La gestione della meningite batterica

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La gestione della meningite batterica
Gennaio-Marzo 2014 • Vol. 44 • N. 173 • Pp. 45-52
Infettivologia Pediatrica
La gestione della meningite batterica
Giulia Remaschi, Alessia Nucci, Chiara Tersigni, Melodie Aricò, Clementina Canessa,
Francesca Lippi, Chiara Azzari, Luisa Galli
Dipartimento di Scienze della Salute, Università di Firenze, Ospedale Pediatrico Anna Meyer, Firenze
Riassunto
Le meningiti batteriche rappresentano un’importante causa di mortalità e morbilità. L’introduzione di strategie preventive, tra cui le vaccinazioni contro
alcuni degli agenti eziologici e la profilassi antibiotica intrapartum, ha permesso una notevole riduzione dell’incidenza di tale patologia. Il rapido riconoscimento dei sintomi e segni clinici, l’esecuzione precoce delle procedure diagnostiche e il tempestivo inizio della terapia antibiotica sono fondamentali per
ridurre la mortalità e il rischio di sequele. Nel sospetto di una meningite batterica l’esame chimico-fisico e microbiologico del liquido cefalo-rachidiano resta
il gold standard. Un corretto e approfondito esame obiettivo neurologico volto ad identificare la presenza di segni di ipertensione endocranica, talora con
l’ausilio della radiodiagnostica, rappresenta un valido criterio per effettuare una puntura lombare in sicurezza. Nell’ultimo decennio la biologia molecolare
su liquor e/o sangue ha apportato grandi vantaggi nella diagnosi di meningite batterica, permettendo rapidamente di individuare con una sensibilità e
specificità molto elevate, l’agente eziologico coinvolto, anche quando si sia già intrapresa una terapia antibiotica empirica. L’esame colturale su liquor e/o
sangue rimane, tuttavia, un esame fondamentale per la diagnosi nelle meningiti batteriche, in quanto permette di testare la sensibilità dell’agente patogeno
ai chemioterapici utilizzati e di guidare quindi la terapia. La terapia antibiotica empirica, come suggerito dalle più recenti linee guida, deve essere orientata
dall’età del paziente e della prevalenza locale di ceppi antibiotico-resistenti. Benché sull’utilizzo dei cortisonici sistemici non vi sia accordo unanime in
letteratura, la maggior parte degli autori ne raccomanda l’uso nei bambini al di sopra dei tre mesi di età.
Summary
Bacterial meningitis represents an important cause of mortality and morbidity. Thanks to vaccines against some of the causal microbial agents and preventive strategies, as intra-partum antibiotic prophylaxis for pregnant women with positive vaginal swab, incidence of such disease drastically decreased.
Early identification of clinical signs and symptoms, rapid diagnostic assessment and prompt antibiotic therapy are critical for reduction of mortality and
complications. Chemical and microbiological analysis of cerebrospinal fluid (CSF) is the gold standard when bacterial meningitis is suspected. Careful neurologic examination directed to recognize signs of endocranial hypertension, with the support of neuroimaging, allows to perform lumbar puncture safely.
In the last decade, molecular biology techniques gave a big support to the diagnosis of bacterial meningitis, permitting a rapid detection of microorganism
with high sensitivity and specificity, even when antibiotic treatment was ongoing. Nevertheless, colture on CSF and/or blood has a central diagnostic role in
meningitis, since it permits to test antibiotic susceptibility of pathogens and to lead therapy. As recent guidelines suggest, empiric treatment should consider
patient’s age and local prevalence of resistant strains. Although there is not agreement on the use of systemic steroids, they are mainly recommended in
children over 3 months of age.
Parole chiave: meningite batterica, clinica, diagnosi, diagnosi molecolare, terapia
Key words: bacterial meningitis, clinic, diagnosis, molecular diagnosis, therapy
Metodologia della ricerca bibliografica utilizzata
I lavori considerati per la realizzazione del presente manoscritto sono
rappresentati da testi di riferimento e dalle linee guida disponibili in
letteratura per l’inquadramento epidemiologico, clinico, diagnostico
e terapeutico e da articoli di aggiornamento in materia. La ricerca è
stata effettuata mediante la consultazione del database MEDLINE, utilizzando come motore di ricerca PubMed. I lavori sono stati selezionati
in base alla rilevanza per il tema trattato e alla data di pubblicazione.
Non sono state incluse le meningiti tubercolari, né le meningiti nel
paziente oncologico o immunodepresso, poiché necessitano di trattazione a parte.
