Ipertensione_arterio..
Transcript
Ipertensione_arterio..
Back IPERTENSIONE ARTERIOSA La pressione arteriosa venne registrata, per la prima volta, nel 1700 quando Stephen Hales, prelato e scienziato, incannulò l‟arteria crurale di un cavallo collegandola ad un tubo verticale per le misurazioni. Lo sfigmomanometro fu successivamente sviluppato grazie all‟apporto fornito dagli studi di Poiseuille, Ritter Von Bash e Scipione Riva-Rocci; Korotkoff descrisse per primo i suoni percepiti con lo stetoscopio sgonfiando il bracciale dello sfigmomanometro. Da queste scoperte poco è cambiato nella misurazione e registrazione della pressione arteriosa. Fino agli anni ‟60 si riteneva che un‟ elevata pressione arteriosa fosse indispensabile per fornire un adeguato apporto ematico; gli studi epidemiologici evidenziarono poi, la correlazione pressoché lineare esistente tra l‟aumento dei valori pressori ed il rischio di eventi cardiovascolari, particolarmente elevato per valori superiori a 140/90 mmHg, divenuto valore cut-off arbitrario per la definizione di ipertensione. Sulla base di questo valore soglia comune, si presume che l‟ipertensione arteriosa abbia una prevalenza nella popolazione generale del 20%1, aumentando con l‟età fino ad interessare più del 50% della popolazione d‟età superiore ai 60 anni; la distribuzione per sesso mostra nei soggetti di d‟età inferiore ai 40 anni una prevalenza maggiore nei maschi rispetto alle femmine, rapporto che si inverte nella popolazione anziana. Dati più limitati si dispongono circa l‟incidenza di nuovi casi di ipertensione arteriosa, che lo studio di Framingham2 e il National Health and Nutrition Examination Study3 riportano essere in entrambi i sessi di circa il 5% per ogni 10 anni di osservazione. La definizione e la classificazione più aggiornata di ipertensione arteriosa è quella proposta dalle Linee Guida della Società Europea di Ipertensione (ESH) e della Società Europea di Cardiologia (ESC) nel 20074 che considerano i valori di pressione arteriosa sistolica (PAS) e/o diastolica (PAD) e identificano 7 categorie sulla base dell‟entità del rialzo pressorio. Definizione e classificazione dei livelli di ipertensione arteriosa (PA) in mmHg. CATEGORIA SISTOLICA DIASTOLICA OTTIMALE <120 e <80 NORMALE 120–129 e/o 80–84 NORMALE ALTA 130–139 e/o 85–89 IPERTANSIONE GRADO 1 140–159 e/o 90–99 IPERTENSIONE GRADO 2 160–179 e/o 100–109 IPERTENSIONE GRADO 3 ≥180 e/o ≥110 IPERT. SISTOLICA ISOLATA ≥140 e <90 I gradi 1, 2 e 3 corrispondono alla classificazione in ipertensione lieve, moderata e severa rispettivamente. Storicamente maggiore rilevanza è stata attribuita ai valori di pressione arteriosa diastolica come predittore di eventi cardiovascolari futuri; attualmente diversi studi5-7 hanno evidenziato l‟esistenza di una relazione lineare tra eventi e pressione sistolica e diastolica, in particolare si è dimostrato il rapporto indipendente e diretto della pressione sia sistolica che diastolica con lo sviluppo di scompenso cardiaco, arteriopatia periferica e insufficienza renale8-11. Tenendo in considerazione l‟estrema variabilità dei valori pressori durante la giornata e tra giorni diversi, le linee guida4 raccomandano che la diagnosi di ipertensione venga posta su multiple misurazioni pressorie rilevate in situazioni diverse (almeno due misurazioni per visita, in almeno 23 visite ed integrate con l‟automisurazione a domicilio). Inoltre nel 15% della popolazione generale è presente ipertensione da “camice bianco” o meglio ipertensione clinica isolata, caratterizzata da valori tensivi elevati quando misurati dal medico ma normali a domicilio, che si associa ad un rischio cardiovascolare inferiore rispetto ai pazienti ipertesi ma ad una maggiore prevalenza di danno d‟organo rispetto ai soggetti normotesi. Tuttavia l‟ipertensione arteriosa più che una patologia legata all‟alterazione numerica dei valori tensivi è una condizione clinica espressione di rischio cardiovascolare, dipendente anche dalle patologie e dai fattori di rischio associati e dalla presenza di danno d‟organo. Già con le precedenti linee guida ESH-ESC del 2003 era stata stabilita la necessità di una quantificazione del rischio cardiovascolare globale del paziente iperteso come guida diagnostica e terapeutica12 . Questo deve includere la ricerca del cosiddetto danno d‟organo subclinico che possiede un significato prognostico indipendente. La stessa classificazione del rischio cardiovascolare totale, pertanto, viene mantenuta nel più recente Documento: Stratification of CV Risk in four categories. SBP: systolic blood pressure; DBP: diastolic blood pressure; CV: cardiovascular; HT: hypertension. Low, moderate, high and very high risk refer to 10 year risk of a CV fatal or nonfatal event. The term „added‟ indicates that in all categories risk is greater than average. OD: subclinical organ damage; MS: metabolic syndrome. The dashed line indicates how definition of hypertension may be variable, depending on the level of total CV risk. Le variabili cliniche per la stratificazione del rischio sono4: FATTORI DI RISCHIO: Pressione arteriosa sistolica e diastolica Pressione differenziale Età > 55 anni M e > 65 anni F Fumo Dislipidemia Iperglicemia a digiuno Alterato test di tolleranza al glucosio Diabete Mellito Obesità addominale Storia familiare di malattia cardiovascolare prematura DANNO D‟ORGANO SUBCLINICO: Ipertrofia cardiaca all‟ECG o all‟ecocardiogramma Ispessimento miointimale carotideo / presenza di placca aterogena Indice pressorio arti inferiori/superiori < 0.9 Lieve incremento della creatinina Microalbuminuria MALATTIA CEREBROVASCOALRE E/O RENALE CONCLAMATA: Stroke ischemico, emorragia cerebrale, TIA Infarto miocardico, angina, rivascolarizzazione miocardica, scompenso cardiaco Nefropatia diabetica, insufficienza renale, proteinuria Arteriopatia periferica Retinopatia avanzata. DIAGNOSI Il percorso diagnostico deve essere orientato a rilevare, accanto ai livelli pressori, i parametri clinici indicati e la presenza di sintomi e segni di ipertensione arteriosa secondaria. Tali valutazioni oltre che nell‟inquadramento diagnostico andranno poi effettuate nel follow-up del paziente allo scopo di definire gli effetti della terapia. Le linee guida definiscono un percorso ben strutturato4. ANAMNESI -FAMILIARE volta ad evidenziare storia di ipertensione, diabete, dislipidemia, malattie cardiovascolari, insufficienza renale - PERSONALE: Durata della malattia e precedenti valori pressori Sintomi e segni di ipertensione secondaria (familiarità per malattie renali; ematuria; abuso di analgesici; malattia parenchimale renale; assunzione di contraccettivi orali, droghe, liquirizia, eritropoietina, ciclosporina; episodi di cefalea, ansietà, palpitazioni) Fattori di rischio associati Indicatori clinici di danno d‟organo (cefalea, vertigini, alterazioni visive, attacchi ischemici transitori, palpitazioni, dispnea, precordialgie, edemi declivi, poliuria, nicturia, ematuria estremità fredde, claudicatio) Precedente terapia antipertensiva (efficacia, effetti collaterali) ESAME OBIETTIVO Segni di ipertensione secondaria Segni di danno d‟organo (soffi carotidei, deficit motori o sensitivi; anomalie del fondo oculare; caratteristiche dell‟itto apicale, anomalie del ritmo cardiaco, rantoli polmonari, edemi declivi; caratteristiche dei polsi periferici) Segni di obesità viscerale. Gli esami strumentali da effettuare includono procedure relativamente semplici considerate adatte ad essere eseguite di routine in tutta la popolazione di ipertesi, e procedure raccomandate per una più approfondita caratterizzazione del paziente. TEST DI ROUTINE Glicemia a