La cardiopatia ischemica in ambito chirurgico ed
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La cardiopatia ischemica in ambito chirurgico ed
RICERCA SUL CAMPO La cardiopatia ischemica in ambito chirurgico ed extra chirurgico Daniele Poole U.O. Anestesia e Rianimazione Ospedale S. Martino [email protected] ABSTRACT Addressing the risk ischemic heart disease in the surgical and extrasurgical contexts. In 2002 the American College of Cardiology (ACC) and the American Heart Association (AHA) published an update of previous guidelines for the stratification and reduction of the risk of perioperative acute ischemic cardiac events in noncardiac surgery. These guidelines provide an algorithm to evaluate cardiologic risk and direct patients either to noninvasive cardiologic testing or to the surgery room. Unfortunately, the recommendations for non-invasive testing seem to be more permissive than those provided by the same scientific societies for the extra-surgical context. Furthermore, recommendations for perioperative administration of betablockers (i.e. beginning therapy days or weeks before surgery, and interrupting it at the most one month after surgery) to patients at high risk of myocardial ischemia appear to be mostly useless since according to current scientific evidence the majority of patients at high risk should already be on long-term beta-blocker treatment. In any case, available evidence for the prevention of major cardiac events with perioperative betablock is scarce. Hence, little can be done to prevent ischemic heart disease before surgery outside what is already indicated by the currently applicable guidelines for the extra-surgical context. Key words. Adrenergic beta antagonists | guidelines | myocardial ischemia | surgery. RIASSUNTO Nel 2002 l’American College of Cardiology (ACC) e l’American Heart Association (AHA) hanno pubblicato l’aggiornamento di precedenti linee guida riguardanti la valutazione cardiologica perioperatoria di pazienti candidati a chirurgia non cardiaca. Tali linee guida forniscono un algoritmo per valutare il rischio cardiologico ed inviare il paziente all’esecuzione di un test non invasivo o in sala operatoria. Purtroppo le raccomandazioni per l’esecuzione del test non invasivo sembrano essere più permissive di quelle che le società scientifiche indicano in ambito extra chirurgico. Anche le indicazioni per il trattamento con beta-bloccanti, nel periodo perioperatorio (cioè con inizio giorni o settimane prima dell’intervento e sospensione non oltre un mese dopo) di pazienti ad alto rischio di ischemia miocardica, R&P R&P 2 02008; 0 8 ; 224: 4 : 050-60 0-00 50 D. Poole: La cardiopatia ischemica in ambito chirurgico ed extra chirurgico appaiono per lo più inutili visto che, stando alle evidenze scientifiche attuali, la maggior parte dei pazienti ad alto rischio dovrebbe essere già in trattamento cronico con essi, ed in ogni caso le evidenze scientifiche disponibili a favore della prevenzione di complicanze ischemiche cardiache maggiori con beta-blocco perioperatorio sono deboli. Per la prevenzione della cardiopatia ischemica prima della chirurgia può essere fatto poco oltre a quanto è prescritto dalle linee guida vigenti in ambito extra chirurgico. Parole chiave. Beta-bloccanti | linee guida | cardiopatia ischemica | chirurgia. INTRODUZIONE Nel 2002 l’American College of Cardiology (ACC) e l’American Heart Association (AHA) pubblicano l’aggiornamento delle linee guida del 1996 relative alla gestione perioperatoria cardiologica del paziente da sottoporre a chirurgia non cardiaca1. Lo scopo delle linee guida è quello di fornire uno strumento per quantificare il rischio di ischemia miocardica perioperatoria ed individuare le strategie migliori per ridurlo. Sulla base di fattori di rischio cardiaco, dello stato funzionale