Introduzione
Ogni anno in tutto il mondo le meningiti batteriche sono responsabili di
circa 1.200.000 morti, in particolare nella popolazione pediatrica (Centers for Disease Control and Prevention, 2012). In questa fascia di età,
infatti, la mortalità allo stato attuale varia dal 20% al 40% con un rischio
di sequele a lungo termine del 20%, prevalentemente correlate ad infezioni causate da Streptococcus pneumoniae (Hudson et al., 2013).
La disponibilità di vaccini immunogeni, ben tollerati e sicuri rivolti
verso i principali agenti etiologici di meningite batterica (S. pneumoniae, Haemophilus influenzae tipo b e Neisseria meningitidis) ha
determinato un enorme cambiamento nell’epidemiologia delle meningiti batteriche. I principali patogeni causa di meningite batterica
distinti per età sono indicati in tabella I.
L’introduzione del vaccino anti-Haemophilus influenzae tipo b (Hib)
ha determinato negli USA una riduzione dei casi di meningite da H.
influenzae del 99%, con una riduzione dell’incidenza a meno di 1
caso/100.000 bambini sotto i 5 anni (American Academy of Pediatrics; Red Book 2012); in Italia, come riportato dal sistema di sorveglianza dell’Istituto Superiore di Sanità (ISS), si è registrata una
riduzione analoga, che ha portato ad un’incidenza di 0,7/100.000
abitanti nel 2011 (Ancona, 2012).
Anche per lo pneumococco, grazie a un’efficace campagna di vaccinazione prima con il vaccino coniugato eptavalente e successivamente
con il 13-valente, si è registrata una diminuzione di oltre il 97% dei casi
di malattia invasiva dovuti ai sierotipi vaccinali (Pilishvili et al., 2010).
N. meningitidis continua a rappresentare a livello mondiale una delle
principali cause di meningite batterica e sepsi, essendo responsa-
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G. Remaschi et al.
Tabella I.
Principali agenti eziologici di meningite batterica e sepsi in rapporto
all’età.
<1 mese
Streptococcus agalactiae
Escherichia coli
Klebsiella pneumoniae
Listeria monocytogenes
1-23 mesi
(<2 anni)
Streptococcus pneumoniae
Neisseria meningitidis
Streptococcus agalactiae
Haemophilus influenzae
Altri Gram negativi (raro)
>2 anni, <18 anni
Neisseria meningitidis
Streptococcus pneumoniae
Haemophilus influenzae
18–50 anni
Neisseria meningitidis
Streptococcus pneumoniae
>50 anni
Neisseria meningitidis
Streptococcus pneumoniae
Listeria monocytogenes
bile di 500.000 casi l’anno con una case fatality ratio di oltre il 10%
(Azzari et al., 2014). Prima dell’introduzione della vaccinazione antimeningococco C avvenuta a partire dal 1999 in alcuni paesi europei, l’incidenza di meningite meningococcica in Europa era di 1,67
casi/100.000 abitanti (European Centre for Disease Prevention and
Control, 2013). Grazie ad un’efficace campagna di prevenzione con
vaccino monovalente anti-meningococco C l’incidenza in Italia nel
2010, così come in Europa e negli USA, si è ridotta a 0,24/100000
(Ancona, 2012; European Centre for Disease Prevention and Control,
2013). L’introduzione recente in alcuni paesi del vaccino tetravalente coniugato (A, C, W-135, Y) e la commercializzazione del nuovo
vaccino anti-meningococco B permetterà di allargare ulteriormente
la protezione nei confronti della meningite meningococcica. Numerosi studi hanno suggerito la necessità di effettuare la vaccinazione
anti-meningococco B nei primi mesi di vita, in considerazione della
maggior incidenza al di sotto dell’anno di età (Azzari et al., 2014).
Un’efficace campagna vaccinale che comprenda anche gli adolescenti è essenziale in quanto in questa fascia di età la prevalenza
di portatori è del 23% (Fig. 1), fattore di rischio oltre che per gli
adolescenti stessi anche per le categorie maggiormente suscettibili
di infezione (Christensen et al., 2010).