digiuno Colesterolo totale, LDL HDL, trigliceridi Potassiemia Uricemia Creatininemia e clearance Emoglobina ed ematocrito Esame urine, microalbuminuria, esame microscopico ECG TEST RACCOMANDATI Ecocardiogramma Doppler carotideo Proteinuria quantitativa Indice pressorio arti inferiori/superiori Fondo oculare Test di tolleranza glucidica Monitoraggio pressorio TERAPIA Un grande numero di studi clinici13-16 e importanti metanalisi17-20 hanno dimostrato in maniera inequivocabile che il trattamento antipertensivo riduce la morbilità e la mortalità cardiovascolare. Inoltre, trial randomizzati comparativi tra diversi farmaci hanno dimostrato che, a parità di riduzione pressoria, le differenze in termini di mortalità e morbilità cardiovascolare sono modeste, evidenziando quanto il beneficio dipenda prevalentemente dalla riduzione pressoria di “per se”21-28, sebbene alcuni farmaci antipertensivi possano esercitare effetti benefici indipendenti dalla riduzione pressoria (nefro - cardio e vasculoprotezione). La decisione sul momento di iniziare il trattamento si basa sui valori pressori e sul livello di rischio cardiovascolare globale. Le linee guida propongono la seguente schematizzazione: OD danno d‟organo; MS sindrome metabolica; CV cardiovascolare; SBP pressione arteriosa sistolica; DBP pressione arteriosa diastolica; HT ipertensione arteriosa. Emerge l‟indicazione a non attendere eccessivamente nell‟approccio terapeutico al paziente iperteso, particolarmente nel paziente a rischio elevato. Più rigorosamente rispetto alle precedenti raccomandazioni inoltre, nel Documento del 2007 si fissa come obiettivo della terapia la riduzione dei valori pressori almeno al di sotto di 140/90 mmHg, o più marcata se tollerata29-32, con un target più basso nei pazienti diabetici33-35, con insufficienza renale o con storia di un evento cardiovascolare36. MODIFICAZIONI DELLO STILE DI VITA: CALO PONDERALE RESTRIZIONE DELL‟ APPORTO DI SODIO CON LA DIETA ESERCIZIO FISICO CESSAZIONE DEL FUMO RIDUZIONE DEL CONSUMO DI ALCOOL L‟obiettivo dell‟approccio non farmacologico è prevalentemente quello di ridurre il rischio cardiovascolare globale realizzando solo un modesto effetto sulla riduzione dei valori tensivi, che mantiene comunque un importante valore, contribuendo a posticipare l‟impiego dei farmaci e spesso consentendo una riduzione della posologia dei farmaci. TERAPIA FARMACOLOGICA Il principale beneficio della terapia antipertensiva nella riduzione degli eventi cardiovascolari dipende dalla riduzione pressoria pertanto, rispetto al passato è andata riducendosi l‟enfasi sull‟identificazione di farmaci di prima scelta, affermandosi il concetto che i farmaci antipertensivi sono tutti indicati per l‟inizio ed il mantenimento della terapia sia in monoterapia che in associazione4. Le principali classi farmacologiche comprendono: DIURETICI TIAZIDICI BETA-BLOCCANTI CALCIO-ANTAGONISTI DIIDROPIRIDINICI ACE INIBITORI SARTANI Le linee guida Europee del 2007 più che proporre una classificazione in ordine di scelta hanno indicato le condizioni specifiche in cui i singoli farmaci sono preferibili e le controindicazioni assolute e relative all‟uso di essi. In merito alle condizioni favorenti l‟uso di determinati farmaci: DURETICI TIAZIDICI -Ipertensione sistolica isolata -Scompenso cardiaco -Ipertensione nella razza nera DIURETICI ANTIALDOSTERONICI -Scompenso cardiaco -Post-infarto CALCIO ANTAGONISTI DIDROPIRIDINICI -Ipertensione sistolica isolata -Angina pectoris -Ipertrofia ventricolare sinistra -Aterosclerosi carotidea/coronarica -Gravidanza -Ipertensione nella razza nera SARTANI -Scompenso cardiaco -Post-infarto -Nefropatia diabetica -Proteinuria/Microalbuminuria -Ipertrofia ventricolare sinistra -Fibrillazione atriale -Sindrome Metabolica -Tosse da ACE INIBITORE DIURETICI DELL‟ANSA -Insufficienza renale cronica -Scompenso cardiaco BETA-BLOCCANTI -Angina pectoris -Post-infarto -Scompenso cardiaco -Tachiaritmie -Glaucoma -Gravidanza ACE-INIBITORI -Scompenso cardiaco -Disfunzione ventricolare sinistra -Post-infarto -Nefropatia/Proteinuria/Microalbuminuria -Ipertrofia ventricolare sinistra -Aterosclerosi carotidea -Fibrillazione atriale -Sindrome Metabolica Controindicazioni: ASSOLUTE RELATIVE Sindrome metabolica DIURETICI TIAZIDICI Gotta Intolleranza glucidica Gravidanza BETA BLOCCANTI Asma Sindrome metabolica Blocco AV (2°- 3 grado) Intolleranza glucidica Arteriopatia periferica BPCO CALCIO ANTAGONISTI Scompenso cardiaco Gravidanza Edema angioneurotico ACE-INIBITORI Iperkaliemia Stenosi bilaterale arteria renale Gravidanza SARTANI Iperkaliemia Stenosi bilaterale arteria renale L‟approccio terapeutico iniziale può essere in monoterapia o con combinazione fissa di due farmaci a basse dosi con successivo aumento posologico. Nei pazienti con ipertensione lieve e basso/moderato rischio cardiovascolare globale è preferibile un singolo farmaco, mentre nell‟ipertensione di grado 2 o 3 o quando il rischio è elevato l‟associazione deve essere preferita. Nei pazienti in cui il controllo pressorio non viene raggiunto è necessaria la combinazione di tre o più principi attivi4. Associazioni dimostrate efficaci e ben tollerate sono: -Diuretici tiazidici ed ace-inibitori -Diuretici tiazidici e sartani -Calcio-antagonisti ed ace-inibitori -Calcio-antagonisti e diuretici tiazidici -Beta-bloccanti e calcio antagonisti (didropiridinici) -Beta bloccanti e diretici tiazidici (da evitare nei pz con sindrome metabolica o diabete). BIBLIOGRAFIA 1. Burt VL, Culter JA, Higgins M, et al. Trends in the prevalence, awareness, treatment, and control of hypertension in the adult US population. Data from the health examination surveys, 1960 to 1991. Hypertension 1995;26(1):60-69. 2. Kannel WB. Blood pressure as a cardiovascular risk factor: prevention and treatment. JAMA 1996;275:1571-1576. 3. Cornori-Huntley J, LaCroix AZ, Havlik RJ. Race and sex differentials in the impact of hypertension in the US. The National Health and Nutrition Examination Survey I Epidemiologic Follow-up Study. Arch Intern Med 1989;149:780-788. 4. Mancia G, De Backer G, Dominiczack A, Fagard R, Germano G, Grassi G et al. Guidelines for the management of arterial hypertension: the task force for the management of arterial hypertension of the European Society of Hypertension and of the European Society of Cardiology. Journal Hypertension 2007;25: 1105–87. 5. MacMahon S, Peto R, Cutler J, Collins R, Sorlie P, Neaton J, Abbott R, Godwin J, Dyer A, Stamler J. Blood pressure stroke coronary heart disease. Part 1 prolonged differences in blood pressure: prospectiveobservational studies corrected for the regression dilution bias. Lancet 1990;335:765–774. 6. Prospective Studies Collaboration. Age-specific relevance of usual blood pressure to vascular mortality: a meta-analysis of individual data for one million adults in 61 prospective studies. Lancet 2002;360:1903–1913. 7. Neaton JD, Wentworth D. Serum cholesterol, blood pressure, cigarette smoking, and death from coronary heart disease. Overall findings and differences by age for 361.099 white men. Multiple Risk Factor Intervention Trial Research Group. Arch Intern Med 1992; 152 (1):5664. 8. Kannel WB. Blood pressure as a cardiovascular risk factor: prevention and treatment. JAMA 1996;275:1571–1576. 9. Levy D, Larson MG, Vasan RS, Kannel WB, Ho KK. The progression from hypertension to congestive heart failure. JAMA 1996;275:1557-1562. 10. Criqui MH, Langer RD, Fronek A, Feigelson HS, Klauber MR, McCann TJ, Browner D. Mortality over a period of 10 years in patients with peripheral arterial disease. N Engl J Med 1992;326:381-386. 