 86-92)
Titolo II: Le pratiche della vita comune: preghiera, mensa, ricreazione, clausura, abito, viaggi,
rapporto con i parenti e dipendenti (9 art.: §§ 93-101)
Titolo III: Il dovere della carità verso i defunti (1 art.: § 102)
8
Titolo IV: L’amministrazione comune dei beni: a ogni livello, generale, provinciale e conventuale
(11 art.: §§ 103-113)
Titolo V: Le relazioni con le altre famiglie francescane: I Ordine, II Ordine e OFS (3 art.: §§ 114116)
Titolo VI: La tutela della vita fraterna: correzione fraterna, uscita dall’Ordine (3 art.: §§ 117-119).
Cap. V – La vita apostolica dei frati.
Intr. spir.: “Voglio che tutti i frati lavorino” – “Lavorino con fedeltà e devozione” – “Il santo
padre Francesco si sentì chiamato al ministero apostolico” – “Andate e annunciate agli uomini la
pace e la penitenza” – “Quei frati che per divina ispirazione vorranno andare fra i saraceni e altri
infedeli, vadano con il permesso del loro ministro e servo”.
Titolo I Il fondamento dell’attività francescana: partecipazione alla missione apostolica della
Chiesa, spirito con cui lavorare (5 art.: §§ 120-124)
Titolo II Gli spazi e le attività dei frati: ambiti, finalità e forme dell’apostolato (15 art.: 125-139)
Titolo III L’ordinamento delle attività dei frati: compito dei superiori (capitolo provinciale,
ministro provinciale, guardiano); le parrocchie (8 art.: §§ 140-147)
Titolo IV L’attività missionaria: natura della missione, preparazione dei missionari, modo di
svolgere la missione (7 art.: §§ 148-154).
Cap. VI – Il governo dell’Ordine.
Intr. spir.: “I Superiori dell’Ordine sono associati dalla Chiesa al suo supremo ufficio nel governo
della fraternità” – “Il ministro generale deve essere uomo di vita austera, grande discrezione e
lodevole fama. Vorrei che tutto l’onorassero come rappresentante di Cristo” – “I ministri e servi
distribuiscano nelle Province i loro frati e spesso li visitino e spiritualmente li esortino e li
confortino” – “Il beato Francesco riteneva che i capitoli dei frati fossero sommamente importanti
anche per promuovere il governo dell’Ordine”.
Titolo I L’autorità nell’Ordine: Capitoli, Superiori e loro Definitori (6 art.: §§ 155-160)
Titolo II Gli uffici: gli uffici generali, provinciali e quasi-provinciali, conventuali; modalità delle
elezioni; durata degli uffici (10 art. §§ 161-170)
Titolo III Il capitolo generale: convocazione, membri (4 art.: §§ 171-174)
Titolo IV Il ministro generale e il suo definitorio: autorità del ministro generale, competenze degli
assistenti generali (7 art.: §§ 175-181)
Titolo V Il capitolo provinciale: convocazione, membri (4 art.: §§ 182-185)
Titolo VI Il ministro provinciale e il suo definitorio: autorità del ministro provinciale, competenze
degli assistenti provinciali e del custode capitolare (9 art.: §§ 186-194)
Titolo VII Il custode generale e provinciale e il loro definitorio: la custodia generale e provinciale,
competenze dei custodi (3 art.: §§ 195-197)
Titolo VIII Le Conferenze: natura delle C. e loro operatività (3 art.: §§ 198-200)
Titolo IX L’autorità nel convento: guardiano; capitolo conventuale; collocazione dei frati in un
convento; passaggio ad altra Provincia (6 art.: §§ 201-206).
Aspetti delle Costituzioni da sottolineare
Il fondamento spirituale della vita
Oltre che nelle Introduzioni spirituali di ogni capitolo, le Costituzioni anche all’interno dei capitoli
stessi sottolineano che la vita del frate minore è adorazione, ascolto, risposta di amore. Dio,
ritrovato in Gesù Cristo, è il fondamento e il termine della vita.
