Independent Strategy - ottobre 2013

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Independent Strategy - ottobre 2013
VMERCATI INTERNAZIONALI
VERSO L'UNIONE BANCARIA —
LO STATO DI AVANZAMENTO
Sebbene l’avanzamento sia stato lento, l’unione bancaria dell’Eurozona sta
iniziando a prendere forma. Se eseguito correttamente, il progetto porterebbe
numerosi benefici. La struttura del settore bancario diventerebbe
internazionale, non nazionale. Questo significherebbe che le banche diventano
simili in termini di profilo di rischio, riducendo la frammentazione all’interno
di un area a moneta unica. Ciò porterebbe benefici alla politica monetaria
migliorandone i meccanismi di trasmissione e permettendo ai differenziali
dei tassi di interesse di scendere.
Analogamente, il cordone ombelicale tra banche e debito pubblico verrebbe
tagliato, riducendo il rischio di continue spirali negative che hanno causato
problemi dalla Grecia alla Spagna fino a Cipro. Si ridurrebbe anche il rischio
fuga di depositi in caso di una nuova crisi. Delineando un chiaro meccanismo
di risoluzione per le banche in difficoltà, il rischio di azzardo morale si riduce
ulteriormente. Tali regole riducono inoltre le interferenze politiche, che spesso
riemergono in tempi di stress economico e possono ritardare una pronta
risoluzione. L’internazionalizzazione del settore dovrebbe anche generare
risparmi di efficienza, permettendo la nascita di un sistema
di banche pan-europee in concorrenza tra loro da una
unica piattaforma armoniosamente regolamentata.
In Europa i processi decisionali per raggiungere questi
obiettivi sono tuttavia complessi. Dovranno essere create molte istituzioni, responsabili dei vari stadi di
monitoraggio delle banche. Deve essere trovato un
compromesso tra interessi nazionali e pan-europei. Nel
caso dovessero sorgere difficoltà, dovrà esserci un chiaro
percorso per la risoluzione, che richiede ulteriori
compromessi tra periferia e centro (Figura 1).
Figura 1. Fonte: Independent Strategy
Disclaimer ARCA SGR SpA. Via Disciplini 3, 20123, Milano.
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Meccanismo Unico di Supervisione (Single Supervisory Mechanism
— SSM)
La struttura dovrebbe iniziare a realizzarsi il prossimo anno, partendo con il
Meccanismo Unico di Supervisione (SSM). Questo crea in qualche modo
una piattaforma di vigilanza centralizzata e dovrebbe iniziare a ridurre i rischi
locali.
In questo contesto la Banca Centrale Europea dovrà assumere “una
responsabilità primaria per compiti specifici di supervisione in relazione
alla stabilità finanziaria di tutte le banche dell’Euro”. A supporto
l’Autorità Bancaria Europea — ABE (Europea Banking Authority - EBA)
svilupperà un Manuale Unico di Supervisione (Single Supervisory Handbook) per assicurare una supervisione coesiva delle banche. Così com’è, la
Banca Centrale Europea dovrà vigilare solamente su circa 150 banche o
sulla parte critica del sistema bancario. Le rimanenti più di 6.000 istituzioni
cadranno sotto la competenza delle banche centrali nazionali.
Tale struttura ha comunque dei difetti. Al momento non sono ancora
chiaramente definite le responsabilità della Banca Centrale Europea e dei
regolatori locali. Inoltre, limitando la vigilanza della BCE alle istituzioni considerate troppo grandi per fallire, le piccole banche, che possono mettere in
difficoltà il sistema, potrebbero comunque sfuggire alla rete di protezione.
Meccanismo Europeo di Stabilità — MES (European Stability Mechanism — ESM)
A partire dall’inizio di luglio, il MES è diventato l’unico Meccanismo di
salvataggio europeo, subentrando con assunzione della piena responsabilità
all’EFSF (Strumento Europeo per la Stabilità Finanziaria) che ora gestirà
solo gli asset ereditati da Portogallo, Irlanda e Grecia.
Coinvolgere il MES direttamente nella ricapitalizzazione delle banche rende
il fallimento di qualsiasi banca un problema a livello europeo piuttosto che
nazionale. Questo contribuisce inoltre a ridurre in parte il collegamento tra i
debiti sovrani e le banche. Mentre il MES ha al momento una capacità di
prestito di 500 miliardi di euro, solo 60 miliardi di questi saranno disponibili
per coprire direttamente la ricapitalizzazione delle banche. La somma che la
MES può destinare al salvataggio delle banche è resa più difficile dal bisogno
di mantenere alta la propria affidabilità creditizia. Di conseguenza, ogni euro
prestato al settore bancario ridurrebbe la capacità totale di prestito della
MES di un multiplo.
