Il ruolo dei grassi nell`alimentazione
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Il ruolo dei grassi nell`alimentazione
informa Il ruolo dei grassi nell’alimentazione Nell’immaginario comune resta salda l’idea che per un corretto regime alimentare e per la perdita di grasso corporeo si debbano evitare il più possibile i grassi alimentari e i dolci, a tal punto che, ormai, è dilagante l’offerta di cibi cosiddetti light; come se il grasso assunto sia la causa di un ulteriore accumulo di grasso, che lo zucchero incrementi sempre la glicemia, che le proteine introdotte incrementino la massa muscolare. Se le cose stessero in questi termini non si assisterebbe al costante aumento di patologie del metabolismo e all’incremento dell’obesità. In realtà, il nostro sistema biologico si muove e si regola con altri criteri, altrettanto semplici ma un po’ più logici: ogni macronutriente introdotto viene digerito e trasformato in mattoni, atti a mantenere le strutture, e in energia per garantire l’efficienza di lavoro dell’organismo. Se si facesse una rapida ricerca in letteratura scientifica, su questi temi, si potrebbe scoprire come la maggior parte delle nostre convinzioni siano ormai solo luoghi comuni, privi di valide basi biologiche e fisiologiche. Sono sempre più frequenti, infatti, i lavori scientifici e gli studi pubblicati che sottolineano come sia stato un errore considerare i grassi alimentari i responsabili di patologie metaboliche e dell’obesità dilagante. Questi dati sono in contrasto con le raccomandazioni ancora troppo diffuse, non solo tra la popolazione, ma anche da alcuni specialisti della nutrizione e prescritte comunemente nei regimi dimagranti. Approfondendo l’argomento si potrebbe capire come i grassi presenti negli alimenti siano necessari, anzi fondamentali, per una corretta nutrizione, in quanto contengono vitamine liposolubili essenziali per le funzioni cellulari, metaboliche e ormonali. Una delle poche critiche, riportate in letteratura, si riferisce al fatto che non ci siano follow up sufficienti a lungo termine per valutare, in modo completo ed esaustivo, l’effetto negli anni di un’alimentazione ad alto contenuto di grassi, nonostante gli studi che ne hanno mostrato i benefici a breve termine. Tuttavia, esistono numerosi studi epidemiologici, condotti sull’alimentazione tradizionalmente ricca di grassi di alcune popolazioni indigene, che ne dimostrano l’efficacia anche a lungo termine. Se questi dati sono ormai convalidati e pubblicati, resta difficile capire perché non si attribuisca la responsabilità delle malattie croniche moderne alla vita sedentaria piuttosto che alle diete troppo ricche di grassi. Nel 2004 è stato condotto, direttamente dal governo degli Stati Uniti - Istituto Nazionale della Salute, il seguente studio che è stato poi pubblicato su “Cardiologia Sperimentale e Clinica”: Effetti a lungo termine di una dieta chetogenica in pazienti obesi”; lo studio ha dimostrato i benefici di una dieta ricca di grassi. Sono passati 9 anni eppure si continuano a promuovere consigli dietetici a basso contenuto di grassi. Non solo, è noto a tutti che, in teoria, anche le linee guida tradizionalmente proposte, per un corretto regime alimentare, consigliano di assumere una quota significativa di lipidi: nelle diete equilibrate (quelle cioè a regime), circa il 30% dei nutrienti dovrebbe essere di grassi totali, percentuale raccomandata anche dalla OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità) e dall’Istituto Nazionale della Nutrizione. Le nuove ricerche, comunque, stimano che la quota di lipidi adeguata debba soddisfare dal 25 al 40% del fabbisogno calorico, con l’avvertenza di preferire i grassi insaturi. Sappiamo che servono, quotidianamente, almeno 20 g (pari a circa 200 calorie) di grassi per trasportare le vitamine liposolubili (che si sciolgono cioè nei grassi e non nell’acqua) come la A, la D, la E e la K. p a g i n a | 01 informa Osservando i processi metabolici è possibile notare come i lipidi non sostituiscano i carboidrati solo quando questi non sono più disponibili per la produzione di energia (ATP), ma li affiancano sempre nella produzione di energia con una via metabolica complementare: la chetogenesi. Conoscere questo meccanismo è fondamentale per capire che spesso i pazienti non riescono a sviluppare chetosi durante le diete proteiche, nonostante il basso contenuto di carboidrati, perché l’apporto di grassi è insufficiente ad attivare