Ipertensione_arterio..

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IPERTENSIONE ARTERIOSA
La pressione arteriosa venne registrata, per la prima volta, nel 1700 quando Stephen Hales, prelato e
scienziato, incannulò l‟arteria crurale di un cavallo collegandola ad un tubo verticale per le
misurazioni. Lo sfigmomanometro fu successivamente sviluppato grazie all‟apporto fornito dagli
studi di Poiseuille, Ritter Von Bash e Scipione Riva-Rocci; Korotkoff descrisse per primo i suoni
percepiti con lo stetoscopio sgonfiando il bracciale dello sfigmomanometro. Da queste scoperte
poco è cambiato nella misurazione e registrazione della pressione arteriosa.
Fino agli anni ‟60 si riteneva che un‟ elevata pressione arteriosa fosse indispensabile per fornire un
adeguato apporto ematico; gli studi epidemiologici evidenziarono poi, la correlazione pressoché
lineare esistente tra l‟aumento dei valori pressori ed il rischio di eventi cardiovascolari,
particolarmente elevato per valori superiori a 140/90 mmHg, divenuto valore cut-off arbitrario per
la definizione di ipertensione. Sulla base di questo valore soglia comune, si presume che
l‟ipertensione arteriosa abbia una prevalenza nella popolazione generale del 20%1, aumentando con
l‟età fino ad interessare più del 50% della popolazione d‟età superiore ai 60 anni; la distribuzione
per sesso mostra nei soggetti di d‟età inferiore ai 40 anni una prevalenza maggiore nei maschi
rispetto alle femmine, rapporto che si inverte nella popolazione anziana. Dati più limitati si
dispongono circa l‟incidenza di nuovi casi di ipertensione arteriosa, che lo studio di Framingham2 e
il National Health and Nutrition Examination Study3 riportano essere in entrambi i sessi di circa il
5% per ogni 10 anni di osservazione.
La definizione e la classificazione più aggiornata di ipertensione arteriosa è quella proposta dalle
Linee Guida della Società Europea di Ipertensione (ESH) e della Società Europea di Cardiologia
(ESC) nel 20074 che considerano i valori di pressione arteriosa sistolica (PAS) e/o diastolica (PAD)
e identificano 7 categorie sulla base dell‟entità del rialzo pressorio.
Definizione e classificazione dei livelli di ipertensione arteriosa (PA) in mmHg.
CATEGORIA
SISTOLICA
DIASTOLICA
OTTIMALE
<120
e
<80
NORMALE
120–129
e/o
80–84
NORMALE ALTA
130–139
e/o
85–89
IPERTANSIONE GRADO 1
140–159
e/o
90–99
IPERTENSIONE GRADO 2
160–179
e/o
100–109
IPERTENSIONE GRADO 3
≥180
e/o
≥110
IPERT. SISTOLICA ISOLATA
≥140
e
<90
I gradi 1, 2 e 3 corrispondono alla classificazione in ipertensione lieve, moderata e severa
rispettivamente.
Storicamente maggiore rilevanza è stata attribuita ai valori di pressione arteriosa diastolica come
predittore di eventi cardiovascolari futuri; attualmente diversi studi5-7 hanno evidenziato l‟esistenza
di una relazione lineare tra eventi e pressione sistolica e diastolica, in particolare si è dimostrato il
rapporto indipendente e diretto della pressione sia sistolica che diastolica con lo sviluppo di
scompenso cardiaco, arteriopatia periferica e insufficienza renale8-11.
Tenendo in considerazione l‟estrema variabilità dei valori pressori durante la giornata e tra giorni
diversi, le linee guida4 raccomandano che la diagnosi di ipertensione venga posta su multiple
misurazioni pressorie rilevate in situazioni diverse (almeno due misurazioni per visita, in almeno 23 visite ed integrate con l‟automisurazione a domicilio). Inoltre nel 15% della popolazione generale
è presente ipertensione da “camice bianco” o meglio ipertensione clinica isolata, caratterizzata da
valori tensivi elevati quando misurati dal medico ma normali a domicilio, che si associa ad un
rischio cardiovascolare inferiore rispetto ai pazienti ipertesi ma ad una maggiore prevalenza di
danno d‟organo rispetto ai soggetti normotesi.
Tuttavia l‟ipertensione arteriosa più che una patologia legata all‟alterazione numerica dei valori
tensivi è una condizione clinica espressione di rischio cardiovascolare, dipendente anche dalle
patologie e dai fattori di rischio associati e dalla presenza di danno d‟organo. Già con le precedenti
linee guida ESH-ESC del 2003 era stata stabilita la necessità di una quantificazione del rischio
cardiovascolare globale del paziente iperteso come guida diagnostica e terapeutica12 . Questo deve
includere la ricerca del cosiddetto danno d‟organo subclinico che possiede un significato
prognostico indipendente. La stessa classificazione del rischio cardiovascolare totale, pertanto,
viene mantenuta nel più recente Documento:
Stratification of CV Risk in four categories. SBP: systolic blood pressure; DBP: diastolic blood pressure; CV:
cardiovascular; HT: hypertension. Low, moderate, high and very high risk refer to 10 year risk of a CV fatal or nonfatal event. The term „added‟ indicates that in all categories risk is greater than average. OD: subclinical organ damage;
MS: metabolic syndrome. The dashed line indicates how definition of hypertension may be variable, depending on the
level of total CV risk.
Le variabili cliniche per la stratificazione del rischio sono4:
FATTORI DI RISCHIO:
 Pressione arteriosa sistolica e diastolica
 Pressione differenziale
 Età > 55 anni M e > 65 anni F
 Fumo
 Dislipidemia
 Iperglicemia a digiuno
 Alterato test di tolleranza al glucosio
 Diabete Mellito
 Obesità addominale
 Storia familiare di malattia cardiovascolare prematura
DANNO D‟ORGANO SUBCLINICO:
 Ipertrofia cardiaca all‟ECG o all‟ecocardiogramma
 Ispessimento miointimale carotideo / presenza di placca aterogena
 Indice pressorio arti inferiori/superiori < 0.9
 Lieve incremento della creatinina
 Microalbuminuria
MALATTIA CEREBROVASCOALRE E/O RENALE CONCLAMATA:
 Stroke ischemico, emorragia cerebrale, TIA
 Infarto miocardico, angina, rivascolarizzazione miocardica, scompenso cardiaco
 Nefropatia diabetica, insufficienza renale, proteinuria
 Arteriopatia periferica
 Retinopatia avanzata.
DIAGNOSI
Il percorso diagnostico deve essere orientato a rilevare, accanto ai livelli pressori, i parametri clinici
indicati e la presenza di sintomi e segni di ipertensione arteriosa secondaria. Tali valutazioni oltre
che nell‟inquadramento diagnostico andranno poi effettuate nel follow-up del paziente allo scopo di
definire gli effetti della terapia. Le linee guida definiscono un percorso ben strutturato4.