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C’è anche un fondo per permettere la ricapitalizzazione retroattiva delle
banche, sebbene questo venga considerato caso per caso. Assumiamo che
sia l’Irlanda che la Spagna vogliano seguire questa strada per togliere il
costo dei salvataggi delle banche in essere dai bilanci del debito pubblico.
Sebbene il MES dovrebbe essere protetto in misura adeguata dalle nuove
direttive bail-in (delineate nella Bank Recovery and Resolution Directive,
BRRD), i 60 miliardi di euro stanziati sono chiaramente inadeguati. Il consiglio
dei governatori può aumentare i fondi disponibili per la ricapitalizzazione
delle banche, ma a causa dell’effetto leva questo avrebbe un significativo
impatto sul saldo che il MES avrebbe lasciato disponibile per coprire qualsiasi
potenziale bisogno del debito pubblico. Per aumentare questo programma di
protezione è necessario maggiore capitale.
Meccanismo Unico di Risoluzione — MUR (Single Resolution
Mechanism — SRM)
Il MUR è l’organismo responsabile per l’esecuzione della risoluzione delle
crisi bancarie. Dati i vari strati della struttura, questa appare goffa, con
molte responsabilità non definite.
Deve essere supervisionato dalla Commissione Europea (European Commission — EC) e farà da complemento al Meccanismo Unico di Supervisione.
Il MUR è stato studiato per minimizzare i costi dei contribuenti e dell’economia
reale dalle banche in difficoltà. Il MUR applicherà le direttive relative al
recupero e alla risoluzione bancaria (BRRD) in caso di ristrutturazione delle
banche. La decisione di ristrutturare è del Consiglio Unico di Risoluzione
(Single Resolution Board - SRB) costituito da rappresentanti del Meccanismo
Unico di Supervisione (Banca Centrale Europea), della Commissione Europea
e delle autorità nazionali e avrà il compito di predisporre un meccanismo per
la risoluzione delle istituzione in difficoltà .
Sebbene il Consiglio Unico di Risoluzione possa raccomandare un determinato
risultato, la decisione “per motivi legali” sarà della Commissione Europea.
Se necessario le banche potrebbero essere chiuse nonostante la posizione
contraria del proprio stato di riferimento. Il Consiglio Unico di Risoluzione
dovrebbe allora supervisionare l’implementazione di tale decisione. Questo
è il piano più visibile per socializzare potenziali perdite delle banche nella
regione, attraverso la creazione di fondi per la risoluzione che separano le
passività dal debito pubblico.
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Direttiva relativa al recupero e alla risoluzione bancaria (Bank Recovery and Resolution Directive — BRRD)
Questa avrà a che fare con banche non in salute ed è uno strumento critico
per stabilire la suddivisione dell’onere. L’accordo più recente (27 Giugno
2013) delinea i principali parametri in relazione alla distribuzione dei costi
finali e dovrebbe essere approvato in autunno. Anche le bozze di proposta
per il Meccanismo Unico di Risoluzione sono state fatte circolare.
Allo stato attuale, il primo 8% delle passività totali causate da istituzioni
fallite ricadrà sui creditori, inclusi gli azionisti, i possessori di obbligazioni,
depositanti non-assicurati (quelli oltre i 100 mila euro). Questo è il livello
minimo di salvataggio interno. Non appena saranno imposti questi tagli, una
banca in difficoltà può attingere ai fondi europei disponibili (Meccanismo
Europeo di Stabilità — MES). Riserve aggiuntive devono essere messe da
parte in un nuovo fondo di risoluzione, stabilito da ciascuno stato (con la
possibilità di fonderlo con schemi di assicurazione dei depositi). Si mira a
raggiungere un livello minimo di capitale dello 0,8% dei depositi entro i primi
10 anni. Questi fondi potranno essere utilizzati per fornire un supporto
momentaneo alle istituzioni finanziarie tramite prestiti, garanzie o capitale
ponte e vi si potrà attingere per un massimo del 5% delle passività totali.
Tali fondi saranno disponibili solo dopo che gli azionisti e i creditori, inclusi i
depositanti non-assicurati, avranno pagato il loro pegno e solo se le risorse
degli azionisti e dei creditori risulteranno insufficienti.
Questa struttura è presentata come protettiva, ma ha molti difetti. Il regime
di salvataggio interno sarà valido a partire dal 2018. E’ probabile che il modello
venga applicato prima se necessario (leggermente diverso da quello che
abbiamo visto a Cipro). Ma tutto ciò crea ancora incertezza aumentando il
rischio di fuga dei depositi e contagio. Servirà tempo per accumulare i fondi
per la risoluzione, mantenendo nel frattempo il legame debito pubblico/banche.
La sovrapposizione dei partecipanti è un altro fattore che rende difficile la
risoluzione.