Nelle ultime decadi si è anche assistito ad un cambiamento nell’etiologia
delle meningiti batteriche nel lattante. In particolare, per quanto riguarda
lo Streptococcus agalactiae (SBEGB), comune patogeno causa di meningite nel neonato, la diffusione dello screening con tampone vaginorettale delle gestanti tra la 35° e 37° settimana di gestazione e la conseguente attuazione della profilassi antibiotica intrapartum ha permesso
una riduzione dei casi d’infezioni neonatali precoci del 65% (Schrag et
al., 2000). Il miglioramento delle condizioni igieniche e la riduzione della
contaminazione degli alimenti ha poi determinato la riduzione di infezioni causate da Lysteria monocytogenes, responsabile negli USA di circa il
2% dei casi di meningite batterica (Brouwer et al., 2010).
Segni e sintomi clinici
Un precoce riconoscimento dei sintomi e dei segni clinici, l’esecuzione tempestiva delle procedure diagnostiche e della terapia antibiotica sono punti fondamentali per ridurre la mortalità e il rischio di
sequele a lungo termine (Richardson et al., 2007) (Tab. II).
Segni e sintomi clinici specifici di meningite batterica non sono costantemente presenti, soprattutto nelle prime età della vita. I segni e
sintomi distinti per età sono riportati nella figura 2.
Se nel bambino oltre i due anni di età l’esordio classico della meningite si caratterizza per la presenza di febbre, cefalea, rigidità nucale,
Age (years)
Figura 1.
Stima dei portatori di meningococco per età, modificato da Christensen H et al. 2010.
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La gestione della meningite batterica
Tabella II.
Principali sequele a breve e a lungo termine della meningite batterica.
Complicanze a breve termine
Complicanze a lungo termine
Sindrome da inappropriata secrezione di ormone antidiuretico (SIADH)
Ritardo mentale
Coagulazione intravascolare disseminata
Ritardo nell’acquisizione del linguaggio
Shock settico
Convulsioni
Cerebrite e infarto cerebrale
Disturbi comportamentali
Empiema subdurale e ascesso cerebrale
Sordità neurosensoriale
S. Waterhouse-Friderichsen (sepsi meningococcica)
Figura 2.
Segni e sintomi di meningite batterica.
manifestazioni cliniche classiche di irritazione meningeale (positività
dei segni di Kernig e Brudzinski, posizione a canna di fucile), fotofobia, vomito, alterazione dello stato di coscienza e crisi convulsive,
nel neonato e nel lattante la diagnosi è più complessa per la presenza di segni clinici più sfumati. La presenza di ipotonia, torpore, pianto inconsolabile, difficoltà ad alimentarsi, pallore in un bambino al di
sotto dei due anni di età devono indurre il sospetto di meningite. Solo
il 50% dei neonati con meningite presenta febbre e solo nel 30% dei
casi è apprezzabile una fontanella bombata (American Academy of
Pediatrics; Red Book 2012).
Nelle forme da pneumococco non sono infrequenti paralisi dei nervi
cranici, soprattutto oculomotori (III, IV, VI) e del faciale (VII) (Jit, 2010).
Lo spettro clinico della malattia meningococcica può avere un’ampia variabilità, dalle manifestazioni cliniche tipiche di meningite fino
a sepsi, shock e morte. Particolare attenzione va posta alla ricerca di
petecchie e porpora ad esordio nella regione ascellare ed inguinale
e dei segni classici dello shock, per permettere un tempestivo trattamento (American Academy of Pediatrics; Red Book 2012).
Aspetti diagnostici
Esami emato-chimici
Nel sospetto di una meningite batterica gli esami di laboratorio da
richiedere in urgenza comprendono emocromo con formula, proteina C reattiva, parametri della coagulazione, glicemia ed elettroliti.
Fondamentale l’esecuzione di un’emocultura e il prelievo di un campione di sangue in EDTA per l’esecuzione della polymerase chain
reaction (PCR), laddove disponibile (Radcliffe et al., 2011). Gli esami
ematochimici nella meningite batterica mostrano solitamente una
leucocitosi neutrofila ed un notevole incremento degli indici di flogosi. La presenza di una bassa conta leucocitaria e di una proteina
C reattiva normale non escludono tuttavia la presenza di meningite
batterica o di sepsi meningococcica (NICE clinical guideline, 2010).
Nessuno studio in letteratura è stato in grado di individuare un cutoff nella conta leucocitaria o nei valori di proteina C reattiva tale da
discriminare tra una meningite batterica ed altre patologie infettive
(Radcliffe et al., 2011).
Esami microbiologici e di diagnostica molecolare su liquido
cefalo-rachidiano
Nel sospetto di una meningite batterica l’esame del liquido cefalorachidiano (LCR) resta il gold standard.