ANAMNESI
-FAMILIARE volta ad evidenziare storia di ipertensione, diabete, dislipidemia, malattie
cardiovascolari, insufficienza renale
- PERSONALE:
 Durata della malattia e precedenti valori pressori
 Sintomi e segni di ipertensione secondaria (familiarità per malattie renali; ematuria; abuso di
analgesici; malattia parenchimale renale; assunzione di contraccettivi orali, droghe,
liquirizia, eritropoietina, ciclosporina; episodi di cefalea, ansietà, palpitazioni)
 Fattori di rischio associati
 Indicatori clinici di danno d‟organo (cefalea, vertigini, alterazioni visive, attacchi ischemici
transitori, palpitazioni, dispnea, precordialgie, edemi declivi, poliuria, nicturia, ematuria
estremità fredde, claudicatio)
 Precedente terapia antipertensiva (efficacia, effetti collaterali)
ESAME OBIETTIVO
 Segni di ipertensione secondaria
 Segni di danno d‟organo (soffi carotidei, deficit motori o sensitivi; anomalie del fondo
oculare; caratteristiche dell‟itto apicale, anomalie del ritmo cardiaco, rantoli polmonari,
edemi declivi; caratteristiche dei polsi periferici)
 Segni di obesità viscerale.
Gli esami strumentali da effettuare includono procedure relativamente semplici considerate adatte
ad essere eseguite di routine in tutta la popolazione di ipertesi, e procedure raccomandate per una
più approfondita caratterizzazione del paziente.
TEST DI ROUTINE
 Glicemia a digiuno
 Colesterolo totale, LDL HDL, trigliceridi
 Potassiemia
 Uricemia
 Creatininemia e clearance
 Emoglobina ed ematocrito
 Esame urine, microalbuminuria, esame microscopico
 ECG
TEST RACCOMANDATI
 Ecocardiogramma
 Doppler carotideo
 Proteinuria quantitativa
 Indice pressorio arti inferiori/superiori
 Fondo oculare
 Test di tolleranza glucidica
 Monitoraggio pressorio
TERAPIA
Un grande numero di studi clinici13-16 e importanti metanalisi17-20 hanno dimostrato in maniera
inequivocabile che il trattamento antipertensivo riduce la morbilità e la mortalità cardiovascolare.
Inoltre, trial randomizzati comparativi tra diversi farmaci hanno dimostrato che, a parità di
riduzione pressoria, le differenze in termini di mortalità e morbilità cardiovascolare sono modeste,
evidenziando quanto il beneficio dipenda prevalentemente dalla riduzione pressoria di “per se”21-28,
sebbene alcuni farmaci antipertensivi possano esercitare effetti benefici indipendenti dalla riduzione
pressoria (nefro - cardio e vasculoprotezione).
La decisione sul momento di iniziare il trattamento si basa sui valori pressori e sul livello di rischio
cardiovascolare globale. Le linee guida propongono la seguente schematizzazione:
OD danno d‟organo; MS sindrome metabolica; CV cardiovascolare; SBP pressione arteriosa sistolica; DBP
pressione arteriosa diastolica; HT ipertensione arteriosa.
Emerge l‟indicazione a non attendere eccessivamente nell‟approccio terapeutico al paziente
iperteso, particolarmente nel paziente a rischio elevato.
Più rigorosamente rispetto alle precedenti raccomandazioni inoltre, nel Documento del 2007 si fissa
come obiettivo della terapia la riduzione dei valori pressori almeno al di sotto di 140/90 mmHg, o
più marcata se tollerata29-32, con un target più basso nei pazienti diabetici33-35, con insufficienza
renale o con storia di un evento cardiovascolare36.
MODIFICAZIONI DELLO STILE DI VITA:
 CALO PONDERALE
 RESTRIZIONE DELL‟ APPORTO DI SODIO CON LA DIETA
 ESERCIZIO FISICO
 CESSAZIONE DEL FUMO
 RIDUZIONE DEL CONSUMO DI ALCOOL
L‟obiettivo dell‟approccio non farmacologico è prevalentemente quello di ridurre il rischio
cardiovascolare globale realizzando solo un modesto effetto sulla riduzione dei valori tensivi, che
mantiene comunque un importante valore, contribuendo a posticipare l‟impiego dei farmaci e
spesso consentendo una riduzione della posologia dei farmaci.
TERAPIA FARMACOLOGICA
Il principale beneficio della terapia antipertensiva nella riduzione degli eventi cardiovascolari
dipende dalla riduzione pressoria pertanto, rispetto al passato è andata riducendosi l‟enfasi
sull‟identificazione di farmaci di prima scelta, affermandosi il concetto che i farmaci antipertensivi
sono tutti indicati per l‟inizio ed il mantenimento della terapia sia in monoterapia che in
associazione4.
Le principali classi farmacologiche comprendono:





DIURETICI TIAZIDICI
BETA-BLOCCANTI
CALCIO-ANTAGONISTI DIIDROPIRIDINICI
ACE INIBITORI
SARTANI
Le linee guida Europee del 2007 più che proporre una classificazione in ordine di scelta hanno
indicato le condizioni specifiche in cui i singoli farmaci sono preferibili e le controindicazioni
assolute e relative all‟uso di essi.
In merito alle condizioni favorenti l‟uso di determinati farmaci:
DURETICI TIAZIDICI
-Ipertensione sistolica isolata
-Scompenso cardiaco
-Ipertensione nella razza nera
DIURETICI ANTIALDOSTERONICI
-Scompenso cardiaco
-Post-infarto
CALCIO ANTAGONISTI
DIDROPIRIDINICI
-Ipertensione sistolica isolata
-Angina pectoris
-Ipertrofia ventricolare sinistra
-Aterosclerosi carotidea/coronarica
-Gravidanza
-Ipertensione nella razza nera
SARTANI
-Scompenso cardiaco
-Post-infarto
-Nefropatia diabetica
-Proteinuria/Microalbuminuria
-Ipertrofia ventricolare sinistra
-Fibrillazione atriale
-Sindrome Metabolica
-Tosse da ACE INIBITORE
DIURETICI DELL‟ANSA
-Insufficienza renale cronica
-Scompenso cardiaco
BETA-BLOCCANTI
-Angina pectoris
-Post-infarto
-Scompenso cardiaco
-Tachiaritmie
-Glaucoma
-Gravidanza
ACE-INIBITORI
-Scompenso cardiaco
-Disfunzione ventricolare sinistra
-Post-infarto
-Nefropatia/Proteinuria/Microalbuminuria
-Ipertrofia ventricolare sinistra
-Aterosclerosi carotidea
-Fibrillazione atriale
-Sindrome Metabolica
Controindicazioni:
ASSOLUTE
RELATIVE
Sindrome metabolica
DIURETICI TIAZIDICI
Gotta
Intolleranza glucidica
Gravidanza
BETA BLOCCANTI
Asma
Sindrome metabolica
Blocco AV (2°- 3 grado)
Intolleranza glucidica
Arteriopatia periferica
BPCO
CALCIO ANTAGONISTI
Scompenso cardiaco
Gravidanza
Edema angioneurotico
ACE-INIBITORI
Iperkaliemia
Stenosi bilaterale arteria renale
Gravidanza
SARTANI
Iperkaliemia
Stenosi bilaterale arteria renale
L‟approccio terapeutico iniziale può essere in monoterapia o con combinazione fissa di due farmaci
a basse dosi con successivo aumento posologico. Nei pazienti con ipertensione lieve e
basso/moderato rischio cardiovascolare globale è preferibile un singolo farmaco, mentre
nell‟ipertensione di grado 2 o 3 o quando il rischio è elevato l‟associazione deve essere preferita.
