La storia di Ruth È questo il titolo di un film girato nel 1960 dal

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La storia di Ruth È questo il titolo di un film girato nel 1960 dal
La storia di Ruth
È questo il titolo di un film girato nel 1960 dal regista Henry Koster (The Story of Ruth) e che non
prese, giustamente per noi, nessun premio Oscar. Il lettore più curioso può trovare tutte le
informazioni aggiuntive in Wikipedia.
A questo giudizio sommario si aggiunge qui quello, che il racconto biblico originale nei suoi
quattro capitoli non teme confronto con il polpettone filmico-biblico spalmato poi in 132 minuti. È
questo perciò un invito a prendere in mano la fonte, che letterariamente è un piccolo capolavoro.
Per chi non lo conoscesse proviamo a riassumerne la trama. Una famiglia di Bethlem, formata dai
due genitori anziani e dai due figli maschi, deve emigrare per motivi economici nella vicina terra di
Moab, a oriente del fiume Giordano. Lì i due figli prenderanno in moglie donne del posto. Una di
queste è Rut (così il nome nelle versioni italiane). La condizione della nuova famiglia però presto
rovina, perché il padre muore e poco dopo muoiono anche i due figli. A questo punto la madresuocera Noemi decide di ritornare al paese di origine, liberando le nuore da ogni ulteriore obbligo.
Ma una delle due, Rut, decide di non lasciare la suocera e di accompagnarla nel difficile ritorno,
verso un paese che per lei è straniero. Cercando di completare le reticenze del racconto, dobbiamo
supporre che le due donne siano ritornate a Bethlem ritrovando una abitazione in rovina e una
piccola proprietà di terra ormai inselvatichita. Come sopravvivere?
Era consuetudine che i poveri potessero raccogliere, nel tempo del taglio dell'orzo, quanto i
lavoranti avessero lasciato cadere o trascurato. Ma non senza pericolo di violenze. È questo il
lavoro a cui si dedica Rut. Solo che qui il racconto, o la favola, ha una svolta. Il proprietario dei
terreni in cui si miete è Booz, un parente non lontano di Noemi, il quale già conosce la storia di
Noemi e di Rut. E il seguito della vicenda ha uno sviluppo, secondo i nostri criteri occidentali, del
tutto romantico, seppur discretamente toccato. La simpatia di Booz verso Rut cresce, come in
parallelo si sviluppa il piano della suocera, Noemi. La quale pensa che per il bene di Rut e di se
stessa, la nuora potrebbe accasarsi con Booz. Per tradizione sembra vigere ancora la legge del
levirato, per la quale nel caso un capofamiglia muoia senza discendenza, il parente prossimo deve
impegnarsi a prenderne il ruolo, sia sul piano sessuale che su quello economico, per garantire con
ciò una discendenza al defunto. Naturalmente ciò può presentare molti svantaggi sul piano giuridico.
Il piano di Noemi è ben congegnato e vuole cogliere Booz in un momento di debolezza. Non
intendiamo con ciò sottolineare o aggiungere particolari a un racconto di per se molto succinto. E
che è la narrazione più erotica di tutto l'Antico Testamento e dell'intera Bibbia. Lasciamo il lettore
alla traccia del testo, a volte reticente, sempre discreto.
Quando si sarà coricato – e tu dovrai sapere dove si è coricato – va’, scoprigli i piedi e
sdraiati lì. Ti dirà lui ciò che dovrai fare». Rut le rispose: «Farò quanto mi dici». Scese all’aia e fece
quanto la suocera le aveva ordinato. Booz mangiò, bevve e con il cuore allegro andò a dormire
accanto al mucchio d’orzo. Allora essa venne pian piano, gli scoprì i piedi e si sdraiò. Verso
mezzanotte quell’uomo ebbe un brivido di freddo, si girò e vide una donna sdraiata ai suoi piedi.
Domandò: «Chi sei?». Rispose: «Sono Rut, tua serva. Stendi il lembo del tuo mantello sulla tua
serva, perché tu hai il diritto di riscatto». Egli disse: «Sii benedetta dal Signore, figlia mia! Questo
tuo secondo atto di bontà è ancora migliore del primo, perché non sei andata in cerca di uomini
giovani, poveri o ricchi che fossero.
Manca però al lettore una chiave di lettura, perché l'espressione scoprigli i piedi è un
eufemismo per indicare nel mondo biblico il denudare gli organi genitali (si vedano le note della
Bibbia di Gerusalemme a Es 4,24-26 e Is 6,2). Tenendo conto poi della assenza allora degli attuali
indumenti intimi, le reticenze del racconto possono essere oggi abbastanza facilmente integrate.
Lasciamo quindi al lettore il compito di concludere il racconto, che procederà come una
favola verso il suo lieto fine. Booz, superati alcuni ostacoli di carattere famigliare, potrà sposare Rut
e Noemi proverà la gioia di tenere sulle sue ginocchia il suo primo nipotino, che sarà poi il nonno
del re David.
Ma con ciò il nucleo della narrazione non è, a nostro avviso, ancora evidenziato. Perché
raccontare una bella favola, anche se affascinante? Per portare come esempio la dedizione di una
nuora, quasi una badante, verso la suocera? Poter raccontare che le buone opere, la virtù, viene
sempre premiata?
Noi supponiamo che la molla del racconto per i lettori di allora stesse nel fatto che Rut era
una straniera, in particolare una moabita. E i rapporti tra le due etnie e, per un certo tempo,
organizzazioni statali concorrenti, non erano mai stati idilliaci. Inoltre Moab era sempre stato
disprezzato, come ne dà testimonianza il passo biblico sulla sua origine (Gen 19,30-38) o l'oracolo
del profeta Amos (Am 2,1-3). Il racconto diveniva con ciò, per il pubblico a cui era rivolto,
provocatorio e polemico. Un invito implicito a superare alcune barriere razziali e religiose.
Una struttura narrativa, che sarà usata anche da Gesù di Nazaret, quando cercando di
convincere i suoi ascoltatori, giudei in gran parte integralisti e settari, racconterà loro la parabola
del buon samaritano.