Nelle fasi precoci l’esame chimico-fisico e la colorazione di Gram su
LCR restano fondamentali e sono di ausilio al pediatra per un rapido
orientamento diagnostico.
Le caratteristiche del LCR fortemente sospette per la presenza di
meningite batterica sono indicate in tabella III.
La puntura lombare (PL) andrebbe eseguita in ogni caso sospetto, in
mancanza di controindicazioni specifiche (Tab. IV). L’eventuale controindicazione all’esecuzione della puntura lombare non deve mai far ritardare l’inizio della terapia antibiotica. Infatti, in presenza di controindicazioni
relative e della necessità di stabilizzare il paziente, si deve comunque
iniziare la terapia antibiotica. Va rivalutata l’opportunità dell’esecuzione della puntura lombare dopo 8-12 ore, anche in considerazione della
possibilità di fare diagnosi eziologica grazie alla biologia molecolare.
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G. Remaschi et al.
Tabella III.
Principali alterazioni del LCR in corso di meningite batterica acuta
(Tunkel et al., 2004)
Caratteristiche
Pressione
Torbido, purulento
Aumentata, >180 mm H2O
GB
1.000-5.000/ µL
Neutrofili
>80%
Proteine
100-500 mg/dL
Glucosio
< 40 mg/dL
Rapporto glucosio
LCR/sangue1
<0,4
¹La concentrazione di glucosio nel liquor corrisponde a circa il 50%-60% del valore
di glicemia del paziente
Tabella IV.
Controindicazioni assolute e relative all’esecuzione della puntura
lombare (Chaudhuri et al., 2008).
Controindicazioni assolute
Segni di aumentata pressione intracranica
Infezione della cute nella sede di puntura
Segni suggestivi di idrocefalo ostruttivo, edema cerebrale diffuso o
erniazione delle tonsille cerebellari alla TC ( o alla RMN)
Controindicazioni relative
Sepsi o ipotensione (pressione sistolica <100mmHg e diastolica
<60mmHg): il paziente deve essere prima stabilizzato
Disordini della coagulazione (CID, conta piastrinica <50000/mm3 terapia
con warfarin)
Presenza di deficit neurologici focali
Glasgow coma score (GCS) ≤8
Convulsioni subentranti
Negli ultimi tre casi deve essere eseguita una TC o una RMN dell’encefalo. La paralisi isolata di nervi cranici senza papilledema non necessariamente controindica
la puntura lombare senza neuroimmagini.
Numerosi studi presenti in letteratura, al contrario di quanto ritenuto
in passato, concordano nell’affermare che la TC dell’encefalo non
deve essere eseguita di routine prima della rachicentesi (Nagra et
al., 2011), poiché essa rappresenta un indicatore inattendibile per
identificare la presenza di ipertensione endocranica e soprattutto
perché una TC negativa non esclude completamente il rischio di erniazione delle tonsille cerebellari (Chaudhuri et al., 2008). Un corretto e approfondito esame obiettivo neurologico volto ad identificare la
presenza di segni di ipertensione endocranica (papilledema, deficit
neurologici focali, postura decerebrata, grave compromissione o rapido peggioramento dello stato di coscienza) rappresenta un criterio
più specifico per effettuare una puntura lombare in sicurezza. (NICE
clinical guideline, 2010).
L’esecuzione di una TC non necessaria e delle immagini inappropriate determinerebbero inoltre un ritardo nel trattamento portando
a tassi di morbilità e mortalità sicuramente più alti. La TC diventa
al contrario indispensabile nei bambini con un livello di coscienza
ridotto o fluttuante (GCS<9) o con segni neurologici focali per identificare la presenza di altre patologie intracraniche (NICE clinical guideline, 2010).
Generalmente, se le condizioni cliniche del paziente migliorano e la
terapia antibiotica è appropriata non c’è necessità di ripetere la PL.
La rachicentesi deve essere ripetuta in caso di ri-emergenza o persistenza della febbre, deterioramento delle condizioni cliniche, persistenza della positività dei marker d’infiammazione oppure comparsa
di nuovi segni clinici (NICE clinical guideline, 2010).
L’esecuzione dell’esame colturale sia su sangue che su LCR nonostante la disponibilità di metodiche di diagnostica più rapide e non
influenzate dalla terapia antibiotica, resta fondamentale per una corretta gestione della meningite batterica. Esso infatti permette l’esecuzione dell’antibiogramma, dato sempre più rilevante considerata
l’emergenza di ceppi di N. meningitidis con ridotta suscettibilità o
resistenti alla penicillina (Bertrand et al., 2012).
