Nel 2016 si muore ancora di parto

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Nel 2016 si muore ancora di parto
13 settembre 2016
Nel 2016 si muore ancora di parto
13/09/2016 in News 0
Esperti internazionali si confrontano a Verona sulla ricerca, la diagnosi e il trattamento della
preeclampsia. Nei Paesi poveri è causa di 49 decessi ogni 100mila parti, mentre, secondo l’Oms nelle
regioni più sviluppate la percentuale scende a 8-17 morti.
La preeclampsia, popolarmente conosciuta come gestosi, cioè la pressione alta con danno renale in
gravidanza, è una patologia ancora potenzialmente mortale sia per la mamma che per il bambino. Nei Paesi
poveri è causa di 49 decessi ogni 100mila parti, mentre, secondo l’Oms nelle regioni più sviluppate la
percentuale scende a 8-17 morti. Dati più confortanti in Italia, dove muoiono 3 donne ogni 100mila parti.
Sulla preeclampsia si svolgerà venerdì 16 settembre nella sala convegni della Gran Guardia la terza
edizione del congresso internazionale. Il meeting, che vede la presenza dei maggiori esperti nazionali e
mondiali sul tema, è organizzato dalla Ginecologia e Ostetricia dell’ospedale Sacro Cuore Don Calabria di
Negrar, dirette da Marcello Ceccaroni, e vede il patrocinio del ministero della Salute e della Società
nazionale ed internazionale per lo studio dell’ipertensione in gravidanza. Durante la giornata verrà fatto il
punto sullo stato dell’arte della ricerca, sulle metodologie diagnostiche e sul trattamento clinico della
malattia. «La preeclampsia ha una prevalenza del 2-3% sul totale delle gravidanze. Tra le gestanti con una
storia personale e familiare di ipertensione o affette da sindrome metabolica la percentuale sale fino al 512%», spiega Marco Scioscia, che presiede il congresso assieme a Ceccaroni e al presidente onorario
Christopher W. Redman, ordinario dell’Università di Oxford e uno dei massimi luminari sulla patologia. Sulle
cause della patologia sta indagando ancora la ricerca medica, mentre l’unica prevenzione resta la diagnosi
precoce. «Di solito si manifesta dopo la ventesima settimana di gestazione, fino a un mese dopo il parto –
spiega ancora Scioscia -. Il campanello d’allarme è la pressione alta, con valori cioè superiori o uguali a 140
mm/Hg per la massima e 90 mm/Hg per la minima. Diventa preeclampsia quando è associata a perdita di
proteine nelle urine (proteinuria). In questi casi la paziente viene sottoposta a terapia farmacologica
antipertensiva e a stretto monitoraggio, anche per intercettare segnali di sofferenza da parte del bambino,
come una minore crescita o addirittura un azzeramento della stessa. Quando accade e il bimbo può vivere al
di fuori del grembo materno, si induce il parto o si procede con il cesareo». “Indipendentemente dalla
terapia, la preeclampsia” spiega l’Ospedale Sacro Cuore Don Calabria di Negrar “può evolvere in eclampsia,
un evento imprevedibile che si manifesta nella donna con convulsioni e perdita di coscienza che
generalmente si associano a danni cerebrali di tipo emorragico potenzialmente mortali. Uno studio italiano
del 2013, che ha preso in considerazione 100.868 donne provenienti da 61 punti nascita, tra cui quello di
Negrar, ha rilevato 33 casi di eclampsia con un incidenza di 3,27 ogni 10mila parti”. «Una percentuale non
trascurabile – conclude Scioscia -. Nei Paesi sviluppati possiamo salvare un numero maggiore di donne
grazie alle terapie intensive presenti capillarmente sul territorio, diverso è il discorso purtroppo per i Paesi in
via di sviluppo».