e di fattori di rischio chirurgico (tabella I), viene strutturato un algoritmo, fondato esclusivamente sull’opinione di esperti, che consente di indirizzare il paziente in sala operatoria oppure dal cardiologo per l’effettuazione di ulteriori accertamenti diagnostici prevalentemente di tipo non invasivo (tabella II). Ma se, come viene scritto nell’introduzione alle linee guida, gli interventi da fare sul paziente raramente servono a ridurre il rischio legato alla chirurgia ma sono gli stessi che sarebbero indicati in un contesto extra chirurgico, viene spontaneo chiedersi quali ulteriori indicazioni forniscano queste linee guida che non fossero già fornite da quelle dedicate dalle società scientifiche di cardiologia per la gestione del paziente cardiopatico in generale. È questo che cercheremo di chiarire. Sala operatoria o cardiologo: indirizzare il paziente quantificando il rischio. CONFRONTO FRA LE RACCOMANDAZIONI SUL PERCORSO DIAGNOSTICO La presenza di fattori di rischio cardiologico elevato (sindrome coronarica instabile, aritmie e valvulopatie gravi) impone in un contesto extra chirurgico un trattamento medico e l’inizio di un percorso diagnostico approfondito2. Le linee guida della ACC/AHA logicamente forniscono le stesse indicazioni per il paziente valutato preoperatoriamente1. Le linee guida relative all’exercise testing prevedono l’esecuzione di un test da sforzo per la valutazione iniziale di un paziente con coronaropatia nota o supposta (raccomandazione di classe I)3, di fatto includendo il pregresso infarto noto o clinicamente misconosciuto e l’angina stabile. La raccomandazione è più debole per i pazienti con insufficienza renale moderata (grado IIb)3. Le linee guida per la gestione dell’angina stabile in ambito extra chirurgico, sia dell’European Society of Cardiology (ESC)4 che della ACC/AHA5, raccomandano l’ECG da sforzo per i pazienti a rischio intermedio per coronaropatia, definito in relazione all’età, al sesso e alla tipicità più o meno marcata del dolore toracico6, comprendendo di fatto la R&P R&P 2 02008; 0 8 ; 224: 4 : 050-60 0-00 51 RICERCA SUL CAMPO Fattori di rischio cardiaci e chirurgici1. Tabella I. Fattori rischio cardiaci Maggiori Sindrome coronarica instabile • IMA acuto (< una settimana) e IMA recente (< 4 settimane) con evidenza clinica o basata su test non invasivi di grave rischio ischemico • Angina instabile o grave (classi III-IV della Società Cardiovascolare Canadese) • Insufficienza cardiaca cronica scompensata Gravi aritmie • Blocco AV di grado elevato • Aritmie ventricolari sintomatiche in presenza di malattia cardiaca • Aritmie sopraventricolari con risposta ventricolare incontrollata Intermedi • Angina lieve classi I (angina da sforzo intenso) e II (angina da sforzo moderato) secondo la Società Cardiovascolare Canadese • Pregresso infarto miocardico in base alla storia clinica o alla presenza di onde Q all’ECG • Insufficienza cardiaca compensata o storia di episodi di scompenso cardiaco • Insufficienza renale con creatininemia ≥ di 2 mg/100ml • Diabete mellito specie se insulino-dipendente Minori • Età avanzata • ECG anormale (ipertrofia ventricolare, BBsx, anomalie ST-T) • Ritmo non sinusale (ad es. fibrillazione atriale) • Storia di ictus cerebri • Ipertensione arteriosa mal controllata (esclusa ipertensione 3° grado) Gravi patologie valvolari Fattori di rischio chirurgico Elevato (rischio di IMA e morte cardiaca spesso >5%) Intermedio (in genere <5% IMA e morte cardiaca) Basso (in genere <1% IMA e morte cardiaca) • Chirurgia maggiore in emergenza specie nell’anziano, • Chirurgia aortica e vascolare maggiore • Chirurgia vascolare periferica • Procedure chirurgiche prevedibilmente lunghe con grandi spostamenti di liquidi e/o perdite ematiche • Chirurgia toracica ed addominale • Chirurgia carotidea • Chirurgia del