Assicurazione dei depositi
Non è ancora chiaro come debba essere uno schema di assicurazione dei
depositi pan-europeo. Istituire schemi di assicurazione dei depositi comuni
nazionali è stato all’ordine del giorno dal luglio del 2010 ma ha perso d’
importanza a causa dei disaccordi sulla dimensione dello schema (l’obiettivo
pianificato è del 1,5% dei depositi coperti) e su come sovvenzionarlo. A
seguito della debacle di Cipro, l’idea che i depositi assicurati siano sacrosanti
è stata ristabilita, anche se quelli con depositi sopra la soglia dei 100 mila
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euro sono ora visti come caccia libera. Ma la discussione sull’attuale struttura
continua ancora.
Sembra ci siano stati degli sforzi per permettere ai nuovi fondi per la risoluzione
bancaria, delineati nella BRRD, di essere convertiti in schemi di assicurazione
dei depositi, sebbene questo non uniformi gli interessi dei paesi che mantengono
schemi ex-post (Austria e Italia) con quelli che hanno finanziato
completamente o parzialmente finanziato sistemi assicurativi già operativi.
La Germania continua ad opporsi a questo schema dei depositi pan-europeo
(per ora), proprio perchè non vuole rimanere agganciata a passività di altre
aree della regione europea .
Conclusione
A prima vista, le strutture delineate sono il nodo di un’unione bancaria
attuabile, creando l’infrastruttura per gestire sia la supervisione bancaria
che le banche in sofferenza. Si delinea anche come dovrebbe lavorare uno
schema unico di assicurazione dei depositi, fornendo allo stesso tempo fondi
per l’assicurazione da gestire in relazione alle istituzioni in fallimento. Posto
che le proposte diventino esecutive, queste dovrebbero anche eliminare una
parte rilevante del mercanteggiare che ha rovinato i precedenti salvataggi
bancari.
Stante così la situazione, ogni paese può arrivare ad essere vincitore. La
Germania lo è, nel senso che il primo punto di riferimento in caso di salvataggio
di una istituzione finanziaria rimane il regolatore nazionale. Ci saranno anche
tagli per i creditori, inclusi i depositanti non assicurati, prima che le passività
arrivino alla soglia europea (tedesca). Ma anche Francia e Spagna sono
vincitori, poiché è stato accettato che i governi nazionali abbiano solo una
responsabilità limitata per le banche fallite (per il resto sarà responsabilità di
tutta l’Europa). Inoltre, il Meccanismo Europeo di Stabilità può essere
spremuto a tal fine senza dare il via ad un completo pacchetto di salvataggio
nazionale . Questo è stato il principale pomo della discordia tra Spagna e
Germania l’anno scorso. Dal punto di vista della Commissione Europea tutto
ciò crea un percorso definito per il settore bancario per assicurare i salvataggi
bancari, riducendo significativamente l’incertezza degli investitori.
In realtà, l’assoluta complessità delle strutture rende difficile un’effettiva
implementazione. L’ampliamento formale della gamma di partecipanti al
salvataggio interno includendo i depositanti non assicurati aumenta il rischio
di future fughe dei depositi se le istituzioni iniziano a sembrare precarie.
Lasciare l’attuale modello per la risoluzione bancaria sul tavolo fino al 2018
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accresce solo tali rischi (si veda la tabella 1). I fondi per
la risoluzione non saranno adeguati anche oltre tale data,
lasciando l’effettiva operatività in mezzo al guado. E’
impossibile tagliare il cordone ombelicale senza che sia
tutto pronto e funzionante.
Tabella 1. Fonte: Independent Strategy
Un ulteriore rischio proviene dalle verifiche sulla qualità
degli attivi bancari (Asset Quality Review — AQR) della
Banca Centrale Europea che sottoporrà le banche locali
ad uno “stress test” più forte. Ogni ammanco di capitale
identificato dovrà essere chiuso. Ad ogni modo, i risultati
dell’AQR saranno disponibili prima che i fondi per la
ricapitalizzazione pianificata siano a posto. Sembra
improbabile che la Banca Centrale Europea gestisca
qualsiasi ricapitalizzazione con una mano troppo pesante, ma serve come
promemoria delle fragilità del settore in un clima di aumento delle sofferenze.
Sebbene i salvataggi siano una questione ben meno dibattuta rispetto alla
ristrutturazione del debito, la prospettiva di trasferimenti dai creditori ai debitori
è un altro prodotto difficile da vendere. Questo è già paragonato
dall’opposizione tedesca ad uno schema di assicurazione dei depositi paneuropeo. E’ possibile che si manifestino battaglie legali locali. La decisione
in merito alla chiusura delle banche che passa dai regolatori nazionali alla
Commissione Europea sarebbe un buon mangime per la Corte Costituzionale
tedesca. Inoltre, rimane spazio per l’interferenza politica nel processo di
risoluzione, sia bloccando o sbloccando la presa di decisione, sulla base
dell’interesse nazionale. La BRRD fornisce un chiaro modello, ma se gli
organismi non operano completamente in modo indipendente rispetto ai governi
la credibilità ne soffrirà ancora.