11. Klag MJ, Whelton PK, Randall BL, Neaton JD, Brancati FL, Ford CE, Shulman NB, Stamler J. Blood pressure and end-stage renal disease in men. N Engl J Med 1996;334:1318. 12. Guidelines Committee 2003. European Society of Hypertension-European Society of Cardiology guidelines for the management of arterial hypertension. J Hypertens 2003; 21:1011-1053. 13. Medical Research Council Working Party. MRC trial of treatment of mild hypertension: principal results. Medical Research Council. BMJ 1985; 291:97–104. 14. SHEP Collaborative Research Group. Prevention of stroke by antihypertensive drug treatment in older persons with isolated systolic hypertension: final results of the Systolic Hypertension in the Elderly Program (SHEP). JAMA 1991;265:3255-3264. 15. Amery A, Birkenhager W, Brixko P, Bulpitt C, Clement D, Deruyttere M, De Schaepdryver A, Dollery C, Fagard R, Forette F. Mortality and morbidity results from the European Working Party on High Blood Pressure in the Elderly trial. Lancet 1985;1:1349-1354. 16. Staessen JA, Fagard R, Thijs L, Celis H, Arabidze GG, Birkenhager WH, Bulpitt CJ, de Leeuw PW, Dollery CT, Fletcher AE, Forette F, Leonetti G, Nachev C, O‟Brien ET, Rosenfeld J, Rodicio JL, Tuomilehto J, Zanchetti A. for the Systolic Hypertension in Europe (Syst-Eur) Trial Investigators. Randomised double-blind comparison of placebo and active treatment for older patients with isolated sistoli hypertension. Lancet 1997;350:757-764. 17. Blood Pressure Lowering Treatment Trialists‟ Collaboration. Effects of different bloodpressure-lowering regimens on major cardiovascular events: results of prospectivelydesigned overviews of randomised trials. Lancet 2003;362:1527-1535. 18. Staessen JA, Wang JG, Thijs L. Cardiovascular prevention and blood pressure reduction: a quantitative overview updated until 1 March 2003. J Hypertens 2003;21:1055–1076. 19. Staessen JA, Gasowski J, Wang JG, Thijs L, Den Hond E, Boissel JP, Coope J, Ekbom T, Gueyffier F, Liu L, Kerlikowske K, Pocock S, Fagard RH. Risks of untreated and treated isolated systolic hypertension in the elderly: meta-analysis of outcome trials. Lancet 2000;355: 865-872. 20. Blood Pressure Lowering Treatment Trialists‟ Collaboration. Effects of different blood pressure-lowering regimens on major cardiovascular events in individuals with and without diabetes mellitus. Results of prospectively designed overviews of randomized trials. Arch Intern Med 2005;165:1410-1419. 21. Hansson L, Lindholm LH, Niskanen L, Lanke J, Hedner T, et al. Effect of angiotensinconverting-enzyme inhibition compared with conventional therapy on cardiovascular morbidity and mortality in hypertension: the Captopril Prevention Project (CAPPP) randomised trial. Lancet 1999;353:611-616. 22. Hansson L, Hedner T, Lund-Johansen P, Kjeldsen SE, Lindholm LH, et al. Randomised trial of effects of calcium antagonists compared with diuretics and betablockers on cardiovascular morbidity and mortality in hypertension: the Nordic Diltiazem (NORDIL) study. Lancet 2000;356:359-365. 23. Wright JT Jr, Bakris G, Greene T, Agodoa LY, Appel LJ, Charleston J, et al. African American Study of Kidney Disease, Hypertension Study Group. Effect of blood pressure lowering and antihypertensive drug class on progression of hypertensive kidney disease: results from the AASK Trial. JAMA 2002;288:2421-2431. 24. Brown MJ, Palmer CR, Castaigne A, de Leeuw PW, Mancia G, Rosenthal T, Ruilope LM. Morbidity and mortality in patients randomised to doubleblind treatment with a long-acting calcium-channel blocker or diuretic in the International Nifedipine GITS study: Intervention as a Goal in Hypertension Treatment (INSIGHT). Lancet 2000;356:366-372. 25. The ALLHAT Officers, Coordinators for the ALLHAT Collaborative Research Group. Major outcomes in high-risk hypertensive patients randomized to angiotensin-converting enzyme inhibitor or calcium canne blocker vs diuretic: The Antihypertensive and LipidLowering treatment to prevent Heart Attack Trial (ALLHAT). JAMA 2002;288:2981-2997. 26. Black HR, Elliott WJ, Grandits G, Grambsch P, Lucente T, White WB,et al. CONVINCE Research Group. Principal results of the Controlled Onset Verapamil Investigation of Cardiovascular Endpoints (CONVINCE) trial. JAMA 2003;289:2073-2082. 27. Verdecchia P, Reboldi G, Angeli F, Gattobigio R, Bentivoglio M, Thijs L, Staessen JA, Porcellati C. Angiotensin-converting enzyme inhibitors and calcium channel blockers for coronary heart disease and stroke prevention. Hypertension 2005;46:386-392. 28. Blood Pressure Lowering Treatment Trialists‟ Collaboration. Blood pressure dependent and independent effects of agents that inhibit the renin-angiotensin system. J Hypertens 2007;25:951-958. 29. Liu L, Zhang Y, Liu G, Li W, Zhang X, Zanchetti A. FEVER Study Group. The Felodipine Event Reduction (FEVER) Study: a randomized long-term placebo-controlled trial in Chinese hypertensive patients. J Hypertens 2005;23:2157-2172. 30. Weber MA, Julius S, Kjeldsen SE, Brunner HR, Ekman S, Hansson L,et al. Blood pressure dependent and independent effects of antihypertensive treatment on clinical events in the VALUE Trial. Lancet 2004;363:2049-2051. 31. Pepine CJ, Kowey PR, Kupfer S, Kolloch RE, Benetos A, Mancia G, Coca A, CooperDeHoff RM, Handberg E, Gaxiola E, Sleight P, Conti CR, Hewkin AC, Tavazzi L. INVEST Investigators. Predictors of adverse outcome among patients with hypertension and coronary artery disease. J Am Coll Cardiol 2006;47:547-551. 32. Hansson L, Zanchetti A, Carruthers SG, Dahlof B, Elmfeldt D, Julius S, Menard J, Rahn KH, Wedel H, Westerling S. Effects of intensive bloodpressure lowering and low-dose aspirin in patients with hypertension: principal results of the Hypertension Optimal Treatment (HOT) randomised trial. Lancet 1998;351:1755-1762. 33. Schrier RW, Estacio RO, Esler A, Mehler P. Effects of aggressive blood pressure control in normotensive type 2 diabetic patients on albuminuria, retinopathy and stroke. Kidney Int 2002;61:1086-1097. 34. Estacio RO, Jeffers BW, Gifford N, Schrier RW. Effect of blood pressure control on diabetic microvascular complications in patients with hypertension and type 2 diabetes. Diabetes Care 2000;23(Suppl 2):B54-B64. 35. UK Prospective Diabetes Study Group. Tight blood pressure control and risk of macrovascularand microvascular complications in Type 2 diabetes. UKPDS38. BMJ 1998;317:703-713. 36. PROGRESS Collaborative Study Group. Randomised trial of perindopril based blood pressure-lowering regimen among 6108 individuals with previous stroke or transient ischaemic attack. Lancet 2001;358: 1033-1041. DIURETICI I farmaci diuretici interferiscono con i processi di riassorbimento renale dell‟acqua e degli elettroliti determinando l‟eliminazione di maggiori volumi di urine e soprattutto del loro soluto principale, il cloruro di sodio; ne consegue ipovolemia e iposmolarità che promuovono la redistribuzione dell‟acqua e del Na+. In linea generale i farmaci diuretici agiscono a livello renale in quanto sede della loro eliminazione; in gran parte circolano legati alle proteine plasmatiche, poco filtrati a livello glomerulare sono attivamente secreti nelle urine dalle cellule del tubulo prossimale e prevalentemente raggiungono il sito attivo attraverso il fluido tubulare. DIURETICI DELL‟ANSA Comprendono le seguenti molecole: FUROSEMIDE, TORASEMIDE, ACIDO ETACRINICO. Agiscono sulla porzione spessa del tratto ascendente dell‟ansa di Henle inibendo il cotrasporto Na+:K+:2Cl+ per competizione con gli ioni cloro per il legame. Il segmento spesso dell‟ansa, situato in parte nella midollare in parte nella corticale, riassorbe i soluti ed è impermeabile all‟acqua