collo e della testa • Chirurgia ortopedica • Chirurgia ginecologica ed urologia • Procedure endoscopiche e di superficie • Chirurgia per cataratta • Chirurgia della mammella Tabella II. Algoritmo per la gestione cardiologica preoperatoria1. Fattore di rischio cardiologico Fattore di rischio chirurgico Stato funzionale 1 elevato qualunque qualunque coronarografia 2 intermedio elevato qualunque test non invasivo 3 2 intermedi intermedio qualunque test non invasivo 4 intermedio intermedio scarso test non invasivo 5 qualunque elevato scarso test non invasivo 6 intermedio intermedio non scarso sala operatoria 7 intermedio o basso basso qualunque sala operatoria R&P R&P 2 02008; 0 8 ; 224: 4 : 050-60 0-00 Destinazione 52 D. Poole: La cardiopatia ischemica in ambito chirurgico ed extra chirurgico totalità dei pazienti con dolore anginoso tipico ed atipico (tabella III). Tutte le condizioni patologiche summenzionate sono fattori di rischio intermedio secondo l’algoritmo preoperatorio della ACC/AHA (tabella I), che raccomanda in questi casi l’esecuzione di una prova da sforzo solo quando ad esse si associno in vario modo un rischio chirurgico elevato o intermedio e uno scarso stato funzionale (tabella II)1. È singolare che, alla sezione IV paragrafo C delle stesse linee guida, intitolato supplemental preoperative evaluation, vengano riportate le raccomandazioni della ACC/AHA all’esecuzione di ECG da sforzo per la diagnosi di coronaropatia ostruttiva in ambito extra chirurgico prima citate5, che, come abbiamo visto, sono in contrasto con le indicazioni dell’algoritmo stesso. Le linee guida per la gestione perioperatoria del paziente cardiopatico introducono però un elemento di novità rispetto a quelle che sono le raccomandazioni per il paziente cardiopatico in generale, attribuendo una posizione chiave allo stato funzionale del paziente, inteso come capacità di effettuare sforzi riferita dal paziente, e misurata in metabolici equivalenti (MET)1. Un valore < 4 (fatica a salire una rampa di scale) definisce lo stato funzionale scadente che associato ad un rischio chirurgico elevato, o ad un rischio cardiologico intermedio più un rischio chirurgico intermedio, imporrebbe l’esecuzione di una prova da sforzo (tabella II)1. L’importanza dello stato funzionale del paziente, inteso come capacità di effettuare sforzi. IL CONFLITTO FRA LINEE GUIDA IN AMBITO DIAGNOSTICO L’alterazione di una placca a livello coronarico o la discrepanza fra consumo e disponibilità di ossigeno a livello miocardico, sono le cause, mutuamente non escludibili, di ischemia miocardica acuta, sia in ambito extra chirurgico che nel paziente operato7. Sembra quindi sensata l’affermazione contenuta nelle linee guida della ACC/AHA che in generale le indicazioni a procedure diagnostiche e a trattamenti in fase preoperatoria siano gli stessi di quelle condivise in ambito extra chirurgico1. Eppure l’algoritmo per la selezione dei pazienti da sottoporre a prova da sforzo in fase preoperatoria è più permissivo di quanto propongono le linee guida per l’exercise testing in ambito extra chirurgico3-5. Facciamo un esempio per essere più chiari: un paziente con rischio cardiologico intermedio ad es. segni di pregresso infarto all’ECG oppure con angina di classe I secondo la Tabella III. Rischio pre-test di coronaropatia. Dolore toracico non anginoso Età Angina atipica Angina tipica Uomini Donne Uomini Donne Uomini Donne 30-39 4 2 34 12 76 26 40-49 13 3 51 22 87 55 50-59 20 7 65 31 93 73 60-69 27 14 72 51 94 86 Ogni valore rappresenta la percentuale di pazienti con coronaropatia significativa diagnosticata con coronarografia. Sulla base dell’opinione di esperti il rischio è basso quando è inferiore al 10-20%, è alto quando è superiore all’80-90%, è intermedio per i valori compresi fra rischio basso e alto6. In grigio i