Ecco alcune citazioni:
Amare Dio con tutto il cuore e conformarsi a Gesù Cristo è subito evidenziato come lo scopo della
vita (3,2; 4; 67,1).
I frati obbediscono ai superiori “per unirsi alla volontà divina, sull’esempio di Cristo che venne in
terra per fare la volontà del Padre” (5), “in spirito di fede e di amore alla volontà di Dio” (6,3); così i
superiori “devono essere docili alla volontà di Dio” (8,1).
9
I frati emettono il voto di povertà “per avere solo in Dio, sommo bene, ogni tesoro spirituale e per
amare più facilmente il Padre” (9,1). Hanno ben presente che sono poveri e pellegrini in questo
mondo (11 §1) e che sono chiamati ad “evitare ogni preoccupazione e ad affidarsi alla Provvidenza
del Padre” (12,1). Inoltre “devono amare i poveri con l’amore stesso di Cristo” (14,3).
“Con il voto di castità i frati si consacrano a Dio solo, per Cristo e il suo regno” (18,1). “Amano il
Signore in tutte le creature con cuore puro, casto corpo e sante azioni” (19,3).
I frati siano formati ad avere “quella unione con Cristo da cui deve procedere ogni loro attività” (38
§2). “Con la professione solenne il frate si consacra a Dio per sempre” (45,3).
“Primo e particolare dovere dei frati in formazione deve essere la contemplazione delle cose di Dio
e la costante unione con Dio nell’orazione” (55,1; 67,1-2), per diventare, come s. Francesco, uomo
diventato preghiera (67,3).
I frati “si abituino al lavoro manuale sull’esempio del Signore Gesù Cristo” (57,2); “procurino di
avere sempre lo spirito del Signore e di ricercare la sua santa volontà e pratichino una perfetta vita
di unione con il Padre celeste; dopo essere stati in contatto più intenso con Dio attraverso la
preghiera, siano solleciti nel conservare nella vita quotidiana l’unione con lo stesso Dio Padre” (68,
1-2; cf. 80,1; 87,3; 95,1). “Imparino a considerare tutte le cose alla luce della fede” (68,3).
Nella messa “imparino ad offrire se stessi con la Vittima divina” (70,1) e nella Liturgia delle Ore
sentano che si uniscono a “quella lode che Cristo sommo sacerdote iniziò nel mondo” (71,1).
I frati “onorino Cristo Signore presente nella santissima Eucaristia… amino intrattenersi in intimo
colloquio con Cristo Signore” (74); “abbiano sempre amore e venerazione verso le divine Scritture,
con le quali il Padre celeste viene amorevolmente incontro ai suoi figli e parla con essi; meditino
continuamente il vangelo di Gesù Cristo nostro Signore” (75); “esprimano il loro amore filiale e lo
spirito di consacrazione alla B. V. Maria” (78).
“I frati alimentino lo spirito del Signore e la docilità alla divina ispirazione anche con la penitenza
evangelica e francescana, mediante la quale si uniscono alla passione di Cristo” (80); “offrano
continuamente a Dio le tribolazioni e infine in punto di morte la vita stessa, come ultimo sacrificio
nelle mani del Signore” (83; 92,2).
La fraternità di tutto l’Ordine e di tutta la Provincia è riunita, nei capitoli, nel nome del Signore
(88,1). Nel capitolo conventuale i frati trattano, nel nome del Signore, le cose che riguardano la vita
spirituale, familiare e apostolica (88,2).
“I Superiori esercitino l’autorità verso i frati in modo da far loro comprendere l’amore con cui Dio li
ama” (90,1).
La mensa comune è a “somiglianza con il convito eucaristico” (95,2).
Nei capitoli sull’apostolato e sul governo dell’Ordine i riferimenti spirituali sono demandati alle
Introduzioni spirituali.