la chetogenesi e perché spesso i regimi dietetici applicati nel tempo hanno modificato o inibito la capacità metabolica di attingere energia anche dai grassi: in questi casi è necessario aumentare la quota di grassi alimentari introdotti per inibire i meccanismi di deposito di grasso nel tessuto adiposo e stimolare nuovamente il meccanismo della chetogenesi. Un ulteriore vantaggio dei grassi è quello di conferire consistenza e sapore ai cibi, ma soprattutto di indurre rapidamente un senso di sazietà, grazie al loro tempo di permanenza nello stomaco ed al legame con i recettori duodenali. Infine, i grassi - specie quelli insaturi - sono molto importanti per la crescita, per il metabolismo ormonale, per la funzionalità delle membrane cellulari e del sistema nervoso; anche in questo caso la scarsa assunzione di grassi, tipica dei nostri giorni, provoca deficit, ormai diffusi, di molte vitamine liposolubili e di precursori ormonali, determinando uno squilibrio importante negli assetti ormonali. Rivediamo dunque in breve quali sono le caratteristiche dei grassi che si dovrebbero introdurre quotidianamente con l’alimentazione, soprattutto in regime dietetico. Innanzitutto, i grassi sono sostanze composte da una molecola di glicerolo e da tre molecole di acidi grassi, che possono varia02 | pagina re, e si classificano in acidi grassi saturi, monoinsaturi e polinsaturi, tra i quali abbiamo i cosiddetti “essenziali” (linoleico e linolenico) che il nostro organismo non può sintetizzare autonomamente. Questi acidi grassi sono elementi chiave della membrana cellulare e devono essere presenti nell’alimentazione in quantità pari al 5-10%. Anche il colesterolo, così demonizzato, è indispensabile per la formazione dei sali biliari (per emulsionare e digerire poi i grassi), ed è precursore fondamentale degli ormoni sessuali maschili/femminili (testosterone ed estrogeni), e surrenalici (deidroepiandrosterone), rinforza inoltre le membrane cellulari. Proprio nel metabolismo del colesterolo intervengono gli acidi grassi insaturi: quando l’organismo dispone di una buona quantità di acidi grassi insaturi, e una scarsa quantità di acidi grassi saturi, gran parte del colesterolo viene trasportata sotto forma di molecole complesse chiamate HDL (Hight Density Lipopretein). Gli acidi grassi polinsaturi, monoinsaturi e saturi devono essere tutti rappresentati in proporzioni omogenee: i polinsaturi, tra i quali vi sono i cosiddetti “essenziali” (linoleico-linolenico) sono fondamentali per la struttura delle membrane cellulari e per la prevenzione dell’aterosclerosi; i monoinsaturi (oleico) hanno un effetto neutro o moderatamente beni- gno nei confronti dell’aterosclerosi ed un effetto significativamente protettivo nei confronti di patologie tumorali; i saturi, presenti nel mondo animale, assolvono ad una funzione prevalentemente energetica. I grassi saturi, inoltre, presentano un problema: riducono la sensibilità dell’organismo all’insulina, per cui il metabolismo richiederà maggior secrezione della stessa, ma, come è noto, più insulina si trova in circolo meno si bruciano i grassi. Invece, gli acidi grassi polinsaturi aumentano la sensibilità all’insulina diminuendone la produzione, favorendo così la lipolisi e quindi il dimagrimento. Facendo poi riferimento alla critica diffusa sull’eccessivo apporto calorico determinato dai grassi, occorre ricordare un dato fondamentale: i chetoni, prodotti dal metabolismo dei grassi a fine energetico, sono meno efficienti del glucosio, nel senso che un chilo di grasso, una volta convertito in corpi chetonici, è in grado di fornire molte meno calorie di quelle fornite direttamente dall’ossidazione degli acidi grassi. Ancora una volta è possibile sottolineare, dati alla mano, che la chetosi indotta dall’incremento di grassi nella dieta, determina paradossalmente un maggior consumo di grasso di riserva a parità di fabbisogno energetico. Normalmente, se i corpi chetonici sono presenti in concentrazioni superiori al glucosio vengono utilizzati dal muscolo preferibilmente a scopo energetico e questo provoca la diminuzione del catabolismo muscolare: una minore quantità di aminoacidi viene catabolizzata a glucosio, si verifica quindi una protezione muscolare. Date queste premesse, anche i più scettici dovrebbero essere propensi a rivedere le strategie circa l’apporto corretto ed essenziale di grassi, non solo nell’alimentazione quotidiana, ma anche, e soprattutto, nelle dietoterapie.