pazienti con rischio intermedio e alto, che andrebbero sottoposti a ECG da sforzo4-5. R&P R&P 2 02008; 0 8 ; 224: 4 : 050-60 0-00 53 RICERCA SUL CAMPO Società Cardiologica Canadese (tabella III), mai studiato con prova da sforzo, con stato funzionale non scadente (MET ≥ 4, sale un piano di scale a velocità normale), potrebbe essere sottoposto ad un intervento di colecistectomia per via laparoscopica (rischio chirurgico intermedio), quando in un contesto extra-chirurgico dovrebbe essere sottoposto ad una prova da sforzo. L’algoritmo invece si limita a raccomandare un intervento di riduzione di eventuali fattori di rischio, e non quindi uno stress test, e solo nel postoperatorio (tabella II, caso 6). Classificazione dell’angina secondo la Società Cardiovascolare Canadese I L’angina compare dopo sforzi intensi, rapidi o prolungati. L’attività ordinaria come camminare e salire le scale non causa angina. II L’angina compare per sforzi moderati (camminando o salendo le scale rapidamente; camminando in salita; camminando o salendo le scale dopo i pasti, al freddo, con il vento, sotto stress emozionali o nelle prime ore dopo il risveglio; camminando per più di due isolati in piano e salendo più di un piano di scale in condizioni normali). III L’angina compare durante ordinaria attività fisica (camminando per uno due isolati in piano, salendo un piano di scale in condizioni normali). IV L’angina compare in seguito a qualsiasi attività fisica o anche a riposo. La questione che si pone, dunque, è se la programmazione di un intervento chirurgico giustifichi la non esecuzione di una prova da sforzo e quindi degli eventuali interventi volte a ridurre il rischio cardiologico a lungo termine. Le conseguenze del rinvio di una procedure chirurgica per eseguire la prova da sforzo sono sia di carattere clinico che organizzativo: 1. il rinvio dell’intervento in elezione programmato può comportare dei danni alla salute del paziente. Questa evenienza si potrebbe verificare per esempio in caso di chirurgia oncologica, soprattutto se i tempi per l’esecuzione del test fossero particolarmente prolungati. 2. Quando la visita anestesiologica preoperatoria è programmata con minimo anticipo rispetto all’intervento, la sostituzione di un paziente il cui intervento fosse stato rinviato potrebbe essere difficoltosa, con il rischio di non sfruttare a pieno la sala operatoria. 3. Il numero di prova da sforzo e di consulenze cardiologiche potrebbe aumentare oltre le capacità recettive del servizio di cardiologia. La programmazione di un intervento chirurgico giustifica la non esecuzione di una prova da sforzo? Per quanto concerne il primo punto, nella maggior parte dei casi gli interventi in elezione sono rinviabili senza che ci siano conseguenze cliniche negative per il paziente. Una buona organizzazione (visite anestesiologiche con largo anticipo rispetto alla data dell’operazione, adeguamento della recettività del servizio di cardiologia) potrebbe evitare o limitare molto i disagi descritti ai punti 2 e 3. Nel caso della chirurgia oncologica, inoltre, potrebbe permettere l’esecuzione dei test diagnostici necessari e l’inizio di una eventuale terapia in due settimane. In ogni caso, anche dove non si riuscisse a creare un percorso preoperaR&P R&P 2 02008; 0 8 ; 224: 4 : 050-60 0-00 54 D. Poole: La cardiopatia ischemica in ambito chirurgico ed extra chirurgico torio preferenziale per il cardiopatico da sottoporre a chirurgia, non bisogna dimenticare che il paziente deve sempre potere decidere dopo essere stato debitamente informato sulle opzioni diagnostiche e terapeutiche disponibili. Questo presuppone che l’anestesista che visita il paziente conosca le linee guida applicate in ambito extra chirurgico. L’avere a disposizione delle linee guida dedicate al contesto perioperatorio riduce notevolmente