realizzando, attraverso il meccanismo di moltiplicazione controcorrente, una ipertonia della midollare che richiama acqua dalle regioni più distali del nefrone e consente il processo di concentrazione delle urine. I diuretici dell‟ansa bloccando il riassorbimento dei soluti, dissipano l‟ipertonia interstiziale contrastando la concentrazione delle urine e determinando la formazione di grandi volumi di urine ricche di soluti. Il tipo di diuresi indotta dai diuretici dell‟ansa è pertanto clorosodica iperpotassiurica e associata allo sviluppo di alcalosi ipocloremica, ovvero ricca di ioni cloro, sodio, potassio, idrogeno, calcio, magnesio, ed il rene compensa la perdita di cloro conservando bicarbonato. Accanto all‟azione diuretica questi farmaci esplicano effetti emodinamici: venodilatazione; aumento della capacitanza venosa; diminuzione della pressione di incuneamento polmonare, con il risultato di una riduzione del precarico indipendente dall‟azione diuretica che li rende efficaci nel trattamento dell‟insufficienza cardiaca e dell‟edema polmonare acuto in quanto l‟effetto vascolare precede quello diuretico. Farmacocinetica L‟assorbimento per via gastrica è rapido; si legano alle proteine plasmatiche; vengono eliminati per via renale attraverso il sistema di trasporto tubulare degli acidi organici, sono rilasciati nel tubulo prossimale da cui diffondono nella regione dell‟ansa. L‟effetto diuretico è proporzionale alla loro concentrazione tubulare pertanto è autolimitato dal processo della loro eliminazione. La torasemide presenta una maggiore biodisponibilità orale ed un metabolismo in parte epatico. Effetti collaterali. Ipotensione ed ipovolemia con aumento dell‟azotemia prerenale. Ipopotassiemia, ipomagnesemia, ipocalcemia, alcalosi metabolica. Iperuricemia. Alterazioni del metabolismo glucidico: iperglicemia, ridotta tolleranza al glucosio. Interferenze col metabolismo lipidico: aumento del colesterolo totale, LDL e trigliceridi, riduzione delle HDL. Occorrenza di calcificazioni renali. Ototossicità soprattutto l‟acido etacrinico. Fotosensibilità. Disturbi gastrointestinali. In gravidanza riduzione del flusso placentare. Interazioni farmacologiche: Animoglicosidi, potenziamento dell‟ototossicità Glicosidi digitalici, aumento del rischio aritmico da ipopotassiemia Chinidina, aumento del rischio di torsioni di punta per ipopotassemia Litio, riduzione dell‟escrezione FANS, riduzione dell‟effetto diuretico Antidiabetici ed antigottosi, riduzione dell‟effetto farmacologico. DIURETICI TIAZIDICI Comprendono: IDROCLOTIAZIDE ed un gruppo di analoghi a lunga durata d‟azione quali METOLAZONE, INDAPAMIDE, CLORTALIDONE. Filtrati e secreti nel tubulo prossimale agiscono a livello della porzione corticale del ramo ascendente dell‟ansa di Henle e nella prima porzione del tubulo contorto distale bloccando il riassorbimento del cloro e di sodio e riducendo la clearance dell‟acqua libera; a livello del tubulo distale poi l‟assorbimento del sodio e l‟aumento dell‟elettronegatività luminale favoriscono la escrezione tubulare di potassio. Anche in questo caso la diuresi prodotta è di tipo clorosodica ed iperpotassiurica ed associata allo sviluppo di acidosi ipocloremica, ma minore rispetto ai diuretici dell‟ansia è la perdita di potassio e magnesio ed assente quella di calcio. Importanti caratteristiche di questa classe sono: una curva dose/risposta alquanto piatta ovvero raggiunto l‟effetto ottimale poche variazioni si ottengono con dosi superiori; il legame con la filtrazione glomerulare che li rende inefficaci quando questa è inferiore a 30-49 ml/min; solamente il metolazone risulta attivo in presenza di insufficienza renale cronica e presenta una curva dose/risposta più ripida. Farmacocinetica L‟idroclorotiazide viene assorbito efficacemente nel tratto gastro-intestinale, con biodisponibilità del 65%-70%, ha una emivita di 15 ore, si elimina con le urine. Il clortalidone si assorbe irregolarmente nel tubo gastro-intestinale, si lega alle emazie, ha una più lunga emivita con effetto diuretico che perdura per 48-72 ore. Il metolazone viene anch‟esso assorbito irregolarmente per os, si lega alle proteine plasmatiche, viene eliminato dal rene immodificato, l‟effetto diuretico si protrae per 24 ore, sia per la persistenza del legame farmaco-proteico sia per il circolo enteroepatico, inoltre determina una minore perdita di potassio. Effetti collaterali In relazione all‟azione sull‟equilibrio idroelettrolitico le tiazidi possono indurre ipopotassiemia, ipomagnesemia, iposodiemia e ipercalcemia. Iperuricemia e possibili attacchi di gotta da interferenza col meccanismo di trasporto degli urati a livello del tubulo prossimale. Interferenza con il metabolismo lipidico (aumento del colesterolo totale, delle LDL, dei trigliceridi) e glucidico (iperglicemia). Sono causa frequente di orticaria ed esantema morbilliforme. Disturbi gastrointestinali :nausea, anoressia, diarrea, vomito, pancreatiti. Più rari i disturbi a carico del SNC come vertigini, debolezza, parestesie; ed ematologici quali trombocitopenia ed aplasia midollare. Nel 10-20% dei pazienti si riscontra disfunzione erettile. Controindicati in gravidanza possono indurre ipoglicemia e trombocitopenia fetale. Interazioni farmacologiche: Glicosidi digitalici, aumento dell‟effetto farmacologico e del rischio aritmico da ipopotassiemia. Chinidina, aumento del rischio di torsioni di punta per ipopotassemia Litio, riduzione dell‟escrezione FANS, riduzione dell‟effetto diuretico Antidiabetici ed antigottosi, riduzione dell‟effetto farmacologico Vitamina D, effetto aumentato Specifiche interazioni: Metolazone + Ciclosporina A, potenziamento della nefrotossicità Metolazone + glibenclamide, ipoglicemia da dislocazione dalle plasma- proteine dell‟ipoglicemizzante. DIURETICI RISPARMIATORI DI POTASSIO Comprendono SPIRONOLATTONE, TRIAMTERENE, AMILORIDE. Agiscono a livello del tubulo distale inibendo il riassorbimento del sodio che, seppure modesto quantitativamente (pari al 5% del filtrato), è associato allo scambio di potassio, pertanto la natriuresi non si associa a kaliuresi ma a risparmio di potassio. Lo spironolattone agisce come antagonista competitivo dell‟aldosterone, ormone mineralcorticoide che a seguito del legame con il proprio recettore citosolico, a livello delle cellule tubulari, regola positivamente la trascrizione e la sintesi di geni fra cui quello del canale del Na+. Lo spironolattone inoltre inibisce la sintesi surrenale di aldosterone. Penetrando nelle cellule del tubulo distale, il suo effetto diuretico non dipende dalla presenza del farmaco nel tubulo renale. Il triamterene e l‟amiloride inibiscono lo scambio Na:K per interferenza con le proteine regolatrici della conduttanza dei canali ionici. L‟effetto diuretico si caratterizza per l‟aumento della escrezione di sodio, cloruro ed acqua con ritenzione di potassio, magnesio, calcio e riduzione dell‟acidità delle urine. Trovano indicazione soprattutto in associazione a diuretici più potenti, come agenti risparmiatori di potassio, risultando lo spironolattone di prima scelta nel trattamento degli edemi associati a cirrosi epatica. Lo spironolattone è farmaco di elezione nell‟iperaldosteronismo primario, possiede inoltre proprietà antioandrogena che lo rende efficace nel trattamento dell‟irsutismo e della pubertà precoce. Farmacocinetica Lo spironolattone ha una buona biodisponibilità orale, che aumenta se assunto vicino ai pasti. Viene largamente metabolizzato a livello epatico, dove viene prodotto il suo metabolita attivo, il canrenone, a lunga emivita (10-35 h). Presenta un alto legame con le proteine plasmatiche ed è sottoposto