La fraternità
Fin dall’inizio le Costituzioni affermano che i frati costituiscono una famiglia, partecipano tutti alla
vita e alle opere della comunità, tutti hanno uguali diritti e doveri. Vi si aggiunge: “ad eccezione di
quelli che provengono dall’ordine sacro, in quanto l’Ordine è considerato dalla Chiesa Istituto
clericale” (1,2). Non esiste più la distinzione tra frati religiosi e frati sacerdoti, come nelle
precedenti Costituzioni. Tutti formano e partecipano al capitolo conventuale (203,1), momento e
strumento di vita fraterna (88,3); tutti sono responsabili della gestione del convento: delle cose che
riguardano la vita spirituale, familiare e apostolica della comunità (88,2), dell’orario (94), della
buona riuscita dei momenti comunitari (95 §1-3), della cura della casa (95,4), dell’amministrazione
dei beni (103,1; 112,1), degli impegni da prendere e della verifica delle attività dei singoli frati
(143,2).
Il coinvolgimento di tutti i frati è richiesto anche nella preparazione del capitolo provinciale
attraverso l’elezione dei delegati, quando non addirittura la loro partecipazione per l’elezione del
ministro provinciale (184) o perfino la partecipazione all’intero capitolo provinciale (183,2).
10
I frati costituiscono una famiglia, di cui devono mantenere e ravvivare sempre l’unità, e questa
famiglia deve essere come il centro dinamico della loro vita evangelica, spirituale e apostolica
(26,1). Anche quando si trovano, per i più vari motivi, fuori del convento, “amino rimanere uniti
con il pensiero alla propria comunità” (95,4). Questo spirito di famiglia si estende anche a chi ha
lasciato l’Ordine (117) e ai defunti (102).
Lo spirito di fraternità (fratelli nel Signore) deve guidare il rapporto del superiore verso i suoi frati
(amarli con l’amore con cui Dio li ama) e quello dei frati verso i superiori (“li amino con lieto
animo e prendano parte alle loro sollecitudini”) (90), come pure il rapporto tra i frati. Il n. 91 è
particolarmente significativo e ricco: “I frati dimostrino sempre il loro vicendevole amore con gesti
di squisita umanità; si aiutino scambievolmente in ogni genere di servizi spirituali e materiali,
favorendo la maturazione e l'operosità di ciascuno. – I frati evitino giudizi, parole ed azioni che in
qualsiasi modo possano impedire o turbare la pace, la carità e i doveri dell'amore fraterno; vigilino
attentamente che nella comunità non sorgano divisioni o preferenze personali a motivo della
differenza di condizione o di età; differenza che anzi deve offrire nuovi motivi di carità e di unità.
Perdonino poi prontamente ogni eventuale offesa ricevuta”.
Anche l’autorità si iscrive dentro la fraternità, come servizio che alcuni esercitano in favore dei
fratelli: “I superiori siano docili alla volontà di Dio in spirito di carità e di servizio” (8,1),
“esercitino l’autorità verso i frati in modo da far loro comprendere l’amore con cui Dio li ama, e
abbiano a cuore il bene spirituale e temporale della comunità e dei singoli frati” (90,1). Ancora più
esplicita e forte la parola di S. Francesco riportata nella Introduzione spirituale al c. 6,c: “Quelli che
sono costituiti in autorità sopra gli altri, tanto si glorino del loro ufficio, come se fossero incaricati
di lavare i piedi dei fratelli. E colui a cui è commessa l’obbedienza sia il servo degli altri fratelli”.
Molto bello è pure il n. 92,1, che riguarda l’attenzione ai frati malati: “I Superiori e gli altri frati
esercitino una continua e premurosa carità a favore dei frati più anziani o malati; e si provveda ad
aiutarli spiritualmente”.
Un modo per mantenere vivo il senso di famiglia è l’informazione. Di qui la raccomandazione ai
superiori di far circolare lettere e notiziari sugli atti dei capitoli e dei definitori e su tutto quanto
riguarda la vita della fraternità (166,1).