la probabilità che l’anestesista estenda le sue conoscenze a quanto è indicato in un contesto extra chirurgico, privando il paziente dell’opportunità di avere importanti informazioni riguardanti la propria salute. L’algoritmo preoperatorio per la gestione del paziente cardiopatico, che sembra generare confusione più che facilitare il percorso che il paziente dovrà seguire, ha però il grande merito di individuare un sottogruppo di pazienti a rischio che sono quelli con ridotta riserva funzionale1, parametro spesso trascurato in ambito cardiologico8. Da questa categoria non possono essere esclusi quei pazienti incapaci di effettuare sforzi moderati (fare una rampa di scale), anche a causa di patologie artrosiche o vascolari degli arti inferiori. Le linee guida della ACC/AHA per l’exercise testing in ambito extra chirurgico raccomandano debolmente prove da sforzo per il paziente asintomatico e non prendono in considerazione lo stato funzionale3. D’altra parte il paziente con scadente stato funzionale, che dovesse essere sottoposto a chirurgia con rischio maggiore e ad uno stress metabolico perioperatorio ben oltre i livelli abituali, potrebbe andare incontro a ischemia miocardica postoperatoria da discrepanza tra disponibilità e consumo di ossigeno a livello miocardico7. L’algoritmo per la gestione perioperatoria del paziente cardiopatico pertanto raccomanda in questi casi l’esecuzione di un test diagnostico non invasivo (ad esempio test da sforzo o stress test farmacologico)1. Il sottoporre in fase preoperatoria un paziente con compromesso stato funzionale ad ulteriori accertamenti diagnostici non invasivi per quantificare il rischio, oltre a fornire gli elementi per una gestione perioperatoria ottimale (ottimizzazione della terapia, definizione delle strategie di gestione intra- e postoperatoria), potrebbe giustificare la cancellazione dell’intervento o la rinuncia del paziente stesso. La ridotta riserva funzionale: parametro frequentemente trascurato in ambito cardiologico. CONFRONTO FRA LE RACCOMANDAZIONI PER IL TRATTAMENTO: I BETA-BLOCCANTI I beta-bloccanti rappresentano un caposaldo nella prevenzione dell’infarto miocardico. Studi che hanno coinvolto migliaia di pazienti nel lungo periodo hanno documentato il loro effetto protettivo9. Le linee guida per il paziente coronaropatico in ambito extra chirurgico raccomandano fortemente il trattamento con beta-bloccanti sia in presenza di sindrome coronarica instabile2 che stabile4,10. Per quanto concerne il trattamento con beta-bloccanti del paziente chirurgico le linee guida della ACC/AHA, aggiornate nel merito nel 2006, raccomandano fortemente che i pazienti in trattamento abituale proseguano la terapia in fase perioperatoria11. Altre forti raccomandazioni all’utilizzo di beta-bloccanti nel perioperatorio riguardano i pazienti da sottoporre a chirurgia vascolare che abbiano fattori di rischio coronarico multipli di livello elevato ed intermedio11. R&P R&P 2 02008; 0 8 ; 224: 4 : 050-60 0-00 I beta-bloccanti come caposaldo nella prevenzione dell’infarto miocardico. 55 RICERCA SUL CAMPO Queste raccomandazioni si basano sui risultati di alcuni studi che hanno indagato l’effetto cardioprotettivo dei beta-bloccanti somministrati nel periodo perioperatorio, intendendo con questo l’inizio del trattamento da ore a settimane prima dell’intervento e la sospensione dopo alcuni giorni fino ad un mese di trattamento nel postoperatorio. L’UTILIZZO DEI BETA-BLOCCANTI NEL PERIODO PERIOPERATORIO: I TRIAL E LE METANALISI L’operazione di separazione tra contesto chirurgico ed extra chirurgico nella valutazione del paziente a rischio di coronaropatia ha avuto tra le sue conseguenze quella di favorire il proliferare di studi volti a valutare l’efficacia nel ridurre le complicanze ischemiche miocardiche dei beta-bloccanti