Tutto ciò dovrebbe sembrare in qualche modo una speranza in un contesto
europeo dove la risoluzione delle crisi viene costruita sulla base di un
compromesso, ma la depoliticizzazione è necessaria per creare un’unità
bancaria credibile. Nel frattempo la pressione economica e fiscale rimane
acuta, mentre l’esasperazione derivante dalle politiche di austerity sta minando
la stabilità politica in tutta la periferia. Le crisi non sono note per attendere
pazientemente
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RIPRESA NELL'EUROZONA: SI O NO?
SOMMARIO
Ci sono state notizie positive riguardo all’economia nell’Eurozona, sotto forma
di indici del potere d’acquisto (PMI) sempre più positivi e altre statistiche
sulla fiducia circa i consumi delle imprese (si vedano le Figure 2-7). Anche
le attese future degli indicatori dei nuovi ordini nel settore manifatturiero e
dei servizi sono aumentati (Figure 9-12).
Ma la nostra analisi fa pensare più ad un processo di inversione di tendenza
piuttosto che una ripresa del tasso di crescita dell’Eurozona che renda
sostenibile il debito pubblico. Il processo di inversione di tendenza è dovuto
al fatto che, anche nei paesi periferici, l’80%-85% della ricchezza e dei
redditi delle famiglie nell’Eurozona è intatto e molte cose, come ad esempio
le case, hanno prezzi più bassi.
Inoltre la situazione non si sta deteriorando ulteriormente, così le famiglie
possono spendere un poco di più dei loro risparmi precauzionali. Ma la
generazione di reddito delle famiglie e il loro tasso di risparmio, le condizioni
di credito, gli investimenti industriali e il divario produttivo indicano una
posizione sul mercato ancora debole, una volta toccato il fondo del ciclo
economico.
L’ottimismo degli investitori (Figura 1) riguardo l’incombente ripresa delle
economie periferiche dell’Eurozona (così come del Regno Unito) è in parte
il risultato degli indicatori a termine che suggeriscono una ripresa della crescita
economica, ma dipende anche dalla persistente convinzione che la Bank of
England e la Fed manterranno le linee guida in futuro e che la Banca Centrale
Europea continuerà a spingere verso operazioni monetarie (OMT — Outright Monetary Transactions) in aggiunta a tassi
d’interesse bassi per il “futuro prevedibile”.
Figura 1. Fonte: Bloomberg, Independent Strategy
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Infine, per raggiungere la sostenibilità del debito la periferia
dell’Europa ha bisogno di crescere del 3%-4% in termini
reali e ottenere surplus di budget primario. Per avere un
tale tasso di crescita, il rimbalzo generato dalla fiducia e
dagli indici dei consumi deve essere incrementato dai
consumi dei privati e delle imprese (sugli investimenti).
La crescita dei redditi da lavoro e dei risparmi rende ciò
improbabile per le famiglie e le aziende hanno ancora
pochi motivi per investire dato l’enorme divario produttivo
e un ridotto accesso al credito.
Gli investitori vogliono ignorare i fondamentali deboli, in particolar modo quelli
fiscali e sono incoraggiati a farlo dai messaggi di Bernanke, Carney e Draghi.
Ma l’economia dell’Eurozona rimane debole, in modo particolare nei paesi
periferici, dove i segnali di ripresa rimangono temporanei. Inoltre la crisi del
debito dell’Eurozona non è ancora finita.
L’entusiasmo per le riforme nell’Eurozona è basato sull’idea che tutto stia
andando meglio. Questo sforzo per le riforme sta mascherando un aperto
deficit riformista. Terminate le elezioni tedesche i leader dell’Euro devono
gestire alcuni spinosi argomenti sino ad ora rimandati. La Grecia ha bisogno
di più denaro e un taglio dei propri debiti verso i governi europei. Il Portogallo
ha bisogno di un altro pacchetto. L’Irlanda deve ricapitalizzare le proprie
banche per rimanere nell’Eurozona. Ma ancora più a fondo Francia e Paesi
Bassi non hanno risolto, ma anzi peggiorato le loro crisi fiscali.
Se l’impatto della Forward Guidance e delle OMT iniziano ad indebolirsi,
così come la forza delle comunicazioni riguardanti la politica di altre banche
centrali, lo scostamento dei prezzi tra il valore dei bond periferici e il prezzo
implicito inizierà a chiudersi, come sarà per i prezzi di molti altri asset globali.