Nei pazienti in cui il controllo pressorio non viene raggiunto è necessaria la combinazione di tre o
più principi attivi4.
Associazioni dimostrate efficaci e ben tollerate sono:
-Diuretici tiazidici ed ace-inibitori
-Diuretici tiazidici e sartani
-Calcio-antagonisti ed ace-inibitori
-Calcio-antagonisti e diuretici tiazidici
-Beta-bloccanti e calcio antagonisti (didropiridinici)
-Beta bloccanti e diretici tiazidici (da evitare nei pz con sindrome metabolica o diabete).
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DIURETICI
I farmaci diuretici interferiscono con i processi di riassorbimento renale dell‟acqua e degli elettroliti
determinando l‟eliminazione di maggiori volumi di urine e soprattutto del loro soluto principale, il
cloruro di sodio; ne consegue ipovolemia e iposmolarità che promuovono la redistribuzione
dell‟acqua e del Na+. In linea generale i farmaci diuretici agiscono a livello renale in quanto sede
della loro eliminazione; in gran parte circolano legati alle proteine plasmatiche, poco filtrati a
livello glomerulare sono attivamente secreti nelle urine dalle cellule del tubulo prossimale e
prevalentemente raggiungono il sito attivo attraverso il fluido tubulare.
DIURETICI DELL‟ANSA
Comprendono le seguenti molecole: FUROSEMIDE, TORASEMIDE, ACIDO ETACRINICO.
Agiscono sulla porzione spessa del tratto ascendente dell‟ansa di Henle inibendo il cotrasporto
Na+:K+:2Cl+ per competizione con gli ioni cloro per il legame. Il segmento spesso dell‟ansa, situato
in parte nella midollare in parte nella corticale, riassorbe i soluti ed è impermeabile all‟acqua
realizzando, attraverso il meccanismo di moltiplicazione controcorrente, una ipertonia della
midollare che richiama acqua dalle regioni più distali del nefrone e consente il processo di
concentrazione delle urine. I diuretici dell‟ansa bloccando il riassorbimento dei soluti, dissipano
l‟ipertonia interstiziale contrastando la concentrazione delle urine e determinando la formazione di
grandi volumi di urine ricche di soluti. Il tipo di diuresi indotta dai diuretici dell‟ansa è pertanto
clorosodica iperpotassiurica e associata allo sviluppo di alcalosi ipocloremica, ovvero ricca di ioni
cloro, sodio, potassio, idrogeno, calcio, magnesio, ed il rene compensa la perdita di cloro
conservando bicarbonato.
Accanto all‟azione diuretica questi farmaci esplicano effetti emodinamici: venodilatazione;
aumento della capacitanza venosa; diminuzione della pressione di incuneamento polmonare, con il
risultato di una riduzione del precarico indipendente dall‟azione diuretica che li rende efficaci nel
trattamento dell‟insufficienza cardiaca e dell‟edema polmonare acuto in quanto l‟effetto vascolare
precede quello diuretico.
Farmacocinetica L‟assorbimento per via gastrica è rapido; si legano alle proteine plasmatiche;
vengono eliminati per via renale attraverso il sistema di trasporto tubulare degli acidi organici, sono
rilasciati nel tubulo prossimale da cui diffondono nella regione dell‟ansa. L‟effetto diuretico è
proporzionale alla loro concentrazione tubulare pertanto è autolimitato dal processo della loro
eliminazione. La torasemide presenta una maggiore biodisponibilità orale ed un metabolismo in
parte epatico.
Effetti collaterali. Ipotensione ed ipovolemia con aumento dell‟azotemia prerenale. Ipopotassiemia,
ipomagnesemia, ipocalcemia, alcalosi metabolica. Iperuricemia. Alterazioni del metabolismo
glucidico: iperglicemia, ridotta tolleranza al glucosio. Interferenze col metabolismo lipidico:
aumento del colesterolo totale, LDL e trigliceridi, riduzione delle HDL. Occorrenza di
calcificazioni renali. Ototossicità soprattutto l‟acido etacrinico. Fotosensibilità. Disturbi
gastrointestinali. In gravidanza riduzione del flusso placentare.
Interazioni farmacologiche: Animoglicosidi, potenziamento dell‟ototossicità
Glicosidi digitalici, aumento del rischio aritmico da ipopotassiemia
Chinidina, aumento del rischio di torsioni di punta per ipopotassemia
Litio, riduzione dell‟escrezione
FANS, riduzione dell‟effetto diuretico
Antidiabetici ed antigottosi, riduzione dell‟effetto farmacologico.
DIURETICI TIAZIDICI
Comprendono: IDROCLOTIAZIDE ed un gruppo di analoghi a lunga durata d‟azione quali
METOLAZONE, INDAPAMIDE, CLORTALIDONE.
Filtrati e secreti nel tubulo prossimale agiscono a livello della porzione corticale del ramo
ascendente dell‟ansa di Henle e nella prima porzione del tubulo contorto distale bloccando il
riassorbimento del cloro e di sodio e riducendo la clearance dell‟acqua libera; a livello del tubulo
distale poi l‟assorbimento del sodio e l‟aumento dell‟elettronegatività luminale favoriscono la
escrezione tubulare di potassio. Anche in questo caso la diuresi prodotta è di tipo clorosodica ed
iperpotassiurica ed associata allo sviluppo di acidosi ipocloremica, ma minore rispetto ai diuretici
dell‟ansia è la perdita di potassio e magnesio ed assente quella di calcio.
Importanti caratteristiche di questa classe sono: una curva dose/risposta alquanto piatta ovvero
raggiunto l‟effetto ottimale poche variazioni si ottengono con dosi superiori; il legame con la
filtrazione glomerulare che li rende inefficaci quando questa è inferiore a 30-49 ml/min; solamente
il metolazone risulta attivo in presenza di insufficienza renale cronica e presenta una curva
dose/risposta più ripida.
Farmacocinetica L‟idroclorotiazide viene assorbito efficacemente nel tratto gastro-intestinale, con
biodisponibilità del 65%-70%, ha una emivita di 15 ore, si elimina con le urine. Il clortalidone si
assorbe irregolarmente nel tubo gastro-intestinale, si lega alle emazie, ha una più lunga emivita con
effetto diuretico che perdura per 48-72 ore. Il metolazone viene anch‟esso assorbito irregolarmente
per os, si lega alle proteine plasmatiche, viene eliminato dal rene immodificato, l‟effetto diuretico si
protrae per 24 ore, sia per la persistenza del legame farmaco-proteico sia per il circolo
enteroepatico, inoltre determina una minore perdita di potassio.
Effetti collaterali In relazione all‟azione sull‟equilibrio idroelettrolitico le tiazidi possono indurre
ipopotassiemia, ipomagnesemia, iposodiemia e ipercalcemia. Iperuricemia e possibili attacchi di
gotta da interferenza col meccanismo di trasporto degli urati a livello del tubulo prossimale.