somministrati nel periodo perioperatorio. I trial randomizzati controllati con gruppo placebo disponibili in letteratura presentano quasi tutti il limite di essere di piccole dimensioni, reclutando poche centinaia o addirittura poche decine di pazienti12-18. Due sono quelli più frequentemente citati in letteratura a sostegno dell’evidenza dell’efficacia della profilassi perioperatoria con beta-bloccanti, il primo di Mangano et al.17 che rileva in una popolazione di 200 pazienti una riduzione di mortalità da qualunque causa nei due anni che seguono alla dimissione ospedaliera, nel gruppo trattato nel perioperatorio (30 minuti prima dell’inizio dell’intervento chirurgico e 7 giorni dopo) con atenololo rispetto al gruppo placebo. Tuttavia, includendo i decessi verificatisi prima della dimissione ospedaliera la differenza di mortalità perde significatività statistica. Inoltre tra i due gruppi c’è uno sbilanciamento a favore del gruppo trattato con atenololo per quanto riguarda trattamenti farmacologici cardioprotettivi al momento del ricovero e della dimissione ospedaliera. Il secondo, di Poldermans et al.18, che ha il grosso limite di non prevedere il cieco, studia 112 candidati ad intervento di chirurgia vascolare con eco-stress test alla dobutamina positivo, quindi pazienti ad alto rischio cardiovascolare. I pazienti sono pretrattati con bisoprololo per alcune settimane prima dell’intervento e continuano la terapia per 30 giorni dopo. Nel gruppo beta-bloccato si rileva una improbabile e poco plausibile riduzione del rischio relativo del 90%, con una frequenza dell’end point combinato (morte cardiaca e infarto miocardico non fatale) del 3,4% nel gruppo trattato con bisoprololo e del 34% nel gruppo di controllo. Un rischio chirurgico così elevato in chirurgia vascolare non è facilmente riscontrabile, per cui si può quantomeno dubitare che i risultati ottenuti siano generalizzabili. È singolare che l’editoriale di accompagnamento sostanzialmente glissi sui molti punti di debolezza dello studio e concluda suggerendo l’utilizzo del betabloccante perioperatorio come raccomandazione di future linee guida19. Come sempre succede quando su un argomento esistono solo piccoli studi randomizzati, sono poi state fatte delle metanalisi. L’intrinseca difficoltà ad ottenere dei risultati attendibili con le metanalisi in questo ambito è legato alla notevole eterogeneità riscontrabile nella qualità dei diversi trial, tra le popolazioni selezionate (pazienti con rischio chirurgico e cardiologico molto differenti), nel tipo, dosaggio e timing di somministrazione del beta-bloccante. Di conseguenza una discreta eterogeneità è riscontrabile anR&P R&P 2 02008; 0 8 ; 224: 4 : 050-60 0-00 Sono proliferati studi per valutare l’efficacia dei betabloccanti nel periodo perioperatorio nel ridurre le complicanze ischemiche miocardiche. Le metanalisi manifestano una discreta eterogeneità. 56 D. Poole: La cardiopatia ischemica in ambito chirurgico ed extra chirurgico che nei risultati, come dimostra la rigorosa metanalisi di Deveraux et al. del 200520, che rileva come i trial di bassa qualità rilevino un ampio effetto protettivo dei beta-bloccanti e siano fra loro omogenei (RR 0,13 IC95% 0,040,38) come anche i trial di alta qualità, che però dimostrano un effetto nettamente minore e statisticamente non significativo (RR 0,82 IC95% 0,491,36). Deveraux riesce ad includere nella sua metanalisi i risultati di un trial eseguito su 497 pazienti sottoposti a chirurgia vascolare, pubblicato nel 2004, che non dimostra alcun effetto cardioprotettivo dei beta-bloccanti perioperatori21, ma non quelli del DIPOM Trial Group che hanno un risultato analogo su 921 pazienti diabetici sottoposti a chirurgia non cardiaca, pubblicato nel 200622. Anche lo studio POBBLE del 2005, condotto su 97 pazienti sottoposti a chirurgia