ANALISI DEGLI INDICATORI
Esaminiamo quindi l’evidenza. La recessione
dell’Eurozona è terminata e l’economia della moneta unica
si sta riprendendo? Una ripresa dell’attività economica
globale porterà con sé l’Eurozona? Oppure la crisi del
debito dell’Euro tornerà a perseguitare la regione? Come
reagiranno i mercati? Continueranno a spostarsi sulle
azioni e il debito europeo così da sovraperformare gli Stati
Uniti, oppure no?
Figura 2. Fonte: Datastream, Independent Strategy
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• Consideriamo prima gli aspetti positivi. Il sentimento
economico nell’Eurozona ha raggiunto il massimo
dall’inizio dell’anno e la velocità di un ritorno ad una
situazione positiva sta accelerando.
• Gli indici PMI dell’Eurozona, un indicatore chiave
delle attività di business, si stanno riprendendo dagli
alti e bassi, specialmente in periferia.
• Una serie di indici di fiducia rivelano anche uno
scenario economico in miglioramento nell’area
dell’euro. La fiducia dei consumatori sta recuperando
dai minimi significativi.
• La storia mostra che c’è una buona correlazione
tra PMI e l’effettiva crescita del PIL.
• La fiducia delle imprese sta girando in meglio.
• Il divario significativo tra la crescita del PIL
Americano e quello dell’Eurozona sta iniziando a
restringersi, sebbene il PIL dell’Eurozona si stia
ancora contraendo su base annua.
• Le banche europee sono piene di liquidità e le
condizioni monetarie rimangono molto accomodanti.
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• Gli indicatori anticipatori suggeriscono un
ulteriore, di grande importanza e meno
pubblicizzato, miglioramento nel settore industriale
e dei consumatori. I nuovi ordini nelle imprese
italiane hanno smesso di diminuire.
• Anche in Spagna c’è stata una leggera ripresa.
• In Francia, precursore chiave dell’area, vi è stato
un lieve miglioramento.
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• In Italia vi sono segnali di una marginale ripresa del
sentimento dei consumatori riguardo al futuro e degli
ordini.
• In Spagna la fiducia dei consumatori sta crescendo dal
minimo
• Vi sono però aspetti negativi legati alla crescita
dell’Eurozona, principalmente nei dati dell’effettiva
economia reale. L’attività economica è spuntata
all’improvviso nelle economie core all’inizio del 2013, ma il
ritmo della ripresa si è ora stabilizzato. La periferia rimane
ancora depressa, nella migliore delle ipotesi.
• Di nuovo, solo le economie core mostrano segnali
di ripresa economica, anche se debole, del PIL reale,
mentre la periferia è depressa e in contrazione.
• Il settore dei servizi, che contribuisce in larga parte al
PIL delle economie dell’Eurozona è particolarmente
debole, senza segni di vita. Il settore dei servizi in Italia
è immobile.
• Mentre una ripresa degli investimenti è
praticamente inesistente, in entrambi.
• In Francia è lo stesso.
• Gli ordini ricevuti dalle imprese manifatturiere e la
produzione nella regione suggeriscono nel complesso
una tiepida ripresa.
• Il motivo è chiaro: il consumatore dell’Eurozona è
depresso, quasi comatoso, nonostante le indicazioni
degli indici di fiducia. Le vendite al dettaglio sono
molto deboli, persino più basse rispetto alla recessione
del 2008-9.
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• Il debito delle famiglie in relazione al reddito
rimane alto nonostante la riduzione dei tassi da parte
della Banca Centrale Europea.
• Con una disoccupazione alta e salari bloccati, il reddito
da lavoro è a malapena sopra il tasso di inflazione.
• Il tasso di disoccupazione medio della regione rimane
ostinatamente alto, con i tassi periferici al 25%.
• Le famiglie nell’Eurozona stanno esaurendo i risparmi
per compensare la mancanza di crescita nei redditi
reali.
• Di conseguenza, il reddito reale a disposizione delle
famiglie è vicino allo zero (dopo inflazione e tasse).
• Rimane così un enorme divario tra Stati Uniti e
Eurozona nel trovare sostegno alla crescita attraverso
la spesa da parte dei consumatori.
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• Con una domanda interna debole, c’è poca possibilità • Questo non sorprende poiché il costo dei prestiti alle
imprese nella periferia rimane proibitivo.
che la domanda esterna possa compensare. Gli
scambi commerciali nell’Eurozona sono deboli.
• Le condizioni monetarie possono essere
accomodanti, ma ciò non significa un aumento
dell’attività creditizia delle banche verso le imprese e
le famiglie, che non sono disposte a prendere a
prestito per investire o spendere.