Interferenza con il metabolismo lipidico (aumento del colesterolo totale, delle LDL, dei trigliceridi)
e glucidico (iperglicemia). Sono causa frequente di orticaria ed esantema morbilliforme. Disturbi
gastrointestinali :nausea, anoressia, diarrea, vomito, pancreatiti. Più rari i disturbi a carico del SNC
come vertigini, debolezza, parestesie; ed ematologici quali trombocitopenia ed aplasia midollare.
Nel 10-20% dei pazienti si riscontra disfunzione erettile. Controindicati in gravidanza possono
indurre ipoglicemia e trombocitopenia fetale.
Interazioni farmacologiche: Glicosidi digitalici, aumento dell‟effetto farmacologico e del rischio
aritmico da ipopotassiemia.
Chinidina, aumento del rischio di torsioni di punta per ipopotassemia
Litio, riduzione dell‟escrezione
FANS, riduzione dell‟effetto diuretico
Antidiabetici ed antigottosi, riduzione dell‟effetto farmacologico
Vitamina D, effetto aumentato
Specifiche interazioni: Metolazone + Ciclosporina A, potenziamento della nefrotossicità
Metolazone + glibenclamide, ipoglicemia da dislocazione dalle
plasma- proteine dell‟ipoglicemizzante.
DIURETICI RISPARMIATORI DI POTASSIO
Comprendono SPIRONOLATTONE, TRIAMTERENE, AMILORIDE.
Agiscono a livello del tubulo distale inibendo il riassorbimento del sodio che, seppure modesto
quantitativamente (pari al 5% del filtrato), è associato allo scambio di potassio, pertanto la natriuresi
non si associa a kaliuresi ma a risparmio di potassio.
Lo spironolattone agisce come antagonista competitivo dell‟aldosterone, ormone mineralcorticoide
che a seguito del legame con il proprio recettore citosolico, a livello delle cellule tubulari, regola
positivamente la trascrizione e la sintesi di geni fra cui quello del canale del Na+. Lo spironolattone
inoltre inibisce la sintesi surrenale di aldosterone. Penetrando nelle cellule del tubulo distale, il suo
effetto diuretico non dipende dalla presenza del farmaco nel tubulo renale.
Il triamterene e l‟amiloride inibiscono lo scambio Na:K per interferenza con le proteine regolatrici
della conduttanza dei canali ionici.
L‟effetto diuretico si caratterizza per l‟aumento della escrezione di sodio, cloruro ed acqua con
ritenzione di potassio, magnesio, calcio e riduzione dell‟acidità delle urine. Trovano indicazione
soprattutto in associazione a diuretici più potenti, come agenti risparmiatori di potassio, risultando
lo spironolattone di prima scelta nel trattamento degli edemi associati a cirrosi epatica. Lo
spironolattone è farmaco di elezione nell‟iperaldosteronismo primario, possiede inoltre proprietà
antioandrogena che lo rende efficace nel trattamento dell‟irsutismo e della pubertà precoce.
Farmacocinetica Lo spironolattone ha una buona biodisponibilità orale, che aumenta se assunto
vicino ai pasti. Viene largamente metabolizzato a livello epatico, dove viene prodotto il suo
metabolita attivo, il canrenone, a lunga emivita (10-35 h). Presenta un alto legame con le proteine
plasmatiche ed è sottoposto a circolazione enteroepatica. L‟effetto diuretico si manifesta dopo 4872 ore dalla somministrazione, latenza legata al meccanismo d‟azione di inibizione della sintesi
proteica.
L‟amiloride e d il triamterene presentano un basso assorbimento per via orale e lunga emivita; il
primo viene eliminato per via renale il secondo viene metabolizzato a livello epatico.
Effetti collaterali Lo spironolattone può determinare effetti indesiderati endocrinologici come
ginecomastia, impotenza, riduzione della libido, irregolarità mestruali; disturbi gastrointestinali
quali diarrea, sanguinamento gastrico, ulcera peptica; alterazioni ematologiche fino
all‟agranulocitosi; rari sono i casi di iperpotassemia. Il triamterene e l‟amiloride possono causare
iperpotassiemia, soprattutto in pazienti con insufficienza renale; nausea, vomito, diarrea. Il
triamterene, per l‟analogia strutturale, interferisce con il metabolismo dell‟acido folico potendo
provocare anemia megaloblastica; riduce la tolleranza al glucosio, è stato associato a nefriti,
vertigini, crampi muscolari, ed è stata segnalata la possibilità di calcolosi renale da precipitazione di
metaboliti del farmaco. L‟amiloride in associazione con diuretici tiazidici ha provocato casi di
iposodiemia.
Interazioni farmacologiche Acido acetilsalicilico, riduzione dell‟escrezione di canrenone
Digossina, aumento dei livelli plasmatici per riduzione della
secrezione tubulare di digossina.
Litio ed antidepressivi, aumento dell‟effetto farmacologico
Ace-inibitori e beta-bloccanti, aumento del rischio di iperpotassiemia
Antiaritmici di classe I A con triamterene e amiloride, accentuazione
dell‟aumento della durata del potenziale d‟azione.
L‟effetto antipertensivo dei diuretici dipende sia dalla riduzione del volume extracellulare e
dell‟output cardiaco, nelle fasi iniziali, ma a lungo termine anche dalla riduzione delle resistenza
periferiche (diminuzione della reattività vascolare a noradrenalina e angiotensina II, aumento del
rilascio di prostaglandine; iperpolarizzazione delle cellule muscolari lisce vasali con vasodilatazione
per i tiazidici). L‟associazione con altri farmaci antipertensivi potenzia l‟effetto sulla riduzione dei
valori pressori per l‟antagonismo sulla ritenzione di sodio ed acqua.
Il ruolo soprattutto dei diuretici tiazidici nella terapia antipertensiva è oggetto di continuo dibattito.
Tra le criticità evidenziate: il loro ruolo diabetogeno; la minore compliance da parte dei pazienti nei
trattamenti di lunga durata; raramente inoltre è stata studiata la capacità di questa classe di farmaci
di far regredire il danno d‟organo e negli studi realizzati si sono mostrati inferiori ai calcioantagonisti o agli ace-inibitori.
BETA-BLOCCANTI
Agiscono antagonizzando gli effetti del sistema adrenergico sui recettori beta.
I recettori beta comprendono tre sottopopolazioni:
β1. Sono recettori extragiunzionali, stimolati egualmente da adrenalina e noradrenalina,
prevalentemente localizzati a livello del miocardio ventricolare sinistro, nella tunica media delle
arterie coronariche, nel grasso addominale e nel rene. Nel meccanismo di trasduzione del segnale
sono accoppiati con una proteina Gs che attiva l‟adenilciclasi, quindi l‟AMP ciclico attiva la
proteinchinasi A che consente attraverso processi di fosforilazione la regolazione dell‟attività di
numerose proteine ed enzimi. A livello cardiaco la stimolazione beta1 adrenergica si traduce in
aumento della contrattilità (per aumento del calcio citosolico), maggiore efficacia della diastole,
aumento della frequenza cardiaca e della velocità di conduzione atrio-ventricolare; a livello delle
cellule iuxtaglomerulari in aumento della produzione di renina.
