La sfida infinita è un`ossessione che mi appartiene_Maria Teresa

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La sfida infinita è un`ossessione che mi appartiene_Maria Teresa
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LE INIZIATIVE DEL TIRRENO
In edicola a 6 euro
Culture
IL TIRRENO SABATO 12 MARZO 2016
20
LE INIZIATIVE DEL TIRRENO
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Impugna
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MarcelloPrayer
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laregia
TEATRO » intervista con alessio boni
di Maria Teresa Giannoni
Amici nemici. Alessio Boni e
Marcello Prayer sono compagni
di avventura già da tanto tempo,
amano dividere il palcoscenico
soprattutto quando si tratta di
poesia. L'anno scorso hanno
aperto la ventunesima edizione
del Premio Ciampi a Livorno
con “Amore scalzo” un viaggio
nella musica e nelle parole della
canzoni di Piero Ciampi. Ma da
un po' hanno deciso di sfidarsi
anche a duello. E grazie all'incontro con il drammaturgo aretino Francesco Nicolini e con Roberto Aldorasi che ha collaborato con Boni anche alla regia, eccoli impugnare la sciabola nel
nome di Joseph Conrad.
Sono i protagonisti della versione teatrale di “I duellanti” racconto diventato famoso anche
grazie al film di Ridley Scott
(1977) con Keith Carradine e
Harvey Keitel. Dopo il debutto al
festival di Spoleto l'anno scorso,
la tournée invernale li sta portando in giro per l'Italia. Dopo la
Pergola a Firenze e il teatro Era a
Pontedera arriveranno al Goldoni di Livorno mercoledì 16 e giovedì 17 marzo per chiudere la
stagione organizzata da Fondazione Goldoni con la Fondazione Toscana Spettacolo.
Il lavoro vede in scena anche
Francesco Meoni e la violoncellista Federica Vecchio. I due protagonisti sono andati a perfezionare le loro abilità di schermidori da Renzo Musumeci Greco, famoso maestro di scherma scenica che ha insegnato a incrociare
le spade a tanti artisti e cantanti
d'opera. E sarà Alessio Boni a impersonare il nordico Armand
D'Hubert, uomo affascinante e
misurato, trascinato - solo apparentemente suo malgrado - in
una sfida che non finisce mai dal
pari grado Gabriel Florian Feraud, francese del sud, guascone
e rabbioso. Un duello sfibrante
che dura vent'anni e che vede i
due fare carriera nelle file dell'
esercito napoleonico, ma anche
vivere la disfatta in Russia fino
alla restaurazione. Nella cornice
della Grande Storia un'altra occasione per Conrad di indagare
l'animo umano e le sue ossessioni.
Inutile dire che in questa storia Alessio Boni si è buttato a
capofitto. Com'è scoccata la
scintilla?
«A cena tra noi quattro. Nicolini mi ha detto: ho un monologo
per te. Mi è piaciuto subito perché amo molto Conrad. Per come sa parlare della libertà dell'
uomo, della sua essenza, in maniera pura e cristallina. Questo
come tutti i suoi racconti è un
viaggio, anche se per una volta
all'orizzonte non si vede nessun
battello né uno spruzzo di mare.
Il lungo duello di cui parla ti insegna che qualsiasi cosa tu faccia nella vita a un certo punto la
stoccata la devi dare. E la metafora più alta che c'è in questo
racconto è che l'altro, il tuo ne-
La sfida infinita
è un’ossessione
che mi appartiene
L’attore bergamasco, che vive in Toscana,
sarà a Livorno con “I duellanti” di Conrad
mico, è dentro di te. Solo all'apparenza si tratta di una faccenda
di cappa e spada in realtà è la
continua ricerca del minotauro
che sta dentro di te. Nella regia
ho pensato al duello come una
danza che occupa tutto il palcoscenico».
Come reagisce il pubblico?
«È un po' una terapia di grup-
po che noi attori facciamo insieme al pubblico. Escono annichiliti, straniti perché intravedono
una ricerca molto profonda. Il
tema del duo è importante per
l'uomo fin da quando è piccolo.
Due è molto più di uno: quando
a un bambino di tre mesi gli fai
le facce lui cerca di rifarle, l'uomo è un animale sociale, ha bi-
sogno dell'altro, gli fa da pungolo».