Affiancando l’esame colturale, la diagnostica molecolare ha assunto un ruolo sempre maggiore nella diagnosi delle forme batteriche
di meningite. La PCR, eseguita su sangue e su liquor, permette di
rilevare anche piccole quantità di acido nucleico del patogeno responsabile, permettendo l’identificazione del batterio in causa e del
sierotipo (Wang et al., 2012).
Uno dei vantaggi della PCR è la sua indipendenza dalla vitalità del
germe, permettendo quindi una corretta diagnosi eziologica anche
in presenza di una terapia antibiotica già instaurata (Resti et al.,
2009) (Tab. V); consente di ottenere risultati in tempi brevi (4-6 ore)
utilizzando apparecchiature semplici e automatizzate con un costo
inferiore rispetto alle metodiche tradizionali (Wang et al., 2012).
La metodica molecolare ha inoltre una importante utilità epidemiologica; permette infatti l’isolamento e la sierotipizzazione del batterio causale nella maggior parte dei casi di meningite (Azzari et al.,
2008). Ciò consente quindi di monitorare l’andamento epidemiologico dei germi e di conseguenza adattare le campagne vaccinali.
Tabella V.
Maggior sensibilità di PCR Real-time nei confronti dei metodi culturali nella diagnosi di meningite su liquor in pazienti con pregressa terapia
antibiotica, modificato da (Chiba et al., 2009).
Patogeno
Campioni positivi in PCR
n (%)
Campioni positivi con il metodo colturale
n (%)
S. pneumoniae
36 (21.4)
27 (16.1)
H. influenzae
76 (45.2)
48 (28.6)
S. agalactiae
4 (2.4)
2 (1.2)
E.coli
3 (1.8)
3 (1.8)
L. monocytogenes
1 (0.6)
1 (0.6)
M. pneumoniae
1 (0.6)
0
N.meningitidis
57 (25,1)
36 (17,7)
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La gestione della meningite batterica
Tabella VI.
Principali agenti patogeni da indagare con metodica molecolare nel sospetto di meningite batterica.
Lattanti
(0-2 mesi)
Bambini
(2 mesi-2 anni)
Bambini
> 2 anni
Streptococco β-emolitico di gruppo B
Streptococco β-emolitico di gruppo B
Streptococcus pneumoniae
Listeria monocytogenes
Listeria monocytogenes
Neisseria meningitidis
Escherichia coli
Escherichia coli
Haemophilus influenzae
Klebsiella pneumoniae
Klebsiella pneumoniae
Streptococcus pneumoniae
Neisseria meningitidis
Haemophilus influenzae
La sensibilità e specificità della PCR sono risultate estremamente
elevate (96-98% sensibilità e 95-99% specificità), rivelando un’importante sottostima dei casi noti di malattie batteriche invasive (Azzari et al., 2008). La sensibilità della PCR è inoltre da 3 a 8 volte più
alta della coltura (Azzari et al., 2014).
I principali patogeni indagati nel sospetto di meningite batterica
sono riportati nella tabella VI.
Nel caso di diagnosi eziologica dubbia, possono essere utilizzate, in
casi selezionati, metodiche molecolari che determinano l’amplificazione dell’rRNA 16S batterico, sfruttando la conservazione di questa
porzione del genoma nelle specie batteriche più frequentemente responsabili delle forme invasive. Resta comunque preferibile, quando
possibile, utilizzare tecniche più specifiche (Realtime-PCR) che non
sono basate sull’amplificazione del 16S, ma che utilizzano primers
e sonde specifici.
Ruolo della diagnostica per immagini
Studi sul ruolo della risonanza magnetica nucleare (RMN) e della
TC nella diagnosi e nella gestione della meningite batterica sono
estremamente limitati. La sensibilità della RMN nell’identificare alterazioni indicative della presenza di meningite batterica varia dal
9% al 100%, con una specificità tra il 93% e il 100% (Upadhyayula,
2013). In assenza di complicanze, la TC senza mezzo di contrasto
e la RMN possono risultare perfettamente normali (Foerster et al.,
2007). In alcuni casi è possibile rilevare con la RMN alterazioni aspecifiche nell’enhancement meningeale (non utili ai fini di una corretta
diagnosi differenziale) dopo somministrazione di mezzo di contrasto
che potrebbero essere visibili anche mesi dopo la risoluzione del
quadro clinico (Schneider et al., 2011).