a circolazione enteroepatica. L‟effetto diuretico si manifesta dopo 4872 ore dalla somministrazione, latenza legata al meccanismo d‟azione di inibizione della sintesi proteica. L‟amiloride e d il triamterene presentano un basso assorbimento per via orale e lunga emivita; il primo viene eliminato per via renale il secondo viene metabolizzato a livello epatico. Effetti collaterali Lo spironolattone può determinare effetti indesiderati endocrinologici come ginecomastia, impotenza, riduzione della libido, irregolarità mestruali; disturbi gastrointestinali quali diarrea, sanguinamento gastrico, ulcera peptica; alterazioni ematologiche fino all‟agranulocitosi; rari sono i casi di iperpotassemia. Il triamterene e l‟amiloride possono causare iperpotassiemia, soprattutto in pazienti con insufficienza renale; nausea, vomito, diarrea. Il triamterene, per l‟analogia strutturale, interferisce con il metabolismo dell‟acido folico potendo provocare anemia megaloblastica; riduce la tolleranza al glucosio, è stato associato a nefriti, vertigini, crampi muscolari, ed è stata segnalata la possibilità di calcolosi renale da precipitazione di metaboliti del farmaco. L‟amiloride in associazione con diuretici tiazidici ha provocato casi di iposodiemia. Interazioni farmacologiche Acido acetilsalicilico, riduzione dell‟escrezione di canrenone Digossina, aumento dei livelli plasmatici per riduzione della secrezione tubulare di digossina. Litio ed antidepressivi, aumento dell‟effetto farmacologico Ace-inibitori e beta-bloccanti, aumento del rischio di iperpotassiemia Antiaritmici di classe I A con triamterene e amiloride, accentuazione dell‟aumento della durata del potenziale d‟azione. L‟effetto antipertensivo dei diuretici dipende sia dalla riduzione del volume extracellulare e dell‟output cardiaco, nelle fasi iniziali, ma a lungo termine anche dalla riduzione delle resistenza periferiche (diminuzione della reattività vascolare a noradrenalina e angiotensina II, aumento del rilascio di prostaglandine; iperpolarizzazione delle cellule muscolari lisce vasali con vasodilatazione per i tiazidici). L‟associazione con altri farmaci antipertensivi potenzia l‟effetto sulla riduzione dei valori pressori per l‟antagonismo sulla ritenzione di sodio ed acqua. Il ruolo soprattutto dei diuretici tiazidici nella terapia antipertensiva è oggetto di continuo dibattito. Tra le criticità evidenziate: il loro ruolo diabetogeno; la minore compliance da parte dei pazienti nei trattamenti di lunga durata; raramente inoltre è stata studiata la capacità di questa classe di farmaci di far regredire il danno d‟organo e negli studi realizzati si sono mostrati inferiori ai calcioantagonisti o agli ace-inibitori. BETA-BLOCCANTI Agiscono antagonizzando gli effetti del sistema adrenergico sui recettori beta. I recettori beta comprendono tre sottopopolazioni: β1. Sono recettori extragiunzionali, stimolati egualmente da adrenalina e noradrenalina, prevalentemente localizzati a livello del miocardio ventricolare sinistro, nella tunica media delle arterie coronariche, nel grasso addominale e nel rene. Nel meccanismo di trasduzione del segnale sono accoppiati con una proteina Gs che attiva l‟adenilciclasi, quindi l‟AMP ciclico attiva la proteinchinasi A che consente attraverso processi di fosforilazione la regolazione dell‟attività di numerose proteine ed enzimi. A livello cardiaco la stimolazione beta1 adrenergica si traduce in aumento della contrattilità (per aumento del calcio citosolico), maggiore efficacia della diastole, aumento della frequenza cardiaca e della velocità di conduzione atrio-ventricolare; a livello delle cellule iuxtaglomerulari in aumento della produzione di renina. β2. Sono recettori pre e post-sinaptici con maggiore affinità di legame per l‟adrenalina, accoppiati a proteine Gs ed al sistema effettore dell‟AMPc. I primi mediano la facilitazione del rilascio di noradrenalina dalle terminazioni nervose, i secondi sono localizzati: a livello della muscolatura liscia vascolare, bronchiale, uterina, gastrointestinale di cui mediano il rilasciamento; a livello degli epatociti dove stimolano la glicogenolisi e la gluconeogenesi; a livello delle fibre muscolari scheletriche dove promuovono la glicogenolisi e l‟uptake di potassio. β3. Sono prevalentemente localizzati nel tessuto adiposo dove stimolano la lipolisi. In relazione alla loro azione sui recettori, i betabloccanti vengono classificati come: -Non selettivi per sottotipi recettoriali, detti anche non cardioselettivi, tra cui Propranololo, Timololo, Nadololo, Pindololo. -Selettivi per i beta1-recettori, cardioselettivi, come Metoprololo, Atenololo, Bisoprololo, Acebutololo, Esmololo, Nebivololo. -Con debole attività stimolante (agonista parziale) cronotropa positiva e vasodilatatrice che si manifesta quando il tono simpatico è basso (a riposo); tra cui, tra i selettivi, Acebutololo, e tra i non-selettivi, Pindololo -Con attività antagonista sui recettori alfa1 e beta1 come Carvedilolo e Labetalolo (con attività vasodilatatrice). Il blocco selettivo dei beta1 recettori offre vantaggi clinici quali: minore probabilità di broncocostrizione, minore influenza sul quadro lipidico e glicemico e sulle vasculopatie periferiche. Effetti del beta blocco: L‟effetto farmacologico consiste nella prevenzione della risposta alla stimolazione delle catecolamine soprattutto a livello cardiaco. Generalmente si conviene circa l‟assenza di un tono beta-adrenergico miocardico, vascolare e bronchiale, pertanto, il blocco recettoriale si manifesta quando l‟attività simpatica è aumentata: per cause patologiche, nell‟attività fisica o nello stress. Gli effetti emodinamici comprendono: riduzione della portata cardiaca, della pressione arteriosa sistolica e diastolica, prolungamento della diastole con miglioramento della perfusione coronarica, riduzione del consumo miocardico di ossigeno. Hanno attività cronotropa negativa, dromotropa negativa, e riducono l‟automatismo cellulare. Il blocco dei beta recettori dell‟apparato iuxtaglomerulare previene il rilascio di renina, quindi la formazione di angiotensina II e il rilascio di aldosterone indotti dalla stimolazione simpatica. Gli effetti metabolici sono complessi dipendono prevalentemente dal blocco beta2. La beta2 stimolazione aumenta la captazione di potassio nella muscolatura scheletrica, il beta blocco, riducendo questo processo aumenta il livello basale della potassiemia, meccanismo accentuato nelle situazioni di stress, ad esempio il post-infarto, in cui l‟effetto dei betabloccanti risulta protettivo per il rischio di aritmie da ipopotassiemia. La stimolazione adrenergica si associa ad iperglicemia mediata dagli alfa recettori, l‟azione sui beta2 recettori comporta effetti opposti sulla glicemia, un aumento della secrezione insulinica ma un incremento della glicogenolisi e gluconeogenesi. Nei pazienti diabetici in trattamento con ipoglicemizzanti orali la contemporanea somministrazione di betabloccanti attenua l‟effetto dello ipoglicemizzante per il prevalere dell‟attività inibitoria sulla secrezione insulinica; nei pazienti in terapia insulinica prevale l‟effetto opposto di inibizione della gluconeogenesi e glicogeno lisi, provocati dal beta-blocco, con incremento dell‟effetto ipoglicemizzante. In merito al metabolismo lipidico, i beta 2 recettori stimolano l‟enzima lipasi nel tessuto adiposo, il betablocco non selettivo attenua questo effetto con conseguente aumento dei trigliceridi e delle HDL, mentre il colesterolo totale e le LDL rimangono immodificati; tali modificazioni sono di scarsa entità con i beta1 selettivi. Indicazioni Cardiopatia ischemica (angina da