Una concreta forma di fraternità, poi, è la condivisione dei beni materiali fra le Province tra di loro e
fra le case di una stessa Provincia, affinché quelle che godono di maggiori risorse vengano in aiuto a
quelle che soffrono l’indigenza (14,2).
L’attenzione alla persona
È senz’altro frutto della sensibilità della nostra epoca, ma si radica in quella visione cristiana che
vede in ogni persona umana una creatura di Dio, degna del massimo rispetto.
Alcuni esempi:
“Fin dall’inizio della formazione si abbia la massima cura che i frati siano educati alla
responsabilità e spontaneità sia nel lavoro che nella preghiera” (123,1).
L’obbedienza prestata dal frate, lungi da diminuire la dignità della persona umana, la fa pervenire a
una ulteriore maturità, in quanto accresce la sua libertà di figlio di Dio (5).
I superiori ascoltino i loro frati, anzi promuovano la loro collaborazione, e li guidino in modo tale
che questi cooperino con un’obbedienza attiva e responsabile all’assolvimen-to dei loro compiti e
nell’intraprendere iniziative (8). Tale collaborazione e senso di responsabilità viene richiesto anche
nella vita della fraternità (87,2-3).
Quando si tratta di inviare dei frati per qualche specializzazione, si abbia cura di considerare non
solo le esigenze e le necessità della Provincia, ma anche le particolari inclinazioni e doti di ciascuno
(61,1). Questa attenzione deve continuare a esserci anche terminato il periodo degli studi, in modo
che il frate possa aggiornarsi, partecipare a quelle iniziative che contribuiscono alla sua formazione
o anche avere la possibilità di interrompere il lavoro ordinario per un tempo sabbatico (62).
Le legittime iniziative dei singoli frati non solo non vengono negate, ma anzi vengono sollecitate,
con l’attenzione però di coordinarle con gli impegni della comunità e di non svolgerle staccati da
11
essa (89). Così “chi è dotato di un carisma particolare lo deve porre a servizio del regno di Dio,
sotto la guida della competente autorità e con l’aiuto degli altri frati” (139,2).
Nell’assegnare le varie opere di apostolato i superiori tengano conto delle inclinazioni e delle
capacità dei singoli frati (124,1), come pure della loro competenza religiosa e pastorale, dottrinale e
tecnica (144,2).
La dimensione ecclesiale
S. Francesco ha iniziato il suo cammino in seguito al mandato di Gesù crocifisso: “Va’ e ripara la
mia casa…”. Egli ha inteso vivere questo mandato nella fedeltà alla Chiesa cattolica e per il bene
della Chiesa.
La nostra fraternità si è evoluta nella conventualità anche per un più pronto servizio alla Chiesa con
le opere di apostolato (1,4) e la sua esenzione dalla dipendenza dei vescovi è vissuta in vista del
vantaggio comune di tutto il popolo di Dio (2,2).
I frati sono parte viva del popolo di Dio e, in quanto seguaci di Francesco, all’interno della Chiesa
vogliono essere minori, cioè pronti all’obbedienza in ogni cosa e con fedeltà alla Chiesa (7,1). Tale
spirito di minorità li porta a essere sempre disponibili per il servizio alla Chiesa (122,2).
Là dove il bisogno della Chiesa più urge, i frati sono invitati a “sperimentare, con audace fiducia
spirituale, secondo le direttive della Chiesa, nuove vie sia nella scelta che nell’esercizio
dell’apostolato”, pronti a lasciare le attività al momento meno efficaci o meno opportune, per
impegnarsi in quelle che urgono maggiormente per l’utilità della Chiesa e le necessità di tempo, di
luogo e di persone (125,2-3).
Una sottolineatura merita la menzione della collaborazione con i laici (133,1).
