Istituto MEME: Le misure alternative alla detenzione
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Istituto MEME: Le misure alternative alla detenzione
Istituto MEME associato a Université Européenne Jean Monnet A.I.S.B.L. BRUXELLES LE MISURE ALTERNATIVE ALLA DETENZIONE Scuola di specializzazione: Scienze Criminologiche Relatore: Prof.re Ferdinando Porciani Correlatore: Dott.ssa Roberta Frison Tesista specializzando: Dott.ssa Virginia Pieri Anno di corso: Primo Modena, 7 giugno 2008 Anno accademico 2007-2008 ISTITUTO MEME S.R.L.- MODENA ASSOCIATO UIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONNET A.I.S.B.L. BRUXELLES Virginia Pieri - SST in Scienze Criminologiche (primo anno) A.A. 2007/2008 INDICE PREMESSA p.3 INTRODUZIONE p.4 1- LE MISURE ALTERNATIVE ALLA DETENZIONE p.6 1.1- Cenni storici delle misure alternative: dal Codice Rocco ad oggi p.7 1.2- Il fine riabilitativo delle misure alternative p.16 1.3- Affidamento in prova al servizio sociale p.18 1.4-Affidamento in prova in casi particolari p.28 1.5- Semilibertà p.36 1.6- Detenzione domiciliare p.42 1.7- Liberazione condizionale p.50 1.8- L’osservazione e il trattamento nella misura alternativa p.54 1.8.1- Il ruolo del criminologo clinico p.58 2- DOPO LE MISURE ALTERNATIVE: RISOCIALIZZAZIONE O RECIDIVA? p.61 2.1- I dati nazionali p.63 2.2- Le ricerche su base regionale: la Toscana p.67 2.3- I numeri sul territorio fiorentino p.72 2.4- Le variabili che possono indurre alla recidiva p.75 1 ISTITUTO MEME S.R.L.- MODENA ASSOCIATO UIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONNET A.I.S.B.L. BRUXELLES Virginia Pieri - SST in Scienze Criminologiche (primo anno) A.A. 2007/2008 3- PER MIGLIORARE L’APPLICAZIONE DELLE MISURE ALTERNATIVE p.79 3.1- Confronto tra le diverse forme di misura alternativa p.79 3.2- Le concessioni delle misure alternative p.84 3.3- La detenzione sociale p.86 3.4- Esempi di sostegno e controllo p.89 3.4.1- “La Casa il Samaritano” p.89 3.4.2- “L’O.A.S.I.” p.93 3.4.3- “L’Associazione Pantagruel” p.97 3.4.4- “La Casa di accoglienza di S. Caterina” p.100 CONCLUSIONI p.103 BIBLIOGRAFIA p.105 2 ISTITUTO MEME S.R.L.- MODENA ASSOCIATO UIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONNET A.I.S.B.L. BRUXELLES Virginia Pieri - SST in Scienze Criminologiche (primo anno) A.A. 2007/2008 PREMESSA Nel corso di questo primo anno di specializzazione in scienze criminologiche mi sono soffermata a riflettere su quelle che sono chiamate le misure alternative alla detenzione. Il primo sentimento che hanno suscitato in me è stato quello di scetticismo. È stato per me difficile riuscire ad accettare le concessioni di uno “sconto di pena” a chi ha commesso un reato. È stato ancora più difficile, modificare il giudizio negativo nei confronti di questi benefici, soprattutto dopo aver letto fatti di cronaca riportati dalla stampa1: un condannato a tre ergastoli che durante la semilibertà (una delle misure alternative alla detenzione) è stato trovato a rapinare banche; un altro condannato a trent’anni per duplice omicidio, è stato accusato di aver commesso 36 rapine in tre anni di permessi premio (non sono propriamente delle misure alternative, ma comunque benefici che permettono di ridurre il periodo di detenzione carceraria e aumentare il contatto con la società); ancora un condannato a 6 anni e mezzo per aver ucciso, alla guida della sua auto, quattro ragazzi, concessi gli arresti domiciliari, firma un contratto da 40 mila euro per fare il testimonial pubblicitario. Ritengo che sia lecito domandarsi quale è il vero significato della misura alternativa alla detenzione, lo scopo per cui viene applicata e ancora quali sono i requisiti per cui è possibile ottenere la concessione. Per non rischiare di rimanere ancorata ad un pregiudizio e visto il percorso di studi intrapreso, ho deciso di approfondire il tema delle misure alternative alla detenzione, con l’intento di creare una base di conoscenza su cui formulare poi un’idea personale 1 I fatti sono riportati in un articolo di Antonio Marrese sul settimanale “Il Venerdì di Repubblica”, del 7 dicembre 2007, p.34. 3 ISTITUTO MEME S.R.L.- MODENA ASSOCIATO UIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONNET A.I.S.B.L. BRUXELLES Virginia Pieri - SST in Scienze Criminologiche (primo anno) A.A. 2007/2008 INTRODUZIONE L’obiettivo di questo lavoro è conoscere il significato delle misure alternative alla detenzione, conoscere quali sono i termini che permetto la concessione, con quale fine si procede alla loro applicazione, i destinatari di tale beneficio. Sarà riportata una breve descrizione degli eventi storici che hanno portato a definire le misure alternative applicate oggi (affidamento in prova al servizio sociale, semilibertà, detenzione domiciliare, liberazione anticipata, liberazione condizionale). Successivamente sarà descritto il significato, nella pratica, di ognuna delle misure, insieme alle norme giuridiche che definiscono i requisiti e le limitazioni per la loro concessione. La condizione necessaria, affinché il detenuto ottenga l’approvazione della sua richiesta di misura alternativa, è il vero scopo di quest’ultima: la riabilitazione e la risocializzazione. Si vedrà come il detenuto dovrà dimostrare prima, di avere un programma di reinserimento sociale (con principale requisito un lavoro o un percorso di formazione) e poi, dopo la concessione, di essere in grado di rispettarlo. Procedendo con il lavoro e chiarito lo scopo riabilitativo delle misure alternative, ho cercato di verificare se, terminata la misura alternativa è possibile ritenere completato con successo il programma di risocializzazione: l’individuo ha modificato il suo percorso di vita e si è allontanato da una condizione di tipo criminogenetica che lo ha condotto alla commissione del reato. Per rispondere a questo interrogativo mi sono servita dei dati statistici di una ricerca effettuata a livello nazionale, insieme ad altre che si 4 ISTITUTO MEME S.R.L.- MODENA ASSOCIATO UIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONNET A.I.S.B.L. BRUXELLES Virginia Pieri - SST in Scienze Criminologiche (primo anno) A.A. 2007/2008 sono occupate più in particolare della regione Toscana e della realtà fiorentina. Ho ritenuto opportuno descrivere l’impegno di alcune associazioni e strutture, che a Firenze offrono un supporto a soggetti in misura alternativa. Il lavoro si concluderà con delle osservazioni riguardanti le tematiche che attualmente investono il dibattito sulle misure alternative alla detenzione, quali per esempio la percentuale di concessioni, suggerimenti per incrementare la probabilità di successo delle misure. 5 ISTITUTO MEME S.R.L.- MODENA ASSOCIATO UIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONNET A.I.S.B.L. BRUXELLES Virginia Pieri - SST in Scienze Criminologiche (primo anno) A.A. 2007/2008 1- LE MISURE ALTERNATIVE ALLA DETENZIONE Le misure alternative alla detenzione sono forme alternative di esecuzione della pena detentiva. L’art. 27, comma 3° della Costituzione della Repubblica2 afferma: Le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e devono tendere alla rieducazione del condannato. Questo è il principio che ha ispirato (come vedremo successivamente nei cenni storici) le norme e gli articoli che regolano l’attuale trattamento penitenziario3. Con il termine trattamento penitenziario, ci si riferisce all’insieme di regole e di attività che guidano e concernono le persone private della libertà personale in seguito ad una sanzione penale e si concretizza in una sorta di offerta di interventi finalizzati alla predisposizione di un programma individualizzato, i cui risultati devono essere periodicamente valutati (Cassazione Sezione I, sentenza 24 giugno 1982, Cagliari; Cassazione Sezione I, sentenza 9 ottobre 1981, Varone). Il programma riabilitativo è soltanto un’offerta di un intervento teso verso la risocializzazione, che il detenuto può rifiutare. Va ricordato che, nell’ambito delle misure alternative, ci troviamo già all’interno della fase di esecuzione della pena, in quanto l’imputato non può essere oggetto di trattamento rieducativo, stante la presunzione di non colpevolezza, fino a sentenza di condanna definitiva. L’art. 15 dell’Ordinamento Penitenziario4 stabilisce che gli strumenti da utilizzare durante il trattamento sono l’istruzione (corsi della scuola dell’obbligo, di addestramento professionale, 2 universitari ed La Costituzione della Repubblica entra in vigore il 1 gennaio 1948, dopo essere stata pubblicata sulla G.U. 27/12/1947 (edizione straordinaria). 3 Zappa G., Massetti C., (2008) Codice penitenziario e della sorveglianza, Piacenza,Casa Editrice La Tribuna. 4 Ibidem. 6 ISTITUTO MEME S.R.L.- MODENA ASSOCIATO UIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONNET A.I.S.B.L. BRUXELLES Virginia Pieri - SST in Scienze Criminologiche (primo anno) A.A. 2007/2008 equiparati, corsi scolastici per corrispondenza, per radio e per televisione), il lavoro, la religione, le attività culturali, ricreative e sportive, i contatti con il mondo esterno, i rapporti con la famiglia. Rientrano all’interno della politica trattamentale, per le loro finalità pedagogiche gratificanti, incentivanti e risocializzanti le misure alternative alla detenzione (insieme alle sanzioni sostitutive della pena detentiva ed estinzione della pena, permessi premio ecc…). Queste agevolano il contatto del condannato con il mondo esterno, condizione che tende a favorire e rendere più efficace l’opera di socializzazione del soggetto, a concentrarsi maggiormente, attraverso un programma individualizzato, sugli aspetti rieducativi esposti nel citato art.15 dell’Ordinamento Penitenziario. Attraverso questa politica trattamentale e le forme alternative alla detenzione, viene offerta all’individuo la possibilità di modificare il suo percorso di vita, tentare l’allontanamento dalla condizione personale che lo ha portato a commettere il reato evitando il più possibile il contatto con l’ambiente criminogenetico del carcere. 1.1- Cenni storici delle misure alternative: dal Codice Rocco ad oggi Quando si parla di misure alternative alla detenzione, e della prospettiva rieducativa a cui si ispirano, occorre accennare alle fasi evolutive del nostro sistema sanzionatorio. 7 ISTITUTO MEME S.R.L.- MODENA ASSOCIATO UIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONNET A.I.S.B.L. BRUXELLES Virginia Pieri - SST in Scienze Criminologiche (primo anno) A.A. 2007/2008 All’inizio del secolo scorso (anni ’30) era in vigore il Codice Rocco5 che si basava su tre fondamentali idee-guida concernenti le sanzioni penali: retribuzione, prevenzione generale, prevenzione speciale6. La retribuzione concerne l’idea che la pena debba servire a compensare la colpa per il male commesso, implicando anche, per sua natura, il concetto di proporzione: la risposta sanzionatoria, se deve compensare il male provocato dall’azione illecita, non può non essere proporzionata alla gravità del reato medesimo. L’idea retributiva implica quindi, il concetto di proporzione tra entità della sanzione e gravità dell’offesa arrecata, tra misura della pena e grado della colpevolezza. La prevenzione generale si fonda sul presupposto che la minaccia della pena serve a distogliere la generalità dei consociati dal compiere fatti socialmente dannosi. Questa idea si basa sulla convinzione che la minaccia della sanzione opererebbe, da un punto di vista psicologico, come controspinta all’azione criminosa. Ancora la prevenzione generale è affidata alla cosiddetta funzione satisfattoria della pena, poiché la soddisfazione che il sentimento pubblico riceve dalla pena evita le vendette e le rappresaglie della società. In questo senso il principio di retribuzione e di prevenzione generale sono connessi, essendo il primo strumentale del secondo. La punizione dello Stato nei confronti della persona che si è spinto ad appagare i suoi impulsi 5 Il codice di procedura penale attualmente vigente è il quarto codice di questo tipo che l'Italia unitaria abbia avuto. Il primo codice contenente una regolamentazione organica del processo penale in Italia fu emanato nel 1865, fu sostituito da una nuova codificazione della materia nel 1913 e nuovamente nel 1930. Quest'ultimo codice è conosciuto anche come "codice Rocco", dal nome del ministro della giustizia dell'epoca, Alfredo Rocco. Egli fu Presidente della Camera dei Deputati (1924-1925) e Ministro di Grazia e Giustizia (1925-1932). Ebbe notevole influenza nella legislazione fascista: legge del 24-12-1925 sulle attribuzioni del capo del governo e legge del 311-1926 sulla facoltà del potere esecutivo di emanare norme giuridiche Morì nel 1935. Il "codice Rocco" è rimasto in vigore per molti anni dopo la caduta del fascismo. 6 Fiandaca, G., Musco, E., (2001) Diritto penale, parte generale, Bologna, Zanichelli Editore, pp.646-656. 8 ISTITUTO MEME S.R.L.- MODENA ASSOCIATO UIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONNET A.I.S.B.L. BRUXELLES Virginia Pieri - SST in Scienze Criminologiche (primo anno) A.A. 2007/2008 delittuosi, da un lato tende ad alleviare l’aggressività che l’atto criminale ha sollevato in loro, dall’altra conferma e rafforza la loro fedeltà ai valori tutelati. La prevenzione speciale è rivolta principalmente al soggetto, in quanto si basa sul concetto che la pena serva ad evitare che l’individuo compia in futuro altri reati. Il modo più semplice per ottenere questo risultato è sicuramente neutralizzare il soggetto attraverso la coercizione fisica; allo stesso tempo possono essere utilizzate le forme della interdizione giuridica, che impediscono al reo di proseguire lo svolgimento di quelle attività che hanno portato alla commissione del reato7. Quando si parla di prevenzione speciale si parla anche di misure di sicurezza, volte a neutralizzare la pericolosità del reo e ad evitare che uno stesso soggetto commetta in futuro lo stesso o altri reati. Le misure di sicurezza sono di diverse specie (personali detentive e non detentive, patrimoniali), rapportate alle diverse tipologie di delinquente (abituale, professionale, per tendenza, infermo di mente, ecc.). Questo tipo di sistema sanzionatorio è detto sistema del doppio binario in quanto, non solo esprime la compresenza all’interno di uno stesso ordinamento di sanzioni penali diversificate, ma anche la possibilità di applicare ad un medesimo soggetto (allo stesso tempo imputabile e socialmente pericoloso) sia la pena che la misura di sicurezza, la seconda è cumulabile alla prima. Una nuova prospettiva, relativa alla funzione della pena, si è aperta con l’entrata in vigore della Costituzione della Repubblica. L’art. 27, comma 3° afferma: le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e devono tendere alla rieducazione del condannato. Quest’ultima è stata una vera carica innovatrice per il 7 Fiandaca, G., Musco, E.; op. cit., pp.660-672. 9 ISTITUTO MEME S.R.L.- MODENA ASSOCIATO UIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONNET A.I.S.B.L. BRUXELLES Virginia Pieri - SST in Scienze Criminologiche (primo anno) A.A. 2007/2008 sistema sanzionatorio e per l’ordinamento penitenziario, in quanto, mantenendo sempre e comunque lo scopo principale della pena, quale la retribuzione e la prevenzione sociale, nasce l’idea della prevenzione speciale attraverso rieducazione8. Come vedremo poi successivamente, oggi l’idea rieducativa svolge (o dovrebbe svolgere) un ruolo decisivo fin dall’inflizione della pena, dalla sentenza: infatti il giudice, nella fase della scelta del tipo e dell’entità della sanzione, dovrebbe farsi guidare soprattutto dalla preoccupazione di incidere sulla personalità del reo in modo da favorirne il recupero. Successivamente a questo evento, si è dovuto aspettare fino agli anni ’70, per vedere applicato l’art. 27 della Costituzione in una riforma penitenziaria. Infatti dopo una situazione sempre più difficile, caratterizzata tensioni all’interno degli istituti penitenziari, nel 1973 il Senato licenziava un testo della riforma penitenziaria che modificava il regime carcerario aprendolo ai permessi di brevi uscite per i detenuti e alle misure alternative. Successivamente la Camera approva la riforma penitenziaria del Senato modificando alcune cose: viene ristretto lo spazio delle misure alternative escludendole ai recidivi, la grande massa dei detenuti, e viene affidata la decisione delle misure alternative ad un organo collegiale, che ha competenza distrettuale, la Sezione di sorveglianza, formata da due magistrati di sorveglianza e da due esperti in materie pertinenti9. Si arriva così all’approvazione della legge 26 luglio 1975 n. 354 (“Norme sull’ordinamento penitenziario e sulla esecuzione delle misure privative e limitative della libertà”)10. Questa è una legge 8 Fiandaca, G., Musco, E.; op.cit., p. 701. Margara, A., (2005) Ripensare l’ordinamento penitenziario, in AA. VV. La nuova città, rivista fondata da Givanni Mchelucci, ottava serie, Edizioni Polystampa, Firenze, p.29. 10 Pubblicata nella Gazzetta Ufficiale del 9 agosto 1975 n. 212, S.O. 9 10 ISTITUTO MEME S.R.L.- MODENA ASSOCIATO UIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONNET A.I.S.B.L. BRUXELLES Virginia Pieri - SST in Scienze Criminologiche (primo anno) A.A. 2007/2008 "rivoluzionaria", che riconosce alle persone detenute diritti azionabili davanti ad un giudice (come visto istituisce la figura del magistrato di sorveglianza con una funzione anche di garanzia della legalità della esecuzione della pena) e che introduce quel principio di flessibilità nella esecuzione penale che rappresenta la vera svolta nel passaggio da un sistema repressivo, fondato su una concezione retributiva della pena, ad un sistema punitivo di stampo democratico fondato sul principio della finalità rieducativa e risocializzante della pena (articolo 27 della Costituzione: la pena deve tendere alla rieducazione del condannato), nei confronti di quei gruppi con minori prospettive e maggiore insofferenza. Le misure alternative entrate in vigore con questa legge erano, affidamento in prova, semilibertà e riduzione della pena attraverso la liberazione anticipata, in più cambiava, sotto alcuni aspetti il regime carcerario abolendo per esempio la censura sulla corrispondenza. Nel 1977 si ha una prima modifica alla legge in cui, viene tolta la recidiva come condizione di inammissibilità alle misure alternative, ed estesa a tutti la riduzione di pena con la liberazione anticipata. Sempre nello stesso anno (20 luglio 1977) viene emessa una legge che riduceva i permessi ai detenuti a casi eccezionali e li legava, in sostanza, all’utilizzo della scorta. Questa chiamiamola “controriforma” nasceva sicuramente in un momento difficile per l’Italia nel quale si facevano sempre più frequenti gli episodi terroristici e di lotta armata, in cui era nata l’”operazione carceri di massima sicurezza” per contenere gli esponenti più pericolosi di questi movimenti, ma allo stesso tempo andava a bloccare e far passare in secondo piano tutti quei passi avanti che erano stati fatti, 11 ISTITUTO MEME S.R.L.- MODENA ASSOCIATO UIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONNET A.I.S.B.L. BRUXELLES Virginia Pieri - SST in Scienze Criminologiche (primo anno) A.A. 2007/2008 con le riforme dell’ordinamento penitenziario, e vedere applicato il principio di rieducazione e risocializzazione contenuto nell.art 27 della Costituzione Italiana11. Prima di arrivare ad una vera riforma dell’ordinamento penitenziario ed una legge tendente ad ampliare ed estendere le misure alternative alla pena carceraria, si è passati per una ugualmente significativa e innovativa legge di “modifiche al sistema penale”, la legge n. 689 del 24 novembre 198112. Qui vanno annoverate le sanzioni sostitutive delle pene detentive di breve durata: in sostanza il giudice può decidere di convertire la pena della detenzione con una sostitutiva che possa permettere alla persona di evitare l’ambiente criminogenetico del carcere, ridurre i tempi di rieducazione e risocializzazione, entrando subito in contatto con l’ambiente esterno. Le sanzioni sostitutive previste dal nostro ordinamento penitenziario sono: la semidetenzione, la libertà controllata, la pena pecuniaria (multa o ammenda secondo la specie della pena detentiva sostituita). Le sanzioni sostitutive si applicano in presenza di un triplice ordine di condizioni: - La prima riguarda la pena in concreto irrogata dal giudice: l’art. 531 l. 689/81 dispone che il giudice, nel pronunciare sentenza di condanna, se ritiene di applicare in concreto una pena detentiva entro il limite di un anno, può sostituire ad essa la semidetenzione; se determina la pena da applicare nel limite di sei mesi può sostituirla anche con la libertà controllata; infine se la pena da irrogare non supera i tre mesi può essere sostituita anche dalla pena pecuniaria della specie corrispondente; 11 12 Margara, A.; op. cit., p.30. Pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 329 del 30 novembre 1981. 12 ISTITUTO MEME S.R.L.