sforzo; angina instabile; IMA; post-IMA). Insufficienza cardiaca cronica, in cui i beta-bloccanti sono riconosciuti come componente essenziale del trattamento. Gli studi hanno documentato una riduzione della mortalità per metoprololo, carvedilolo, bisoprololo, nebivololo, con effetti positivi sulla funzione ventricolare sinistra, sul rimodellamento, miglioramento dei sintomi, riduzione delle ospedalizzazioni. Ipertensione arteriosa, il meccanismo antipertensivo è multiplo: riduzione della portata cardiaca, riduzione della produzione di renina e a lungo termine riduzione delle resistenza vascolari periferiche. Aritmie: trattamento delle aritmie associate a tireotossicosi o eccessiva stimolazione adrenergica; controllo della frequenza di flutter e fibrillazione atriale, tachicardie sopraventricolari; rallentamento/interruzione di AVNRT; trattamento di aritmie ventricolari; aritmie post-infartuali; aritmie indotte dalla digitale; aritmie associate a QT lungo. Cardiomiopatia Ipertrofica e Dilatativa. Indicazioni non cardiache all‟uso dei betabloccanti sono rappresentate dall‟ipertiroidismo, dall‟emicrania, dal glaucoma, gli stati d‟ansia, dall‟astinenza da alcool, dall‟acatisia, dalla prevenzione delle emorragie dell‟alto tratto gastrointestinale nei pazienti con cirrosi epatica e varici esofagee. Farmacocinetica Importante caratteristica chimica che condiziona la farmacocinetica è la lipo/idrosolubilità delle diverse molecole di questa classe. I beta bloccanti liposolubili (carvedilolo, propanololo, timololo, metoprololo, nebivololo, acebutololo, pindololo) presentano un rapido e completo assorbimento gastrointestinale, un elevato legame alle proteine plasmatiche, ampi volumi di distribuzione, con passaggio della barriera ematoencefalica; vengono metabolizzati a livello epatico dal citocromo P450, hanno breve emivita. I composti idrosolubili (atenololo, esmololo, labetalolo, nadololo) possiedono un incompleto e lento assorbimento gastrointestinale, ridotto legame alle proteine plasmatiche, minore distribuzione tissutale; prevalentemente eliminati immodificati nelle urine, hanno lunga emivita che ne consente la monosomministrazione giornaliera. Effetti collaterali Esaltazione degli effetti cardiaci: bradicardia; blocchi atrio-ventricolari; eccessivo effetto inotropo negativo. Ridotta tolleranza allo sforzo e affaticabilità, per riduzione della gittata cardiaca, diminuzione del flusso ematico muscolare e alterazioni metaboliche, meno influenzate dai composti cardioselettivi. Effetti sulla circolazione periferica con comparsa di estremità fredde e peggioramento della claudicatio. Broncocostrizione nei pazienti asmatici. Effetti sul sistema nervoso centrale: sonnolenza, ridotta capacità di concentrazione, allucinazioni, depressione. Disfunzioni sessuali. Effetti negativi sul controllo glicemico e sul metabolismo lipidico. Sono pertanto deducibili le condizioni cliniche che costituiscono controindicazione assoluta alla somministrazione di beta-bloccanti: bradicardia severa, blocco AV di II e III grado; insufficienza cardiaca acuta; shock cariogeno; angina di Prinzmetal; asma grave; claudicatio, gangrena; depressione grave; si raccomanda cautela invece nell‟asma lieve e nella BPCO (composti selettivi); nelle arteriopatie periferiche, nella sindrome di Raynaud, nel diabete mellito (composti selettivi), nell‟insufficienza renale. Interazioni farmacologiche Verapamil e Dilatiazem, incremento della depressione della funzione miocardica e della conduzione AV Digitale, bradicardia FANS, riduzione dell‟azione antipertensiva Prazosina, aumento dell‟effetto prima dose della prazosina Clonidina, maggiore crisi ipertensiva da sospensione di clonidina Barbiturici e Rifampicina, riduzione della concentrazione ematica dei beta bloccanti liposolubili Cimetidina, incremento della concentrazione ematica dei betabloccanti liposolubili Sali di alluminio e Colestiramina, riduzione dell‟assorbimento dei betabloccanti Warfarin, aumento della concentrazione ematica dell‟anticoagulante. CALCIO-ANTAGONISTI L‟ Organizzazione Mondiale della Sanità ha definito 6 classi di calcio-antagonisti: Fenilalchilamine: Verapamil e derivati Benzotiazepine: Diltiazem Diidropiridine: Nifedipina, Nicardipina, Nimodipina, Nitrendipina, Felodipina, Amlodipina, Lacidipina, Lercanidipina, Manidipina, Barnidipina. Piperazine: Flunarizina, Cinnarizina Prenilamina Perexilina ed altri. Solo i primi 3 gruppi sono selettivi per i canali del calcio I calcio antagonisti esplicano i loro effetti farmacologici bloccando i canali del calcio voltaggiodipendenti presenti nella membrana plasmatica ed impedendo l‟ingresso del catione nella cellula. I canali del calcio sono strutture proteiche complesse che presentano vari siti di legame per trasmettitori, farmaci, sostanze biologiche che ne regolano le configurazioni molecolari e quindi il funzionamento. I canali di membrana voltaggio dipendenti consentono l‟ingresso di calcio nella cellula in base ai valori del potenziale endocellulare che determina modificazioni della loro conformazione: configurazione di riposo, di apertura, di inattivazione. Sono stati identificati diverse sottopopolazioni di canali ionici del calcio, i principali sono: i canali L, localizzati nel tessuto muscolare (cardiaco, dei vasi) e nei neuroni, caratterizzati da lunga durata di apertura, elevata conduttanza ed alta soglia di attivazione, accoppiati al rilascio intracellulare di calcio dal reticolo sarcoplasmatico, sensibili ai calcio-antagonisti; canali T, localizzati a livello neuronale, negli atri e nel tessuto di conduzione cardiaco, hanno breve durata di apertura, bassa conduttanza, bassa soglia di attivazione, legano alcune tossine ma non i calcio-antagonisti. Nelle cellule muscolari e nervose il Ca++ riveste un duplice ruolo: trasferisce cariche positive che contribuiscono alla depolarizzazione, funge da messaggero citoplasmatico di stimoli giunti sui recettori, innescando risposte biochimiche e meccaniche tra cui i processi di contrazione e della secrezione. La proprietà farmacologica comune dei calcio-antagonisti diidropiridinici e non diidropiridinici è l‟inibizione selettiva dei canali L nella muscolatura liscia vasale e nel miocardio che riduce la disponibilità di calcio per l‟apparato contrattile, con il risultato di produrre vasodilatazione e effetto inotropo negativo. A dosi terapeutiche le diidropiridine sono più attive a livello vascolare mentre le fenilalchilamine e le benzodiazepine a livello cardiaco. Indicazioni I calcio-antagonisti diidropiridinici inducono per vasodilatazione arteriolare riduzione delle resistenze vascolari periferiche, configurandosi come eccellenti agenti antipertensivi. Il Verapamil ed il Diltiazem sono vasodilatatori meno potenti; mentre la loro azione sul nodo senoatriale e sul nodo atrio-ventricolare li rende importanti agenti antiaritmici (effetto cronotropo negativo; dromotropo negativo): interruzione di TPSV, controllo della frequenza nel fluter e fibrillazione atriale. Importante proprietà comune alle due classi è la vasodilatazione coronarica che aumenta l‟apporto di O2 al miocardio; la riduzione del post-carico (effetto comune) e la riduzione della frequenza cardiaca (verapamil e diltiazem) determinano inoltre una diminuzione delle richieste di O2 miocardiche, rendendo questi farmaci agenti efficaci nel trattamento dell‟angina. Indicazione all‟uso dei calcio antagonisti diidropiridinici è l‟angina cronica stabile, mentre nel capitolo della cardiopatia ischemica (angina instabile, vasospastica; IMA; post-IMA) una applicazione maggiore hanno i calcio-antagonisti non didiropiridinici anche se oggi