• Infatti, il credito alle imprese si sta contraendo ad un
ritmo maggiore.
Fonte: Datastream, Independent Strategy
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• Di nuovo, il divario tra la crescita del credito negli
Stati Uniti e nell’Eurozona è veramente eloquente.
Questi sono gli indicatori economici a favore e contro una ripresa
dell’Eurozona. La storia e l’analisi classica del potere di acquisto generato
dal reddito rivelano una situazione negativa, seppure alcuni indicatori a
termine rivelino uno scenario positivo.
Che fare? Probabilmente gli investitori continueranno a reagire positivamente
alla svolta marginale percepita nei destini economici dell’Eurozona. Ma
l’evidenza è tenue nella migliore delle ipotesi ed il livello delle attività
economiche rimane debole. Le prospettive di tassi di crescita coerenti con
la sostenibilità del debito nella periferia rimangono scarse.
Gli investitori sembrano aver recentemente deciso di dover investire
nell’Eurozona, basandosi sulla percezione che le cose stanno girando al
meglio. Inoltre, se la crescita globale, guidata da un risveglio del settore
manifatturiero in Cina e in Asia e una ripresa degli investimenti negli Stati
Uniti, inizia ad accelerare più o meno nei prossimi sei mesi, allora le azioni
dell’Eurozona si uniranno alla festa.
PROMUOVERE CONSAPEVOLEZZA
Ci si sente come in autunno, la stagione più triste. Potrebbe essere così
anche sui mercati, il calo dell’ottimismo dell’estate sulle questioni finanziarie,
così come quelle naturali.
Liquidità globale in riduzione
La stretta di liquidità globale è ai massimi. I giorni felici in cui la politica
monetaria espansiva (Quantitative Easing — QE) guidava i prezzi degli asset sono finiti. Il QE finirà e negli Stati Uniti ci sarà una
riduzione degli acquisti mensili di titoli. Solo in Giappone
assisteremo ad una maggiore stampa di denaro. Le banche
centrali hanno perso la loro capacità di controllare il costo
del capitale delle differenti classi di asset e di scadenze
(Figura 1), qualcosa che devono ancora capire. La
credibilità della “Forward Guidance” (indicazioni circa le
intenzioni future della Banca Centrale, le previsioni per i
tassi di interesse e la politica monetaria nel prossimo futuro) è in declino.
Figura 1. Fonte: Bloomberg
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Le banche centrali hanno creato un divario tra il valore
fondamentale di molti asset ed i prezzi che di mercato ed
hanno fatto ciò comprandoli e stampando denaro per far
sì che anche altri (investitori) facessero lo stesso.
Ugualmente importante è il fatto che la forward guidance estende l’influenza
della banca centrale sul costo del capitale a lungo termine ed è persino
maggiormente determinante in merito ai prezzi degli asset rispetto al QE
stesso. Crediamo che la credibilità della forward guidance e la realtà del QE
stiano perdendo forza.
Da più punti di vista entrambi sono collegati. Ad esempio, le previsioni della
Fed indicano il 4% come tasso naturale dei Fed Funds nel 2015-2016, date le
previsioni economiche della Fed stessa. Pertanto, se la forward guidance
continua ad indicare senza giustificazione tassi bassi, la credibilità stessa
della Fed, della forward guidance e la capacità di previsione economica
verranno messe in discussione. Questo trasforma i mercati in San Tommaso
e diminuirà la capacità della Fed di controllare i prezzi degli asset e il costo
del capitale. La reputazione della maggior parte delle altre banche centrali
seguirà in un nanosecondo la direzione in cui va la reputazione della Fed.
Per gli investitori la conclusione strategica chiave è che il divario tra i prezzi
degli asset determinati dalla banca centrale e quelli giustificati dai fondamentali
è pronto per chiudersi.
Mercati emergenti: la trappola del reddito medio
Molti paesi emergenti sono bloccati nella trappola del reddito medio. Una
vasta gamma di paesi emergenti, in particolare i paesi del BRICS (Brasile,
Russia, India, Cina e Sud Africa) devono fronteggiare difficili riforme strutturali
per la crescita e lo sviluppo, ma mancano di impegno nel fare riforme per
superare tali barriere.
La stretta di liquidità globale e del credito nella maggior parte dei mercati
emergenti colpirà sicuramente la crescita economica di molti paesi emergenti.