Il duello per i due protagonisti diventa un'ossessione. Come si trova in questa dimensione?
«Anch'io sono abbastanza
maniacale. Sono rigido con me
stesso più che con gli altri. Solo
con chi amo veramente posso
STASERA E DOMANI
Aida chiude la stagione lirica del Goldoni
Verso il sold out per Aida di Giuseppe Verdi che chiude la stagione lirica
al Teatro Goldoni di Livorno stasera alle ore 20.30 e domani alle ore
16.30 in un allestimento che ha fatto epoca: quello realizzato da Franco
Zeffirelli per il Teatro di Busseto nel 2001 in occasione delle
celebrazioni dell'anno verdiano.
Doppio cast per le due rappresentazioni.
Stasera: il soprano Donata D'Annunzio
Lombardi (più volte Aida con Zeffirelli) e
nel ruolo di Amneris il soprano Giovanna
Casolla; con loro il noto baritono Sergio
Bologna nei panni di Amonasro, il
giovane ed apprezzato tenore Dario Di
Vietri come Radames ed il basso Elia
Todisco. Domani: il soprano livornese
Valentina Boi (Aida), Roberto Iuliano
(Radamès) e Sanja Anastasia (Amneris).
Pochi i posti per stasera, ancora qualche
disponibilità per la replica di domani al
botteghino del Goldoni, 0586 204290.
essere altrettanto esigente. Non
mi fanno paura le critiche perché sono ipercritico con me stesso. Deve essere un retaggio della
mia cultura bergamasca. Non
ho mai sentito mia madre dire:
lasciamo stare. In famiglia si è
sempre concluso quello che si
iniziava. Mai lasciare a domani
quello che si può fare oggi. Que-
il caso
Fa discutere il “no” di Sophie Marceau alla Legion d’Onore
Fa ancora discutere, soprattutto sui social, il
clamoroso gesto di Sophie Marceau, l'attrice
francese di 49 anni, che ha rifiutato la Legion
d'Onore, massima onorificenza della République. Ad
indignare l'indimenticata protagonista de “Il tempo
delle mele” è stata l'attribuzione dello stesso
riconoscimento, pochi giorni fa, al principe
ereditario saudita nonché ministro dell'Interno di
Riad, Mohammed ben Nayef. Su Twitter la
comédienne (che già diede del "cialtrone" a François
Hollande per la love story clandestina con Julie
Gayet) ha pubblicato un articolo sulle 70 esecuzioni
capitali perpetrate da inizio anno in Arabia Saudita.
«Ecco perché ho rifiutato la Legion d'Onore»,
puntualizza l'attrice nel suo stringato cinguettio,
unendosi all'ondata di indignazione che ha visto in
prima linea associazioni e intellettuali.
L'attribuzione dell’onorificenza napoleonica al
rappresentante di una monarchia accusata di
violare i diritti umani ha irritato tanti francesi.
Sophie Marceau
sta spinta a non mollare mai l'ho
sempre avuta dentro».
Nella sua carriera qual è stata la sfida più difficile che ha
dovuto affrontare?
«Essere Walter Chiari. Caravaggio e Puccini o altri personaggi che ho fatto, nessuno sa come
erano in realtà, come parlavano,
come si muovevano. Di Walter
Chiari invece c'è ancora tutto: le
interviste registrate, le fotografie, i gossip. Ho cercato di rivivere tutto compresa la parabola
vertiginosa che è stata la sua vita: prima salire nell'Olimpo e
poi cadere. Così facendo ho capito che era veramente un numero uno».
Lei è bergamasco di nascita
però è toscano di adozione.
«È vero, abito in Valdichiana
dove ho anche un uliveto. E ho
scoperto che un mio avo, Onofrio Boni di Cortona, era un famoso architetto del 1700 che ha
lavorato anche nella chiesa di
San Francesco: c'è anche un epitaffio che lo ricorda, così come a
Cortona c'è un palazzo Boni e
un vicolo Boni. Dunque eravamo toscani, nobili e ricchissimi
di famiglia, chissà poi come abbiamo fatto a mangiarci tutto:
forse con il gioco e le donne. Sta
di fatto che siamo diventati proletari e bergamaschi, una famiglia di piastrellisti per diverse generazioni».