subordinato ai beta-bloccanti e comunque in assenza di insufficienza cardiaca. CALCIO-ANTAGONISTI DIIDROPIRIDINICI. Tutte le DHP determinano vasodilatazione arteriolare, hanno minore effetto inotropo negativo sul miocardio, hanno effetto trascurabile sui nodi SA e AV. La riduzione pressoria provoca un rapido riflesso adrenergico con tachicardia e attivazione del sistema renina-angiotensina, maggiore dopo una singola dose e per le molecole di più vecchia generazione. All‟azione antipertensiva contribuisce anche un effetto natriuretico iniziale dovuto ad una inibizione tubulare diretta del riassorbimento di sodio e ad un aumento del flusso ematico renale, nonostante la riduzione pressoria, per dilatazione dell‟arteriola afferente. Al contrario dei diuretici e dei beta-bloccanti che presentano interazione negativa con il metabolismo glucidico e lipidico, gli studi clinici hanno documentato: l‟assenza di effetti sulla sensibilità all‟insulina e sulla secrezione insulinica da parte dei calcio-antagonisti, che risultano pertanto indicati nei pazienti ipertesi diabetici; e il loro ruolo nel favorire la rimozione dei trigliceridi, stimolando l‟attività della lipoproteinlipasi per vasodilatazione del letto capillare. Farmacocinetica Prototipo delle DHP è la nifedipina, molecola di I generazione, rapidamente assorbita per os, con rapido picco ematico e breve emivita (2-5 ore), metabolizzata a livello epatico, (al primo passaggio per il 40% della dose) associata quindi ad importanti oscillazioni dei livelli plasmatici. Allo scopo di indurre più lente e durature modificazione emodinamiche sono state nel tempo formulate preparazioni a lento/controllato rilascio e sintetizzate molecole di II (nimodipina, felodipina, nicardipina), III (amlodipina, nitrendipina) e IV (lacidipina, manidipina, barnidipina) generazione, a più lunga emivita o intrinsecamente long acting. L‟amlodipina è il prototipo dei calcio antagonisti a lunga durata d‟azione: possiede un lento assorbimento e lenta cinetica di associazione/dissociazione dal recettore che spiegano la più graduale comparsa dell‟effetto e assieme alla lunga emivita (35-48 ore) l‟effetto più prolungato; viene metabolizzata a livello epatico. I calcio-antagonisti di più recente generazione sono prevalentemente composti liposolubili, che si accumulano nel doppio strato lipidico cellulare (riserva) e rilasciati lentamente, presentano un lento inizio e lunga durata d‟azione. L‟obiettivo, nel tempo, è stato quello inoltre di selezionare composti che oltre a modificazioni pressorie graduali e di lunga durata inducessero anche minori effetti collaterali e minore attività simpatica, correlata quest‟ultima alla velocità più che alla entità della vasodilazione. Effetti collaterali Legati all‟azione vasodilatatrice: cefalea, flushing, vertigini, ipotensione grave, edema malleolare, palpitazioni, esacerbazione di angina. Effetti gastrointestinali: nausea, stipsi, vomito, dispepsia, dolori addominali; reflusso gastroesofageo. Vari: crampi muscolari (nifedipina ad alte dosi); alterazioni della funzione epatica (nimodipina); iperplasia gengivale; sonnolenza; reazioni allergiche; aumento del rischio di sanguinamento per ridotta aggregabilità piastrinica. Per i non diidropiridinici: blocco AV; bradicardia; arresto SA; insufficienza cardiaca In rari casi di ostruzione coronarica molto grave la nifedipina può aggravare l‟angina per eccesiva ipotensione e tachicardia riflessa. Per tale ragione l‟associazione con beta-bloccante è efficace e superiore alle DHP isolatamente. Le preparazioni a lento rilascio e i farmaci di più recente generazione sono associati a minori effetti collaterali. Interazioni farmacologiche I calcio antagonisti vengono metabolizzati a livello epatico dal citocromo P450, di cui inibiscono l‟attività. In particolare Verapamil e Diltiazem inibiscono il metabolismo di Ciclosporina, Carbamazepina, Fenitoina, Teofillina, Imipramina. Il metabolismo dei calcio antagonisti è a sua volta inibito da Antimicotici, Eritromicina, Ritonavir, Cimetidina, Succo di pompelmo e altri; e indotto da Carbamazepina, Fenitoina, Rifampicina, Fenobarbitale. Specifiche interazioni: Digossina e Verapamil, Nitrendipina, Felodipina, aumento della concentrazione ematica della digossina Beta-bloccanti con Verapamil e Diltiazem, potenziamento dell‟effetto inotropo e cronotropo negativo ACE INIBITORI E SARTANI Queste due classi di farmaci agiscono sul sistema RENINA- ANGIOTENSINA-ALDOSTERONE. La Renina è un enzima proteolitico prodotto dalle cellule dell‟apparato iuxtaglomerulare renale, la cui secrezione è regolata positivamente da: riduzione della pressione nell‟arteriola afferente (ipotensione); iposodiemia; stimolazione beta-adrenergica. La renina agisce con attività proteolitica sull‟Angiotensinogeno, globulina circolante prodotta dal fegato, formando il decapeptide Angiotensina I. L‟angiotensina I viene trasformata, per l‟azione dell‟enzima di conversione (ACE) che sottrae 2 amminoacidi dalla porzione C-terminale, nell‟octapeptide Angiotensina II. L‟ACE è una metalloproteasi che utilizza lo zinco come coenzima, la cui attività è stata riscontrata soprattutto a livello dell‟endotelio vascolare polmonare ma, che è presente in molti distretti vascolari e tissutali (polmone, neuro epitelio, cuore..). L‟enzima di conversione non agisce soltanto sulla conversione dell‟ angiotensina, ma inattiva la bradichinina che agendo su recettori endoteliali induce aumento di NO e prostaciclina con effetto vasodilatatorio e antirombotico. L‟angiotensina II promuove a livello della corticale del surrene la secrezione di Aldosterone quindi favorisce la ritenzione idrosalina; e soprattutto induce per azione diretta sulla muscolatura liscia vasale vasocostrizione. Gli effetti dell‟angiotensina II sono complessi e mediati da due classi di recettori: AT1 e AT2. I recettori AT1 sono localizzati a livello vasale, cerebrale, cardiaco, renale, nervoso. La loro stimolazione determina: Vasocostrizione (preferenzialmente coronarica, renale, cerebrale) Ritenzione idro-salina (aldosterone; aumento del rilascio di vasopressina) Soppressione della renina (effetto feed-back negativo) Stimolazione della ipertrofia dei miociti e della muscolatura liscia Stimolazione della fibrosi vascolare e miocardica Effetto cronotropo positivo/aritmogeno Effetto inotropo positivo Attivazione del sistema simpatico (incremento del rilascio di neurotrasmettitore; attivazione centrale) Stimolazione dell‟inibitore dell‟attivatore tissutale del plasminogeno (inibizione della fibrinolisi) Stimolazione della formazione di anione superossido e della lipoperossidazione (effetto proaterosclerotico) Azione pro-infiammatoria. I recettori AT2 sono localizzati a livello cardiaco, cerebrale, miometriale, fetale. La loro stimolazione è associata a : Effetto antiproliferativo Inibizione della crescita cellulare Differenziazione cellulare Riparazione tissutale Apoptosi Vasodiltazione Sviluppo del rene e vie urinarie Sono up-regolati in presenza di aterosclerosi, ischemia, infarto, scompenso cardiaco. Non tutta l‟angiotensina II circolante si forma come risultato dell‟attività ACE, esistono infatti vie alternative ace-indipendenti che coinvolgono proteasi seriniche. Oltre al sistema circolante molti tessuti come l‟utero, la placenta, il tessuto vascolare, il cuore, l‟encefalo, il rene, la corticale del surrene, possiedono un sistema renina-angiotensina locale in grado di produrre angiotensina II cronicamente. ACE-INIBITORI Comprendono diverse molecole, tra le quali: CAPTOPRIL, DELAPRIL, ENALAPRIL, FOSINOPRIL, LISINOPRIL, PERINDOPRIL, QUINAPRIL, RAMIPRIL, TRANDOLAPRIL, ZOFENOPRIL. Agiscono