Ciò nonostante è probabile che la crescita globale si riprenda nella seconda
metà dell’anno nei paesi sviluppati. La ripresa sarà guidata, dal lato
dell’offerta, dalla produzione industriale, dove le scorte sono basse e la
produzione sta rimanendo indietro rispetto alla domanda, in particolare nei
beni d’investimento. Questo sosterrà sostanzialmente la crescita globale della
produzione industriale. Le esportazioni dai mercati emergenti potrebbero
raggiungere un tasso di crescita del 5%-6% annuo e il PIL dei mercati
emergenti potrebbe essere incrementato dell’1% attraverso le esportazioni
nette che hanno registrato un aumento. E’ difficile dire se sui mercati
vinceranno le migliori prospettive di crescita o la stretta di liquidità.
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Eurozona
I paesi europei periferici erano i primari beneficiari dell’eccesso di liquidità
globale e della forward guidance della banca centrale; ora entrambi i fattori
vengono a mancare.
L’entusiasmo per le riforme dell’Eurozona è in una fase di bassa marea,
almeno per quanto riguarda l’arte politica del possibile. Solo poche settimane
fa, la Corte Costituzionale portoghese ha mandato all’aria i piani del governo
relativi al taglio della burocrazia (di nuovo). Gli italiani hanno votato per
diminuire la tassa di proprietà (IMU) necessaria per raggiungere i target di
budget. I partner sociali francesi hanno concordato sulla riforma della
previdenza, che è una beffa. La stampa dice che la Spagna sta per posticipare
la riforma delle pensioni di tre anni a un costo del deficit di budget del 1,5%
del PIL.
Tutto ciò è sintomatico di una fatica delle riforme e in due
delle maggiori economie al centro dell’euro, quali Francia
e Italia, vi è un’enorme carenza di riforme. Nella periferia,
la Grecia ha bisogno di più denaro ed un taglio dei propri
debiti verso altri governi europei. Il Portogallo ha bisogno
di un altro pacchetto. L’Irlanda ha bisogno dell’Eurozona
per ricapitalizzare le proprie banche. E i mercati non
mollano, come se tutto andasse bene con il differenziale
di rendimento dei bond sovrani periferici verso i bund
ancora a livelli estremamente bassi (Figura 2).
Figura 2. Fonte: Bloomberg
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Ci sono state anche buone notizie sull’economia
dell’Eurozona sotto forma di statistiche degli indici dei
consumi e delle imprese. La nostra analisi vede tutto ciò come un processo
di inversione di tendenza piuttosto che una ripresa del tasso di crescita che
rende sostenibile il carico del debito pubblico. Il processo di inversione di
tendenza è dovuto al fatto che l’80%-85% della ricchezza e dei redditi delle
famiglie dell’Eurozona è intatto e molti beni, come ad esempio le case, hanno
prezzi più bassi. Anche una buona parte dei beni durevoli, come ad esempio
le auto, hanno bisogno di essere sostituiti. Le cose non stanno più peggiorando,
così le famiglie possono spendere un poco di più dei loro risparmi
precauzionali. Ma la generazione di reddito delle famiglie e il tasso di risparmio,
le condizioni di credito, gli investimenti industriali e il divario produttivo indicano
una posizione sul mercato ancora debole, una volta definito il fondo del ciclo
economico.
Ciò significa che la maggior parte dell’ottimismo in merito alle economie e al
debito dei paesi periferici è determinato da qualcos’altro. Molto probabilmente
è il risultato della forward guidance, eterna e onnipotente, delle operazioni
monetarie (OMT) della Banca Centra Europea, la quale promette di fare
“qualunque cosa serva”, senza limiti di tempo, per salvare l’euro e tenere
sotto controllo il costo dei debiti dell’area periferica. Con questo in atto,
l’analisi dei rischi di credito gioca un minimo ruolo nel determinare i prezzi
dei bond periferici. Quindi ovviamente il peggioramento dei fondamentali nei
paesi periferici e ancor più nei paesi principali (come Francia e Paesi Bassi,
ad esempio) indica semplicemente che l’OMT non avrebbe alcuna influenza significativa in relazione ai mercati dei bond sovrani.
Non è possibile che questa fortuna inattesa possa durare. Anche se l’OMT
fosse implementato, la Banca Centrale Europea comprerebbe debito a breve
termine in quantità limitate con l’obiettivo di ridurre il rendimento pari
all’ammontare di qualsiasi sovrapprezzo generato dalla paura della fine
dell’euro. Il beneficiario di un programma di OMT deve essere approvato
nel programma di riforme dalla Banca Centrale Europea (Troika o UE).
L’OMT non si concentra sui differenziali di rendimento (verso i Bund) generati
dai fallimenti caratteristici del paese stesso. Inoltre, l’OMT non può essere
usato per aiutare un paese che ha perso l’accesso al mercato poiché questo
costituirebbe un finanziamento diretto da parte dei governi locali. A questo
riguardo, il Portogallo, ad esempio, non potrebbe essere un candidato OMT.