- MODENA ASSOCIATO UIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONNET A.I.S.B.L. BRUXELLES Virginia Pieri - SST in Scienze Criminologiche (primo anno) A.A. 2007/2008 - La seconda condizione è di carattere obiettivo ed è fissata all’art. 60 l. 689/81: la sostituzione non è, infatti, ammessa per alcuni reati previsti dal codice penale o da talune leggi speciali e che, in gran parte, corrispondono ai reati che vengono normalmente esclusi dall’amnistia; - La terza condizione è di natura soggettiva e di tipo negativa: l’art. 59 l.689/81 stabilisce, infatti, che la sostituzione non è ammessa nei confronti di coloro che siano già stati complessivamente condannati a due anni di reclusione ed abbiano commesso il reato nei cinque anni dalla condanna precedente, sia nei confronti di coloro che siano stati condannati due volte per reati della stessa indole, sia nei confronti di coloro ai quali una pena sostitutiva inflitta in precedenza sia stata convertita ovvero sia stato revocato il regime di semilibertà, sia infine nei confronti di coloro che abbiano commesso il reato mentre si trovavano sottoposti alle misure di sicurezza della libertà vigilata ovvero alla misura di prevenzione della sorveglianza speciale. Sul finire dei cosiddetti “anni di piombo”, viene nuovamente spostata l’attenzione su quella riforma del sistema penitenziario che era iniziata nel 1973 con la proposta del Senato e si arriva così alla legge 10 ottobre 1986 n. 66313, quella che fu chiamata, e continua a chiamarsi, Legge Gozzini. Mario Gozzini allora parlamentare della legislatura, vedendo rotto il filo che conduceva ad una nuova riforma dell’ordinamento penitenziario ed alla sua attuazione, le ridiede vita riprendendo in pieno la linea della riforma del 1975 completandola ed 13 Pubblicata nella Gazzetta Ufficiale del 16 ottobre 1986 n. 241- S.O.. 13 ISTITUTO MEME S.R.L.- MODENA ASSOCIATO UIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONNET A.I.S.B.L. BRUXELLES Virginia Pieri - SST in Scienze Criminologiche (primo anno) A.A. 2007/2008 anche superandone le esitazioni e le limitazioni normative14. Le novità della nuova legge erano molte: erano introdotti i permessi premio, come strumento del trattamento penitenziario; si rendevano ammissibili alle pene alternative tutti i detenuti; si portava a tre anni (dai due anni e sei mesi precedenti) l’entità delle pene ammesse per l’affidamento in prova; ancora erano ammissibili alla semilibertà i condannati all’ergastolo; era portato da 20 a 45 giorni a semestre la liberazione anticipata, estesa anche agli ergastolani, facendo valere i periodi di riduzione pena come pena scontata ai fini della ammissibilità alle misure alternative; erano previsti strumenti di intervento rapido per il Magistrato di Sorveglianza sulle misure alternative che presentavano aspetti particolari o nel caso in cui sopraggiungessero nuove pene in esecuzione; infine si aggiungeva alle misure alternative già esistenti (affidamento in prova, semilibertà, liberazione anticipata) la detenzione domiciliare, ammessa in casi particolari per pene fino a quattro anni, ed erano date regole più certe all’affidamento in prova per tossicodipendenti ed alcooldipendenti, una misura già entrata in vigore l’anno precedente per coloro che erano disponibili a seguire programmi terapeutici. La Legge Gozzini può essere considerata quella legge che veramente ha dato una spinta notevole alle misure alternative alla detenzione ampliandone la gamma e estendendo la possibilità di applicazione di quelle già esistenti, nell’ottica di dare slancio ad una progressione del trattamento penitenziario. Quelle che furono le sue innovazioni, salvo modifiche apportate con successive leggi che vedremo più avanti, 14 Margara, A.; op. cit., p.31. 14 ISTITUTO MEME S.R.L.- MODENA ASSOCIATO UIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONNET A.I.S.B.L. BRUXELLES Virginia Pieri - SST in Scienze Criminologiche (primo anno) A.A. 2007/2008 sono le stesse che costituiscono ancora oggi le basi e le norme che regolano le misure alternative. Negli anni 1991 e 1992 si verifica una nuova variazione di rotta relativa alla riforma penitenziaria, infatti, in seguito ad un alto livello di attacco della criminalità organizzata, lo Stato si muove con una dura risposta. Gli spazi delle misure alternative e dei permessi premio si richiudono e si restringono per gli autori di una serie particolare di reati con l’introduzione dell’art 4 bis dell’ordinamento penitenziario15 ad opera decreto-legge 15 gennaio 1991, n. 8, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 marzo 1991, n. 82 e ancora modificato con il disegno di legge approvato dal Consiglio dei Ministri nella seduta del 24 maggio 2002: ai condannati appartenenti alla criminalità organizzata od eversiva veniva preclusa e, se già concesse, revocate l’assegnazione al lavoro all’esterno, i permessi premio e le misure alternative alla detenzione, fatta eccezione per la liberazione anticipata, salvo collaborazione con la giustizia e che non vi siano presenti elementi tali da far ritenere la sussistenza di collegamenti con la criminalità organizzata o eversiva. Nel 1998 si arriva alla cosiddetta “legge Simeone”16 la quale, dopo la parentesi di inizio anni ’90, amplia ulteriormente le condizioni di accesso alle misure alternative: l’affidamento in prova al servizio sociale viene concesso senza che sia necessaria l’osservazione della personalità17 in istituto; per facilitare l’accesso alla misura dell’affidamento da parte dei condannati in libertà, viene introdotta una nuova disciplina della sospensione della condanna alla pena 15 Zappa G., Massetti C., op. cit.. Pubblicata nella Gazzetta Ufficiale del 30 maggio 1998 n. 124. 17 L’osservazione della personalità intesa come formulazione di una diagnosi strumentale volta a rilevare le carenze fisiopsichiche, i fattori psicologici, familiari e ambientali che hanno portato ad un comportamento deviante. 16 15 ISTITUTO MEME S.R.L.- MODENA ASSOCIATO UIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONNET A.I.S.B.L. BRUXELLES Virginia Pieri - SST in Scienze Criminologiche (primo anno) A.A. 2007/2008 detentiva (regola automatica della sospensione) attraverso cui il soggetto, avvisato del decreto sospensivo, ha 30 giorni per presentare al tribunale l’istanza di concessione della misura alternativa, in questo modo il condannato, libero o non assoggettato a custodia cautelare, quando diviene definitiva la sentenza di condanna, evita di andare in carcere; ancora l’affidamento in prova è concesso anche a chi non ha beneficiato della sospensione dei 30 giorni per la richiesta ovvero si trovi comunque già in esecuzione penale esterna. Ulteriori e successive leggi di segno positivo si sono succedute negli anni: la legge 12 luglio 1999, n. 23118 che agevola l’ammissione alle misure alternative dei malati di Aids; la legge 8 marzo 2001, n. 4019 che prevede una misura alternativa speciale per le detenute madri. 1.2- Il fine riabilitativo delle misure alternative La prospettiva della risocializzazione e rieducazione del reo, ha la sua sede naturale nella fase esecutiva della pena, infatti è durante l’esecuzione della pena che si procede (o si dovrebbe procedere) al trattamento individualizzato del soggetto al fine di favorirne il più possibile il riadattamento. Rientrano in questa fase, quindi anche le misure alternative. Al contempo l’idea rieducativa svolge un ruolo predominante anche nella fase antecedente all’inflizione della pena: il giudice, nella scelta sia del tipo che dell’entità della sanzione, deve farsi guidare soprattutto dalla preoccupazione di incidere sulla personalità del reo in modo da favorirne il recupero20. 18 Pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 167 del 19 luglio 1999. Pubblicata nella Gazzetta Ufficiale dell'8 marzo 2001 n. 56. 20 Fiandaca F., Musco E., op. cit., pp. 668-669. 19 16 ISTITUTO MEME S.R.L.- MODENA ASSOCIATO UIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONNET A.I.S.B.L. BRUXELLES Virginia Pieri - SST in Scienze Criminologiche (primo anno) A.A. 2007/2008 Un processo di individualizzazione del percorso riabilitativo, all’interno della misura alternativa, e in generale per ogni reo già condannato, permetterà un successivo reinserimento sociale della persona, un cambiamento del suo percorso di vita, rispetto a quello che lo ha portato alla detenzione, e quindi una minore probabilità di recidiva. L’obiettivo dell’azione rieducativa non consiste nel ricercare una trasformazione del soggetto né di conformarsi a modelli stereotipati di comportamento, ma di porre automaticamente il soggetto, secondo le proprie esigenze, nell’ambito del contesto sociale attraverso l’offerta e la promozione di opportunità di risocializzazione (sistema di prova)21. Come afferma Fornari all’interno del trattamento rieducativo è occorre proporre una sensibilizzazione del reo al significato negativo ed autodistruttivo che hanno il suo stile di vita e le compensazioni adottate fino a quel momento, per fargli comprendere che egli ha la possibilità di usare se stesso in maniera positiva e costruttiva, orientandosi verso nuovi obiettivi sostenuti dal sentimento sociale22. Affinché il processo di risocializzazione vada a buon fine è quindi necessario che venga creato un programma per ogni singolo individuo in misura alternativa, in modo da ritenere la stessa misura un’offerta fatta al detenuto di un percorso che integri aspetti assistenziali, rieducativi e riabilitativi con quelli psicologici attinenti alle sue premesse di vita. In questo modo non si parlerà solo di misure alternative alla carcerazione per svuotare le carceri e sedarle al loro interno dalle tensioni conflittuali, ma anche di percorsi alternativi 21 Mastronardi V., (2001) Manuale per operatori criminologici e psicopatologi forensi, Milano, Giuffrè Editore. 22 Fornari U., (1976/a) Alcune considerazioni sui compiti dello specialista nell’ambito dell’istituzione carceraria. Esperienze di rieducazione. Anno XXIII, Fasc. 4, p.103. 17 ISTITUTO MEME S.R.L.- MODENA ASSOCIATO UIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONNET A.I.S.B.L. BRUXELLES Virginia Pieri - SST in Scienze Criminologiche (primo anno) A.A. 2007/2008 alla devianza [in generale] per poter incidere seriamente sulla recidiva23. Per arrivare a questo obiettivo occorre una diagnosi strumentale definita osservazione scientifica della personalità volta a rilevare le carenze fisiopsichiche, gli elementi psicologici, familiari, ambientali e le altre cause del disadattamento sociale, predisponenti verso la devianza. Per una visione globale del soggetto, come si è detto, si parte da un’attività di osservazione diagnostica, in base alla quale si formulano indicazioni in merito al trattamento rieducativo e si compila il programma di trattamento contenente le modalità di esecuzione della pena per raggiungere l’obiettivo risocializzante. Il programma verrà poi modificato e integrato nel corso dell’esecuzione della pena24. Affermato questo occorre soltanto appurare che il sostegno previsto dal trattamento, all’interno delle misure alternative, sia veramente offerto. 1.3- Affidamento in prova al servizio sociale L’affidamento in prova al servizio sociale è considerata la misura alternativa per eccellenza, in quanto si svolge totalmente nel territorio, mirando ad evitare al massimo i danni derivanti dal contatto con l’ambiente penitenziario e dalla condizione di privazione della libertà. È regolamentato dall’art. 47 dell’Ordinamento Penitenziario25, così come modificato della Legge n. 165 del 27 Maggio 199826 e consiste 23 Ferrario G., Campostrini F., Polli C., (2005) Psicologia e carcere. Le misure alternative tra psicologia clinica e giuridica, Franco Angeli, Milano, p.79. 24 Vedi par. 1.8. 25 Zappa G., Massetti C., op. cit.. 26 Ivi nota 15. 18 ISTITUTO MEME S.R.L.- MODENA ASSOCIATO UIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONNET A.I.S.B.L. BRUXELLES Virginia Pieri - SST in Scienze Criminologiche (primo anno) A.A. 2007/2008 nell’affidamento al servizio sociale del condannato fuori dall’istituto di pena per un periodo uguale a quello della pena da scontare. I requisiti per la concessione sono: 1. pena detentiva inflitta, o anche residuo pena, non superiore a tre anni; 2. a. osservazione della personalità, condotta collegialmente in istituto, nei casi in cui si può ritenere che il provvedimento, anche attraverso le prescrizioni, contribuisca alla rieducazione del reo e assicuri la prevenzione del pericolo che egli commetta altri reati. Non è necessaria una completa revisione critica del proprio passato, basta una prognosi favorevole circa l’esito della prova, ovvero che l’affidamento contribuisca alla rieducazione del condannato. La decisione per la concessione si può basare su elementi quali la gravità del reato e i precedenti penali, ma solo se inquadrati nell’ambito dell’osservazione della personalità. In altre parole non si può negare la concessione basandosi solo sui reati commessi, ove l’osservazione segnali una positiva evoluzione della personalità. b. aver tenuto un comportamento tale da consentire lo stesso giudizio di cui sopra anche senza procedere all’osservazione in istituto. Questa regola serve a favorire il più possibile l’accesso alla misura e impedire l’ingresso necessario della persona in carcere, in quanto possono richiedere la misura anche i condannati liberi, poiché la sentenza definitiva di condanna può intervenire anche dopo molto tempo dal fatto. Può presentarsi anche il caso in cui vi sia stata una misura di custodia cautelare o per tutto il processo o solo in parte e in questo caso i soggetto 19 ISTITUTO MEME S.R.L.- MODENA ASSOCIATO UIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONNET A.I.S.B.L. BRUXELLES Virginia Pieri - SST in Scienze Criminologiche (primo anno) A.A. 2007/2008 è comunque libero comunque al momento della sentenza. Per la concessione in questi casi basta valutare il periodo trascorso all’esterno, dopo il reato, in stato di libertà. Questa valutazione del comportamento all’esterno è molto significativa, infatti permette la verifica del grado di adattamento del soggetto e di formulare una prognosi. Inoltre la carcerazione di un soggetto, dopo parecchi anni dalla commissione del reato, quando questa si sia reinserita nella società potrebbe avere effetti tremendi: perdita del lavoro, degli affetti, della considerazione sociale. Con la Legge n. 231 del 12 luglio 199927, che ha i introdotto l’art. 47quater, per i soggetti affetti da AIDS conclamata o da grave deficienza immunitaria o da altra malattia particolarmente grave, è previsto che l’affidamento in prova al servizio sociale può essere concesso anche oltre i limiti di pena previsti. I limiti alla concessione I detenuti e gli internati per particolari delitti (artt. 416bis e 63028 c.p.) possono ottenere l’affidamento in prova al servizio sociale (ed anche le altre misure alternative) solo se collaborano con la giustizia (artt. 4bis e 58ter L. 354/75)29. I detenuti e gli internati per altri particolari delitti (commessi per finalità di terrorismo, artt. 575, 628 3° c. c.p., 629 2° c. c.p., ecc.)30 27 Ivi nota 16. Art. 416bis. Associazione di tipo mafioso- “Chiunque fa parte di un’associazione di tipo mafioso formata da tre o più persone, è punito con la reclusione da tre a sei anni […]”. Art.630 Sequestro di persona a scopo di estorsione- “Chiunque sequestra una persona allo scopo di conseguire per se o per altri, un giusto profitto come prezzo della liberazione, è punito con la reclusione da venticinque a trenta anni […]”. Codice Penale e leggi complementari, (2008). A cura di Marino R., Petrucci R., Edizioni giuridiche Simone, Napoli. 29 Ivi nota 9. 30 L’art. 575 si riferisce all’omicidio, l’art. 628 alla rapina e l’art. 629 all’estorsione. 28 20 ISTITUTO MEME S.R.L.- MODENA ASSOCIATO UIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONNET A.I.S.B.L. BRUXELLES Virginia Pieri - SST in Scienze Criminologiche (primo anno) A.A. 2007/2008 possono essere ammessi solo se non vi sono elementi tali da far ritenere la sussistenza di collegamenti con la criminalità organizzata o eversiva. Altri limiti e divieti relativi alla concessione delle misure alternative, con l’aggiunta di nuovi commi all’art. 4bis ed all’art. 58quater dell’Ordinamento Penitenziario, riguardano i casi di commissione di un delitto doloso di una certa entità commesso durante un’evasione, un permesso premio, il lavoro all’esterno o durante una misura alternativa. La legge 231 del 12 luglio 1999 all’art. 5 ha disposto per i soggetti affetti da AIDS conclamata o da grave deficienza immunitaria o da altra malattia particolarmente grave, la non applicazione del divieto di concessione dei benefici previsto per gli internati e coloro che sono detenuti per i reati dell’art. 4bis della 354/75. L’istanza di affidamento L’istanza per poter usufruire della misura dell’affidamento deve essere inviata, corredata dalla documentazione necessaria: - se il soggetto è in libertà, essa deve essere inviata al Pubblico Ministero della Procura che ha disposto la sospensione dell’esecuzione della pena, entro 30 giorni dalla notifica. Il Pubblico Ministero trasmette l’istanza al Tribunale di Sorveglianza competente che fissa l’udienza; in tal modo il condannato evita di finire in carcere. In mancanza della richiesta l’esecuzione della pena riprende efficacia e il soggetto si ritrova in carcere. - Se il soggetto è detenuto, la documentazione è inviata al Magistrato di Sorveglianza competente in relazione al luogo dell’esecuzione, il quale (art. 47, 4° c. Ordinamento 21 ISTITUTO MEME S.R.L.- MODENA ASSOCIATO UIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONNET A.I.S.B.L. BRUXELLES Virginia Pieri - SST in Scienze Criminologiche (primo anno) A.A. 2007/2008 Penitenziario) può sospendere l’esecuzione, ordinare la liberazione del condannato e trasmettere immediatamente gli atti al Tribunale di sorveglianza, nel caso in cui siano offerte concrete indicazioni circa: l’esistenza dei presupposti necessari per l’ammissione all’affidamento, l’esistenza di un grave pregiudizio derivante dalla protrazione dello stato di detenzione, l’assenza di un pericolo di fuga. Questa concessione della sospensione dell’esecuzione della pena è stata introdotta dalla Legge Simeone. Se il soggetto è affetto da AIDS conclamata o da grave deficienza immunitaria, o da altra malattia particolarmente grave, l’istanza deve essere corredata da idonea certificazione come previsto nell’art. 5, 2° c. della L. 231/99. Se l’istanza non è accolta, si riprende o si dà inizio all’esecuzione della pena. Non può essere accordata altra sospensione dell’esecuzione per la medesima pena, anche se vengono presentate altre istanze di diverse misure alternative. Requisiti necessari per la concessione dell’affidamento Affinché sia promossa la concessione della misura in questione è necessario che il limite di pena sia di 3 anni, il possesso di un lavoro (non necessario come affermato dalla Cassazione nella sentenza 27 maggio 1987 e ribadito nella sentenza del 13 agosto 1988, 11 aprile 1991, ma è opportuno che vi sia), una dimora. Anche se non è espressamente previsto, il lavoro è un elemento primario del processo di risocializzazione. Alternative rispetto al requisito del lavoro potranno essere rappresentate dallo studio o da attività di formazione 22 ISTITUTO MEME S.R.L.- MODENA ASSOCIATO UIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONNET A.I.S.B.L. BRUXELLES Virginia Pieri - SST in Scienze Criminologiche (primo anno) A.A. 2007/2008 professionale o anche di volontariato, ferma restando la documentazione di un idoneo e lecito modo di sostentamento all’esterno che potrà provato anche con dichiarazioni di disponibilità a provvedere ai bisogni del condannato provenienti da terze persone, verosimilmente i familiari. Inoltre l’affidamento viene concesso anche se il soggetto non è più inseribile nel mercato del lavoro, come nel caso in cui sia persona malata o in età avanzata o titolare di una pensione. Anche la disponibilità di una dimora rappresenta un elemento importante per la concessione della misura, anche dare una reperibilità ed un’idea di stabilità. Tale elemento può essere individuato anche in alloggi di cui altri abbiano la disponibilità, qualora queste persone offrano di ospitare il condannato una volta libero. Il Tribunale ovviamente valuterà la l’affidabilità della collocazione abitativa così come dell’offerta lavorativa31. Compiti dell’Ufficio di Esecuzione Penale Esterna (UEPE) prima della concessione32 Se il soggetto è in libertà, l’UEPE svolge l’inchiesta di servizio sociale richiesta dal Tribunale di Sorveglianza33; se il soggetto è detenuto, partecipa al gruppo per l’osservazione scientifica della personalità e dà il suo contributo di consulenza per elaborare collegialmente la relazione di sintesi da inviare al Tribunale di Sorveglianza. In entrambi i casi l’UEPE svolge un’inchiesta di servizio per fornire al 31 Pubblicazione a cura della Cooperativa San Pietro a Sollicciano, a seguito del progetto PON Buone Prassi, PERCORSI DI TRANSIZIONE, Penitenziario, Firenze 2003. 