vascolare non incluso nella metanalisi, era giunto alle stesse conclusioni di non dimostrata efficacia23. Le conclusioni di alcuni studi sono per una non dimostrata efficacia. BETA-BLOCCANTI NEL PERIODO PERIOPERATORIO: FORSE UN FALSO PROBLEMA Non si può quindi affermare che vi sia una robusta evidenza sulla capacità del trattamento perioperatorio con beta-bloccante di migliorare l’outcome per quanto concerne gli eventi ischemici miocardici più gravi. Purtroppo le posizioni che denunciano la mancanza di evidenza sono minoritarie7,24,25. Molti commentatori hanno invece raccomandato fortemente l’utilizzo dei beta-bloccanti perioperatori in articoli di review26-29, in editoriali30,31 e rubriche dedicate alla pratica clinica32, basandosi prevalentemente sui poco convincenti risultati dei trial di Mangano et al.17 e di Poldermans et al.18 La review più recente di Auerbach e Goldman pubblicata nel 200633 considera anche i risultati dei trial randomizzati pubblicati nel 2005 e 2006, il POBBLE23 ed il trial di Yang et al.21, e i risultati della metanalisi di Deveraux et al. del 200520, che non dimostrano vantaggi in termini di outcome nell’utilizzo dei beta-bloccanti perioperatori. Nonostante ciò gli autori, che in una review del 2002 riconoscendo i limiti della letteratura corrente suggerivano l’utilizzo dei beta-bloccanti perioperatori solo sulla base di una longstanding experience34, nel 2006 ne raccomandano l’utilizzo con sospensione del trattamento da 7 a 30 giorni dall’intervento chirurgico. Ancora più discutibile, visto che si tratta di linee guida, la decisione della ACC/AHA che nel 2006 amplia le raccomandazioni fornite nel 2002 relative all’utilizzo dei beta-bloccanti nel periodo perioperatorio nei pazienti a maggior rischio da sottoporre a chirurgia vascolare1,11. Questo conflitto tra i favorevoli ed i contrari all’utilizzo short-term dei beta-bloccanti nel perioperatorio potrebbe risolversi almeno in parte semplicemente con un cambio di prospettiva: l’avere considerato il paziente cardiopatico che si sottopone a chirurgia come una entità separata dal paziente cardiopatico in genere ha indotto a pensare che ci fosse un vuoto in termini di evidenze e raccomandazioni per il medico che entra in relazione con questo tipo di malati nel perioperatorio. Questo vuoto andava però colmato, come abbiamo visto per la diagnostica preoperatoria, anche per quanto riguarda il trattamento con beta-bloccanti considerando le indicazioni terapeutiche per il paziente cardiopatico indipendentemente dal percorso chirurgico a cui si sottopone. A guardare bene, probabilmente, molti R&P R&P 2 02008; 0 8 ; 224: 4 : 050-60 0-00 Necessita un cambio di prospettiva: paziente cardiopatico che si sottopone a chirurgia e paziente cardiopatico in genere. 57 RICERCA SUL CAMPO dei pazienti reclutati nei trial eseguiti per studiare l’efficacia perioperatoria del beta-bloccante avrebbero già dovuto essere trattati con questo farmaco stando alle linee guida che concernono la prevenzione e la cura della cardiopatia ischemica nell’ambito extra chirurgico4,10. Del resto il sotto-utilizzo dei beta-bloccanti, sia nella prevenzione secondaria dell’infarto del miocardio sia nell’angina cronica stabile, è stato ben documentato35-40. Individuare in fase preoperatoria e trattare i pazienti chirurgici per cui sarebbe indicato un trattamento a lungo termine con beta-bloccante (a cui ovviamente il farmaco non va sospeso nel postoperatorio, ma continuato indefinitamente), probabilmente, limiterebbe a non molti casi l’eventuale indicazione ad un trattamento solo perioperatorio. La stessa logica andrebbe applicata al trattamento con statine, un altro caposaldo della profilassi dell’infarto miocardico, per le quali già si ipotizza la somministrazione short-term perioperatoria41. Molte attese sono rivolte ai