L’attenzione ai poveri e ai problemi sociali
I frati, per la loro scelta di povertà e minorità, hanno un legame particolare con quanti si trovano ad
essere poveri non per scelta: sono chiamati a portare in quel mondo il loro servizio vissuto in
povertà, umiltà, semplicità e letizia di cuore (4,2d). Lo fanno in una duplice modalità: condividendo
la loro vita, le loro ristrettezze e angustie, la fatica quotidiana del lavoro e operando per la loro
promozione umana e per alleviare il loro bisogno (12 e 13). Nel bilancio del convento non
dovrebbero mancare queste due voci di uscita: “contributi per le necessità della Chiesa e per il
sostentamento dei poveri, che i frati devono amare con l’amore stesso di Cristo” (14,3).
Per aiutare con maggiore competenza, i frati sono invitati a “approfondire la conoscenza dei
problemi sociali ed economici”, e a partecipare “alle iniziative di carità, di assistenza sociale e
anche di solidarietà internazionale, affinché gli uomini passino dall’indigen-za e dall’ignoranza a
condizioni di vita veramente umane” (136).
L’impegno missionario nell’Ordine
Le Costituzioni vi dedicano il Titolo IV del c. 5. Il tema, così importante nella vita dell’Ordine, ha
certamente bisogno di essere trattato più ampiamente.
L’introduzione dello spirito mariano di S. Massimiliano Kolbe
La devozione all’Immacolata è retaggio dell’Ordine e la sua festa va celebrata con la massima
solennità, rinnovando a Lei la consacrazione dell’Ordine (78,2), ma la consacrazione a Lei è
un’eredità di S. Massimiliano Kolbe, il quale peraltro non viene mai nominato nelle Costituzioni. Il
suo nome appare soltanto nella citazione 4 posta all’inizio della lettera di promulgazione delle
Costituzioni da parte del ministro generale fra Lanfranco Serrini, in caratteri piccolissimi.
4
Ecco la citazione: “Sono anch’io del parere che il problema di adeguare le Costituzioni al Codice e al nostro tempo è
una cosa importantissima, perché, se saranno fatte bene regoleranno il resto” (S. Massimiliano M. Kolbe, SK 89). S.
Massimiliano si riferiva alle Costituzioni del 1932.
12
Fin dalle prime battute si guarda all’Immacolata come guida nell’impegno di estendere il regno di
Cristo (1,4) e come aiuto nel cammino di conformazione a Gesù Cristo (3,2b). Più esplicitamente si
parla della “perfetta consacrazione di se stessi secondo lo spirito della Milizia di Maria Immacolata”
al n. 56; i frati, poi, sono invitati a “diffondere la Milizia di Maria Immacolata che pienamente
esprime lo spirito mariano dell’Ordine serafico” (133,3).
Tematiche accennate, ma significative:
L’accenno ai grandi temi dell’ecumenismo, del dialogo e della pace
Sono appena accennati, ma è rilevante che le Costituzioni vi abbiano posto attenzione.
Al n. 134 si parla dell’ecumenismo, al n. 135 delle relazioni con i non cristiani, al n. 136, 2 alla
collaborazione con gli uomini di buona volontà per la promozione della giustizia e della pace.
Collaborazione con le altre realtà francescane
Le Costituzioni sono state composte negli anni in cui sono stati celebrati grandi avvenimenti
francescani (ricordo il 750° della morte di S. Francesco, 1976; la ricognizione del corpo di S.
Francesco, 1978; l’VIII centenario della nascita di S. Francesco, 1981), vissuti insieme dalle
Famiglie francescane 5, e significativo, anche se molto breve, è l’accenno a “coltivare relazioni di
fraterna comunione con i frati delle altre famiglie del serafico padre S. Francesco” (114,1). Ne dà
una motivazione più ampia la Introduzione spirituale al c. V, f: “In seguito lo stesso primo Ordine,
come fertile albero, produsse diverse famiglie di Frati Minori. Perciò è sommamente conveniente
che tutti coloro che hanno come unico padre S. Francesco coltivino costantemente la comunione
fraterna, affinché sempre e dovunque fiorisca la pienezza del carisma francescano”.