32 L’UEPE è l’Ufficio di Esecuzione Penale Esterna che ha in carico le pratiche dei soggetti in misura alternativa e ne controlla l’andamento. 33 Il Tribunale di Sorveglianza è quel Tribunale che ha la facoltà di decidere la concessione della misura al detenuto che ne ha fatto richiesta. 23 ISTITUTO MEME S.R.L.- MODENA ASSOCIATO UIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONNET A.I.S.B.L. BRUXELLES Virginia Pieri - SST in Scienze Criminologiche (primo anno) A.A. 2007/2008 Tribunale di Sorveglianza o all’Istituto di pena elementi, oggettivi e soggettivi, relativi al condannato con particolare riferimento all’ambiente sociale e familiare di appartenenza ed alle risorse personali, familiari, relazionali ed ambientali su cui fondare un’ipotesi d’intervento e di inserimento. L’ordinanza L’affidamento viene concesso con provvedimento di ordinanza se il soggetto è in libertà, dal Tribunale di Sorveglianza del luogo in cui ha sede il Pubblico Ministero competente dell’esecuzione, se il soggetto è detenuto, dal Tribunale di Sorveglianza che ha giurisdizione sull’Istituto penitenziario in cui è ristretto l’interessato al momento della presentazione della domanda. Inizio dell’affidamento L’affidamento ha inizio dal momento in cui al soggetto, previa notifica da parte degli organi competenti dell’ordinanza, sottoscrive il verbale di determinazione delle prescrizioni, con l’impegno di rispettarle, se il condannato è in libertà, davanti al Direttore dell’UEPE, se il soggetto è detenuto, davanti al Direttore dell’Istituto penitenziario. Da qui in poi l’affidato inizia un periodo di prova in cui dovrà seguire le prescrizioni e dimostrare la sua volontà di reinserirsi senza più commettere reati. Il contatto con il servizio sociale servirà per aiutarlo a superare le carenze che, in passato, hanno impedito il normale reinserimento sociale. 24 ISTITUTO MEME S.R.L.- MODENA ASSOCIATO UIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONNET A.I.S.B.L. BRUXELLES Virginia Pieri - SST in Scienze Criminologiche (primo anno) A.A. 2007/2008 Le prescrizioni Il verbale delle prescrizioni viene disposto dal Tribunale di Sorveglianza contestualmente all’ordinanza di concessione della misura e detta le prescrizioni che il soggetto in affidamento dovrà seguire. Le prescrizioni indispensabili sono quelle relative ai seguenti aspetti: - rapporti con l’Ufficio di Esecuzione Penale Esterna; - dimora; - libertà di locomozione; - divieto di frequentare determinati locali; - lavoro; - divieto di svolgere attività o di avere rapporti personali che possono portare al compimento di altri reati. Le prescrizioni possibili invece riguardano: - divieto di soggiornare in tutto o in parte in uno o più Comuni; - obbligo di soggiornare in un Comune determinato; - adoperarsi, in quanto possibile, in favore della vittima del suo reato; - adempiere puntualmente agli obblighi di assistenza familiare; Durante il periodo di affidamento le prescrizioni possono essere modificate dal Magistrato di Sorveglianza, tenuto conto anche delle informazioni dell’UEPE. Compiti dell’UEPE nel corso della misura Durante l’esecuzione della misura alternativa i compiti dell’UEPE sono: - aiutare il soggetto a superare le difficoltà di adattamento alla vita sociale al fine di favorire il suo reinserimento; 25 ISTITUTO MEME S.R.L.- MODENA ASSOCIATO UIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONNET A.I.S.B.L. BRUXELLES Virginia Pieri - SST in Scienze Criminologiche (primo anno) A.A. 2007/2008 - controllare la condotta del soggetto in ordine alle prescrizioni; - svolgere azione di tramite tra l’affidato, la sua famiglia, e gli altri suoi ambienti di vita, in collaborazione con i servizi degli Enti locali, delle ASL e del privato sociale; - riferire periodicamente, con frequenza minima trimestrale, al magistrato di Sorveglianza sull’andamento dell’affidamento ed inviare allo stesso una relazione finale alla conclusione della misura; - fornire al Magistrato di Sorveglianza ogni informazione rilevante sulla situazione di vita del soggetto e sull’andamento della misura (ai fini di un’eventuale modifica delle prescrizioni, ecc…). La prosecuzione della misura Se nel corso dell’affidamento sopraggiunge un nuovo titolo di esecuzione di altra pena detentiva, il Direttore dell’UEPE informa il Magistrato di Sorveglianza che dispone la prosecuzione provvisoria della misura se il cumulo delle pene (in corso di espiazione e da espiare) non supera i tre anni. Il Magistrato di Sorveglianza trasmette poi gli atti al Tribunale di Sorveglianza che decide entro enti giorni la prosecuzione (o la cessazione) della misura. La sospensione e conclusione della misura Il Magistrato di Sorveglianza sospende l’affidamento e trasmette gli atti al Magistrato di Sorveglianza per le decisioni di competenza nei seguenti casi: 26 ISTITUTO MEME S.R.L.- MODENA ASSOCIATO UIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONNET A.I.S.B.L. BRUXELLES Virginia Pieri - SST in Scienze Criminologiche (primo anno) A.A. 2007/2008 - quando l’UEPE lo informa di un nuovo titolo di esecuzione di altra pena detentiva che fa venir meno le condizioni per una prosecuzione provvisoria della misura (residuo pena inferiore a 3 anni); - quando l’affidato attua i comportamenti tali da determinare la revoca della misura. Al termine del periodo di affidamento, che corrisponde alla durata della pena da espiare detratti 45 giorni per la concessione della liberazione anticipata (di cui è spiegato oltre e che consiste in uno sconto di pena per chi tiene una regolare condotta e, da poco, è possibile applicare anche all’affidamento in prova), possiamo avere: - un esito positivo del periodo di prova che estingue la pena ed ogni altro effetto penale. In questo caso il Tribunale di Sorveglianza che ha giurisdizione nel luogo in cui la misura ha avuto termine emette l’ordinanza di estinzione della pena; - un esito negativo che può avere due diverse forme: la revoca della pena, che può essere possibile se il comportamento del soggetto, contrario alla legge o alle prescrizioni dettate, è ritenuto incompatibile con la prosecuzione della prova; l’annullamento quando l’UEPE informa il Magistrato di Sorveglianza di un nuovo titolo di esecuzione di pena detentiva che determini un residuo di pena superiore a tre anni, in questo caso il tempo comunque trascorso in affidamento deve essere considerato come pena espiata, invece nell’altro caso in cui è presente un atteggiamento colpevole dell’affidato, spetta al Tribunale di Sorveglianza, al momento in cui revoca la misura, stabilire quale parte di pena vada considerata come pena espiata. 27 ISTITUTO MEME S.R.L.- MODENA ASSOCIATO UIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONNET A.I.S.B.L. BRUXELLES Virginia Pieri - SST in Scienze Criminologiche (primo anno) A.A. 2007/2008 In ogni caso la revoca non è automatica, ma oggetto di valutazione da parte del Tribunale che potrà far venire meno l’affidamento, riprendendo efficacia la pena detentiva, solo se il comportamento del soggetto appaia incompatibile con la prosecuzione della prova. Quindi se il soggetto, durante la prova commette un reato, il Magistrato di Sorveglianza potrà sospendere l’affidamento, ma il Tribunale di Sorveglianza potrà successivamente anche decidere di non revocare l’affidamento se per esempio il reato, oggetto di denuncia, non è così grave come si era prospettato inizialmente. 1.4- Affidamento in prova in casi particolari L’affidamento in prova in casi particolari è una particolare forma di affidamento in prova rivolta ai tossicodipendenti e alcooldipendenti che intendano intraprendere o proseguire un programma terapeutico (può essere anche chiamata affidamento terapeutico). La legge n. 297 del 21 giugno 1985 ha introdotto l'art. 47 bis dell'Ordinamento Penitenziario34 (Affidamento in prova in casi particolari), che poi è stato modificato dalla L. n. 663/86 (Legge Gozzini). Tale misura alternativa è stata poi recepita dal Testo Unico in materia di stupefacenti (D.P.R. n. 309/90) come art. 9435. Questa particolare forma di affidamento è nata dalla drammatica questione della tossicodipendenza che ha indotto il legislatore a formularla, in modo da evitare il carcere a soggetti che delinquono soprattutto per poter approvvigionarsi di stupefacenti, quindi qui ciò che va curato per 34 Zappa G., Massetti C., op. cit.. Testo unico delle leggi in materia di disciplina degli stupefacenti e sostanze psicotrope, prevenzione, cura e riabilitazione dei relativi stati di tossicodipendenze. Pubblicato nella Gazzetta Ufficiale del 31 ottobre 1990, n. 255, S.O.. 35 28 ISTITUTO MEME S.R.L.- MODENA ASSOCIATO UIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONNET A.I.S.B.L. BRUXELLES Virginia Pieri - SST in Scienze Criminologiche (primo anno) A.A. 2007/2008 estinguere l’atto criminale è la dipendenza da sostanza attraverso un programma terapeutico. I requisiti per la concessione della misura sono: - pena detentiva inflitta, o anche residuo pena, non superiore a quattro anni; - il condannato deve essere persona tossicodipendente o alcooldipendente che ha in corso o che intende sottoporsi ad un programma di recupero; - il programma terapeutico deve essere concordato dal condannato con una A.S.L. o con altri enti, pubblici e privati, espressamente indicati dalla legge (art.115 D.P.R. n. 309/90); - una struttura sanitaria pubblica deve attestare lo stato di tossicodipendenza o alcooldipendenza e la idoneità, ai fini del recupero, del programma terapeutico concordato, non deve trattarsi di uno stato di tossicodipendenza o alcooldipendenza preordinato al fine di poter godere del beneficio. Il beneficio dell'affidamento in prova in casi particolari non può essere concesso più di due volte. L’istanza di affidamento in casi particolari L'istanza può essere presentata in ogni momento, corredata dalla documentazione necessaria: - se il soggetto è in libertà e l'ordine di esecuzione non è stato ancora emesso o eseguito, al Pubblico Ministero della Procura competente, che sospende l'emissione o l'esecuzione dell'ordine 29 ISTITUTO MEME S.R.L.- MODENA ASSOCIATO UIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONNET A.I.S.B.L. BRUXELLES Virginia Pieri - SST in Scienze Criminologiche (primo anno) A.A. 2007/2008 di carcerazione e trasmette gli atti al Tribunale di Sorveglianza che fissa l'udienza; - se il soggetto è in libertà in sospensione dell'esecuzione della pena, al Pubblico Ministero che ha disposto la sospensione, che trasmette gli atti al Tribunale di Sorveglianza che fissa l'udienza; - se il soggetto è detenuto, al Direttore dell'istituto che la trasmette al Tribunale di Sorveglianza ed al Pubblico Ministero che ha emesso l'ordine di esecuzione, che, se non supera il limite di pena previsto, ordina la scarcerazione del condannato. In ogni caso il soggetto ha trenta giorni per la richiesta della concessione della misura, a partire dalla notifica della sentenza. La sospensione dell'esecuzione della pena opera sino alla decisione del Tribunale di Sorveglianza. Se l'istanza non è accolta, riprende l'esecuzione della pena. Se non è possibile effettuare la notifica dell'avviso al condannato al domicilio indicato nella richiesta e lo stesso non compare all'udienza, il Tribunale di Sorveglianza dichiara inammissibile la richiesta. Compiti dell’Ufficio di Esecuzione Penale Esterna L'Ufficio di esecuzione penale esterna svolge l'inchiesta di servizio sociale richiesta dal Tribunale di Sorveglianza, per fornire allo stesso, sia gli elementi relativi al programma terapeutico (attraverso la collaborazione con i servizi pubblici e privati competenti), sia quelli relativi più complessivamente alla situazione di vita del condannato, con particolare riferimento all'ambiente sociale e familiare di appartenenza. 30 ISTITUTO MEME S.R.L.- MODENA ASSOCIATO UIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONNET A.I.S.B.L. BRUXELLES Virginia Pieri - SST in Scienze Criminologiche (primo anno) A.A. 2007/2008 L’ordinanza L'affidamento viene concesso con provvedimento di ordinanza dal Tribunale di Sorveglianza del luogo in cui ha sede il Pubblico Ministero competente dell'esecuzione. Le forme di attuazione della misura Due possono essere le modalità di attuazione dell’affidamento per tossicodipendenti e alcooldipendenti: - l’affidamento che comporta l’obbligo di recarsi presso il Sert per la terapia, per i colloqui con gli operatori, per la verifica mediante analisi mediche, dell’astensione dall’uso di sostanze stupefacenti; - l’affidamento presso una comunità di recupero, con inserimento stabile presso tale struttura che offre maggiori garanzie di isolamento dal consumo delle sostanze. Di regola è la soluzione preferita dai soggetti con problematiche di dipendenza non è quella dell’affidamento in comunità, per le regole molto rigide che dovrebbero osservare, tanto che quando viene indicato dal Sert indispensabile l’ingresso in comunità, spesso, arrivano a preferire la permanenza in regime detentivo.36 L’inizio dell’affidamento L'affidamento ha inizio dal momento in cui il soggetto sottoscrive, davanti al Direttore del UEPE, il verbale di determinazione delle prescrizioni, con l'impegno a rispettarle. 36 Zappa G., Massetti C., op. cit.. 31 ISTITUTO MEME S.R.L.- MODENA ASSOCIATO UIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONNET A.I.S.B.L. BRUXELLES Virginia Pieri - SST in Scienze Criminologiche (primo anno) A.A. 2007/2008 Le prescrizioni Il verbale delle prescrizioni inerenti alla misura - viene disposto dal Tribunale di Sorveglianza contestualmente all'ordinanza di concessione della misura; - detta le prescrizioni che il soggetto in affidamento dovrà seguire. Le prescrizioni indispensabili sono quelle relative alle modalità di attuazione del programma terapeutico, insieme a quelle relative alle forme di controllo per accertare che il soggetto prosegua lo stesso programma. Le altre prescrizioni sono quelle previste per l'affidamento in prova al servizio sociale, e quindi quelle indispensabili relative ai seguenti aspetti: - rapporti con l'Ufficio di esecuzione penale esterna; - dimora; - libertà di locomozione; - divieto di frequentare determinati locali; - lavoro; - divieto di svolgere attività o di avere rapporti personali che possono portare al compimento di altri reati; - divieto di soggiornare in tutto o in parte in uno o più Comuni; - obbligo di soggiornare in un Comune determinato; - adoperarsi, in quanto possibile, in favore della vittima del suo reato; - adempiere puntualmente agli obblighi di assistenza familiare. Durante il periodo di affidamento le prescrizioni possono essere modificate dal Magistrato di Sorveglianza, tenuto conto anche delle informazioni del Sorveglianza di servizio sociale. 32 ISTITUTO MEME S.R.L.- MODENA ASSOCIATO UIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONNET A.I.S.B.L. BRUXELLES Virginia Pieri - SST in Scienze Criminologiche (primo anno) A.A. 2007/2008 Compiti dell’Ufficio di Esecuzione Penale Esterna - L'UEPE effettua i propri interventi con una particolare attenzione alla collaborazione ed al coordinamento con i servizi e le risorse del territorio responsabili del programma riabilitativo. Per il resto svolge gli interventi di aiuto e di controllo previsti per l'affidamento in prova al servizio sociale che sono riportati; - aiutare il soggetto a superare le difficoltà di adattamento alla vita sociale al fine di favorire il suo reinserimento; - controllare la condotta del soggetto in ordine alle prescrizioni; - svolgere azione di tramite tra l'affidato, la sua famiglia e gli altri suoi ambienti di vita, in collaborazione con i servizi degli Enti Locali, delle A.S.L. e del privato sociale; - riferire periodicamente, con frequenza minima trimestrale, al Magistrato di Sorveglianza sull'andamento dell'affidamento ed inviare allo stesso una relazione finale alla conclusione della misura; - fornire al Magistrato di Sorveglianza ogni informazione rilevante sulla situazione di vita del soggetto e sull'andamento della misura (ai fini di un'eventuale modifica delle prescrizioni, ecc.). La prosecuzione dell’affidamento Se nel corso dell'affidamento sopraggiunge un nuovo titolo di esecuzione di altra pena detentiva, il Direttore dell'Ufficio di esecuzione penale esterna informa il Magistrato di Sorveglianza che 33 ISTITUTO MEME S.R.L.- MODENA ASSOCIATO UIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONNET A.I.S.B.L. BRUXELLES Virginia Pieri - SST in Scienze Criminologiche (primo anno) A.A. 2007/2008 dispone la prosecuzione provvisoria della misura se il cumulo delle pene (in corso di espiazione e da espiare) non supera i quattro anni. Il Magistrato di Sorveglianza trasmette poi gli atti al Tribunale di Sorveglianza che decide entro venti giorni la prosecuzione (o la cessazione) della misura. La sospensione della misura alternativa Il Magistrato di Sorveglianza sospende l'affidamento e trasmette gli atti al Tribunale di Sorveglianza per le decisioni di competenza nei seguenti casi: - quando dell'Ufficio di esecuzione penale esterna lo informa di un nuovo titolo di esecuzione di altra pena detentiva, che fa venir meno le condizioni per una prosecuzione provvisoria della misura (residuo pena inferiore a quattro anni); - quando l'affidato attua comportamenti tali da determinare la revoca della misura. La conclusione dell’affidamento L'affidamento si può concludere secondo diverse modalità: - con l'esito positivo del periodo di prova che estingue la pena ed ogni altro effetto penale. In questo caso il Tribunale di Sorveglianza che ha giurisdizione nel luogo in cui la misura ha avuto termine emette l'ordinanza di estinzione della pena; - con la revoca della misura, che può avvenire nei seguenti casi: - comportamento del soggetto, contrario alla legge o alle prescrizioni dettate, ritenuto incompatibile con la prosecuzione della prova; 34 ISTITUTO MEME S.R.L.- MODENA ASSOCIATO UIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONNET A.I.S.B.L. BRUXELLES Virginia Pieri - SST in Scienze Criminologiche (primo anno) A.A. 2007/2008 - sopravvenienza di un altro titolo di esecuzione di pena detentiva che determini un residuo pena superiore a quattro anni. In questi casi il Tribunale di Sorveglianza che ha giurisdizione nel luogo in cui l'affidato ha la residenza o il domicilio emette l'ordinanza di revoca e ridetermina la pena residua da espiare. Il soggetto tossicodipendente (ma non alcooldipendente), condannato ad una pena detentiva non superiore a 4 anni, può richiedere che l’esecuzione della pena sia sospesa per 5 anni. È necessario che i reati, per cui si chiede l’interruzione dell’operatività della condanna, siano stati commessi in seguito allo stato di tossicodipendenza (come furti per procurarsi il denaro per l’acquisto di stupefacenti) e che la persona sia sottoposta o abbia in corso un programma terapeutico e socioriabilitativo. Dopo i 5 anni, senza che il soggetto abbia commesso un delitto non colposo punibile con la reclusione, e dove abbia attuato il programma terapeutico, la pena si estingue. La sospensione può essere concessa una sola volta. Difficilmente la sospensione viene concessa dai Tribunali di Sorveglianza, i quali preferiscono la misura dell’affidamento, in quanto offre maggiori garanzie di controllo, essendo la ricaduta nell’uso di sostanze molto facile. Inoltre con la sospensione, il soggetto non sconta nessuna pena e nel caso di revoca, per la commissione di un reato non colposo, punito con la reclusione, o per essersi sottratto al programma terapeutico, si trova a scontare l’intera pena. Generalmente, la sospensione verrà concessa al soggetto completamente disintossicato e 35 reinserito socialmente a cui ISTITUTO MEME S.R.L.- MODENA ASSOCIATO UIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONNET A.I.S.B.L. BRUXELLES Virginia Pieri - SST in Scienze Criminologiche (primo anno) A.A. 2007/2008 sopraggiunga una condanna, in relazione a reati commessi al tempo in cui era ancora dipendente37. 1.5- Semilibertà La semilibertà è una misura alternativa alla detenzione che consente di trascorrere la giornata fuori dal carcere per svolgere un’attività lavorativa, di studio o di volontariato, in base ad un programma terapeutico di inserimento, di cui è responsabile il Direttore dell’Istituto in cui il soggetto è ospitato, rientrando in carcere la sera. È previsto che un semilibero rientri in un istituto volto ad ospitare appositamente i detenuti in semilibertà o anche in un’apposita sezione di un Istituto penitenziario. Può essere considerata come una misura alternativa impropria, in quanto, rimanendo il soggetto in stato di detenzione, il suo reinserimento nell'ambiente libero è parziale. E' regolamentata dall'art. 48 dell'Ordinamento Penitenziario. Requisiti per la concessione I requisiti per la concessione della misura possono dividersi in: 1. requisiti giuridici: - pena dell'arresto e pena della reclusione non superiore a sei mesi se il condannato non è affidato al servizio sociale (comma 1 art. 50 o. p.); - espiazione di almeno metà della pena o, se si tratta di condannato per uno dei delitti indicati nel comma 1 dell'art. 4 bis o. p., di almeno due terzi della pena (comma 2 art. 50 o. p.); 37 Cooperativa San Pietro a Sollicciano, op. cit.. 36 ISTITUTO MEME S.R.L.