risultati del POISE42, un trial randomizzato, multicentrico, internazionale, che dovrebbe terminare il reclutamento di pazienti nel 2008, il quale confronta beta-bloccante e placebo somministrati nel periodo perioperatorio. Purtroppo il trial recluta anche pazienti con rischio cardiologico intermedio (storia di angina, pregresso IMA, documentazione di ischemia con test non invasivi) che dovrebbero comunque ricevere un trattamento a lungo termine con beta-bloccante, riproponendo lo stesso modello a compartimenti stagni tra ambito chirurgico ed extra chirurgico. CONCLUSIONI In parte, almeno, la ricerca e il dibattito che hanno ghettizzato il tema del cardiopatico che deve subire un intervento nell’angusto ambito anestesiologico-chirurgico, hanno creato più confusione che chiarezza. Si salva da questa critica la considerazione che è stata data dalle linee guida della ACC/AHA al paziente con scadente stato funzionale o stato funzionale non valutabile1, che rappresenta una incognita da un punto di vista della capacità di affrontare interventi chirurgici ad alto rischio ma anche a rischio intermedio, e che rappresenta una specificità del contesto perioperatorio. Per il resto bisogna tornare a quanto viene scritto nell’introduzione delle linee guida della ACC/AHA del 2002, e purtroppo smarrito nelle pagine successive: «… preoperative intervention is rarely necessary simply to lower the risk of surgery unless such intervention is indicated irrespective of the preoperative context»1. BIBLIOGRAFIA 1. Eagle KA, Berger PB, Calkins H, et al. ACC/AHA guideline update for perioperative cardiovascular evaluation for noncardiac surgery-executive summary. A report of the American College of Cardiology/American Heart Association Task Force on Practice Guidelines (Committee to Update the 1996 Guidelines on Perioperative Cardiovascular Evaluation for Noncardiac Surgery). Anesth Analg 2002; 94: 1052-64. Nota Nella revisione delle linee guida del 2002 (Circulation 2007; 116: e418-e499), l’algoritmo decisionale è stato cambiato. Questo limita moltissimo il ricorso a test preoperatori e consiglia per lo più l’invio del paziente in sala operatoria dopo averlo beta-bloccato laddove presentasse fattori di rischio cardiologico. Non è stato però modificato l’approccio di fondo. Si tende a considerare il periodo perioperatorio come disgiunto dal contesto extra chirurgico, per cui non si raccomandano indagini e trattamenti che sarebbero previsti indipendentemente dal fatto di venire operati. Infine si continua a basare la raccomandazione alla somministrazione di betabloccanti principalmente sui due piccoli studi di Mangano et al.17, e Poldermans et al.18, che prevedevano la sospensione postoperatoria del beta-bloccante, che per molti pazienti sarebbe indicato per la profilassi a lungo termine. Il messaggio sotteso al presente articolo rimane immodificato per validità e attualità. 2. Braunwald E, Antman EM, Beasley JW, et al. ACC/AHA guideline update for the management of patients with unstable angina and non-STsegment elevation myocardial infarction-2002: summary article: a report of the American College of R&P R&P 2 02008; 0 8 ; 224: 4 : 050-60 0-00 58 D. Poole: La cardiopatia ischemica in ambito chirurgico ed extra chirurgico Cardiology/American Heart Association Task Force on Practice Guidelines (Committee on the Management of Patients With Unstable Angina). Circulation 2002; 106: 1893900. 3. Gibbons RJ, Balady GJ, Bricker JT, et al. ACC/AHA 2002 guideline update for exercise testing: summary article: a report of the American College of Cardiology/American Heart Association Task Force on Practice Guidelines (Committee to Update the 1997 Exercise Testing Guidelines). Circulation 2002; 106: 1883-92. 4. Fox K, Garcia MA, Ardissino D, et al. 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