β2. Sono recettori pre e post-sinaptici con maggiore affinità di legame per l‟adrenalina, accoppiati a
proteine Gs ed al sistema effettore dell‟AMPc. I primi mediano la facilitazione del rilascio di
noradrenalina dalle terminazioni nervose, i secondi sono localizzati: a livello della muscolatura
liscia vascolare, bronchiale, uterina, gastrointestinale di cui mediano il rilasciamento; a livello degli
epatociti dove stimolano la glicogenolisi e la gluconeogenesi; a livello delle fibre muscolari
scheletriche dove promuovono la glicogenolisi e l‟uptake di potassio.
β3. Sono prevalentemente localizzati nel tessuto adiposo dove stimolano la lipolisi.
In relazione alla loro azione sui recettori, i betabloccanti vengono classificati come:
-Non selettivi per sottotipi recettoriali, detti anche non cardioselettivi, tra cui Propranololo,
Timololo, Nadololo, Pindololo.
-Selettivi per i beta1-recettori, cardioselettivi, come Metoprololo, Atenololo, Bisoprololo,
Acebutololo, Esmololo, Nebivololo.
-Con debole attività stimolante (agonista parziale) cronotropa positiva e vasodilatatrice che si
manifesta quando il tono simpatico è basso (a riposo); tra cui, tra i selettivi, Acebutololo, e tra i
non-selettivi, Pindololo
-Con attività antagonista sui recettori alfa1 e beta1 come Carvedilolo e Labetalolo (con attività
vasodilatatrice).
Il blocco selettivo dei beta1 recettori offre vantaggi clinici quali: minore probabilità di
broncocostrizione, minore influenza sul quadro lipidico e glicemico e sulle vasculopatie periferiche.
Effetti del beta blocco: L‟effetto farmacologico consiste nella prevenzione della risposta alla
stimolazione delle catecolamine soprattutto a livello cardiaco. Generalmente si conviene circa
l‟assenza di un tono beta-adrenergico miocardico, vascolare e bronchiale, pertanto, il blocco
recettoriale si manifesta quando l‟attività simpatica è aumentata: per cause patologiche, nell‟attività
fisica o nello stress.
Gli effetti emodinamici comprendono: riduzione della portata cardiaca, della pressione arteriosa
sistolica e diastolica, prolungamento della diastole con miglioramento della perfusione coronarica,
riduzione del consumo miocardico di ossigeno. Hanno attività cronotropa negativa, dromotropa
negativa, e riducono l‟automatismo cellulare. Il blocco dei beta recettori dell‟apparato
iuxtaglomerulare previene il rilascio di renina, quindi la formazione di angiotensina II e il rilascio di
aldosterone indotti dalla stimolazione simpatica. Gli effetti metabolici sono complessi dipendono
prevalentemente dal blocco beta2. La beta2 stimolazione aumenta la captazione di potassio nella
muscolatura scheletrica, il beta blocco, riducendo questo processo aumenta il livello basale della
potassiemia, meccanismo accentuato nelle situazioni di stress, ad esempio il post-infarto, in cui
l‟effetto dei betabloccanti risulta protettivo per il rischio di aritmie da ipopotassiemia. La
stimolazione adrenergica si associa ad iperglicemia mediata dagli alfa recettori, l‟azione sui beta2
recettori comporta effetti opposti sulla glicemia, un aumento della secrezione insulinica ma un
incremento della glicogenolisi e gluconeogenesi. Nei pazienti diabetici in trattamento con
ipoglicemizzanti orali la contemporanea somministrazione di betabloccanti attenua l‟effetto dello
ipoglicemizzante per il prevalere dell‟attività inibitoria sulla secrezione insulinica; nei pazienti in
terapia insulinica prevale l‟effetto opposto di inibizione della gluconeogenesi e glicogeno lisi,
provocati dal beta-blocco, con incremento dell‟effetto ipoglicemizzante. In merito al metabolismo
lipidico, i beta 2 recettori stimolano l‟enzima lipasi nel tessuto adiposo, il betablocco non selettivo
attenua questo effetto con conseguente aumento dei trigliceridi e delle HDL, mentre il colesterolo
totale e le LDL rimangono immodificati; tali modificazioni sono di scarsa entità con i beta1
selettivi.
Indicazioni Cardiopatia ischemica (angina da sforzo; angina instabile; IMA; post-IMA).
Insufficienza cardiaca cronica, in cui i beta-bloccanti sono riconosciuti come componente essenziale
del trattamento. Gli studi hanno documentato una riduzione della mortalità per metoprololo,
carvedilolo, bisoprololo, nebivololo, con effetti positivi sulla funzione ventricolare sinistra, sul
rimodellamento, miglioramento dei sintomi, riduzione delle ospedalizzazioni.
Ipertensione arteriosa, il meccanismo antipertensivo è multiplo: riduzione della portata cardiaca,
riduzione della produzione di renina e a lungo termine riduzione delle resistenza vascolari
periferiche.
Aritmie: trattamento delle aritmie associate a tireotossicosi o eccessiva stimolazione adrenergica;
controllo della frequenza di flutter e fibrillazione atriale, tachicardie sopraventricolari;
rallentamento/interruzione di AVNRT; trattamento di aritmie ventricolari; aritmie post-infartuali;
aritmie indotte dalla digitale; aritmie associate a QT lungo.
Cardiomiopatia Ipertrofica e Dilatativa.
Indicazioni non cardiache all‟uso dei betabloccanti sono rappresentate dall‟ipertiroidismo,
dall‟emicrania, dal glaucoma, gli stati d‟ansia, dall‟astinenza da alcool, dall‟acatisia, dalla
prevenzione delle emorragie dell‟alto tratto gastrointestinale nei pazienti con cirrosi epatica e varici
esofagee.
Farmacocinetica Importante caratteristica chimica che condiziona la farmacocinetica è la
lipo/idrosolubilità delle diverse molecole di questa classe. I beta bloccanti liposolubili (carvedilolo,
propanololo, timololo, metoprololo, nebivololo, acebutololo, pindololo) presentano un rapido e
completo assorbimento gastrointestinale, un elevato legame alle proteine plasmatiche, ampi volumi
di distribuzione, con passaggio della barriera ematoencefalica; vengono metabolizzati a livello
epatico dal citocromo P450, hanno breve emivita. I composti idrosolubili (atenololo, esmololo,
labetalolo, nadololo) possiedono un incompleto e lento assorbimento gastrointestinale, ridotto
legame alle proteine plasmatiche, minore distribuzione tissutale; prevalentemente eliminati
immodificati nelle urine, hanno lunga emivita che ne consente la monosomministrazione
giornaliera.
Effetti collaterali Esaltazione degli effetti cardiaci: bradicardia; blocchi atrio-ventricolari; eccessivo
effetto inotropo negativo. Ridotta tolleranza allo sforzo e affaticabilità, per riduzione della gittata
cardiaca, diminuzione del flusso ematico muscolare e alterazioni metaboliche, meno influenzate dai
composti cardioselettivi. Effetti sulla circolazione periferica con comparsa di estremità fredde e
peggioramento della claudicatio. Broncocostrizione nei pazienti asmatici. Effetti sul sistema
nervoso centrale: sonnolenza, ridotta capacità di concentrazione, allucinazioni, depressione.
Disfunzioni sessuali. Effetti negativi sul controllo glicemico e sul metabolismo lipidico.