- MODENA ASSOCIATO UIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONNET A.I.S.B.L. BRUXELLES Virginia Pieri - SST in Scienze Criminologiche (primo anno) A.A. 2007/2008 - prima dell'espiazione di metà della pena nei casi previsti dall'art. 47 o. p., se mancano i presupposti per l'affidamento in prova al servizio sociale e la condanna è per un reato diverso da quelli indicati nel comma 1 dell'art. 4 bis o. p.; - espiazione di almeno venti anni di pena per i condannati all'ergastolo; - essere sottoposto ad una misura di sicurezza detentiva (internato). 2. Requisiti soggettivi: - aver dimostrato la propria volontà di reinserimento nella vita sociale per i casi previsti dal comma 1 (pena non superiore a sei mesi); - aver compiuto dei progressi nel corso del trattamento, quando vi sono le condizioni per un graduale reinserimento del soggetto nella società, per tutti gli altri casi (comma 4 art. 50 o. p.). Per la valutazione dell’esistenza delle condizioni di reinserimento, occorre una relazione dei servizi sociali per capire il contesto ambientale in cui troverà ad operare il semilibero. I limiti alla concessione I detenuti e gli internati per particolari delitti (416bis e 630 c.p.)38 possono ottenere la semilibertà solo se collaborano con la giustizia (artt. 4bis e 58ter o. p.). I detenuti e gli internati per altri particolari delitti (commessi per finalità di terrorismo, artt. 575, 628 3° c. c.p., 629 2° c. c.p., ecc.) possono essere ammessi alla semilibertà solo se 38 Art. 416 bis, associazione di tipo mafioso; art. 630, sequestro di persona a scopo di estorsione. 37 ISTITUTO MEME S.R.L.- MODENA ASSOCIATO UIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONNET A.I.S.B.L. BRUXELLES Virginia Pieri - SST in Scienze Criminologiche (primo anno) A.A. 2007/2008 non vi sono elementi tali da far ritenere la sussistenza di collegamenti con la criminalità organizzata o eversiva. Altri limiti e divieti relativi alla concessione delle misure alternative riguardano i casi di commissione di un delitto doloso di una certa entità commesso durante un'evasione, un permesso premio, il lavoro all'esterno o durante una misura alternativa. L’istanza di semilibertà L'istanza deve essere inviata, corredata dalla documentazione necessaria, secondo le seguenti norme: 1. Soggetti che devono scontare una pena, o anche un residuo pena, non superiore a tre anni - se il soggetto è in libertà, al Pubblico Ministero della Procura che ha disposto la sospensione dell'esecuzione della pena. Il Pubblico Ministero trasmette l'istanza al Tribunale di Sorveglianza competente che fissa l'udienza; - se il soggetto è detenuto, al Magistrato di Sorveglianza competente in relazione al luogo dell'esecuzione, il quale può sospendere l'esecuzione, ordinare la liberazione del condannato e trasmettere immediatamente gli atti al Tribunale di Sorveglianza. La sospensione opera sino alla decisione del Tribunale di Sorveglianza. Non può essere accordata altra sospensione dell'esecuzione per la medesima pena, anche se vengono presentate altre istanze di diverse misure alternative. 2. Per le altre categorie di soggetti (condannati con pena superiore a tre anni, internati, ecc.) l'istanza viene presentata al Tribunale di Sorveglianza. 38 ISTITUTO MEME S.R.L.- MODENA ASSOCIATO UIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONNET A.I.S.B.L. BRUXELLES Virginia Pieri - SST in Scienze Criminologiche (primo anno) A.A. 2007/2008 Compiti dell' Ufficio di esecuzione penale esterna prima della concessione L'Ufficio di esecuzione penale esterna svolge un'inchiesta di servizio sociale per fornire al Tribunale di Sorveglianza o all'Istituto di pena elementi, oggettivi e soggettivi, relativi al condannato con particolare riferimento all'ambiente sociale e familiare di appartenenza ed alle risorse personali, familiari, relazionali ed ambientali su cui fondare un'ipotesi di intervento e di inserimento. Questo è previsto, sia quando il soggetto è in libertà, svolgendo l'inchiesta di servizio sociale richiesta dal Tribunale di Sorveglianza, sia quando il soggetto è detenuto, partecipando al gruppo per l'osservazione scientifica della personalità e dando il suo contributo di consulenza per elaborare collegialmente la relazione di sintesi da inviare al Tribunale di Sorveglianza. L’ordinanza La semilibertà viene concessa con provvedimento di ordinanza - se il soggetto è in libertà, dal Tribunale di Sorveglianza del luogo in cui ha sede il Pubblico Ministero competente dell'esecuzione; - se il soggetto è detenuto, dal Tribunale di Sorveglianza che ha giurisdizione sull'Istituto di pena in cui è ristretto l'interessato al momento della presentazione della domanda. Esecuzione della semilibertà La semilibertà ha inizio dal momento in cui il Magistrato di Sorveglianza approva il piano di trattamento provvisorio che il 39 ISTITUTO MEME S.R.L.- MODENA ASSOCIATO UIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONNET A.I.S.B.L. BRUXELLES Virginia Pieri - SST in Scienze Criminologiche (primo anno) A.A. 2007/2008 Direttore dell'Istituto di pena deve predisporre entro cinque giorni dall'arrivo dell'ordinanza. Se l'ammissione alla semilibertà riguarda una detenuta madre di un figlio di età inferiore a tre anni, essa ha diritto di usufruire della casa per la semilibertà. Nel programma di trattamento sono indicate le prescrizioni che il soggetto dovrà sottoscrivere e rispettare in ordine alle attività cui dovrà dedicarsi fuori dal carcere: il lavoro, i rapporti con la famiglia e con il Centro di Servizio Sociale, altre attività utili al reinserimento, ecc. Durante la misura il programma di trattamento può essere modificato dal Magistrato di Sorveglianza su segnalazione del Direttore dell'Istituto di pena. Al soggetto in semilibertà possono essere concessi i benefici previsti dalla normativa per tutti i detenuti, e quindi in particolare la liberazione anticipata (art. 54 o. p.). Possono altresì essere concesse, a titolo di premio, una o più licenze, di durata non superiore a complessivi 45 giorni annui (artt. 52 e 53 o. p.), che vengono fruite in regime di libertà vigilata. Compiti dell'Ufficio di esecuzione penale esterna nel corso della misura L' U.E.P.E. svolge nei confronti dei soggetti in semilibertà i seguenti compiti ed interventi: - cura la vigilanza e l'assistenza del soggetto nell'ambiente libero; - collabora con la Direzione dell'Istituto di pena di pena che rimane titolare della responsabilità del trattamento; 40 ISTITUTO MEME S.R.L.- MODENA ASSOCIATO UIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONNET A.I.S.B.L. BRUXELLES Virginia Pieri - SST in Scienze Criminologiche (primo anno) A.A. 2007/2008 - riferisce periodicamente al Direttore dell'Istituto di pena sull'andamento della semilibertà e sulla situazione di vita del soggetto; - fornisce al Direttore dell'Istituto di pena ogni informazione rilevante ai fini di un'eventuale modifica del programma di trattamento. Prosecuzione della misura Se nel corso della semilibertà sopraggiunge un nuovo titolo di esecuzione di altra pena detentiva, il Direttore dell'Istituto di pena informa il Magistrato di Sorveglianza che dispone la prosecuzione provvisoria della misura se permangono le condizioni per cui era stata concessa la misura. Il Magistrato di Sorveglianza trasmette poi gli atti al Tribunale di Sorveglianza che decide la prosecuzione (o la cessazione) della misura. Sospensione della misura Il Magistrato di Sorveglianza sospende la semilibertà e trasmette gli atti al Tribunale di Sorveglianza per le decisioni di competenza nei seguenti casi: - quando l'Istituto di pena di pena lo informa di un nuovo titolo di esecuzione di altra pena detentiva che fa venir meno le condizioni per una prosecuzione provvisoria della misura; - quando il semilibero attua comportamenti tali da determinare la revoca della misura. 41 ISTITUTO MEME S.R.L.- MODENA ASSOCIATO UIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONNET A.I.S.B.L. BRUXELLES Virginia Pieri - SST in Scienze Criminologiche (primo anno) A.A. 2007/2008 Revoca della misura La semilibertà può essere revocata dal Tribunale di Sorveglianza competente nei seguenti casi: - in ogni tempo quando il soggetto non sia ritenuto idoneo al trattamento; - sopravvenienza di un altro titolo di esecuzione di pena detentiva che faccia venir meno le condizioni per cui era stata concessa la semilibertà. Per il candidato: - se si assenta per non più di dodici ore dall'Istituto di pena senza giustificato motivo, è punito in via disciplinare e può essere proposto per la revoca della misura; - se si assenta per più di dodici ore è punibile in base al comma 1 dell'art. 385 del c.p. (evasione)39: la denuncia sospende il beneficio, la condanna comporta la revoca della semilibertà. Per l'internato: - se si assenta per oltre tre ore dall'Istituto di pena senza giustificato motivo è punito in via disciplinare e può subire la revoca della semilibertà. 1.6- Detenzione domiciliare La misura alternativa della detenzione domiciliare è stata introdotta dalla Legge n. 663 del 10/10/198640. Con tale beneficio si è voluto ampliare l'opportunità delle misure alternative, consentendo la 39 Art 385 –Evasione:”chiunque, essendo legalmente arrestato o detenuto per un reato, evade è punito con la reclusione da sei mesi ad un anno”. Marino R., Petrucci R., op. cit.. 40 Vedi paragrafo 1.1 42 ISTITUTO MEME S.R.L.- MODENA ASSOCIATO UIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONNET A.I.S.B.L. BRUXELLES Virginia Pieri - SST in Scienze Criminologiche (primo anno) A.A. 2007/2008 prosecuzione, per quanto possibile, delle attività di cura, di assistenza familiare, di istruzione professionale, già in corso nella fase della custodia cautelare nella propria abitazione (arresti domiciliari) anche successivamente al passaggio in giudicato della sentenza, evitando così la carcerazione e le relative conseguenze negative. Occorre precisare che la detenzione non coincide con gli arresti domiciliari, infatti questi sono disposti come misura cautelare, cioè hanno una durata provvisoria e sono applicati prima della condanna definitiva per esigenze particolari (pericolo di fuga, pericolo di manipolazione delle prove o di reiterazione del reato). La detenzione domiciliare è riportata nell’art. 47ter dell’Ordinamento Penitenziario. La misura consiste nell'esecuzione della pena nella propria abitazione o in altro luogo di privata dimora ovvero in luogo pubblico di cura, assistenza e accoglienza. Il concetto di privata dimora è molto lato, è accettato qualsiasi luogo: per esempio è stato ritenuto dai giudici anche la roulotte parcheggiata in un campo nomadi, purché sia comunque possibile il controllo da parte dell’autorità di pubblica sicurezza41. Requisiti per la concessione della detenzione domiciliare prevista dall'art. 47 ter comma 1° dell’o.p.. La pena detentiva inflitta, o anche residuo pena, non deve essere superiore a quattro anni, nei seguenti casi: - donna incinta o madre di prole di età inferiore ad anni dieci con lei convivente; 41 Cooperativa San Pietro a Sollicciano, op. cit.. 43 ISTITUTO MEME S.R.L.- MODENA ASSOCIATO UIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONNET A.I.S.B.L. BRUXELLES Virginia Pieri - SST in Scienze Criminologiche (primo anno) A.A. 2007/2008 - padre, esercente la potestà, di prole di età inferiore ad anni dieci con lui convivente, quando la madre sia deceduta o altrimenti assolutamente impossibilitata a dare assistenza alla prole; - persona in condizioni di salute particolarmente gravi, che richiedano costanti contatti con i presidi sanitari territoriali; - persona di età superiore a sessanta anni, se inabile anche parzialmente; - persona minore degli anni ventuno per comprovate esigenze di salute, di studio, di lavoro e di famiglia. Requisiti per la concessione della detenzione domiciliare prevista dall'art. 47 ter comma 1° bis dell’o.p.. La pena detentiva inflitta, o anche il residuo di pena, non deve essere superiore ai due anni, quando: - non ricorrono i presupposti per l'affidamento in prova al servizio sociale; - l'applicazione della misura sia idonea ad evitare il pericolo che il condannato commetta altri reati; - non si tratti di condannati che hanno commesso i reati di particolare gravità specificati nell'art. 4 bis o.p.; - se tale misura viene revocata la pena residua non può essere sostituita con altra misura. Requisiti per la concessione della detenzione domiciliare prevista dall'art. 47 ter comma 1° ter o.p.. La pena può essere anche superiore ai quattro anni, quando potrebbe essere disposto il rinvio obbligatorio o facoltativo della esecuzione della pena. I casi di rinvio obbligatorio dell'esecuzione della pena (art.146 c.p.) sono: - donna incinta; 44 ISTITUTO MEME S.R.L.- MODENA ASSOCIATO UIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONNET A.I.S.B.L. BRUXELLES Virginia Pieri - SST in Scienze Criminologiche (primo anno) A.A. 2007/2008 - donna che ha partorito da meno di sei mesi; - persona affetta da infezione da HIV nei casi di incompatibilità con lo stato di detenzione. I casi di rinvio facoltativo dell'esecuzione della pena (art. 147 c.p.) sono: - presentazione di una domanda di grazia; - condizione di grave infermità fisica; - donna che ha partorito da più di sei mesi, ma da meno di un anno, e non vi è modo di affidare il figlio ad altri che alla madre. Il Tribunale di Sorveglianza dispone l'applicazione della detenzione domiciliare, stabilendo un termine di durata di tale applicazione, che può essere prorogato. L'esecuzione della pena prosegue durante l'esecuzione della misura. Requisiti per la concessione della detenzione domiciliare prevista dall'art. 656 C.P.P. comma 10: la pena detentiva non deve essere superiore a tre anni, anche se costituisce il residuo di maggiore pena nel caso di soggetto agli arresti domiciliari per il fatto oggetto della condanna da eseguire. Il Pubblico Ministero sospende l'esecuzione dell'ordine di carcerazione e trasmette gli atti senza ritardo al Tribunale di Sorveglianza affinché provveda senza formalità all'eventuale applicazione della detenzione domiciliare. Fino alla decisione del Tribunale di Sorveglianza il condannato rimane agli arresti domiciliari e il tempo corrispondente è considerato come pena espiata a tutti gli effetti. Agli adempimenti previsti dall'art. 47 ter o.p. provvede in ogni caso il Magistrato di Sorveglianza. 45 ISTITUTO MEME S.R.L.- MODENA ASSOCIATO UIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONNET A.I.S.B.L. BRUXELLES Virginia Pieri - SST in Scienze Criminologiche (primo anno) A.A. 2007/2008 Con la Legge n. 231 del 12.07.99 che ha introdotto l'art.47 quater, per i soggetti affetti da AIDS conclamata o da grave deficienza immunitaria o da altra malattia particolarmente grave, la concessione della misura alternativa può essere concessa anche oltre i limiti di pena previsti. I limiti alla concessione I detenuti e gli internati per particolari delitti (416bis e 630 c.p.) possono ottenere la detenzione domiciliare solo se collaborano con la giustizia (artt. 4bis e 58ter o.p.). I detenuti e gli internati per altri particolari delitti (commessi per finalità di terrorismo, artt. 575, 628 3° c., 629 2° c. c.p., ecc.) possono essere ammessi alla detenzione domiciliare solo se non vi sono elementi tali da far ritenere la sussistenza di collegamenti con la criminalità organizzata o eversiva. Altri limiti e divieti relativi alla concessione delle misure alternative riguardano i casi di commissione di un delitto doloso di una certa entità commesso durante un'evasione, un permesso premio, il lavoro all'esterno o durante una misura alternativa. La legge 231 del 12.07.99 all'art. 5 ha disposto per i soggetti affetti da AIDS conclamata o da grave deficienza immunitaria o da altra malattia particolarmente grave, la non applicazione del divieto di concessione dei benefici previsto per gli internati e coloro che sono detenuti per i reati dell'art.4-bis della 354/75. 46 ISTITUTO MEME S.R.L.- MODENA ASSOCIATO UIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONNET A.I.S.B.L. BRUXELLES Virginia Pieri - SST in Scienze Criminologiche (primo anno) A.A. 2007/2008 L’istanza di detenzione domiciliare L'istanza per poter usufruire della detenzione domiciliare deve essere inviata: - se il soggetto è in libertà, al Pubblico Ministero della Procura che ha disposto la sospensione dell'esecuzione della pena. Il Pubblico Ministero trasmette l'istanza al Tribunale di Sorveglianza competente che fissa l'udienza; - se il soggetto è detenuto, al Magistrato di Sorveglianza che può disporre l'applicazione provvisoria della misura quando sono presenti i requisiti di cui all'art. 47 ter commi 1 e 1 bis sopra indicati. Il immediatamente Magistrato gli atti di al Sorveglianza Tribunale di trasmette Sorveglianza competente che fissa l'udienza. Se il soggetto è affetto da AIDS conclamata o da grave deficienza immunitaria o da altra malattia particolarmente grave, l'istanza deve essere corredata da idonea certificazione. Se l'istanza non è accolta, si da inizio o riprende l'esecuzione della pena. Compiti dell' Ufficio di esecuzione penale esterna prima della concessione Se il soggetto è in libertà, l’UEPE svolge l'inchiesta di servizio sociale richiesta dal Tribunale di Sorveglianza; se il soggetto è detenuto, partecipa al gruppo per l'osservazione scientifica della personalità e dà il suo contributo di consulenza per elaborare collegialmente la relazione di sintesi da inviare al Tribunale di Sorveglianza. In entrambi i casi l'Ufficio di esecuzione penale esterna svolge un'inchiesta di servizio sociale per fornire al Tribunale di Sorveglianza 47 ISTITUTO MEME S.R.L.- MODENA ASSOCIATO UIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONNET A.I.S.B.L. BRUXELLES Virginia Pieri - SST in Scienze Criminologiche (primo anno) A.A. 2007/2008 o all'Istituto di pena elementi, oggettivi e soggettivi, relativi al condannato con particolare riferimento all'ambiente sociale e familiare di appartenenza ed alle risorse personali, familiari ed ambientali. Ordinanza La detenzione domiciliare viene concessa con un provvedimento di ordinanza • se il soggetto è in libertà, dal Tribunale di Sorveglianza del luogo in cui ha sede il pubblico ministero competente dell'esecuzione; • se il soggetto è detenuto, dal Tribunale di Sorveglianza che ha giurisdizione sull'istituto penitenziario in cui è ristretto l'interessato al momento della presentazione della domanda. Il Tribunale di Sorveglianza nel disporre l'applicazione della detenzione domiciliare: - stabilisce le prescrizioni per gli arresti domiciliari; - determina e impartisce le disposizioni per gli interventi dell' Ufficio di esecuzione penale esterna. L’esecuzione della detenzione domiciliare La detenzione domiciliare ha inizio dal momento in cui al soggetto è notificata l'ordinanza di concessione della misura da parte degli organi competenti. Il Magistrato di sorveglianza, competente per il luogo in cui si svolge la detenzione domiciliare, può modificare le prescrizioni e le determinazioni impartite. Il soggetto in detenzione domiciliare non è sottoposto al regime penitenziario previsto dall'o.p. e dal suo regolamento di esecuzione. Ancora, al soggetto in detenzione 48 ISTITUTO MEME S.R.L.- MODENA ASSOCIATO UIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONNET A.I.S.B.L. BRUXELLES Virginia Pieri - SST in Scienze Criminologiche (primo anno) A.A. 2007/2008 domiciliare, possono essere concessi i benefici previsti dalla normativa per tutti i detenuti, e quindi in particolare la liberazione anticipata (art. 54 o.p.). Nessun onere grava sull'amministrazione penitenziaria per il mantenimento, la cura e l'assistenza medica del condannato che usufruisce di tale misura. Compiti dell' Ufficio di esecuzione penale esterna nel corso della misura Gli interventi dell' U.E.P.E., nell'ambito dell'applicazione della misura della detenzione domiciliare riguardano il sostegno, e non il controllo, che invece è effettuato dagli organi di polizia. L' Ufficio di esecuzione penale esterna, infatti, in base alle disposizioni impartite dal Tribunale di Sorveglianza, ha il compito di stabilire validi collegamenti con i servizi socio-assistenziali del territorio al fine di aiutare il condannato a superare le difficoltà connesse all'applicazione di tale misura. Se il beneficio è disposto in base all'art. 5 comma 4 della legge 231/99, gli Uffici di esecuzione penale esterna debbono svolgere "attività di sostegno e di controllo circa l'attuazione del programma". Prosecuzione della misura Se nel corso della detenzione domiciliare sopraggiunge un nuovo titolo di esecuzione di altra pena detentiva il Direttore dell' Ufficio di esecuzione penale esterna informa il Magistrato di Sorveglianza che dispone la prosecuzione provvisoria della misura se il cumulo delle pene (in corso di espiazione e da espiare) non supera i limiti di pena previsti per la misura. Il Magistrato di Sorveglianza trasmette poi gli atti al Tribunale di Sorveglianza che fissa l'udienza per decidere la prosecuzione (o la cessazione) della misura. 