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Analisi
17/4/2013
Le altre due alternative di investimento (secondo Warren Buffett)
Nel Dicembre scorso abbiamo pubblicato la prima categoria di investimenti individuata da Warren Buffett.
Ora proseguiamo con le altre due. Le vicende recenti sull’oro rendono quanto mai attuale questa sua
interpretazione.
La seconda grande categoria di investimenti comprende le attività che non produrranno mai niente, ma che
sono comperate con la speranza che qualcun altro – anche lui cosciente che quella cosa sarà sempre
improduttiva – pagherà un prezzo più alto in futuro.
Questa categoria di investimenti richiede una platea di investitori sempre più ampia, i quali, a loro volta,
sono attirati perché pensano che questa platea si ingrandirà ancora. Gli investitori non sono attirati da ciò
che l’attività può produrre – rimarrà inerte per sempre – ma piuttosto dalla convinzione che altri la
vorranno acquistare più avidamente nel futuro.
Il principale investimento in questa categoria è l’oro, attualmente grande favorito dagli investitori che
temono tutte le altre attività, in special modo la valuta cartacea (del cui valore hanno ragione ad essere
timorosi). L’oro tuttavia ha due difetti: 1) ha pochi impieghi e 2) non è redditizio. In realtà l’oro ha degli
impieghi industriali e nella gioielleria, ma la domanda per questi scopi è limitata ed incapace di assorbire la
nuova estrazione. Nel frattempo, se possiedi un’oncia d’oro per l’eternità, alla fine avrai sempre un’oncia.
Quello che spinge gli investitori in oro è la convinzione che le schiere dei timorosi aumenteranno. Nel
decennio scorso questa convinzione si è rivelata corretta. In più, il prezzo in crescita ha generato nuovo
entusiasmo tra gli acquirenti, attirando compratori che vedevano l’ascesa come la validazione della propria
tesi di investimento. Finché nuovi investitori si uniscono alla festa, essi confermano la loro verità – per il
momento.
Negli ultimi 15 anni, sia le azioni Internet che le case hanno dimostrato gli straordinari eccessi che possono
essere generati da una sensata tesi iniziale rafforzata da prezzi al rialzo ben pubblicizzati dai media.
Oggi lo stock mondiale di oro è di circa 170.000 tonnellate metriche. Se venisse fuso tutto assieme,
formerebbe un cubo di circa 21 metri di lato. A $1.750 per oncia il suo valore sarebbe $9,6 trilioni.
Chiamiamo questo cubo “mucchio A”.
Ora creiamo il “mucchio B” con lo stesso valore. Potremmo acquistare tutta la terra coltivabile statunitense
(400 milioni di acri che producono circa $200 miliardi annui di derrate agricole), più 16 Exxon Mobil (la
società più profittevole al mondo, con utili di oltre $40 miliardi annui). Dopo questi acquisti, avremmo
avanzato circa $1 trilione. Un investitore con $9,6 trilioni sceglierebbe il mucchio A oppure il mucchio B?
Oltre alla sbalorditiva valutazione dello stock di oro, i prezzi correnti attribuiscono alla produzione annuale
di oro un valore di $160 miliardi. I compratori (gioiellieri, industrie, individui spaventati, speculatori) devono
continuamente assorbire questa offerta addizionale giusto per mantenere il prezzo in equilibrio.
Tra un secolo i 400 milioni di acri di terreno agricolo avranno prodotto quantità strabilianti di grano,
frumento, cotone ed altre derrate e continueranno a produrne, qualunque sia la valuta in circolazione.
Exxon Mobil avrà probabilmente prodotto trilioni di dollari di dividendi per i suoi azionisti e deterrà attività
per molti altri trilioni (e ricorda che hai 16 Exxon). Le 170.000 tonnellate d’oro rimarranno immutate nelle
dimensioni e incapaci di produrre alcunché.
Le prime due categorie di investimenti godono della massima popolarità durante i picchi di paura: timori di
collasso economico spingono gli investitori verso attività liquide (depositi e obbligazioni) e la paura di
tracolli valutari porta verso attività sterili come l’oro. Abbiamo sentito frasi come “cash is king” a fine 2008,
proprio quando la liquidità avrebbe dovuto essere investita, piuttosto che trattenuta.
La mia preferenza va per la terza categoria: investimenti in attività produttive (aziende, fattorie, immobili).
Idealmente, queste attività dovrebbero essere capaci di generare risultati che mantengano il potere
d’acquisto in tempi di inflazione, richiedendo allo stesso tempo un basso livello di nuovi investimenti in
conto capitale.
Tra un secolo la gente sarà disposta a scambiare un paio di minuti del proprio lavoro quotidiano per una
Coca Cola, a prescindere che la valuta sia basata sull’oro, conchiglie, denti di squalo oppure carta (come
oggi). In futuro la popolazione statunitense sposterà più beni, consumerà più cibo ed avrà bisogno di più
spazio per vivere rispetto ad oggi. La gente scambierà sempre ciò che produce per qualcosa che altri
producono.
Io credo che nel lungo periodo quest’ultima categoria di investimenti sarà la vincitrice tra le tre che ho
esaminato. Cosa importante, sarà di gran lunga la più sicura.
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Davide Vivian
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