La RMN e la TC hanno invece un ruolo fondamentale nella valutazione delle complicanze. La RMN ha mostrato una maggiore sensibilità
nella valutazione della presenza di edema citotossico o vasogenico,
alterazioni ischemiche, idrocefalo, ascesso subdurale, epidurale o
parenchimale (Nickerson et al., 2012).
Terapia
Nel sospetto di meningite batterica, la terapia antibiotica deve essere iniziata il più precocemente possibile. Quando non è noto l’agente patogeno
deve essere intrapresa una terapia empirica in base all’età del bambino e
in base all’epidemiologia in quella fascia d’età. Le linee guida disponibili in
letteratura suggeriscono un approccio non sempre uniforme nella gestione dei bambini con sospetta meningite (De Gaudio et al., 2010).
Nella tabella VII vengono elencate le indicazioni terapeutiche suggerite dalle più autorevoli linee guida.
L’utilizzo del ceftriaxone in età neonatale non è raccomandato per
il suo potere di spiazzare la bilirubina dai siti di combinazione con
l’albumina (Radcliffe, 2011).
Come già ribadito, la terapia antibiotica deve essere somministrata più precocemente possibile, anche prima dell’esecuzione della
rachicentesi quando questa non possa essere eseguita in tempi rapidi, poiché un trattamento precoce riduce in maniera significativa
la mortalità (Richardson et al., 2007). Inoltre, benché la somministrazione di antibiotici prima dell’esecuzione della puntura lombare
possa associarsi ad elevata negatività di esami colturali, essa non
influenza i risultati ottenuti con le moderne tecniche diagnostiche
molecolari. Il tempo di sterilizzazione del liquido cefalorachidiano
dopo somministrazione della prima dose di antibiotico per via parenterale è di 2 ore per N. meningitidis e 4 ore per S. pneumoniae
(Meningitis/encephalitis guideline Melbourn, 2013). Inoltre, la somministrazione di antibiotico può modificare i livelli di glicorrachia e di
proteinorrachia, ma non sembra aver effetto sulla conta leucocitaria
liquorale né sul valore assoluto dei neutrofili (Nigrovic et al., 2008).
Quando dagli esami colturali o molecolari emerga la positività per
uno specifico agente eziologico, è consigliabile proseguire con una
terapia antibiotica mirata. Nella tabella VIII viene riportata la terapia antibiotica specifica per i principali patogeni coinvolti nelle meningiti batteriche. Nella meningite pneumococcica la decisione di
associare la vancomicina deve essere considerata in relazione alla
prevalenza locale di ceppi di pneumococco penicillino e cefalosporino-resistenti. Per quanto riguarda invece la terapia della meningite
meningococcica, le linee guida NICE suggeriscono di proseguire la
terapia iniziata empiricamente con cefotaxime o ceftriaxone, mentre l’American Academy of Pediatrics raccomanda di passare alla
somministrazione di penicillina, sempre però tenendo in considerazione la sensibilità riscontrata e l’epidemiologia locale (NICE clinical
guideline, 2010; American Academy of Pediatrics, Red Book 2012).
Dalla letteratura internazionale si evincono dati discordanti sull’efficacia dell’uso dei corticosteroidi sistemici in associazione alla terapia antibiotica, in termini di mortalità e di sequele a lungo termine
nelle meningiti batteriche. Uno studio randomizzato controllato in
doppio cieco in bambini trattati con desametasone rispetto a quelli
trattati con glicerolo non evidenziava differenze significative sullo
sviluppo di ipoacusia, che era invece correlato alle manifestazioni
cliniche all’esordio e all’età del bambino (Peltola et al., 2010). Numerose metanalisi sono state condotte nell’intento di ottenere dati risolutivi sull’argomento, anche in considerazione del fatto che in molte
metanalisi erano anche inclusi studi condotti in paesi con scarse
risorse economiche e che includevano quindi pazienti nei quali la
diagnosi di meningite era verosimilmente più tardiva e, conseguen-
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G. Remaschi et al.
temente, il corticosteroide sistemico era stato inizato tardivamente.
La più recente metanalisi (che quindi include tutti gli studi fino alla
data della pubblicazione) conclude che, pur in assenza di un signi-
antibiotica. Una recente revisione della letteratura ha messo in evidenza come l’uso del glicerolo, come diuretico osmotico, non abbia effetto
sulla riduzione della mortalità, mentre sembrerebbe ridurre l’incidenza
Tabella VII.