49 ISTITUTO MEME S.R.L.- MODENA ASSOCIATO UIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONNET A.I.S.B.L. BRUXELLES Virginia Pieri - SST in Scienze Criminologiche (primo anno) A.A. 2007/2008 Sospensione e revoca della misura Il Magistrato di Sorveglianza sospende la detenzione domiciliare e trasmette gli atti al Tribunale di Sorveglianza nei seguenti casi: - quando vengono a cessare i requisiti indispensabili per beneficiare della misura; - quando il soggetto attua comportamenti, contrari alla legge o alle prescrizioni, ritenuti incompatibili con la prosecuzione della misura; - quando il soggetto viene denunciato per violazione dell'art. 385 c.p. (evasione); - quando l'Ufficio di esecuzione penale esterna informa il Magistrato di Sorveglianza di un nuovo titolo di esecuzione di altra pena detentiva che fa venir meno le condizioni per una prosecuzione provvisoria della misura (art. 51 bis o.p.). Il Tribunale di Sorveglianza fissa l'udienza per il procedimento di revoca e decide sull'accoglimento o il rigetto della proposta del Magistrato di Sorveglianza. 1.7- Liberazione condizionale La liberazione condizionale consiste nella possibilità di concludere la pena all'esterno del carcere in regime di libertà vigilata che consiste in una limitazione della libertà personale del soggetto. È pensata soprattutto per le pene di lunga durata. Al soggetto che abbia scontato parte della pena e che abbia tenuto un comportamento tale da far ritenere sicuro il suo ravvedimento, viene concesso il beneficio di trascorrere all’esterno del carcere la parte residua della pena, a 50 ISTITUTO MEME S.R.L.- MODENA ASSOCIATO UIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONNET A.I.S.B.L. BRUXELLES Virginia Pieri - SST in Scienze Criminologiche (primo anno) A.A. 2007/2008 condizione che non commetta nessun reato e rispetti alcune prescrizioni (art 176 del c.p.). I requisiti giuridici per la concessione sono: - avere scontato almeno trenta mesi o comunque almeno metà della pena, se la pena residua non superi i cinque anni; - avere scontato almeno quattro anni di pena e non meno di tre quarti della pena inflitta, in caso di recidiva aggravata o reiterata; - avere scontato almeno ventisei anni di pena in caso di condanna all'ergastolo; - aver scontato almeno due terzi della pena, fermi restando gli ulteriori requisiti e limiti sanciti dall'art. 176 c.p., in caso di condanna per i delitti di cui all'art. 4bis L. 354/75. I requisiti soggettivi per la concessione sono: - aver tenuto un comportamento tale da far ritenere sicuro il proprio ravvedimento; - avere assolto le obbligazioni civili derivanti dal reato, salvo che il condannato dimostri di trovarsi nell'impossibilità di adempierle; - la liberazione condizionale può essere chiesta in qualunque momento dell'esecuzione dai condannati che abbiano commesso il delitto da minori di anni 18; - Se la liberazione non è concessa per difetto del requisito del ravvedimento, la richiesta non può essere riproposta prima che siano decorsi sei mesi dal giorno in cui è divenuto irrevocabile il provvedimento di rigetto. 51 ISTITUTO MEME S.R.L.- MODENA ASSOCIATO UIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONNET A.I.S.B.L. BRUXELLES Virginia Pieri - SST in Scienze Criminologiche (primo anno) A.A. 2007/2008 L’istanza di liberazione condizionale L'istanza, per usufruire della liberazione condizionale deve essere inviata, corredata dalla documentazione necessaria, al Direttore del carcere. Il Direttore del carcere trasmette al Tribunale di Sorveglianza la domanda o la proposta di liberazione condizionale. Compiti dell’Ufficio di esecuzione penale esterna prima della concessione della misura L' Ufficio di esecuzione penale esterna partecipa al gruppo per l'osservazione scientifica della personalità e dà il suo contributo per elaborare collegialmente la relazione di sintesi da inviare al Tribunale di Sorveglianza. In particolare l' Ufficio di esecuzione penale esterna svolge un'inchiesta di servizio sociale per fornire all'istituto, e tramite esso, al Tribunale di Sorveglianza, elementi, oggettivi e soggettivi, relativi al condannato con particolare riferimento all'ambiente sociale e familiare di appartenenza ed alle risorse personali, familiari, relazionali ed ambientali su cui fondare un'ipotesi di intervento e di inserimento. L’ordinanza La liberazione condizionale viene concessa con provvedimento di ordinanza dal Tribunale di Sorveglianza che ha giurisdizione sull'istituto penitenziario in cui è ristretto l'interessato al momento della L'ordinanza presentazione di concessione della della liberazione domanda. condizionale è comunicata al Magistrato di Sorveglianza ed all' Ufficio di esecuzione penale esterna del luogo dove si esegue la libertà vigilata. 52 ISTITUTO MEME S.R.L.- MODENA ASSOCIATO UIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONNET A.I.S.B.L. BRUXELLES Virginia Pieri - SST in Scienze Criminologiche (primo anno) A.A. 2007/2008 Le prescrizioni Nell’ordinanza che dispone la liberazione condizionale, è previsto un termine entro il quale l’interessato, dopo la scarcerazione, dovrà recarsi presso l’ufficio di sorveglianza perché il magistrato gli comunichi le prescrizioni. Le prescrizioni non sono indicate espressamente dalla legge, proprio per poter essere individualizzate in relazione al caso concreto. Tuttavia è possibile individuarne alcune, secondo la prassi del Magistrato di Sorveglianza (organo competente per fissare le prescrizioni): l’obbligo di trovare un lavoro stabile,di non ritirarsi dopo una certa ora e di non uscire la mattina prima di una certa ora, di non accompagnarsi a pregiudicati, di tenere i contatti con l’UEPE, di presentarsi al Magistrato di Sorveglianza quando richiesto. Compiti dell’ufficio di esecuzione penale esterna nel corso della misura Nei confronti delle persone sottoposte al regime di libertà vigilata da liberazione condizionale, l'U.E.P.E. svolge gli interventi previsti per la libertà vigilata. La revoca della misura La liberazione condizionale può essere revocata dal Tribunale di Sorveglianza, a seguito di proposta di revoca da parte del Magistrato di Sorveglianza, nei seguenti casi: - qualora la persona liberata commetta un reato o una contravvenzione della stessa indole; - qualora trasgredisca gli obblighi previsti dalla libertà vigilata. 53 ISTITUTO MEME S.R.L.- MODENA ASSOCIATO UIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONNET A.I.S.B.L. BRUXELLES Virginia Pieri - SST in Scienze Criminologiche (primo anno) A.A. 2007/2008 Conclusione della misura La liberazione condizionale si conclude automaticamente una volta decorso tutto il tempo della pena inflitta, ovvero dopo cinque anni dalla data del provvedimento di liberazione condizionale, se si tratta di condannato all'ergastolo, sempre che non sia intervenuta alcuna causa di revoca42. 1.8- L’osservazione e il trattamento nella misura alternativa L’osservazione del detenuto in carcere e la successiva stesura del programma riabilitativo, è un approccio metodologico che investe più campi d’indagine fra più operatori ed esperti del trattamento, i quali in equipe, stendono il programma di trattamento, attraverso un osservazione scientifica della personalità, analizzando le cause che lo hanno condotto a commettere i reati in espiazione, e valutando le varie tappe della vita personale e detentiva, per individuare così i processi modificativi della sua personalità. L’osservazione e la stesura del programma sono compito di un gruppo detto G.O.T. (Gruppo di Osservazione e Trattamento), presieduto dal direttore e composto dal personale penitenziario ed esperti. In particolare il G.O.T. oltre che dal direttore è costituito dal personale di amministrazione del penitenziario come glie educatori, gli assistenti sociali, il medico, il comandante di reparto della polizia penitenziaria, insieme ad esperti esterni all’amministrazione come lo psicologo e il 42 Non verrà trattata, per le poca rilevanza quantitativa delle concessioni, all’interno di questo lavoro la misura alternativa dell’affidamento in prova al servizio sociale per i condannati militari, che ha l’obiettivo di evitare il carcere ai soggetti che si rifiutano di prestare sia il servizio militare di leva sia il servizio sostitutivo civile. La normativa (Legge n. 167/83) rimanda alla regolamentazione prevista dall'art. 47della Legge 354 del 1975 per l'affidamento in prova al servizio sociale. 54 ISTITUTO MEME S.R.L.- MODENA ASSOCIATO UIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONNET A.I.S.B.L. BRUXELLES Virginia Pieri - SST in Scienze Criminologiche (primo anno) A.A. 2007/2008 criminologo e tutti coloro che stabiliscono contatti con il detenuto (volontari, insegnanti, ecc). Ognuna di queste figure fornisce un contributo legato alla sua professionalità. Alla fine dell’osservazione il G.O.T. stila una relazione di sintesi, frutto della collaborazione della diverse figure, diretta ad individuare le cause del disadattamento, permettendo così di stabilire il trattamento più indicato per quella persona. Successivamente il Magistrato di Sorveglianza valuterà il programma e in base a questo prenderà le decisioni in merito ad eventuali benefici (misure alternative, permessi premio, ecc…). L’importanza del lavoro svolto da questa equipe è emerso anche durante un colloquio avuto con il presidente della Quarta Commissione del Comune di Firenze, la Sig.ra Susanna Agostini43, secondo la quale sarebbe opportuna una stretta collaborazione fra gli operatori che fanno parte del GOT e lo stesso detenuto nella stesura del programma di trattamento. In particolar modo è emersa, in questo colloquio, l’importanza della figura del volontario all’interno del carcere. Il volontario è colui che si impegna, nel limite delle sue possibilità, a trovare un lavoro o un alloggio alla persona che ha fatto richiesta per la misura alternativa, nel caso in cui questa non abbia all’esterno alcun sostegno familiare o sociale. La Sig.ra Agostini suggerisce una formazione e una preparazione proprio per la figura del volontario affinché sia in grado di valutare le opportunità migliori da offrire al detenuto e di valutare la comprensione e la consapevolezza, di quest’ultimo, del significato della misura alternativa. La figura del volontario è importante oggi all’interno dell’ambiente carcerario, in quanto può offrire un supporto alla grande mole di 43 L’incontro è avvenuto presso l’ufficio della IV Commissione, politiche sociali e della salute, del Comune di Firenze a Palazzo Vecchio il 13 marzo 2008. 55 ISTITUTO MEME S.R.L.- MODENA ASSOCIATO UIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONNET A.I.S.B.L. BRUXELLES Virginia Pieri - SST in Scienze Criminologiche (primo anno) A.A. 2007/2008 lavoro degli operatori che tendono ad essere sempre meno in corrispondenza dell’elevato numero dei detenuti. Come suggerisce lo stesso acronimo del G.O.T, il servizio che il sistema giuridico e il sistema penitenziario offrono al detenuto si riferisce all’osservazione e alla rieducazione. Lo stesso è chiaramente descritto nella prima legge (26 luglio 1975, n.354) riguardante le “norme sull’ordinamento penitenziario e sulla esecuzione delle misure privative e limitative della libertà” (già citata precedentemente) attraverso i seguenti articoli: “Art. 1 – Trattamento e rieducazione: Il trattamento penitenziario deve essere conforme ad umanità e deve assicurare il rispetto della dignità della persona (..) Nei confronti dei condannati e degli internati deve essere attuato un trattamento rieducativi che tenda, anche attraverso i contatti con l’ambiente esterno, al reinserimento sociale degli stessi. Il trattamento è attuato secondo un criterio di individualizzazione in rapporto alle specifiche condizioni dei soggetti. Art. 13 – Individualizzazione del trattamento: Il trattamento penitenziario deve rispondere ai particolari bisogni della personalità di ciascun soggetto. Nei confronti dei condannati e degli internati è predisposta l’osservazione scientifica della personalità per rilevare le carenze fisiopsichiche e le altre cause del disadattamento sociale. L’osservazione è compiuta all’inizio dell’esecuzione e proseguita nel corso di essa. Per ciascun condannato e internato, in base ai risultati dell’osservazione, sono formulate indicazioni in merito al trattamento rieducativo da effettuare ed è compilato il relativo programma, che è integrato e modificato secondo le esigenze che si prospettano nel corso dell’esecuzione (…) Deve essere favorita la collaborazione dei condannati e degli internati alle attività di osservazione e trattamento. 56 ISTITUTO MEME S.R.L.- MODENA ASSOCIATO UIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONNET A.I.S.B.L. BRUXELLES Virginia Pieri - SST in Scienze Criminologiche (primo anno) A.A. 2007/2008 Art. 80 – (…) Per lo svolgimento delle attività di osservazione e di trattamento, l’amministrazione penitenziaria può avvalersi di professionisti esperti in psicologia, servizio sociale, pedagogia, psichiatria e criminologia clinica (…)”. Da sottolineare la dualità del servizio offerto al detenuto: osservazione e trattamento. Ogni misura alternativa, e dunque ogni programma terapeutico, va costruita partendo dal contesto reale entro il quale si svilupperà e dal grado di comprensione o, se è possibile, dal grado di consapevolezza di bisogno di trattamento raggiunto dal detenuto beneficiario. La fase di osservazione prevede (o dovrebbe prevedere) un lavoro anche di riflessione e di preparazione alle misure alternative, di consapevolezza dell’obiettivo della misura, delle aspettative, delle risorse disponibili (sociali, familiari, personali) ed i rischi connessi. Affinché il successivo programma di trattamento venga rispettato è necessario quindi, oltre che sia individualizzato, che il detenuto ne concepisca il significato. Si rischia altrimenti che la persona scarcerata si attenga soltanto a quanto è stato stabilito frettolosamente dalle prescrizioni e dal programma di risocializzazione, riuscendo a trascorrere fuori dal carcere parte della sua pena, raggiungendo il solo obiettivo di aderire a quanto prescritto, che sia stato più o meno capito e condiviso44. Per quanto riguarda invece il trattamento, Fornari afferma che un’autonomia viene riconosciuta allo specialista solo nell’ambito dell’osservazione scientifica della personalità, con subordinazione per quanto concerne il problema dell’intervento rieducativo. Lo specialista […] viene relegato ad un mero compito tecnico – consultivo, con funzione limitata alla esecuzione di mere competenze 44 Ferrario G., Campostrini F., Polli C.; op. cit., pp.78-79. 57 ISTITUTO MEME S.R.L.- MODENA ASSOCIATO UIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONNET A.I.S.B.L. BRUXELLES Virginia Pieri - SST in Scienze Criminologiche (primo anno) A.A. 2007/2008 scientifiche45. Oggi rischia di accadere che il concetto di trattamento come intervento personalizzato, socioterapico o psicoterapico, mirato alla risocializzazione, perda terreno e venga inteso invece come applicazione o meno delle misure alternative, o come indicazione delle modalità con cui scontare la pena. L’intervento degli esperti menzionati sopra tende ad essere maggiormente indirizzato al momento valutativo-prognostico che non a quello del trattamento clinico46, nel paragrafo successivo sarà spiegato il ruolo del criminologo clinico. Le misure alternative alla detenzione rischiano di essere utilizzate come strumento rieducativo e non come mezzo rieducativo che pone l’individuo in una condizione tale da permettere l’attuazione del programma di trattamento per lui individualizzato, fuori da un contesto criminogenetico quale è il carcere. 1.8.1 Il ruolo del criminologo clinico Abbiamo visto come anche il criminologo prende parte all’attività del G.O.T. L’operato del criminologo clinico può essere distinto in due momenti: a) quello relativo al suo “ruolo terapeutico o trattamentale, cioè quello di fornitore di un servizio, su richiesta del reo, per soddisfare i suoi bisogni di aiuto psicologico, di chiarificazione interiore, di programmazione o revisione dei progetti di vita, di consiglio ed anche per effettuare attività programmate nell’ambito dell’istituzione carceraria per finalità educative collettive, discussioni o dibattiti; b) vi è poi, invece, il ruolo di osservazione, valutazione e prognosi, su mandato dell’autorità carceraria o giudiziaria, e 45 Fornari U.; op.cit., p.101. Merzagora I., Il colloquio criminologico.Il momento diagnostico e valutativo in criminologia clinica, Edizioni Unicopli, 1987 Milano, pp.16-17. 46 58 ISTITUTO MEME S.R.L.- MODENA ASSOCIATO UIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONNET A.I.S.B.L. BRUXELLES Virginia Pieri - SST in Scienze Criminologiche (primo anno) A.A. 2007/2008 definibile quindi anche come ruolo tecnico-istituzionale.47 Anche l’intervento del criminologo clinico è maggiormente indirizzato al momento valutativo-prognostico e non a quello di tecnico del trattamento clinico. Lo strumento utilizzato dal criminologo clinico in questa fase è il colloquio criminologico al quale può essere data la seguente definizione: il colloquio crimnologico è una tecnica di comunicazione, che si svolge in una situazione istituzionale, che ha come antecedente il fatto che l’intervistato abbia commesso un reato, e che ha come scopo di fornire ad altri che hanno su di lui autorità, informazioni sulla sua personalità in relazione alla genesi e alla dinamica del reato, alle indicazioni per il suo trattamento, ed alla previsione del comportamento futuro.48 Il colloquio criminologico non ha finalità terapeutiche o principalmente terapeutiche. Se nei colloqui psichiatrici e psicologici, lo scopo principale è quello di saturazione del bisogno o dei bisogni del cliente49, nel colloquio criminologico, sia in ambito peritale che in ambito carcerario, il mandato del criminologo non è principalmente quello di essere di aiuto alla persona. Alla base di un colloquio psicologico vi è la ricerca di aiuto da parte del paziente che si trova in una situazione di bisogno e disagio psicologico. La persona rivelerà, guidata dallo psicologo, tutto ciò che è necessario per arrivare a comprendere gli eventi passati della sua vita e trarre un’interpretazione di queste. Da qui poi vi è un’analisi e 47 Merzagora I., op. cit., p. 18. Merzagora I., op cit., pp. 18-19. 49 Pandolfi, in: Quadrio A., Ugazio V., (a cura di), Il colloquio in psicologia clinica e sociale. Prospettive teoriche e applicative, Franco Angeli Editore, 1983, Milano, p. 159. 48 59 ISTITUTO MEME S.R.L.- MODENA ASSOCIATO UIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONNET A.I.S.B.L. BRUXELLES Virginia Pieri - SST in Scienze Criminologiche (primo anno) A.A. 2007/2008 interpretazione delle problematiche presentate dal paziente, attraverso una stretta collaborazione fra le due figure, lo psicologo e il paziente. Il colloquio criminologico non è invece caratterizzato dalla richiesta di aiuto da parte dell’autore di un reato e non ha la finalità di indurre dei cambiamenti nel soggetto. Ha solo l’obiettivo di raccogliere le informazioni necessarie per valutare le cause del suo comportamento deviante. È opportuno che venga tenuto in mente, sia perché lo stesso criminologo non venga meno nei confronti della committenza al suo mandato sociale, sia per non ingannare chi sta di fronte, inducendolo a confessioni inopportune o creargli delle aspettative che non possono essere soddisfatte50. 50 Merzagora I.; op. cit., p. 24. 60 ISTITUTO MEME S.R.L.- MODENA ASSOCIATO UIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONNET A.I.S.B.L. BRUXELLES Virginia Pieri - SST in Scienze Criminologiche (primo anno) A.A. 2007/2008 2- DOPO LE MISURE ALTERNATIVE: RECIDIVA O RIEDUCAZIONE? È ormai chiaro che le misure alternative alla detenzione, dall’affidamento in prova alla semidetenzione, vengono applicate al fine di offrire al detenuto una possibilità di reinserimento sociale che preveda un lavoro e un equilibrio, diversi da quelli che lo hanno portato a compiere il reato. Questo è in linea generale quello che dovrebbe accadere in seguito alle misure alternative, ma realmente l’obiettivo della riabilitazione è raggiunto? Gli ex detenuti che usufruiscono della misura alternativa intraprendono, poi, un percorso di vita lontano da quello passato applicando le risorse del supporto offerto dalla riabilitazione? Le misure alternative funzionano? Partiamo introducendo il concetto di recidiva: aumento della pena per chi, dopo essere stato condannato per un reato, ne commette un altro, della stessa indole o di indole diversa rispetto al precedente51. Ma la recidiva può essere definita anche secondo altri criteri. In ambito penitenziario si può parlare di recidiva nel caso in cui un soggetto si trova in carcere o in misura alternativa, dopo esservi già stato per scontare una o più condanne. Possiamo interpretare il concetto di recidiva quindi sia come un aspetto problematico dell’individuo che ricade nel comportamento criminale, sia come un aspetto problematico della struttura penitenziaria che non ha portato a termine l’obiettivo di reinserimento sociale del condannato52. Se un individuo commette recidiva vuol dire che, durante l’esecuzione della sanzione 51 52 La definizione di recidiva è possibile trovarla negli artt. 99-101 del c.p.. Vedi appendice 1. 