Le Conferenze dell’Ordine
L’istituzione delle Conferenze dei Ministri provinciali è una grande novità, foriera di sviluppi futuri
(198-200). Le Conferenze aprono la strada a molteplici forme di collaborazione fra le Province,
specie nell’ambito della formazione iniziale e permanente e di specifiche attività. È un cammino
avviato, ma ancora da percorrere…
Rilievi alle attuali Costituzioni
1. Benché le Costituzioni richiamino sovente il primato di Dio, come detto sopra, si nota, specie se
confrontate con Vita consecrata, la mancanza di una unzione spirituale, di un afflato interiore. La
stessa disposizione di una Introduzione spirituale staccata dal testo del capitolo è motivo per cui il
testo del capitolo può apparire arido e puramente legislativo.
2. Le Costituzioni sono carenti per quanto riguarda la formazione permanente.
3. Il cammino ecclesiale sulla Parola di Dio (lectio divina) in questi ultimi decenni chiede che le
Costituzioni si esprimano in maniera diversa e più ricca circa l’importanza dell’ascolto, della
meditazione e della preghiera della Parola.
4. Manca una adeguata attenzione alla Chiesa locale e all’inserimento dei frati in essa.
5. Il tema della missione richiede una trattazione più ampia.
6. Le tematiche così significative, ricordate sopra come solo accennate, richiedono un maggiore
spazio: l’ecumenismo, il dialogo interreligioso, l’impegno per Giustizia e Pace sono i nuovi spazi
dell’apostolato, specie dopo lo storico incontro di Giovanni Paolo II con i capi mondiali delle
religioni ad Assisi nel 1986 (“lo spirito di Assisi”).
5
Ognuno di questi avvenimenti diede luogo a Lettere scritte dai quattro Ministri generali francescani: Incipiamus
fratres, 1975; Habere Spiritum Domini, 1977; Iesum in membris semper portabat, 1978; Io ho fatto la mia parte – la
vostra ve la insegni Cristo, 1981.
Frutto prezioso della collaborazione fra le Famiglie Francescane sono state le Fonti Francescane.
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7. La collaborazione con i laici, non per necessità, ma come espressione del loro ruolo maturo nella
Chiesa.
8. La collaborazione all’interno della Conferenza e fra le Conferenze è una esigenza nuova, come
pure il tema della interculturalità all’interno dell’Ordine.
9. La nuova situazione dell’Ordine, creatasi con la diminuzione della presenza nei Paesi di antica
tradizione cristiana dell’Occidente e con lo sviluppo in altre terre, esige una reinterpretazione delle
strutture (= circoscrizioni) e dell’aiuto fra le Province: es. il n. 29, 3 delle Costituzioni, circa
l’erezione di un convento nel territorio di un’altra Provincia, come pure la determinazione della
“morte” di una Provincia, quando essa non risponda più a determinati requisiti.
Le Costituzioni, espressione e guida della spiritualità dell’Ordine
Le Costituzioni non sono più un codice di norme minuziose, ma un libro di vita nel quale si
trovano descritti i valori e le indicazioni pratiche che poi i frati sono chiamati a incarnare nella loro
vita e nel loro operato di ogni giorno. Potremmo dire che le Costituzioni sono una norma che
scaturisce dalla vita stessa, una legge scritta non su tavole di pietra, ma nella carne del cuore. E
poiché sono al servizio della vita, dovranno essere aperte all'evoluzione e al progresso. Questo
programma di vita, poi, non va inteso come un rigido e uniforme dettato, ma piuttosto come il
fondamento che ciascun religioso è chiamato a incarnare lasciandosi guidare dallo Spirito.
Le Costituzioni, approvate dalla Chiesa, diventano guida spirituale per tutti i membri dell’Ordine,
che vi ritrovano un fattore di coesione e di identità.
Nella introduzione alle nuove Costituzioni, il Ministro generale fra Lanfranco Serrini scriveva: “Le
Costituzioni sono un codice di vita, nel senso che dovranno incarnarsi nella nostra esistenza, come
singoli e come comunità. Esse sono l’applicazione pratica della Regola che abbiamo professato.