Terapia empirica raccomandata dalle linee guida: National Institute for Health and Care Excellence (NICE), Infectious Diseases Society of America
(IDSA), European Federation of Neurological Societies (EFNS).
Linea guida
Fasce di età
Terapia
NICE 2010
< 3 mesi
Cefotaxime+ amoxicillina o ampicillina
≥ 3 mesi
Ceftriaxone ± vancomicinaa
IDSA 2004
EFNS 2008
< 1 mese
ampicillina+ cefotaxime o aminoglicoside
1-23 mesi
Vancomicinac + cefalosporina III generazione b
2-50 anni
Vancomicinac + cefalosporina III generazioneb
>50 anni
Vancomicinac + cefalosporina III generazioneb + ampicillina
Bambini (oltre l’età neonatale) e adulti
(Cefriaxone o cefotaxime) ± vancomicina
o
Meropenem
o
Cloramfenicolo
Adulti, nel sospetto di meningite da Listeria
Ampicillina/amoxicillina
In bambini che abbiano recentemente viaggiato in aree ad elevata prevalenza di ceppi di pneumococco resistenti ai beta-lattamici o che siano stati esposti a prolungati
o ripetuti cicli di terapia antibiotica negli ultimi 3 mesi.
b
Ceftriaxone o cefotaxime.
c
Alcuni esperti raccomandano l’aggiunta della rifampicina nel caso in cui venga eseguita la terapia con desametasone.
a
Tabella VIII.
Terapia specifica e durata del trattamento. Tratto dalle linee guida NICE ed IDSA.
Microorganismo
Neisseria meningitidis
Terapia specifica
Durata (giorni)
Penicillina G o ceftriaxone
7
Haemophilus influenzae
Ceftriaxone
7-10
Streptococcus pneumoniae
Ceftriaxone
10-14
Cefotaxime o penicillina G + gentamicina
14-21
Streptococcus agalactiae
Bacilli aerobi gram-negativi
Listeria monocytogenes
21
Ampicillina o amoxicillina + gentamicina
ficativa riduzione sulla mortalità, i corticosteroidi sistemici riducono
la mortalità nelle meningiti da Streptococcus pneumoniae ed inoltre
hanno efficacia nel ridurre lo sviluppo di sordità e di sequele neurologiche a breve termine nei paesi con risorse economiche avanzate
(Brouwer et al., 2013). Esistono, inoltre perplessità sulla ridotta penetrazione a livello del SNC di alcuni antibiotici, in particolare della
vancomicina, in corso di terapia steroidea, come suggerito da studi
in modelli animali (Tunkel et al., 2004). Purtuttavia, l’utilizzo di tali
antibiotici a dosaggi elevati, può risultare in concentrazioni liquorali
sufficienti a superare le MIC necessarie per l’effetto terapeutico. Le
linee guida inglesi raccomandano, per i bambini più grandi, l’uso di
desametasone al dosaggio di 0,15 mg/Kg per un massimo di 10 mg
per quattro giorni in caso di liquor francamente purulento, in caso di
conta leucocitaria nel liquor > 1000/microL, aumento dei leucociti
nel liquor associato a proteinorrachia> 1g/L e/o presenza di batteri
Gram positivi o negativi. Non raccomandano l’uso dei corticosteroidi
sotto i 3 mesi di vita per le scarse evidenze scientifiche presenti in
letteratura in questa fascia di età.
Sempre con l’obiettivo di ridurre l’edema a livello cerebrale sono stati
proposti trattamenti con diuretici osmotici in associazione alla terapia
50
≥21
di sordità. Tuttavia gli autori sottolineano l’importanza di ulteriori studi
clinici per confermare tali risultati (Wall et al., 2013)
Anche per quanto riguarda l’utilizzo dei fluidi di mantenimento non vi
sono chiare evidenze in letteratura. In passato si è sempre sostenuta
la necessità di una restrizione dei liquidi per i pazienti con meningite a
causa del rischio della sindrome da inappropriata secrezione di ormone antidiuretico. Da una recente revisione sistematica emerge che vi
siano vantaggi nell’uso di fluidi di mantenimento rispetto alla restrizione dei fluidi nelle prime 48 ore dall’inizio del trattamento nei paesi con
alta mortalità e con una valutazione medica tardiva. Tuttavia, nei paesi
dove la valutazione medica è precoce e la mortalità è bassa, non ci
sono sufficienti evidenze per definire delle raccomandazioni (Maconochie et al., 2008). Le linee guida NICE consigliano l’uso dell’idratazione
di mantenimento a meno che non compaiano i segni e sintomi di ipertensione endocranica o della sindrome da inappropriata secrezione di
ormone anti-diuretico (NICE clinical guideline, 2010).