61 ISTITUTO MEME S.R.L.- MODENA ASSOCIATO UIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONNET A.I.S.B.L. BRUXELLES Virginia Pieri - SST in Scienze Criminologiche (primo anno) A.A. 2007/2008 penale applicatagli, non è stato raggiunto il fine del processo di risocializzazione e riabilitazione a cui deve tendere la pena53. All’interno di questo lavoro, il significato affidato alla recidiva è quello espresso nell’art. 99 del c.p., e nel contempo essa verrà utilizzata come metro di misura per valutare se, nel concreto, le misure alternative alla detenzione abbiano un’efficacia preventiva e risocializzante, se al loro termine i soggetti sono indotti ad evitare ricadute in comportamenti devianti. In particolare sarà posta l’attenzione a quelle ricerche che offrono percentuali di recidiva dopo la fine della misura alternativa54, in particolare ricerche che permettano di confrontare la percentuale dei recidivi fra i soggetti che sono arrivati a fine pena dopo la misura alternativa, con la percentuale di recidiva fra i soggetti che sono arrivati a fine pena con il carcere. Saranno riportati i dati statistici di ricerche effettuate sia a livello nazionale, sia nell’ambito della Regione Toscana e del territorio fiorentino. È importante prima di procedere, sottolineare il fatto che in genere le ricerche ed i dati offerti sulle misure alternative alla detenzione tendono a rilevare solo quelle cifre relative all’andamento quantitativo delle misure alternative e della recidiva, centrando l’attenzione sul tipo di misura, lo status del soggetto al momento della concessione (libero o già detenuto), la suddivisione per regioni ecc…. Sarebbero invece interessanti ricerche volte alla valutazione delle variabili che influenzano (e quindi sono causa) della recidiva, uno studio che sarebbe più di tipo qualitativo che quantitativo, più centrato 53 Art. 27 Costituzione della Repubblica. In letteratura sono presenti anche ricerche che offrono informazioni riguardo alla recidiva compiuta durante la misura alternativa, ma ho ritenuto più opportuno raccogliere i dati su recidive in cui l’intero programma di trattamento per la risocializzazione fosse concluso. 54 62 ISTITUTO MEME S.R.L.- MODENA ASSOCIATO UIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONNET A.I.S.B.L. BRUXELLES Virginia Pieri - SST in Scienze Criminologiche (primo anno) A.A. 2007/2008 sull’individuo. Sicuramente un tipo di ricerca del genere necessiterebbe di elevate risorse economiche e di tempo, ma potrebbe apportare suggerimenti utili proprio nella fase in cui viene steso il programma di trattamento. 2.1- I dati nazionali Prima di illustrare i dati sulla recidiva relativi alla ricerca riportata da Fabrizio Leonardi55 (vedi appendice 1), che è riferita agli anni fra 1998 e 2005, ho ritenuto opportuno illustrare alcuni dati sulle misura alternative a livello nazionale riferite all’anno 200756. I dati sono raccolti dagli Uffici di esecuzione penale esterna e poi pubblicati sul sito del Ministero di Grazia e Giustizia57. Bisogna ricordare che a metà 2006 è stato applicato il provvedimento dell’indulto58, che ha ridotto il numero delle misure alternative in esecuzione59. I dati percentuali riferiti alle misure alternative si riferiscono ai casi pervenuti nell’arco del periodo di osservazione, più i casi in carico al 1 gennaio 2007. Inoltre in questi dati il metro di misura riportato per valutare il fallimento della misura alternativa è la revoca. La revoca può essere dovuta ad un andamento negativo della misura, al 55 Direttore dell’Osservatorio delle misure alternative alla detenzione presso la Direzione Generale dell’esecuzione penale esterna. 56 Per un maggiore approfondimento dei dati sulle misure alternative, relativi alla loro distribuzione ed al loro andamento negli anni precedenti (dal 1999 al 2006) vedi il lavoro “Misure alternative e recidiva: il caso della Toscana” di Elena Garosi, presente all’interno della pubblicazione “Ordine e disordine” a cura della Fondazione Michelacci, disponibile sul sito internet della fondazione http://www.michelucci.it.. 57 Vedi sezione pianeta carcere sezione statistiche su http://www.giustizia.it 58 Art. 174 c.p.. –Indulto e grazia- L’indulto o la grazia condona, in tutto o in parte, la pena inflitta, o la commuta in un’altra specie di pena stabilita dalla legge. […]; Marino R., Petrucci R.; op. cit.. 59 Gli individui in misura alternativa come precedentemente descritto sono a fine pena, l’indulto viene concesso a soggetti che sono a fine pena, quindi ne hanno usufruito sia coloro che erano in misura alternativa, sia chi erano prossimi ad avere i requisiti giuridici per la concessione. 63 ISTITUTO MEME S.R.L.- MODENA ASSOCIATO UIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONNET A.I.S.B.L. BRUXELLES Virginia Pieri - SST in Scienze Criminologiche (primo anno) A.A. 2007/2008 sopraggiungere di una nuova posizione giuridica, per la commissione di un nuovo reato, per irreperibilità, o per altri motivi. Ancora i dati relativi alla revoca sono riferiti esclusivamente agli affidamenti in prova, non sono presi in considerazione invece le altre misure alternative (quali la detenzione domiciliare, la semidetenzione, la liberazione anticipata). Come riportato nella tabella n. 1, le misure alternative concesse sono in totale 10.389 (fra affidamenti, semilibertà e detenzione domiciliare). Di questi 5.126 sono gli affidamenti in prova, 1.398 le concessioni di semilibertà e 3.865 le detenzioni domiciliari. Nella stessa tabella sono riportate le percentuali di revoche. Le revoche per andamento negativo sono il 4,20%60 61 , le revoche per il sopraggiungere di una nuova posizione giuridica, e quindi per la mancanza dei requisiti giuridico-penali previsti, sono il 2,10%, le revoche per la commissione di reati durante la misura alternativa sono lo 0,31%, le revoche per irreperibilità sono lo 0,18%, le revoche per altri motivi sono dello 0,18%. Analizzando questi dati si può osservare che la recidiva (intesa come revoca della misura stessa) fra i soggetti in misura alternativa è molto bassa, quindi stando a questi dati le misure alternative alla detenzione raggiungerebbero il loro scopo preventivo e risocializzante. 60 Sul totale di 10.389 delle misure alternative pervenute nel periodo di osservazione, più le prese in carico al 1 gennaio 2007, fra affidamenti in prova al servizio sociale, semilibertà, detenzione domiciliare. 61 Da ricordare che la revoca per andamento negativo insorge per un comportamento che non ottempera le prescrizioni e dipende dal fatto colpevole del soggetto, qui sarà la Magistratura di Sorveglianza che deciderà se e come proseguire la misura, e quale parte della pena debba essere considerata espiata. 64 ISTITUTO MEME S.R.L.- MODENA ASSOCIATO UIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONNET A.I.S.B.L. BRUXELLES Virginia Pieri - SST in Scienze Criminologiche (primo anno) A.A. 2007/2008 La ricerca illustrata da Fabrizio Leonardi (appendice 1) invece ha come oggetto gli affidati in prova al servizio sociale con affidamento ordinario, militare e in casi particolari, ed esamina i casi, fra questi, archiviati nel 1998 e coloro che entro il 2005 hanno subito una nuova condanna iscritta nel Casellario giudiziale. Nel 1998 gli affidamenti in prova al servizio sociale erano il 78,23% di tutti i casi di misure alternative seguiti dai CSSA (Centri di servizio sociale per adulti, gli UEPE di oggi). Dei 27.651 casi seguiti nel 1998 dai CSSA, 15.711 erano stati presi in carico nel corso dell’anno, i restanti 11.940 erano una prosecuzione di una misura che aveva avuto inizio negli anni precedenti. Nel corso della ricerca sono stati esaminati 8.817 casi e di questi sono risultati recidivi 1.677, pari al 19% del campione della ricerca. Importante è l’analisi effettuata nella ricerca dell’intervallo temporale, cioè il numero di mesi trascorsi tra la fine della misura e la data di commissione di un nuovo reato. L’intervallo temporale era stabilito fra 0 e 81 mesi, già dopo 54 mesi il 90% dei recidivi62 aveva commesso un nuovo reato, in media i soggetti in esame hanno commesso un nuovo reato dopo 25 mesi. Un quarto dei recidivi aveva commesso un nuovo reato dopo un anno, la metà dopo soli 21 mesi, e ben il 75% dopo 37 mesi. Come si può osservare l’andamento la percentuale di recidivi mostra una correlazione positiva con l’aumento dell’intervallo di tempo fra il termine della misura alternativa e il nuovo reato63. Valutiamo adesso la percentuale dei soggetti recidivi che sono arrivati a fine pena attraverso il carcere. Nel 1998 sono stati scarcerati 5.772 62 Ricordiamo che questa percentuale è riferita ai 1.677 recidivi sugli 8.817 soggetti interessati dalla ricerca. 63 Per esaminare il grafico relativo si veda appendice 1. L’appendice 1, poiché rappresentata da un documento in pdf, non seguirà la numerazione delle pagine precedenti. 66 ISTITUTO MEME S.R.L.- MODENA ASSOCIATO UIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONNET A.I.S.B.L. BRUXELLES Virginia Pieri - SST in Scienze Criminologiche (primo anno) A.A. 2007/2008 condannati, 3951 di questi, cioè il 68, 45% hanno fatto rientro in carcere una o più volte e hanno avuto una sentenza di condanna definitiva per nuovi reati64 indipendentemente dall’applicazione dell’art.99 c.p.. In questo caso Leonardi li considera i recidivi in senso penitenziario. Se confrontiamo i dati di questa ricerca possiamo vedere che tra gli 8.817 soggetti del campione della ricerca (soggetti in misura alternativa al 1998), solo il 19% commette recidiva, mentre fra i detenuti scarcerati il 68, 45%65. Stando a queste informazioni fino al 2005 la misura alternativa possiamo dire che raggiungeva il suo scopo di strumento volto alla prevenzione e alla risocializzazione del soggetto. Mentre sarebbe dimostrato che la semplice detenzione non “tenderebbe alla rieducazione” del soggetto, ma a far commettere un nuovo reato. Questi dati riguardano il quadro nazionale, andiamo adesso a valutare i dati pervenuti dalle ricerche a livello regionale, riguardanti un territorio più ristretto. 2.2- Le ricerche su base regionale: la Toscana I dati sulle misure alternative e la recidiva in Toscana sono stati ricavati dalla ricerca effettuata da Elena Garosi e riportata nell’Osservatorio della Fondazione Michelucci 2007. Nel grafico 1 è riportato l’andamento delle misure alternative concesse negli anni tra il 2001 e il 2006, i dati si riferiscono a dati assoluti. I dati presi in esame si riferiscono agli ex CSSA, adesso 64 Vedi grafico in appendice 1 Non è chiaro se la recidiva è valutata nel corso degli anni dalla scarcerazione fino al 2005, come per i soggetti in misura alternativa. 65 67 ISTITUTO MEME S.R.L.- MODENA ASSOCIATO UIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONNET A.I.S.B.L. BRUXELLES Virginia Pieri - SST in Scienze Criminologiche (primo anno) A.A. 2007/2008 UEPE, di Firenze (che comprende anche i casi di Prato, Pistoia, Arezzo), Siena, Livorno, Pisa (che comprende anche i casi di Lucca), non è stato preso in considerazione Massa, perché per alcuni anni i dati sono stati riportati insieme a La Spezia. È possibile notare come nel primo semestre del 2006 i casi di misura alternativa seguiti erano 98366, ma dopo l’indulto67 (agosto 2006, legge n. 241/06) arrivano ad essere 18068, una riduzione molto elevata. Dallo stesso grafico 1 si può osservare che la diminuzione significativa del numero di misure alternative è dovuta in larga misura alla diminuzione dei casi di affidamento in prova al servizio sociale, mentre il numero delle altre misure diminuisce in modo più lieve. Questo è anche dovuto al fatto che in generale l’affidamento in prova al servizio sociale è una delle misure alternative alla detenzione più concessa in Toscana con una percentuale del 70% nel primo semestre del 2006, sul totale dei casi di misure alternative concesse nella regione (vedi tabella 2). Il ricorso all’affidamento in Toscana risulta leggermente maggiore al rispetto al dato nazionale che si attesta, per il 2006, su un valore del 65%. Prima di procedere con la ricerca relativa all’andamento della recidiva in Toscana è importante riflettere sulla brusca flessione che si è verificata dopo l’indulto, e su cui si può porre un interrogativo: che fine hanno avuto i programmi di risocializzazione dei soggetti in misura alternativa toccati dall’indulto69? Il trattamento si è interrotto, l’individuo non è stato, probabilmente, in grado di provvedere a crearsi una condizione lavorativa, a procurarsi un domicilio (nel caso in cui non ce l’avesse), insomma tutte quegli elementi necessari per 66 I dati si riferiscono al 30 giugno 2006. Art. 174 c.p.. 68 I dati si riferiscono al 1 gennaio 2007. 69 Ivi nota 58. 67 68 ISTITUTO MEME S.R.L.- MODENA ASSOCIATO UIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONNET A.I.S.B.L. BRUXELLES Virginia Pieri - SST in Scienze Criminologiche (primo anno) A.A. 2007/2008 ristabilire un determinato equilibrio, per mancanza di tempo. Questo sostegno, durante la misura alternativa era concesso dagli UEPE, dagli assistenti sociali e dalle associazioni di volontariato. Quindi non sarebbe possibile per questi casi, anche avendo i dati a disposizione, valutare l’efficacia preventiva delle misure alternative, visto che il loro programma risocializzante è stato interrotto. Dopo aver rilevato l’andamento delle misure alternative in carico negli anni tra il 2001 e il 2006, presso i CSSA della regione Toscana, verranno adesso riportati i dati della ricerca sulla recidiva nella regione. Questa indagine è stata condotta prendendo in considerazione la più diffusa fra le misure alternative alla detenzione, cioè l’affidamento in prova al servizio sociale. Grafico 1- Andamento casi di misure alternative seguite in Toscana70 70 I dati sono stati rilevati in momenti differenti di ciascun anno preso in considerazione. In particolare, per gli anni 2001, 2002, 2003 e 2006-1° semestre i dati corrispondono ai casi in carico al 30 giugno di ciascun anno; i dati per il 2004 e il 2006-2° semestre corrispondono ai casi in carico al 1° gennaio dell’anno successivo (ovvero 2005 e 2007); per il 2005, infine, i dati corrispondono ai casi in carico al 31 dicembre. Per gli affidamenti in prova, non sono stati conteggiati i pochi casi di affidamenti militari. 69 ISTITUTO MEME S.R.L.- MODENA ASSOCIATO UIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONNET A.I.S.B.L. BRUXELLES Virginia Pieri - SST in Scienze Criminologiche (primo anno) A.A. 2007/2008 Tabella 2- Percentuali relative al grafico 2. *i dati sono relativi al 30/06 **dati relativi al 01/01 ***dati relativi al 31/12 Misure 2001* 2002* 2003* 2004** 2005*** alternative 2006 I 2006 II semestre* semestre** Affidamento 75% 69% 67% 77% 70% 70% 46% in prova N=946 N=946 N=1093 N=691 N=789 N=703 N=82 Semilibertà 9% 10% 10% 9% 10% 10% 26% Detenzione 16% 21% 21% 18% 20% 20% 28% N=983 N=180 domiciliare Totale (N) N=1.266 N=1.377 N=1.635 N=1.084 N=998 Le informazioni utilizzate nella ricerca, provengono da fonti documentali71 e questo ha permesso di condurre un’indagine che andasse per lo più a descrivere l’aspetto quantitativo della recidiva tra gli affidati in prova al servizio sociale, tralasciando quelle variabili di tipo sociale e individuale che possono influenzare l’andamento della misura ed il percorso di vita della persona, portandolo eventualmente alla ricaduta in un comportamento antisociale. Inizialmente i protagonisti della ricerca comprendevano gli affidamenti in prova dichiarati estinti dal nel 1999 (l’80% dei casi), nel 2000 (l’1% dei casi) e (la restante percentuale) negli anni precedenti al 199972. Il totale delle declaratorie di estinzione era di 1.022; tra queste 727 (71%) erano affidamenti ordinari e 295 (29%) erano affidamenti terapeutici. Successivamente l’analisi si è ristretta ad un sotto-gruppo di 250 soggetti (corrispondenti, all’incirca, ad ¼ 71 Le informazioni sono state ricavate dal Tribuna di Sorveglianza di Firenze e dalle collezioni delle declaratorie di estinzione e delle ordinanze di concessione degli affidamenti in prova, gestiti dagli ex CSSA di Firenze (Arezzo, Prato, Pistoia), Livorno, Pisa (Lucca) e Siena. 72 Le fonti dei dati per questa prima fase della rilevazione, erano costituite dalle declaratorie di estinzione degli affidamenti in prova, conclusisi con esito positivo e dalle corrispondenti ordinanze di concessione dell’affidamento, che dovevano risalire al massimo al 1996. 70 ISTITUTO MEME S.R.L.- MODENA ASSOCIATO UIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONNET A.I.S.B.L. BRUXELLES Virginia Pieri - SST in Scienze Criminologiche (primo anno) A.A. 2007/2008 dell’intero universo di riferimento), che avevano concluso l’affidamento in prova nel corso del primo trimestre del 2000. In questo modo i ricercatori hanno avuto a disposizione almeno 6 anni dopo la fine dell’affidamento, per individuare eventuali episodi di recidiva. Dall’analisi dei dati relativi a questo sotto-gruppo è risultato che: la durata media della misura è di 11 mesi e mezzo. L’80% delle misure si è concluso nel 1999, il 15% nel 1998, il 3% nel 1997, l’1% nel 2000 e il restante 1% in anni precedenti (1994 e 1996). L’ex CSSA di Firenze risulta occuparsi di oltre l’80% degli affidamenti in Toscana, seguito da Siena (7%), Pisa (6%) e Livorno (5%). Tra i 250 casi sono risultati validi 232, in quanto sono stati esclusi 13 casi di soggetti deceduti e 5 casi per cui il certificato penale risultava come “scheda nulla”. La recidiva è risultata pari al 27% (sui 232 casi risultati validi), un valore di 8 punti percentuali superiore rispetto al dato nazionale registrato da Leonardi (2006) e di 5 punti percentuali superiore rispetto al dato rilevato da Santoro e Tucci73 per la regione Toscana, nel periodo 1998-2004. Importante ricordare che, nel caso della Toscana, non sono confrontati i dati con le percentuali di recidivi fra i soggetti che sono arrivati a fine pena in carcere. I recidivi che hanno usufruito di un affidamento in prova sono risultati tendenzialmente uomini, con un’età compresa tra i 30 e i 39 anni (in 73 La ricerca Progetto misura è descritta all’interno del documento scritto da Eleonora Garosi, Misure alternative e recidiva: il caso della Toscana, p. 184, all’interno della pubblicazione del 2007 Ordine e disordine della Fondazione Michelucci, consultabile sul sito http://www.michelucci.it. 71 ISTITUTO MEME S.R.L.- MODENA ASSOCIATO UIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONNET A.I.S.B.L. BRUXELLES Virginia Pieri - SST in Scienze Criminologiche (primo anno) A.A. 2007/2008 generale l’andamento della recidiva è inversamente proporzionale all’aumento dell’età), stranieri74, con precedenti penali, con problemi di alcool o tossicodipendenza, che commettono delitti contro il patrimonio o in violazione della normativa sugli stupefacenti e che hanno avuto almeno un’esperienza di carcerazione. Ancora è risultato che tra gli affidati provenienti dalla libertà solo il 25% è risultato recidivo; il valore sale al 38% per gli affidati provenienti dalla detenzione, evidenziando il peso dell’esperienza della carcerazione sulla ricaduta in comportamenti devianti. Il profilo del recidivo che emerge dall’analisi dei dati sembra confermare i risultati della ricerca effettuata da Leopardi a livello nazionale e riportata nel paragrafo 2.1. 2.3- I numeri sul territorio fiorentino I dati relativi alle misure alternative riguardanti il Tribunale di Sorveglianza di Firenze, sono raccolti dalla relazione del Garante dei diritti delle persone private della libertà personale del Comune di Firenze, Franco Corleone75. In particolare questi dati sono stati forniti direttamente dal Tribunale di Sorveglianza di Firenze e commentati dal Presidente della Fondazione Michelucci, Alessandro Margara76. I dati più recenti si riferiscono al primo semestre 2007. I dati su cui sarà posta l’attenzione riguardano le revoche delle misure avute in 74 Su un totale di 63 persone recidive (su 232), il 43% sono stranieri e il 27% italiani. F. Corleone è il Garante per i diritti delle persone private della libertà personale del Comune di Firenze che ha il compito di valutare la veridicità delle contestazioni della persona privata della libertà personale e valutare la violazione o meno dei suoi diritti, insieme ad una attività di promozione degli stessi. Per un maggior approfondimento sulla figura del Garante vedi il sito internet http://www.comune.fi.it. La relazione del Garante è consultabile al sito internet http://www.comune.fi.it/opencms/export/sites/retecivica/amm/garanti/garante_detenuti/relazione/r elaz2007.doc 76 A. Margara per molti anni è stato il presidente del Tribunale di Sorveglianza di Firenze, sensibile alle problematiche della detenzione, si è impegnato molto nella sensibilizzazione sulle misure alternative, insieme a Mario Gozzini, ed oggi Presidente della Fondazione Michelucci. 