E’ possibile che l’OMT venga testato e trovato carente a causa
dell’opposizione tedesca (Bundesbank), dell’assenza di una struttura legale
per l’OMT stesso, un anno dopo essere stato annunciato e della probabilità
che la Corte Costituzionale tedesca sottoponga l’uso dell’OMT al Bundestag.
Una volta che il potere della forward guidance dell’OMT inizia ad appassire,
assieme a quello delle comunicazioni della politica economica di altre banche
centrali, lo scostamento dei prezzi tra il valore dei bond periferici e il prezzo
implicito inizierà a chiudersi, come sarà per i prezzi di molti altri asset globali.
MERCATI AZIONARI
L’idea che le azioni sono il migliore investimento per definizione incute rispetto.
Del resto i bond sono a tassi bassi. La liquidità non rende nulla. Le azioni
teoricamente potrebbero compensare qualunque crescita nei tassi d’interesse
poiché esse rispondono alla crescita e i tassi d’interesse crescono solo se
c’è crescita.
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Ma ci sono alcune osservazioni. Primo, le valutazioni delle azioni oggi riflettono
già questo pensiero. Secondo, il QE e i tassi bassi delle banche centrali
hanno fatto salire i prezzi delle azioni. Quindi la riduzione di tali politiche
porrà un nuovo rompicapo. Se la crescita economica sarà sufficiente per
giustificare una politica economica più stretta, l’impatto della linea guida
futura del QE sarà negativa sui prezzi delle azioni. Mentre se la linea guida
futura del QE continuerà (come oggi) ciò sarà causato dal fatto che la crescita
non è soddisfacente. Ciò dice che le azioni saranno un fattore oscillante
degli sviluppi futuri e non più un semplice gioco connesso alla crescita. La
probabilità è che le azioni non faranno molti progressi e che diverranno più
volatili in un periodo di riduzione dell’influenza da parte della banca centrale
sui prezzi degli assets poiché ciò avverrà indipendentemente dalle aspettative
di crescita.
TAPERING O NON TAPERING? —
QUESTO E' IL DILEMMA
La Fed ha deciso di non ridurre ancora gli acquisti mensili di titoli di stato.
La valutazione da parte della Banca Centrale circa le condizioni economiche
si è rafforzata. Tuttavia l’irrigidimento delle condizioni finanziarie è
considerato incompatibile con un rallentamento degli acquisti di titoli in questo
momento. Questo pone la previsione della Fed sull’economia statunitense
(crescita, disoccupazione e inflazione) per il 2016 a dei livelli che sono
ampiamente in disaccordo con le future linee guida e previsioni del livello
dei tassi di interesse negli USA. Comunque, la riduzione degli acquisti mensili
di titoli non è stata rimossa dall’agenda, sarà considerata
ad ogni assemblea del Federal Open Market Committee
(FOMC) .
Numerose sono le conseguenze di questa decisione presa
dalla Fed. Prima di tutto, le contraddizioni tra la politica
della Fed e le sue previsioni economiche danneggiano la
sua credibilità e riducono la sua capacità di controllare in
futuro i tassi di interesse a lungo termine.
Figura 1. Fonte: Datastream
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In secondo luogo, la prosecuzione della politica monetaria
espansiva indebolirà il dollaro (Figura 1), sosterrà i prezzi
dei titoli di stato americani e delle azioni e ridurrà la
pressione sui Mercati Emergenti (EM), sostenendo perciò i prezzi degli asset dei Mercati Emergenti e le loro valute.
Terzo, nell’Eurozona, il risultato ‘naturale’ della decisione della Fed è di
mantenere l’euro ingiustificatamente forte e di aiutare i bond periferici
dell’Eurozona promuovendo la caccia globale al rendimento. Ma la chiave
della vicenda è se le elezioni tedesche daranno origine ad una grande
coalizione tra il CDU/CSU e l’opposizione SPD (che sosterrebbe i bond
periferici, ma danneggerebbe i bund) oppure se si tornerà alla coalizione
CDU/CSU-FDP, che avrebbe l’effetto contrario.
Quarto, è probabile che l’azione della Fed porti ad un incremento del QE da
parte della BoJ, ancora più probabile dato che la decisione della Fed porterà
ad un indebolimento del dollaro. Tutto ciò è a favore del Nikkei.
Infine, per quanto riguarda le materie prime, una maggiore stampa di denaro
da parte della Fed porterebbe ad un rialzo del mercato delle commodity così
come per le valute collegate alle materie prime come il dollaro australiano.
Comunque, il fatto che la riduzione degli acquisti mensili di titoli non è stata
tolta dall’agenda significa che gli impatti descritti saranno limitati e soggetti
a inversioni molto repentine, se il flusso dei dati economici indicherà
un’ulteriore rafforzamento dell’economia americana.
Documento preparato per i collocatori di ARCA SGR
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