Conclusioni
La gestione delle meningiti batteriche non si è modificata radical-
La gestione della meningite batterica
mente negli ultimi anni. Tuttavia alcuni aspetti gestionali sono evoluti
in relazione alla messa a punto delle nuove metodiche diagnostiche
molecolari, laddove disponibili. In particolare, la possibilità di disporre rapidamente della diagnosi eziologica, anche nei casi nei quali
sia stata già intrapresa la terapia antibiotica sistemica, permette da
una parte di valutare con maggiore accortezza se eseguire subito
la rachicentesi o di rimandarne l’esecuzione dopo stabilizzazione
del paziente, dall’altra di modificare la terapia antibiotica empirica
qualora possa essere sostituita con una più mirata. Inoltre, la rapida
identificazione dell’agente eziologico risulta utilissima per la tempe-
stiva gestione dei contatti in comunità, qualora si tratti di eziologia
meningococcica. È comunque determinante inviare gli esami colturali, sia da liquor che da sangue anche per disporre di antibiogramma e conoscere la sensibilità agli antibiotici del patogeno responsabile. La crescente segnalazione in molte aree del mondo di ceppi a
ridotta sensibilità alla penicillina e ad altri beta-lattamici suggerisce
l’opportunità di ottimizzare, ogniqualvolta possibile, la terapia mirata
sulla base dell’antibiogramma e, comunque, di monitorare la sensibilità agli antibiotici dei più comuni patogeni causa di meningiti e
malattie invasive ad eziologia batterica.
Box di orientamento
Che cosa si sapeva prima
Da sempre è nota l’importanza di instaurare una terapia antibiotica precoce nel sospetto di meningite batterica. Tuttavia la necessità di eseguire l’esame chimico-fisico e colturale del liquido cefalo-rachidiano prima dell’inizio della terapia antibiotica, per non compromettere la validità diagnostica di tali
esami, determinava spesso un ritardo nel trattamento. L’esecuzione della rachicentesi, a sua volta, poteva essere ritardata dal sospetto di ipertensione
endocranica, che poneva l’indicazione ad eseguire una TC cranio-encefalo prima della procedura per stabilirne il rischio di complicanze.
Da un punto di vista fisiopatologico, è stato evidenziato che i danni cerebrali sono mediati da una massiva liberazione di citochine proinfiammatorie
indotta dai batteri ed è stato quindi ipotizzato un possibile ruolo dei corticosteroidi in associazione alla terapia antibiotica per contrastare gli effetti
dannosi del processo infiammatorio.
Cosa sappiamo adesso
Oggi sappiamo che:
• è possibile instaurare una terapia antibiotica precoce non compromettendo le indagini diagnostiche, grazie alle tecniche di biologia molecolare e
alle conoscenze delle modificazioni chimico-fisico e microbiologiche del liquor dopo la prima dose di antibiotico;
• l’esecuzione della TC prima della puntura lombare non è sempre dirimente per escludere la presenza di ipertensione endocranica. Un esame neurologico approfondito è fondamentale per individuare i segni di ipertensione endocranica;
• la terapia antibiotica empirica deve essere orientata dall’età del paziente e dalla prevalenza locale di ceppi antibiotico-resistenti;
• nella terapia, l’uso dei cortisonici, in associazione alla terapia antibiotica, potrebbe avere un ruolo nella riduzione della mortalità e delle sequele a
lungo termine, ma sono necessari ulteriori studi in merito.
Quali ricadute sulla pratica clinica
La ricerca nel campo della meningite batterica è volta alla riduzione della mortalità e della morbilità associate a tale patologia, ad oggi ancora molto alte.
Il precoce inizio del trattamento, possibile grazie all’utilizzo delle tecniche di biologia molecolare e alle conoscenze sulle modificazioni chimico- fisicomicrobiologiche del liquor dopo la prima somministrazione dell’antibiotico, costituisce un elemento fondamentale per un buon outcome.
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Corrispondenza
Luisa Galli, Unità di Infettivologia Pediatrica, AO Anna Meyer, Università di Firenze, viale Gaetano Pieraccini, 24, 50141 Firenze.
E-mail: [email protected]
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