75 72 ISTITUTO MEME S.R.L.- MODENA ASSOCIATO UIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONNET A.I.S.B.L. BRUXELLES Virginia Pieri - SST in Scienze Criminologiche (primo anno) A.A. 2007/2008 questo primo semestre. La revoca si ha nel caso in cui l’andamento della prova è negativo, cioè nel caso in cui il soggetto non rispetta le prescrizioni o commette un nuovo reato. Come è possibile intuire, con questi dati non abbiamo un informazione specifica relativa alla recidiva77 dei soggetti durante o dopo la misura alternativa, ma soltanto dati che si riferiscono all’interruzione della misura alternativa in seguito ad un evento dipendente direttamente dal soggetto, che può suggerire una mancata rieducazione e risocializzazione, in generale comunque, un mancato allontanamento da quei comportamenti di tipo deviante, ma che non concerne necessariamente la commissione di nuovi reati. Sarebbe opportuna una ricerca che valutasse (come le precedenti citate), negli anni la percentuale di recidiva di quei soggetti che hanno ottenuto la misura alternativa dal Tribunale di Sorveglianza di Firenze dopo l’estinzione della stessa. Attraverso i dati che ho potuto raccogliere (riportati nella tabella 3) si può osservare come gli affidamenti ordinari concessi nel primo semestre del 2007 siano stati 70 e revocati 4, 26 concessioni e 3 revoche per l’affidamento in prova in casi particolari. Le revoche sono poche rispetto alle concessioni, quindi si potrebbe affermare che i programmi di risocializzazione applicati sul suolo fiorentino (e ricordo nelle altre province che fanno capo al Tribunale di Sorveglianza di Firenze) hanno una tendenza di esito positivo. Gli individui in misura alternativa rispettano le prescrizioni del Tribunale e si avviano ad un processo di reinserimento. Occorre anche osservare che, la revoca o la prosecuzione della misura in seguito ad un comportamento non conforme alle prescrizioni del 77 Così come è interpretata nell’art. 99 c.p. 73 ISTITUTO MEME S.R.L.- MODENA ASSOCIATO UIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONNET A.I.S.B.L. BRUXELLES Virginia Pieri - SST in Scienze Criminologiche (primo anno) A.A. 2007/2008 Tabella 3- Dati relativi all’attività del Tribunale di Sorveglianza di Firenze relativi al primo semestre 2007 ANNO OGGETTO AFFIDAMENTO IN PROVA IN CASI PARTICOLARI 1° semestre 2007 AFFIDAMENTO IN PROVA AL SERVIZIO SOCIALE DETENZIONE DOMICILIARE LIBERAZIONE CONDIZIONALE SEMILIBERTA' 74 NUMERO PROCEDIMENTI DECISIONE CONCESSE 26 N.L.P. 17 ESTINTE 121 NON ESTINTE 2 INAMMISSIBILI 8 INCOMPETENZA 1 CESSATE 1 PROSEGUITE 1 REVOCATE 3 NON REVOCATE 1 RESPINTE 22 CONCESSE 70 N.L.P. 96 ESTINTE 338 NON ESTINTE 1 INAMMISSIBILI 35 INCOMPETENZA 8 INEFFICACIA 2 PROSEGUITE 2 REVOCATE 4 NON REVOCATE 2 RESPINTE 106 CONCESSE 35 N.L.P. 71 INAMMISSIBILI 36 INCOMPETENZA 9 CESSATE 1 PROSEGUITE 1 REVOCATE 2 NON REVOCATE 1 RESPINTE 70 CONCESSE 1 ESTINTE 1 INAMMISSIBILI 1 N.L.P. 1 RESPINTE 12 CONCESSE 35 N.L.P. 43 INAMMISSIBILI 18 INCOMPETENZA 5 REVOCATE 1 NON REVOCATE 4 RESPINTE 57 ISTITUTO MEME S.R.L.- MODENA ASSOCIATO UIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONNET A.I.S.B.L. BRUXELLES Virginia Pieri - SST in Scienze Criminologiche (primo anno) A.A. 2007/2008 soggetto, dipende dalla discrezionalità del Magistrato che può anche decidere, nel caso, di modificare le prescrizioni, aumentando i limiti alla persona, ma comunque concedere un’altra possibilità e far proseguire la misura. È importante osservare la tendenza ad una disponibilità della Magistratura alla concessione delle misure, che fa presagire una maggiore fiducia in esse e nei loro obiettivi. 2.4- Le variabili che possono indurre alla recidiva Si è osservato, in base alle ricerche proposte sopra, che la recidiva negli anni successivi alla fine della misura alternativa, coinvolge a livello nazionale il 19% dei soggetti, mentre tra i soggetti che terminano la pena con il carcere, commettono recidiva il 68,45%, sempre a livello nazionale (vedi paragrafo 2.1). In Toscana invece (vedi paragrafo 2.2) su un totale di 232 soggetti osservati nell’arco di circa 6 anni dalla fine della misura alternativa, il 27% è risultato recidivo. Possiamo allora affermare che, utilizzando la recidiva come metro di riferimento per valutare l’efficacia preventiva delle misure alternative, le stesse misure alternative raggiungono il loro obiettivo risocializzante e rieducativo. È necessario però fare delle osservazioni importanti. Il merito di una bassa percentuale di recidiva dopo le misure alternative è veramente riconducibile alla forma alternativa alla detenzione? Non è invece riconducibile alla combinazione tra le condizioni in cui il soggetto svolge la misura, quindi alle caratteristiche qualitative della misura, e i fattori individuali come 75 ISTITUTO MEME S.R.L.- MODENA ASSOCIATO UIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONNET A.I.S.B.L. BRUXELLES Virginia Pieri - SST in Scienze Criminologiche (primo anno) A.A. 2007/2008 personalità, convinzioni, obiettivi che sono spinti dalle loro aspettative? Quando si parla di percorso rieducativo, come quello che dovrebbe essere applicato all’interno della misura alternativa, credo occorra tenere ben presente il soggetto a cui è destinato il trattamento. Come è già stato riportato, il programma di risocializzazione deve essere individualizzato per la persona destinata a quella specifica misura alternativa. Ciò a cui è necessario prestare attenzione nella sua stesura è quindi la personalità del soggetto, l’età, la cultura di provenienza, il tipo di reato commesso per il quale è concessa la misura alternativa, gli anni di detenzione. Importanti possono risultare le condizioni carcerarie in cui ha vissuto precedentemente il soggetto78. Quindi il percorso rieducativo stabilito contiene tutte quelle variabili indipendenti che possono determinare la probabilità della recidiva. La persona può essere così fortemente legata e radicata alla cultura, all’ambiente di provenienza che lo ha portato a commettere il crimine, da non considerare come modelli alternativi quelli che permettono di vivere nella società legalmente. Questo porterà il soggetto ad utilizzare l’alternativa alla detenzione, non come un’opportunità di redenzione, ma come un’opportunità per evitare il carcere e tornare ad una condizione precedente la pena detentiva. L’età della persona che ottiene la misura alternativa è un fattore che può determinare l’esito positivo o meno del reinserimento sociale. È ovvio che sia più facile rieducare una persona più giovane, per la 78 Sul Sole 24 ore del 23 luglio 2007 sono riportati i risultati di un lavoro pubblicato dal center for Economic Policy and Reaserch di Londra secondo il quale una più lunga permanenza in carcere non rafforza, ma indebolisce la sensibilità dei condannati alla minaccia di pene future, esponendoli maggiormente alla recidiva. Ancora in uno studio (scaricabile sul sito dell’IZA di Bonn ftp.iza.org/dp3395.pdf, riportato sul Sole 24 Ore del 4 febbraio 2008, è stata riscontrata una relazione positiva tra grado di isolamento e propensione alla recidiva (inteso l’isolamento come la distanza del carcere dal capoluogo di Provincia più vicino). 76 ISTITUTO MEME S.R.L.- MODENA ASSOCIATO UIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONNET A.I.S.B.L. BRUXELLES Virginia Pieri - SST in Scienze Criminologiche (primo anno) A.A. 2007/2008 quale ancora è presente davanti un lungo percorso di vita, il quale permette di credere nel realizzarsi di aspettative ed obiettivi, cosa che è invece più difficile tra le persone adulte che non hanno mai avuto la possibilità di alternativa e per le quali è difficile avere aspettative e credere nella loro realizzazione. La giovane età favorisce anche l’apprendimento di nuove abilità lavorative, tramite per esempio corsi di formazione. Per un individuo adulto, invece, le potenzialità da stimolare sono minori, quindi occorre prestare maggiore attenzione alle abilità già presenti. Si associano all’età della persona anche gli anni trascorsi all’interno dell’ambiente carcerario. Un periodo prolungato in un contesto criminogenetico renderà più difficile l’adattamento ad uno stile di vita basato sulla legalità, sul rispetto di norme e sul rispetto delle regole. Importante è anche tenere in considerazione come fattore che può influenzare la probabilità di recidiva, l’ambiente e il luogo in cui viene trascorso il periodo della misura alternativa, l’attività in cui è impegnato il soggetto. Generalmente il Tribunale di Sorveglianza, nelle prescrizioni, riporta il Comune, i luoghi e i posti cui al soggetto è permesso frequentare, generalmente lontani dall’ambiente criminogenetico di provenienza e nella provincia che fa capo allo stesso Tribunale. In un colloquio con il Garante dei Diritti delle Persone Private della Libertà Personale del Comune di Firenze, Franco Corleone79, è emerso come suo suggerimento per un più facile inserimento sociale e riabilitativo dell’ex detenuto, o della persona in misura alternativa, le piccole realtà di provincia intorno alle grandi città. Sicuramente in una piccola comunità è più probabile l’integrazione di un individuo, è 79 Nel cap. 3 sarà fatto riferimento più approfonditamente al colloquio. 77 ISTITUTO MEME S.R.L.- MODENA ASSOCIATO UIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONNET A.I.S.B.L. BRUXELLES Virginia Pieri - SST in Scienze Criminologiche (primo anno) A.A. 2007/2008 maggiore il sostegno, ma anche il controllo sociale che possono esercitare i suoi componenti su di una persona che deve seguire un programma di riabilitazione e quindi seguire anche delle regole. All’interno di una grande città probabilmente è minore la disponibilità dei cittadini ad offrire il proprio sostegno ad un individuo con precedenti penali. La persona non avendo un supporto si ritroverà, quasi inevitabilmente, a cercarlo in quell’ambiente dove lo aveva trovato in precedenza, ma che poi lo ha portato a commettere il reato. In questo modo quindi è più facile ricadere in quella che può essere chiamata emarginazione sociale. Qui mi riferisco principalmente a quei soggetti che rappresentano quel consistente gruppo che è i 2/3 della popolazione carceraria costituito da immigrati, tossicodipendenti, persone con problemi psichiatrici ed in generale in uno stato di criticità sociale, che Alessandro Margara chiama detenzione sociale 80. Assume importanza che il lavoro, i corsi di formazione e in generale l’occupazione a cui sono destinate le persone in misura alternativa, siano corrispondenti agli interessi di quest’ultimi, alle loro potenzialità. In questo modo è più probabile che il soggetto mostri un maggiore impegno all’interno del programma di riabilitazione. Si può quindi affermare che in generale il programma rieducativo individualizzato, è il rappresentante di tutti quei fattori che possono ridurre o meno la probabilità di recidiva. 80 Questo tema sarà trattato più avanti. 78 ISTITUTO MEME S.R.L.- MODENA ASSOCIATO UIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONNET A.I.S.B.L. BRUXELLES Virginia Pieri - SST in Scienze Criminologiche (primo anno) A.A. 2007/2008 3- PER MIGLIORARE L’APPLICAZIONE DELLE MISURE ALTERNATIVE Nel corso della preparazione di questo lavoro, ho avuto l’opportunità di avere un colloquio con Alessandro Margara81 e, successivamente, con Franco Corleone82 con i quali ho affrontato tematiche legate alle misure alternative e ad un possibile loro miglioramento. 3.1- Confronto tra le diverse forme di misura alternativa Si è visto come la percentuale di concessioni per l’affidamento in prova al servizio sociale, sia maggiore rispetto a alle percentuali di concessioni delle altre misure alternative. Margara afferma che si presentano nella pratica alcuni irrigidimenti [nella concessione dell’affidamento] della magistratura di sorveglianza, persuasa, così, di rendere la misura più conforme alla legge, mentre, a mio avviso, tali irrigidimenti rischiano di renderla meno efficace. Il primo irrigidimento è l’ampio ricorso alla prescrizione della permanenza notturna nella propria abitazione, che ha, fra l’altro, il corollario del controllo domiciliare da parte degli organi di polizia. A mio avviso questa non è una evoluzione, ma una involuzione della misura, in quanto fa emergere, nella dialettica controllo-sostegno – efficacemente descritta nella sentenza n. 343/87 della Corte costituzionale – un pericoloso rafforzamento del momento del controllo e notevoli rischi per la efficacia del sostegno. Un 81 Il colloquio si è tenuto presso la sede della Fondazione Michelucci, di cui ricordo Margara ne è il presidente, il giorno 7 aprile 2008. 82 Il colloquio si è tenuto presso l’ufficio del Garante, presso il distaccamento del Comune di Firenze in P.za Parte Guelfa, il giorno 18 aprile 2008. 79 ISTITUTO MEME S.R.L.- MODENA ASSOCIATO UIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONNET A.I.S.B.L. BRUXELLES Virginia Pieri - SST in Scienze Criminologiche (primo anno) A.A. 2007/2008 processo di reinserimento sociale è tanto più produttivo in quanto si svolge in un quadro di normalizzazione della vita propria e dei propri familiari: e la imposizione di orari e il controllo di polizia, fisiologicamente pesante, sono negativi per quel processo. Mentre è indubbio che, come accadeva in passato, si ricorra all’obbligo di permanenza notturna nella abitazione quando c’è alle spalle una vita disordinata (casi dei tossici o degli alcoolisti) che si deve cercare di regolarizzare, è improprio generalizzare questo obbligo, come, invece, si sta facendo.83 Questa osservazione è condivisibile, tuttavia occorrono delle regole e delle norme che l’individuo deve rispettare, vivere nella legalità significa sicuramente vivere nel rispetto delle regole. I soggetti in misura alternativa sono comunque autori di un reato, in quanto tali non possono ottenere la libertà totale. È necessario che la libertà sia concessa gradualmente, appunto attraverso la misura alternativa e le regole che essa contiene, il cui rispetto è monitorato dalle autorità. Questo graduale avvicinamento alla libertà ha l’obiettivo di eliminare il controllo delle autorità, con la fiducia che il soggetto sia, successivamente, in grado di automonitorare il suo rispetto delle regole. Sempre Margara afferma che il secondo irrigidimento è quello di inserire tra le prescrizioni della misura anche quella di risarcire il danno del reato: questo viene fatto con una interpretazione, più arbitraria che estensiva del comma 7 dell’art.47 [dell’Ordinamento Penitenziario], che richiede, invece, che “l’affidato si adoperi, in quanto possibile, in favore della vittima del suo reato ed adempia puntualmente agli obblighi di assistenza familiare”. Mi sembra che 83 Per la consultazione dell’intero documento vedi appendice 2. 80 ISTITUTO MEME S.R.L.- MODENA ASSOCIATO UIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONNET A.I.S.B.L. BRUXELLES Virginia Pieri - SST in Scienze Criminologiche (primo anno) A.A. 2007/2008 inserire un obbligo di risarcimento vada del tutto al di fuori delle previsioni del citato comma 7, come mi sembra anche fuori tema quello di generici impegni di giustizia riparativa che vadano al di là dei rapporti con la vittima del reato84. Il risarcimento nei confronti della vittima non coincide propriamente con il principio di retribuzione della pena riportato nel paragrafo 1.1. Dovrebbe essere inteso come incentivo per sviluppare quel sentimento di empatia nei confronti della vittima, attraverso la comprensione del reato e delle sue conseguenze. Se il soggetto in misura alternativa è in grado di “mettersi nei panni” della vittima, svilupperà un sentimento negativo nei confronti del reato stesso e quindi un allontanamento dal comportamento deviante. È necessario, all’interno delle prescrizioni della misura alternativa, fare riferimento al risarcimento nei confronti della vittima, ma allo stesso tempo occorre anche specificarne la natura e inserendolo nel programma di trattamento. Comprendere la natura del reato e le sue conseguenze sulla vittima, fanno parte del processo di risocializzazione e rieducazione. Tra le altre forme di misura alternativa, la semilibertà negli anni continua ad avere un’applicazione sempre più rara. Sicuramente è più difficile pensare ad un esito positivo e ad un andamento fluido e regolare del programma di rieducazione, in una condizione che alterna libertà e detenzione nell’arco di un giorno. La liberazione condizionale è la misura alternativa che c’era quando non c’erano le misure alternative […] a qualche anno è di applicazione sempre più rara. […] Cercare la ragione di questa posizione della magistratura di sorveglianza non è facile. Fa parte 84 Vedi nota 83. 81 ISTITUTO MEME S.R.L.- MODENA ASSOCIATO UIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONNET A.I.S.B.L. BRUXELLES Virginia Pieri - SST in Scienze Criminologiche (primo anno) A.A. 2007/2008 probabilmente del più generale irrigidimento della stessa magistratura, tanto più operante, specie se si coglie sullo sfondo delle campagne mediatiche nei casi di insuccesso, nelle situazioni che approdavano di norma alla liberazione condizionale, quelli, cioè, delle pene più elevate85. I soggetti che arrivano alla liberazione condizionale, avendo pene più elevate, hanno alle spalle un maggior tempo di permanenza all’interno del circuito carcerario. Per queste persone potrebbe essere più difficile e tortuoso il percorso di reinserimento sociale, l’allontanamento dal comportamento deviante e quindi potrebbe essere maggiore la probabilità di recidiva dopo la concessione della stessa misura. In questi termini sarebbe comprensibile la prudenza adottata dalla Magistratura di Sorveglianza, tuttavia sarebbe opportuno muoversi verso una sua incentivazione, ad esempio attraverso un programma di reinserimento ben strutturato. Infine Margara afferma che: Una misura alternativa che ha preso notevole spazio è quella della detenzione domiciliare, che si presenta con una serie di sottospecie sempre più numerose. Fra l’altro, va ricordato che la detenzione domiciliare a termine può essere concessa nei casi di differimento della esecuzione della pena per gravi condizioni di salute o per gravidanza e puerperio (esteso fino a tre anni di età del figlio): in tali casi, la pena viene espiata in detenzione domiciliare, così che il differimento della esecuzione non si verifica. La detenzione domiciliare è una misura alternativa sui generis: alternativa, se si vuole, al carcere, ma non alla detenzione, perché si esegue in stato detentivo, con la previsione della evasione. E’ possibile, però, che si caratterizzi di più come misura alternativa, 85 Vedi nota 83. 82 ISTITUTO MEME S.R.L.- MODENA ASSOCIATO UIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONNET A.I.S.B.L. BRUXELLES Virginia Pieri - SST in Scienze Criminologiche (primo anno) A.A. 2007/2008 quando il tribunale di sorveglianza o, dopo la concessione, il magistrato di sorveglianza, prevedono un orario di uscita dalla sede della detenzione (la “propria abitazione” o “altro luogo di privata dimora” o “luogo pubblico di cura, assistenza e accoglienza”) per il soddisfacimento delle “sue indispensabili esigenze di vita”, comprensive del lavoro o di programmi terapeutici o di reinserimento. Questi spazi, specie quando calcolati, nella concessione, in modo molto rigido e ristretto, sono, però, la fonte di denuncie per evasione, che non ne fanno una misura alternativa di facile gestione da parte degli interessati86. La detenzione domiciliare potrebbe essere considerata come una misura alternativa che avvicina la persona alla risocializzazione attraverso un percorso più lento e non diretto, come avviene per esempio con l’affidamento in prova. Pur avendo l’obbligo di rimanere in casa o nella struttura dichiarata come dimora, la persona può più facilmente intraprendere un processo di regolarizzazione e normalizzazione della propria vita, in un ambiente sicuramente diverso rispetto a quello del carcere. Successivamente, attraverso la concessione dei permessi di uscita per scopi lavorativi, la persona compierà un ulteriore passo avanti nel percorso di inserimento sociolavorativo. A questo punto, per ovviare a alle eventuali evasioni, sarà necessario ricorrere agli organi di Polizia, mantenendo quanto detto a questo proposito all’inizio di questo paragrafo. 