Sono pertanto deducibili le condizioni cliniche che costituiscono controindicazione assoluta alla
somministrazione di beta-bloccanti: bradicardia severa, blocco AV di II e III grado; insufficienza
cardiaca acuta; shock cariogeno; angina di Prinzmetal; asma grave; claudicatio, gangrena;
depressione grave; si raccomanda cautela invece nell‟asma lieve e nella BPCO (composti selettivi);
nelle arteriopatie periferiche, nella sindrome di Raynaud, nel diabete mellito (composti selettivi),
nell‟insufficienza renale.
Interazioni farmacologiche Verapamil e Dilatiazem, incremento della depressione della funzione
miocardica e della conduzione AV
Digitale, bradicardia
FANS, riduzione dell‟azione antipertensiva
Prazosina, aumento dell‟effetto prima dose della prazosina
Clonidina, maggiore crisi ipertensiva da sospensione di clonidina
Barbiturici e Rifampicina, riduzione della concentrazione ematica dei
beta bloccanti liposolubili
Cimetidina, incremento della concentrazione ematica dei betabloccanti
liposolubili
Sali di alluminio e Colestiramina, riduzione dell‟assorbimento dei
betabloccanti
Warfarin, aumento della concentrazione ematica dell‟anticoagulante.
CALCIO-ANTAGONISTI
L‟ Organizzazione Mondiale della Sanità ha definito 6 classi di calcio-antagonisti:
 Fenilalchilamine: Verapamil e derivati
 Benzotiazepine: Diltiazem
 Diidropiridine: Nifedipina, Nicardipina, Nimodipina, Nitrendipina, Felodipina, Amlodipina,
Lacidipina, Lercanidipina, Manidipina, Barnidipina.
 Piperazine: Flunarizina, Cinnarizina
 Prenilamina
 Perexilina ed altri.
Solo i primi 3 gruppi sono selettivi per i canali del calcio
I calcio antagonisti esplicano i loro effetti farmacologici bloccando i canali del calcio voltaggiodipendenti presenti nella membrana plasmatica ed impedendo l‟ingresso del catione nella cellula.
I canali del calcio sono strutture proteiche complesse che presentano vari siti di legame per
trasmettitori, farmaci, sostanze biologiche che ne regolano le configurazioni molecolari e quindi il
funzionamento. I canali di membrana voltaggio dipendenti consentono l‟ingresso di calcio nella
cellula in base ai valori del potenziale endocellulare che determina modificazioni della loro
conformazione: configurazione di riposo, di apertura, di inattivazione. Sono stati identificati diverse
sottopopolazioni di canali ionici del calcio, i principali sono: i canali L, localizzati nel tessuto
muscolare (cardiaco, dei vasi) e nei neuroni, caratterizzati da lunga durata di apertura, elevata
conduttanza ed alta soglia di attivazione, accoppiati al rilascio intracellulare di calcio dal reticolo
sarcoplasmatico, sensibili ai calcio-antagonisti; canali T, localizzati a livello neuronale, negli atri e
nel tessuto di conduzione cardiaco, hanno breve durata di apertura, bassa conduttanza, bassa soglia
di attivazione, legano alcune tossine ma non i calcio-antagonisti.
Nelle cellule muscolari e nervose il Ca++ riveste un duplice ruolo: trasferisce cariche positive che
contribuiscono alla depolarizzazione, funge da messaggero citoplasmatico di stimoli giunti sui
recettori, innescando risposte biochimiche e meccaniche tra cui i processi di contrazione e della
secrezione.
La proprietà farmacologica comune dei calcio-antagonisti diidropiridinici e non diidropiridinici è
l‟inibizione selettiva dei canali L nella muscolatura liscia vasale e nel miocardio che riduce la
disponibilità di calcio per l‟apparato contrattile, con il risultato di produrre vasodilatazione e effetto
inotropo negativo. A dosi terapeutiche le diidropiridine sono più attive a livello vascolare mentre le
fenilalchilamine e le benzodiazepine a livello cardiaco.
Indicazioni I calcio-antagonisti diidropiridinici inducono per vasodilatazione arteriolare riduzione
delle resistenze vascolari periferiche, configurandosi come eccellenti agenti antipertensivi.
Il Verapamil ed il Diltiazem sono vasodilatatori meno potenti; mentre la loro azione sul nodo senoatriale e sul nodo atrio-ventricolare li rende importanti agenti antiaritmici (effetto cronotropo
negativo; dromotropo negativo): interruzione di TPSV, controllo della frequenza nel fluter e
fibrillazione atriale.
Importante proprietà comune alle due classi è la vasodilatazione coronarica che aumenta l‟apporto
di O2 al miocardio; la riduzione del post-carico (effetto comune) e la riduzione della frequenza
cardiaca (verapamil e diltiazem) determinano inoltre una diminuzione delle richieste di O2
miocardiche, rendendo questi farmaci agenti efficaci nel trattamento dell‟angina. Indicazione
all‟uso dei calcio antagonisti diidropiridinici è l‟angina cronica stabile, mentre nel capitolo della
cardiopatia ischemica (angina instabile, vasospastica; IMA; post-IMA) una applicazione maggiore
hanno i calcio-antagonisti non didiropiridinici anche se oggi subordinato ai beta-bloccanti e
comunque in assenza di insufficienza cardiaca.
CALCIO-ANTAGONISTI DIIDROPIRIDINICI.
Tutte le DHP determinano vasodilatazione arteriolare, hanno minore effetto inotropo negativo sul
miocardio, hanno effetto trascurabile sui nodi SA e AV. La riduzione pressoria provoca un rapido
riflesso adrenergico con tachicardia e attivazione del sistema renina-angiotensina, maggiore dopo
una singola dose e per le molecole di più vecchia generazione. All‟azione antipertensiva
contribuisce anche un effetto natriuretico iniziale dovuto ad una inibizione tubulare diretta del
riassorbimento di sodio e ad un aumento del flusso ematico renale, nonostante la riduzione
pressoria, per dilatazione dell‟arteriola afferente. Al contrario dei diuretici e dei beta-bloccanti che
presentano interazione negativa con il metabolismo glucidico e lipidico, gli studi clinici hanno
documentato: l‟assenza di effetti sulla sensibilità all‟insulina e sulla secrezione insulinica da parte
dei calcio-antagonisti, che risultano pertanto indicati nei pazienti ipertesi diabetici; e il loro ruolo
nel favorire la rimozione dei trigliceridi, stimolando l‟attività della lipoproteinlipasi per
vasodilatazione del letto capillare.