inibendo l‟enzima di conversione dell‟angiotensina I quindi riducendo la produzione di angiotensina II e aldosterone e inibendo i loro molteplici effetti; aumentano inoltre la sintesi di bradichinina. Gli effetti ascrivibili agli ace-inibitori sono: Vasodilatazione; diminuzione della pressione arteriosa sistolica e diastolica Regressione della ipertrofia ventricolare Regressione della proliferazione della muscolatura liscia vascolare Stabilizzazione della placca Effetto antiadrenergico Aumento degli effetti di PG e NO Miglioramento dell‟emodinamica renale nell‟ipertensione, diabete, sindrome nefrosica Indicazioni Ipertensione arteriosa, particolarmente raccomandati in pazienti con IMA, diabete mellito, insufficienza renale cronica, scompenso cardiaco, stroke, fibrillazione atriale, multipli fattori di rischio; non provocano effetti negativi sull‟asseto lipidico e glucidico né iperuricemia. Post-infarto, raccomandati in tutti i pazienti nelle prime 24 ore, associati ad una riduzione della mortalità e riduzione della progressione verso l‟insufficienza cardiaca. Scompenso cardiaco cronico, in tutti gli stadi; associati a miglioramento della sopravvivenza, dei sintomi, della capacità funzionale e a riduzione delle ospedalizzazioni. Nefropatia diabetica Farmacocinetica Le molecole appartenenti a questa classe si distinguono per alcune caratteristiche che determinano il comportamento farmacocinetico e le proprietà farmacodinamiche: -gruppo chimico che lega l‟ACE -affinità per l‟ACE -capacità di inibire ACE tissutale -profarmaco -liposolubilità -via di eliminazione -potenza Fatta eccezione per il Captopril ed il Lisinopril le altre molecole sono pro-farmaci, attivi a seguito di metabolismo epatico, con il vantaggio di un più lento raggiungimento del picco ematico e di maggiore persistenza plasmatica. Il più liposolubile è il Fosinopril, il più idrofilo il Lisinopril; alta liposolubilità anche per Trandolapril, Quinapril, Ramipril, proprietà che dovrebbe favorire l‟azione sull‟ACE tissutale. La presenza del gruppo carbossilico (Enalapril, Ramipril, Lisinopril, Perindopril, Trandolapril), rispetto al gruppo sulfidrilico (Captopril, Zofenopril) e fosforile (Fosinopril) assicura una maggiore capacità di legame all‟ACE, quindi una maggiore potenza inibitoria. La via di eliminazione è prevalentemente renale; l‟escrezione epatica riveste un ruolo importante soprattutto per Fosinopril, ma anche per Zofenopril. Effetti collaterali Ipotensione soprattutto osservata alla prima somministrazione e nei pazienti anziani. Tosse secca, da accumulo di bradichinina e prostaglandine, disturbo frequente. Angioedema della lingua, bocca, laringe, raro ma potenzialmente letale. Deterioramento della funzione renale in pazienti con ipoperfusione cronica (ipovolemia, SCC, stenosi arteria renale) Iperpotassiemia. Disturbi del gusto. Neutropenia più frequentemente correlata al Captopril. Rush cutanei, eruzioni maculopapulomatose pruriginose. Controindicazioni alla somministrazione sono pertanto: shock, ipotensione, stenosi bilaterale arteria renale, gravidanza, edema angioneurotico. Interazioni farmacologiche: Diuretici risparmiatori di potassio, aumento della potassiemia FANS ed ASA, riduzione dell‟effetto antipertensivo Specifiche interazioni: Antiacidi, riduzione della biodisponibilità degli ace-inibitori Digossina e Litio, aumento della loro concentrazione ematica Farmaci immunosoppressori, depressione midollare Morfina, incremento dell‟analgesia e della depressione respiratoria (per inibizione della degradazione dell‟enkefalina) Quinapril e Tetracicline, riduzione dell‟assorbimento delle tetracicline Captopril e Probenecid, aumentata concentrazione del captopril. SARTANI (Angiotensin II Recettor Blockers, ARBs) Comprendono diverse molecole tra le quali: Candesartan, Eprosartan, Irbesartan, Losartan, Olmesartan, Telmisartan, Valsartan. Agiscono come antagonisti dell‟angiotensina II sui recettori AT1. Il meccanismo d‟azione assicura una più efficace e sicura inibizione degli effetti dell‟angiotensina II rispetto agli ace-inibitori, soprattutto tenendo conto della potenziale sintesi di angiotensina II attraverso vie secondarie aceindipendenti. Inoltre non antagonizzano l‟attività del recettore AT2 che, stimolato dall‟aumentata concentrazione di angiotensina II, può contribuire all‟effetto farmacologico (vasodilatazione, effetto antiproliferativo, differenzazione cellulare). Gli effetti farmacologici dei sartani risultano quindi dalla INIBIZIONE di: Contrazione delle fibrocellule muscolari lisce Risposte pressorie Secrezione di aldosterone Tono simpatico Rilascio di vasopressina Ipertrofia ed iperplasia cellulare Indicazioni Ipertensione arteriosa, efficacia paragonabile agli ace-inibitori con minori effetti collaterali. Scompenso cardiaco, in pazienti intolleranti agli ace-inibitori, o in terapia di associazione per un miglior controllo neuroumorale ed emodinamico. Nefropatia diabetica in pazienti con diabete mellito tipo II. I vari ARBs differiscono tra loro per caratteristiche strutturali, proprietà farmacocinetiche, affinità del legame con AT1 e tempi di dissociazione, natura competitiva o non competitiva del legame. Gli antagonisti competitivi (Eprosartan, Losartan) possono vedere sormontato il loro legame con AT1 da concentrazioni elevate di Angiotensina II, con la conseguenza di una minore durata d‟azione e la necessità di più somministrazioni giornaliere; l‟effetto degli antagonisti non competitivi (Olmesartan, Telmisartan, Valsartan, Candesartan, Irbesartan) non è influenzato dai livelli di angiotensinaII. Farmacocinetica Losartan, Candesartan e Olmesartan sono somministrati come profarmaci. Il metabolita attivo del Losartan viene prodotto a seguito di metabolismo epatico (citocromo P450), ha emivita di 6-9 ore, ha escrezione prevalentemente fecale. La forma attiva del Candesartan viene generata durante il processo di assorbimento gastrointestinale, ha emivita di 9 ore, prevalentemente escreto con le feci. L‟Olmesartan attivo viene prodotto a livello gastrointestinale, ha lunga emivita 12-18 ore, eliminazione per il 40% renale e 60% biliare. Gli altri ARBs non necessitano di biotrasformazione per esercitare la loro attività: l‟Irbesartan ha una lunga emivita, 11-15 ore, elevata biodisponibilità, metabolismo epatico, escrezione prevalentemente biliare; il Valsartan, ha emivita di 6 ore, l‟assunzione con il cibo può influenzare l‟assorbimento riducendolo, viene escreto prevalentemente per via biliare in gran parte immodificato; il Telmisartan possiede la più lunga emivita, 24 ore, ed il più ampio volume di distribuzione, il suo assorbimento può essere lievemente ridotto dall‟assunzione di cibo, viene escreto per via biliare immodificato. Effetti collaterali I sartani sono ben tollerati, provocano meno frequentemente rispetto agli aceinibitori tosse ed angioedema; possibile ipercalcemia. Sono controindicati in gravidanza per potenziale tossicità fetale, nella stenosi bilaterale dell‟arteria renale. Cautela in pazienti con grave insufficienza epatica e renale. Interazioni farmacologiche Antimicotici, succo di pompelmo, inibizione del metabolismo epatico Rifampicina, aumento del metabolismo epatico RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI Lionel H.Opie (2002). Drugs for the Heart. Milano. Mosby Italia. Braunnwald E, Zipes D, Libby P. (2003). Malattie del Cuore. Trattato di Medicina Cardiovascolare, 6° edizione. Milano. Excerpta Medica. Paroli E(1997). Farmacologia generale speciale e clinica. Roma. Società Editrice Universo Rakel RE, Bope ET (2003). Conn’s Current Therapy, 54° edizione. Salerno. Momento Medico.