Assieme alla Regola, formano infatti il contesto nel quale deve maturare la nostra libera scelta di
seguire il Cristo secondo lo spirito di S. Francesco d’Assisi”.
Perciò le Costituzioni sono anche una chiamata permanente a mettersi a totale disposizione di Dio,
che ci ha chiamati e ci invia a una missione di servizio verso i fratelli. Avviene qualcosa come nella
chiamata di Paolo, al quale fu detto: «Alzati, entra nella città e ti verrà detto ciò che devi fare» (At
9,6); così anche a noi è stato detto nel momento della nostra chiamata: «Alzati, entra in questo
istituto e ti verrà detto ciò che devi fare». E allo stesso modo in cui Paolo trovò nelle parole di
Anania (At 9, 17) la volontà di Dio, anche noi troveremo la volontà di Dio nelle parole delle
Costituzioni, che diventano il nostro Anania particolare. E non per il momento iniziale della
chiamata, o per l’anno di noviziato o gli anni di formazione, ma per tutto il corso della vita, perché
alla chiamata di Dio non si risponde una volta per sempre, ma bisogna rispondervi durante tutta
l'esistenza.
Se le Costituzioni sono la nostra guida di identificazione spirituale e guida di unificazione dei
carismi, si convertiranno facilmente anche in guida per la preghiera. Si tratta di rivivere, attraverso
il testo costituzionale, il dialogo vivo tra Dio e noi. Le Costituzioni diventano un richiamo di ciò
che siamo e di ciò che siamo chiamati a essere.
E se essere religioso comporta l’assunzione di un determinato atteggiamento spirituale di fronte alle
realtà temporali, che si concretizzano in uno stile di vita caratterizzato dalla castità, dalla povertà,
dall'obbedienza, dalla vita in fraternità e dalla missione, risulta che tutto questo è precisamente ciò
che deve costituire l'oggetto del dialogo con Dio nell'orazione. Se è nella preghiera che noi
riaffermiamo la volontà decisa che Dio sia realmente Signore di tutta la nostra esistenza e di tutte le
sue manifestazioni, le Costituzioni sono necessariamente un’ottima guida per questo dialogo e per
questo incontro con Lui nell'orazione.
Spesso ho proposto il seguente metodo di preghiera alle Suore Elisabettine: dopo la riflessione sul
tema previsto, ho consegnato loro un testo di preghiera formulato con le parole delle loro
Costituzioni.
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Rileggere le Costituzioni davanti al Signore, facendole diventare oggetto del nostro dialogo con lui,
è un buon metodo per lasciarci penetrare dal carisma dell’Ordine, per interiorizzarlo e per sentirlo
come elemento di identità e di unità.
Il P. Serrini scriveva ancora: “Nasce perciò il dovere di conoscere, di riflettere, di immedesimare
quanto ci renderà più fedeli imitatori del serafico Padre S. Francesco e, di conseguenza, più validi
trasmettitori del suo messaggio di vita per il mondo di oggi”.
Conoscere, riflettere, assimilare (e io aggiungerei anche pregare) le Costituzioni: ecco un lavoro da
fare primariamente in noviziato, ma poi lungo tutta la vita.
Sempre P. Serrini chiedeva, all’atto della promulgazione, che sia come comunità sia come singoli,
tutti i frati facessero uno sforzo per conoscere e assimilare “le norme di vita che vengono offerte
stabilmente al nostro itinerario spirituale”, suggerendo che in incontri, giornate di ritiro, capitoli
spirituali, ecc. le Costituzioni fossero oggetto di riflessione. E poi aggiungeva – e vale in modo tutto
particolare per chi, come voi, per la prima volta accosta le Costituzioni: “Ma sono insostituibili
l’apporto del singolo religioso, il suo impegno di studio personale, la sua capacità di meditare il
testo e di sentire che la propria testimonianza francescana non è fondata sull’equivoco o
sull’arbitrio”.
fr. Carlo Vecchiato
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