Farmacocinetica Prototipo delle DHP è la nifedipina, molecola di I generazione, rapidamente
assorbita per os, con rapido picco ematico e breve emivita (2-5 ore), metabolizzata a livello epatico,
(al primo passaggio per il 40% della dose) associata quindi ad importanti oscillazioni dei livelli
plasmatici. Allo scopo di indurre più lente e durature modificazione emodinamiche sono state nel
tempo formulate preparazioni a lento/controllato rilascio e sintetizzate molecole di II (nimodipina,
felodipina, nicardipina), III (amlodipina, nitrendipina) e IV (lacidipina, manidipina, barnidipina)
generazione, a più lunga emivita o intrinsecamente long acting. L‟amlodipina è il prototipo dei
calcio antagonisti a lunga durata d‟azione: possiede un lento assorbimento e lenta cinetica di
associazione/dissociazione dal recettore che spiegano la più graduale comparsa dell‟effetto e
assieme alla lunga emivita (35-48 ore) l‟effetto più prolungato; viene metabolizzata a livello
epatico. I calcio-antagonisti di più recente generazione sono prevalentemente composti liposolubili,
che si accumulano nel doppio strato lipidico cellulare (riserva) e rilasciati lentamente, presentano un
lento inizio e lunga durata d‟azione. L‟obiettivo, nel tempo, è stato quello inoltre di selezionare
composti che oltre a modificazioni pressorie graduali e di lunga durata inducessero anche minori
effetti collaterali e minore attività simpatica, correlata quest‟ultima alla velocità più che alla entità
della vasodilazione.
Effetti collaterali Legati all‟azione vasodilatatrice: cefalea, flushing, vertigini, ipotensione grave,
edema malleolare, palpitazioni, esacerbazione di angina. Effetti gastrointestinali: nausea, stipsi,
vomito, dispepsia, dolori addominali; reflusso gastroesofageo. Vari: crampi muscolari (nifedipina
ad alte dosi); alterazioni della funzione epatica (nimodipina); iperplasia gengivale; sonnolenza;
reazioni allergiche; aumento del rischio di sanguinamento per ridotta aggregabilità piastrinica.
Per i non diidropiridinici: blocco AV; bradicardia; arresto SA; insufficienza cardiaca
In rari casi di ostruzione coronarica molto grave la nifedipina può aggravare l‟angina per eccesiva
ipotensione e tachicardia riflessa. Per tale ragione l‟associazione con beta-bloccante è efficace e
superiore alle DHP isolatamente.
Le preparazioni a lento rilascio e i farmaci di più recente generazione sono associati a minori effetti
collaterali.
Interazioni farmacologiche I calcio antagonisti vengono metabolizzati a livello epatico dal
citocromo P450, di cui inibiscono l‟attività. In particolare Verapamil e Diltiazem inibiscono il
metabolismo di Ciclosporina, Carbamazepina, Fenitoina, Teofillina, Imipramina. Il metabolismo dei
calcio antagonisti è a sua volta inibito da Antimicotici, Eritromicina, Ritonavir, Cimetidina, Succo
di pompelmo e altri; e indotto da Carbamazepina, Fenitoina, Rifampicina, Fenobarbitale.
Specifiche interazioni: Digossina e Verapamil, Nitrendipina, Felodipina, aumento della
concentrazione ematica della digossina
Beta-bloccanti con Verapamil e Diltiazem, potenziamento dell‟effetto
inotropo e cronotropo negativo
ACE INIBITORI E SARTANI
Queste due classi di farmaci agiscono sul sistema RENINA- ANGIOTENSINA-ALDOSTERONE.
La Renina è un enzima proteolitico prodotto dalle cellule dell‟apparato iuxtaglomerulare renale, la
cui secrezione è regolata positivamente da: riduzione della pressione nell‟arteriola afferente
(ipotensione); iposodiemia; stimolazione beta-adrenergica. La renina agisce con attività proteolitica
sull‟Angiotensinogeno, globulina circolante prodotta dal fegato, formando il decapeptide
Angiotensina I. L‟angiotensina I viene trasformata, per l‟azione dell‟enzima di conversione (ACE)
che sottrae 2 amminoacidi dalla porzione C-terminale, nell‟octapeptide Angiotensina II.
L‟ACE è una metalloproteasi che utilizza lo zinco come coenzima, la cui attività è stata riscontrata
soprattutto a livello dell‟endotelio vascolare polmonare ma, che è presente in molti distretti
vascolari e tissutali (polmone, neuro epitelio, cuore..). L‟enzima di conversione non agisce soltanto
sulla conversione dell‟ angiotensina, ma inattiva la bradichinina che agendo su recettori endoteliali
induce aumento di NO e prostaciclina con effetto vasodilatatorio e antirombotico.
L‟angiotensina II promuove a livello della corticale del surrene la secrezione di Aldosterone quindi
favorisce la ritenzione idrosalina; e soprattutto induce per azione diretta sulla muscolatura liscia
vasale vasocostrizione. Gli effetti dell‟angiotensina II sono complessi e mediati da due classi di
recettori: AT1 e AT2.
I recettori AT1 sono localizzati a livello vasale, cerebrale, cardiaco, renale, nervoso. La loro
stimolazione determina:
 Vasocostrizione (preferenzialmente coronarica, renale, cerebrale)
 Ritenzione idro-salina (aldosterone; aumento del rilascio di vasopressina)
 Soppressione della renina (effetto feed-back negativo)
 Stimolazione della ipertrofia dei miociti e della muscolatura liscia
 Stimolazione della fibrosi vascolare e miocardica
 Effetto cronotropo positivo/aritmogeno
 Effetto inotropo positivo
 Attivazione del sistema simpatico (incremento del rilascio di neurotrasmettitore; attivazione
centrale)
 Stimolazione dell‟inibitore dell‟attivatore tissutale del plasminogeno (inibizione della
fibrinolisi)
 Stimolazione della formazione di anione superossido e della lipoperossidazione (effetto proaterosclerotico)
 Azione pro-infiammatoria.
I recettori AT2 sono localizzati a livello cardiaco, cerebrale, miometriale, fetale. La loro
stimolazione è associata a :
 Effetto antiproliferativo
 Inibizione della crescita cellulare
 Differenziazione cellulare
 Riparazione tissutale
 Apoptosi
 Vasodiltazione
 Sviluppo del rene e vie urinarie
Sono up-regolati in presenza di aterosclerosi, ischemia, infarto, scompenso cardiaco.
Non tutta l‟angiotensina II circolante si forma come risultato dell‟attività ACE, esistono infatti vie
alternative ace-indipendenti che coinvolgono proteasi seriniche.
Oltre al sistema circolante molti tessuti come l‟utero, la placenta, il tessuto vascolare, il cuore,
l‟encefalo, il rene, la corticale del surrene, possiedono un sistema renina-angiotensina locale in
grado di produrre angiotensina II cronicamente.
ACE-INIBITORI
Comprendono diverse molecole, tra le quali: CAPTOPRIL, DELAPRIL, ENALAPRIL,
FOSINOPRIL, LISINOPRIL, PERINDOPRIL, QUINAPRIL, RAMIPRIL, TRANDOLAPRIL,
ZOFENOPRIL.
Agiscono inibendo l‟enzima di conversione dell‟angiotensina I quindi riducendo la produzione di
angiotensina II e aldosterone e inibendo i loro molteplici effetti; aumentano inoltre la sintesi di
bradichinina.
Gli effetti ascrivibili agli ace-inibitori sono:
 Vasodilatazione; diminuzione della pressione arteriosa sistolica e diastolica
 Regressione della ipertrofia ventricolare
 Regressione della proliferazione della muscolatura liscia vascolare
 Stabilizzazione della placca
 Effetto antiadrenergico
 Aumento degli effetti di PG e NO
 Miglioramento dell‟emodinamica renale nell‟ipertensione, diabete, sindrome nefrosica
Indicazioni Ipertensione arteriosa, particolarmente raccomandati in pazienti con IMA, diabete
mellito, insufficienza renale cronica, scompenso cardiaco, stroke, fibrillazione atriale, multipli
fattori di rischio; non provocano effetti negativi sull‟asseto lipidico e glucidico né iperuricemia.
Post-infarto, raccomandati in tutti i pazienti nelle prime 24 ore, associati ad una riduzione della
mortalità e riduzione della progressione verso l‟insufficienza cardiaca.
Scompenso cardiaco cronico, in tutti gli stadi; associati a miglioramento della sopravvivenza, dei
sintomi, della capacità funzionale e a riduzione delle ospedalizzazioni.
Nefropatia diabetica
Farmacocinetica Le molecole appartenenti a questa classe si distinguono per alcune caratteristiche
che determinano il comportamento farmacocinetico e le proprietà farmacodinamiche:
-gruppo chimico che lega l‟ACE
-affinità per l‟ACE
-capacità di inibire ACE tissutale
-profarmaco
-liposolubilità
-via di eliminazione
-potenza
Fatta eccezione per il Captopril ed il Lisinopril le altre molecole sono pro-farmaci, attivi a seguito
di metabolismo epatico, con il vantaggio di un più lento raggiungimento del picco ematico e di
maggiore persistenza plasmatica. Il più liposolubile è il Fosinopril, il più idrofilo il Lisinopril; alta
liposolubilità anche per Trandolapril, Quinapril, Ramipril, proprietà che dovrebbe favorire l‟azione
sull‟ACE tissutale. La presenza del gruppo carbossilico (Enalapril, Ramipril, Lisinopril,
Perindopril, Trandolapril), rispetto al gruppo sulfidrilico (Captopril, Zofenopril) e fosforile
(Fosinopril) assicura una maggiore capacità di legame all‟ACE, quindi una maggiore potenza
inibitoria. La via di eliminazione è prevalentemente renale; l‟escrezione epatica riveste un ruolo
importante soprattutto per Fosinopril, ma anche per Zofenopril.
Effetti collaterali Ipotensione soprattutto osservata alla prima somministrazione e nei pazienti
anziani. Tosse secca, da accumulo di bradichinina e prostaglandine, disturbo frequente.
Angioedema della lingua, bocca, laringe, raro ma potenzialmente letale. Deterioramento della
funzione renale in pazienti con ipoperfusione cronica (ipovolemia, SCC, stenosi arteria renale)
Iperpotassiemia. Disturbi del gusto. Neutropenia più frequentemente correlata al Captopril. Rush
cutanei, eruzioni maculopapulomatose pruriginose.
Controindicazioni alla somministrazione sono pertanto: shock, ipotensione, stenosi bilaterale arteria
renale, gravidanza, edema angioneurotico.
Interazioni farmacologiche: Diuretici risparmiatori di potassio, aumento della potassiemia
FANS ed ASA, riduzione dell‟effetto antipertensivo
Specifiche interazioni:
Antiacidi, riduzione della biodisponibilità degli ace-inibitori
Digossina e Litio, aumento della loro concentrazione ematica
Farmaci immunosoppressori, depressione midollare
Morfina, incremento dell‟analgesia e della depressione respiratoria
(per inibizione della degradazione dell‟enkefalina)
Quinapril e Tetracicline, riduzione dell‟assorbimento delle tetracicline
Captopril e Probenecid, aumentata concentrazione del captopril.
SARTANI (Angiotensin II Recettor Blockers, ARBs)
Comprendono diverse molecole tra le quali: Candesartan, Eprosartan, Irbesartan, Losartan,
Olmesartan, Telmisartan, Valsartan.
Agiscono come antagonisti dell‟angiotensina II sui recettori AT1. Il meccanismo d‟azione assicura
una più efficace e sicura inibizione degli effetti dell‟angiotensina II rispetto agli ace-inibitori,
soprattutto tenendo conto della potenziale sintesi di angiotensina II attraverso vie secondarie aceindipendenti. Inoltre non antagonizzano l‟attività del recettore AT2 che, stimolato dall‟aumentata
concentrazione di angiotensina II, può contribuire all‟effetto farmacologico (vasodilatazione, effetto
antiproliferativo, differenzazione cellulare).
Gli effetti farmacologici dei sartani risultano quindi dalla INIBIZIONE di:
 Contrazione delle fibrocellule muscolari lisce
 Risposte pressorie
 Secrezione di aldosterone
 Tono simpatico
 Rilascio di vasopressina
 Ipertrofia ed iperplasia cellulare
Indicazioni Ipertensione arteriosa, efficacia paragonabile agli ace-inibitori con minori effetti
collaterali. Scompenso cardiaco, in pazienti intolleranti agli ace-inibitori, o in terapia di
associazione per un miglior controllo neuroumorale ed emodinamico. Nefropatia diabetica in
pazienti con diabete mellito tipo II.
I vari ARBs differiscono tra loro per caratteristiche strutturali, proprietà farmacocinetiche, affinità
del legame con AT1 e tempi di dissociazione, natura competitiva o non competitiva del legame.
Gli antagonisti competitivi (Eprosartan, Losartan) possono vedere sormontato il loro legame con
AT1 da concentrazioni elevate di Angiotensina II, con la conseguenza di una minore durata
d‟azione e la necessità di più somministrazioni giornaliere; l‟effetto degli antagonisti non
competitivi (Olmesartan, Telmisartan, Valsartan, Candesartan, Irbesartan) non è influenzato dai
livelli di angiotensinaII.
Farmacocinetica Losartan, Candesartan e Olmesartan sono somministrati come profarmaci. Il
metabolita attivo del Losartan viene prodotto a seguito di metabolismo epatico (citocromo P450), ha
emivita di 6-9 ore, ha escrezione prevalentemente fecale. La forma attiva del Candesartan viene
generata durante il processo di assorbimento gastrointestinale, ha emivita di 9 ore, prevalentemente
escreto con le feci. L‟Olmesartan attivo viene prodotto a livello gastrointestinale, ha lunga emivita
12-18 ore, eliminazione per il 40% renale e 60% biliare. Gli altri ARBs non necessitano di
biotrasformazione per esercitare la loro attività: l‟Irbesartan ha una lunga emivita, 11-15 ore,
elevata biodisponibilità, metabolismo epatico, escrezione prevalentemente biliare; il Valsartan, ha
emivita di 6 ore, l‟assunzione con il cibo può influenzare l‟assorbimento riducendolo, viene escreto
prevalentemente per via biliare in gran parte immodificato; il Telmisartan possiede la più lunga
emivita, 24 ore, ed il più ampio volume di distribuzione, il suo assorbimento può essere lievemente
ridotto dall‟assunzione di cibo, viene escreto per via biliare immodificato.
Effetti collaterali I sartani sono ben tollerati, provocano meno frequentemente rispetto agli aceinibitori tosse ed angioedema; possibile ipercalcemia.
Sono controindicati in gravidanza per potenziale tossicità fetale, nella stenosi bilaterale dell‟arteria
renale. Cautela in pazienti con grave insufficienza epatica e renale.
Interazioni farmacologiche Antimicotici, succo di pompelmo, inibizione del metabolismo epatico
Rifampicina, aumento del metabolismo epatico
RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI
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Medico.
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