86 Vedi nota 83. 83 ISTITUTO MEME S.R.L.- MODENA ASSOCIATO UIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONNET A.I.S.B.L. BRUXELLES Virginia Pieri - SST in Scienze Criminologiche (primo anno) A.A. 2007/2008 3.2- Le concessioni delle misure alternative Come afferma Margara87, a livello nazionale i rigetti (compresi i casi di inammissibilità) da parte dei Tribunali di Sorveglianza, sono decisamente più numerosi rispetto alle concessioni88. I rigetti o i casi di inammissibilità si hanno nei casi in cui la domanda presentata dal detenuto (attraverso il suo avvocato) non soddisfa i requisiti necessari per ottenere la misura e riportati all’interno dei rispettivi articoli dell’Ordinamento Penitenziario. Al Magistrato di Sorveglianza spetta sempre la decisione ultima per ogni concessione, infatti in base a tutte le informazioni raccolte dall’UEPE nell’inchiesta di servizio sociale, insieme ai risultati dell’osservazione scientifica della personalità svolta dal GOT, valuterà se è opportuna o meno la concessione della misura. Corleone, all’interno del colloquio, suggerisce che possa circolare una sorta di scetticismo e paura nella concessione delle misure alternative alla detenzione, qualsiasi esse siano. Ancora afferma che occorrerebbe osare molto di più nelle concessioni, ed offrire l’opportunità di rieducazione ad un numero maggiore di soggetti, escludendo comunque soggetti che si sono segnati di un reato molto grave e che comunque non mostrano alcuna intenzione, al momento, di modificare il loro percorso di vita. Margara aggiunge durante il colloquio, che invece di ricorrere subito al rigetto della domanda, magari per la mancanza di quei requisiti necessari per la concessione, si potrebbe ricorrere al rinvio della sentenza, nell’attesa che vi siano le condizioni necessarie. 87 Vedi nota 83. Presso il Tribunale di Firenze invece le concessioni sono ampiamente prevalenti rispetto ai rigetti, confrontate con i dati a livello nazionale. 88 84 ISTITUTO MEME S.R.L.- MODENA ASSOCIATO UIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONNET A.I.S.B.L. BRUXELLES Virginia Pieri - SST in Scienze Criminologiche (primo anno) A.A. 2007/2008 Concordando con quanto appena riportato, aggiungerei la necessità di intensificare il percorso di accompagnamento già all’interno del carcere da parte di educatori e psicologi verso la misura alternativa, verso la comprensione di essa, di intensificare l’impegno nella conoscenza della personalità del detenuto nella stesura del programma di trattamento, incrementare il monitoraggio di quest’ultimo nella sua fase di esecuzione, consapevole anche della grande mole di lavoro che devono svolgere i pochi operatori all’interno del carcere. In questo modo si potrebbe far fronte allo scetticismo ed al timore delle concessioni. Brevi permessi premio potrebbero per esempio essere concessi in vista di una futura misura alternativa, come “messa alla prova”, per valutare il comportamento della persona fuori dal carcere, come questo usufruisce la possibilità della libertà offerta, ai fini di una valutazione per una futura concessione della misura alternativa. Anche questa considerazione è stata fatta da Corleone, nel colloquio, ed è un metodo applicato anche dal Tribunale di Sorveglianza di Firenze, come ho potuto apprendere durante il colloquio avuto con gli operatori della “Casa il Samaritano”89. Credo, allo stesso tempo, che sia molto difficile passare dalla teoria alla pratica, cioè applicare tutto ciò che è scritto sulle misure alternative, dalle norme legislative, all’osservazione scientifica della persona, ad un vero trattamento individualizzato, visto il grande numero di detenuti presenti negli istituti penitenziari. Inoltre i protagonisti sono comunque, fino a prova contraria, sempre autori di un reato, quindi è comprensibile il timore da parte della Magistratura di cadere nell’errore di ridurre la misura alternativa ad un semplice 89 La struttura “La Casa il Samaritano” sarà descritta nel par. 3.4.1. 85 ISTITUTO MEME S.R.L.- MODENA ASSOCIATO UIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONNET A.I.S.B.L. BRUXELLES Virginia Pieri - SST in Scienze Criminologiche (primo anno) A.A. 2007/2008 sconto di pena, per chi ne ha le possibilità, e avere in futuro sulla coscienza un reato che poteva essere evitabile, nel caso in cui si presenti un fatto di recidiva, sia durante che dopo la fine della misura. 3.3- La detenzione sociale Margara, in un suo contributo, fa riferimento alla detenzione sociale90. Di questo tema ho accennato nei paragrafi precedenti, qui verrà trattato in maniera più approfondita. Fanno parte della detenzione sociale quei soggetti che vivono in uno stato di criticità sociale derivanti da una mancata presa in carico delle criticità originarie, cui segue una situazione di abbandono sociale completo o molto grave. In queste situazioni […] l’approdo al reato è inevitabile e non deriva da consapevoli scelte delinquenziali”.In particolare sono inclusi in questo gruppo tossicodipendenti (circa il 27% della popolazione carceraria), gli immigrati (30%), un’altra parte costituita da dipendenti dall’alcool, soggetti con problemi psichiatrici e i “senza fissa dimora” (8-10%). In totale rappresentano circa il 65-67%, cioè i 2/3, della popolazione carceraria. Queste persone arrivano al reato, e vi ritornano dopo aver scontato la prima pena, a causa di una mancata attenzione e di un mancato interesse sociale. Come abbiamo visto nella descrizione delle misure alternative, i requisiti, chiamiamoli fondamentali, per ottenere la concessione delle stesse sono un lavoro (o un corso di formazione), una dimora fissa all’interno di un più generale programma rieducativo che comprende le fasi del processo di reinserimento sociale dell’individuo. I soggetti appartenenti all’area della detenzione sociale, arrivano a compiere i 90 Margara A.; op. cit., p. 36-37. 86 ISTITUTO MEME S.R.L.- MODENA ASSOCIATO UIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONNET A.I.S.B.L. BRUXELLES Virginia Pieri - SST in Scienze Criminologiche (primo anno) A.A. 2007/2008 loro reati proprio per la mancanza di quei requisiti necessari alla concessione della misura, quindi si crea una situazione paragonabile ad un cerchio chiuso dal quale la persona non può uscire. Dopo aver scontato la pena per un reato, riconducibile alla condizione di emarginazione sociale, e non avendo avuto la possibilità di conoscere un’alternativa che possa indurre a prendere coscienza che esiste ed è possibile un percorso di vita diverso e nella legalità, la persona si ritroverà inevitabilmente a commettere un reato diverso, o della stessa indole del precedente. Durante il colloquio avuto, Margara ha espresso quella che potrebbe essere una soluzione per avviare ad una riduzione di questa area di detenzione, cioè incentivare gli strumenti normativi, potenziare le risorse economiche e organizzative dell’accoglienza sociale. Sarebbe opportuno promuovere quelle strutture esterne, site sul territorio provinciale dei vari capoluoghi e province italiane che, sostenute a livello economico dai comuni, dalle province e più in generale dallo stato, possano prendere in carico la persona sostenendolo nel suo percorso riabilitativo, all’interno della misura alternativa, avviarlo verso un inserimento socio-lavorativo, monitorando nel contempo l’applicazione del programma. In questo modo le strutture applicherebbero quello che Margara chiama binomio sostegnocontrollo91. Con il sostegno possiamo indicare l’accompagnamento dell’individuo verso il suo ritorno alla socialità, basato su un principio di responsabilizzazione e un rapporto di fiducia; il controllo inteso come valutazione dell’effettivo inserimento, effettuato dalle agenzie sociali volte alla regolarizzazione della persona, non agenzie istituzionali 91 Vedi appendice 2. 87 ISTITUTO MEME S.R.L.- MODENA ASSOCIATO UIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONNET A.I.S.B.L. BRUXELLES Virginia Pieri - SST in Scienze Criminologiche (primo anno) A.A. 2007/2008 come per esempio le forze dell’ordine volte per esempio in determinate circostanze al controllo del rispetto degli orari, dell’obbligo di dimora, degli spostamenti del soggetto in misura alternativa. Ho avuto modo di constatare che sul territorio fiorentino sono presenti associazioni, cooperative e strutture impegnate nell’accoglienza di soggetti in misura alternativa. Queste, grazie alle sovvenzioni provenienti dai comuni, ma anche da altri enti finanziatori, inseriscono le persone all’interno di progetti volti all’inserimento socio-lavorativo di soggetti privi di una rete sociale e familiare adeguata e non deviante, attraverso una stretta collaborazione con gli operatori degli istituti penitenziari, con l’UEPE e con la Magistratura di Sorveglianza. Sarà nei prossimi paragrafi riportata la descrizione delle strutture che ho avuto la possibilità di visitare. Ritornando sul tema della detenzione sociale, Margara suggerisce anche come lo Stato potrebbe investire queste persone all’interno dei lavori socialmente utili, come per esempio la manutenzione dei boschi, con un dispendio minimo e inferiore alla spesa necessaria per il mantenimento di un detenuto. Negli anni ‘90 era sorto un progetto proprio di questo genere, il quale proponeva di impiegare i detenuti in lavori socialmente utili, ma invece di dare loro una ricompensa in denaro, venivano applicati sconti sulla pena detentiva che dovevano scontare. Non è stato applicato questo progetto che avrebbe potuto sensibilizzare in maniere diversa il detenuto sul concetto di risarcimento alla società per il reato commesso. Sicuramente un progetto di questo tipo necessita di requisiti necessari per la concessione, come gli anni di pena da scontare, il tipo di reato, la 88 ISTITUTO MEME S.R.L.- MODENA ASSOCIATO UIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONNET A.I.S.B.L. BRUXELLES Virginia Pieri - SST in Scienze Criminologiche (primo anno) A.A. 2007/2008 disponibilità della persona ad impegnarsi in un’attività del genere e la comprensione del suo significato. 3.4- Esempi di sostegno e controllo Durante il percorso di approfondimento delle misure alternative sono venuta a conoscenza della presenza di strutture che a Firenze offrono il loro sostegno alle persone in misura alternativa. In particolare ho avuto la possibilità di visitarne quattro di cui due hanno un’utenza maschile e due femminile: le prime due sono la “Casa il Samaritano” e l’”O.A.S.I.”, le altre due sono “l’Associazione Pantagruel” e la “Casa di accoglienza di S. Caterina”. Queste strutture offrono il loro sostegno sostenute da incentivi provenienti da Comune di Firenze e da Ministero di Grazia e Giustizia, insieme alla collaborazione con progetti finanziati da enti come per esempio banche. 3.4.1- “Casa il Samaritano” “Il Samaritano” è una casa di accoglienza gestita dall’associazione di volontariato “Solidarietà Caritas-Onlus”. I destinatari dei servizi offerti sono uomini in condizioni di disagio sociale con problematiche legate al mondo del carcere in particolare: detenuti in permesso premio, ex detenuti a fine pena, condannati affidati all’UEPE, persone sottoposte a misura cautelare, persone sottoposte alla libertà controllata e alla sorveglianza speciale, detenuti domiciliari, persone in obbligo di dimora, parenti di detenuti. La casa può accogliere 14 uomini ed è aperta tutto l’anno. A coloro che si rivolgono al Samaritano è offerto vitto e alloggio, indicazioni pratiche riguardo ai centri per l’impiego, uffici per la gestione di pratiche burocratiche, 89 ISTITUTO MEME S.R.L.- MODENA ASSOCIATO UIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONNET A.I.S.B.L. BRUXELLES Virginia Pieri - SST in Scienze Criminologiche (primo anno) A.A. 2007/2008 corsi di formazione, un inserimento nella rete dei servizi competenti nelle pratiche di accompagnamento e di inserimento socio-lavorativo, orientamento e colloqui presso il carcere (per esempio prima della concessione della misura alternativa), facilitazione al reinserimento socio-lavorativo attraverso alcune concrete possibilità offerte individualmente all’ospite (formazione professionale e inserimenti lavorativi attraverso Cooperative Sociali di tipo “B”92, facilitazione alla ricerca abitativa e socio-relazionale). L’obiettivo degli educatori della struttura, con cui ho avuto modo di parlare, è quello di creare una relazione personale con i destinatari del servizio, stabile, attenta alla sua storia, alle sue esperienze, alle ansie e preoccupazioni basata principalmente sul dialogo al fine di creare, attraverso una graduale apertura, un rapporto di fiducia e confidenza. Attraverso un sostegno basato sulla fiducia è più facile per il soggetto credere nella possibilità di un cambiamento del proprio stile di vita, passando dalla devianza alla legalità attraverso un reinserimento nel tessuto sociale e lavorativo. All’interno del sostegno offerto, gli operatori cercano di accompagnare gli ospiti verso una futura autonomia in ogni ambito della vita quotidiana: mantenimento del lavoro, gestione economica, gestione delle pratiche burocratiche; in questo modo la persona sarà in grado di affrontare i vari problemi che potrà incontrare dopo la fine della sua permanenza nella struttura e nel caso della misura alternativa. Le persone accedono alla struttura tramite la segnalazione delle Direzioni delle Carceri, delle direzioni dell’UEPE, della Magistratura di Sorveglianza o dei Servizi Sociali Territoriali. Per gli inserimenti di 92 Le Cooperative di tipo “B”, sono impegnate nell’offrire un lavoro, a persone disagiate come per esempio ex detenuti o soggetti in misura alternativa. Generalmente hanno la funzione di tramite fra aziende che offrono l’occupazione e il lavoratore stesso. 90 ISTITUTO MEME S.R.L.- MODENA ASSOCIATO UIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONNET A.I.S.B.L. BRUXELLES Virginia Pieri - SST in Scienze Criminologiche (primo anno) A.A. 2007/2008 persone ex detenute o in attesa di giudizio definitivo occorre l’autorizzazione scritta del Dirigente della Direzione Sicurezza Sociale. Per i detenuti e per i soggetti che saranno poi ospiti in misura alternativa, la prima fase di incontro e orientamento avviene all’interno dell’istituto attraverso un’attività di ascolto secondo le segnalazioni degli operatori penitenziari preposti e in risposta alle lettere che i detenuti fanno recapitare al “Samaritano” (per es. nel 2007 sono state circa 60). In base a questi colloqui si valuta la persona, il suo reale bisogno e la sa reale intenzione al reinserimento e si inizia ad elaborare un possibile progetto di accoglienza nella casa. Dopo l’ingrasso in casa, segue una fase di ambientamento di circa tre mesi, in cui si inizia ad osservare la persona nella convivenza con gli altri ospiti, nella collaborazione alla gestione della casa, nel rispetto delle mansioni di pulizia, nel rispetto dei valori e delle norme che concernono la struttura. Allo stesso tempo si procede a creare quel rapporto di fiducia descritto ed a strutturare insieme alla persona il programma individuale di attività e reinserimento socio-lavorativo. Dopo aver dato vita al programma di reinserimento, si succedono una serie di verifiche durante le quali la persona è invitata ad assumere le proprie responsabilità verso se stessa, gli altri e il lavoro: questo permette una presa di coscienza più approfondita di sé e di valutare, da parte degli operatori, l’impegno che gli ospiti hanno nel modificare il loro percorso di vita. Periodicamente o quando richiesto direttamente dall’UEPE, gli operatori stilano un resoconto sull’andamento del programma di riabilitazione della persona interessata. La fase finale della permanenza (che dovrebbe essere dopo 12 mesi) concerne tutti i problemi inerenti il reinserimento e rappresenta la 91 ISTITUTO MEME S.R.L.- MODENA ASSOCIATO UIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONNET A.I.S.B.L. BRUXELLES Virginia Pieri - SST in Scienze Criminologiche (primo anno) A.A. 2007/2008 prima vera verifica del “cambiamento” finora conseguito, da qui ha inizio l’accompagnamento della persona ad affrontare l’ambiente sociale e lavorativo, la quotidianità da solo. Durante il 2007 gli ospiti della struttura sono stati coinvolti anche in passeggiate e in volontariato ambientale. Sono stati impegnati nella raccolta di rifiuti abbandonati in boschi nella provincia di Firenze, con l’intento di sensibilizzare le persone sottoposte a misura alternativa e creare un valore aggiunto in un’ottica di reinserimento sociale dove il risarcimento al sistema diviene strumento di inclusione ed emancipazione. Hanno partecipato alla manifestazione organizzata dal Comune di Firenze sulla raccolta differenziata, in collaborazione con le associazioni che svolgono educazione allo sviluppo sostenibile e al consumo critico. Questa si è mostrata un’opportunità per conoscere e mettere in pratica nuovi stili di vita. Con l’obiettivo di far conoscere e far riflettere gli ospiti, soprattutto quelli legati a reati di spaccio di stupefacenti, sulle conseguenze dannose dei reati di spaccio è stata organizzata una gita/visita presso una comunità per tossicodipendenti. L’aiuto ed il sostegno che la struttura ed i suoi operatori offrono sono molto importanti e sono principalmente destinati a quei soggetti a cui manca quella rete sociale e familiare “sana” e non deviante, per poter dare un percorso diverso alla propria vita. Il Samaritano concede in particolare quel sostegno di cui necessitano le persone appartenenti alla “detenzione sociale” per poter ottenere la misura alternativa offrendo loro un alloggio, un occupazione (lavorativa o di formazione). 92 ISTITUTO MEME S.R.L.- MODENA ASSOCIATO UIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONNET A.I.S.B.L. BRUXELLES Virginia Pieri - SST in Scienze Criminologiche (primo anno) A.A. 2007/2008 3.4.2-“L’O.A.S.I.”93 La seconda struttura che ho visitato appartiene all’O.A.S.I. il cui acronimo sta per Opera Assistenza Scarcerati Italiani gestita dall’Ordine dei Padri Mercedari. I padri Mercedari arrivarono a Firenze all’inizio degli anni Cinquanta per fondare una comunità per ex detenuti appunto l’O.A.S.I.. Oggi la comunità ha assunto un significato diverso, cioè quello di un luogo di refrigerio, di riposo che si offre a persone che hanno vissuto l’esperienza del carcere o di altri forti disagi per proporre loro un percorso di scoperta delle proprie risorse, un cammino di riscatto umano, come afferma lo stesso direttore Padre Antonio Pinna, cappellano anche del carcere minorile e vice parroco. In questi anni di presenza nel capoluogo toscano, si è formata attorno alla comunità una rete di strutture e di servizi adatta all’accoglienza e al reinserimento sociale. Per ognuna delle esigenze esiste una “casa”: il “Centro Mercede” per la pronta accoglienza (uno dei due presenti a Firenze) e l’ospitalità dei minori in stato d’abbandono; la “Comunità dimensione familiare Don Zeno” (in un’altra zona di Firenze, a Badia a Ripoli) per i minori provenienti dall’area penale; la “Casa Martino” con appartamento autogestito. Ma in caso di necessità, i religiosi sono pronti anche ad affittare appartamenti a loro nome da destinare ai giovani ospiti dell’O.A.S.I. il cui centro nevralgico si trova in Via Accursio. Qui vengono ospitate un massimo di 24 persone: la metà sono adulti usciti dal carcere o con precedenti penali; l’altra metà sono persone con problemi di carattere sociale (senza casa o stranieri). Per tutti è previsto un progetto di inserimento lavorativo. Al “Centro Mercede” i minori sono attualmente nove, quasi tutti stranieri in stato 93 http://www.oasifirenze.it; http://www.padrimercedari.it. 93 ISTITUTO MEME S.R.L.- MODENA ASSOCIATO UIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONNET A.I.S.B.L. BRUXELLES Virginia Pieri - SST in Scienze Criminologiche (primo anno) A.A. 2007/2008 d’abbandono. A “Casa Don Zeno” si lavora invece sull’inserimento scolastico e i rapporti sociali. Lì i minori sono otto, mentre altri quattro giovani maggiorenni vivono a “Casa Martino”. Nella maggior parte dei casi, il percorso si chiude con successo, ovvero con il reinserimento. A fianco dei Mercedari lavorano 18 dipendenti, tutto personale qualificato. Operano all’interno della comunità anche dei volontari, ragazzi che sono stati precedentemente ospiti e che in questo modo mantengono con gli operatori un rapporto familiare ed esprimono la loro gratitudine. Vicino alla comunità, al centro di Via Accursio a Firenze, è presente anche la parrocchia di “San Leone” sempre affidata ai Padri Mercedari. Se fino a pochi anni fa venivano raccolte firme per allontanare la comunità e il rapporto con gli abitanti del quartiere non è stato facile, adesso, grazie all’impegno degli operatori ed agli stessi Padri (in totale tre) la situazione è migliorata tanto che lo scambio di auguri Natalizi fra gli ospiti della comunità e i parrocchiani è diventato una tradizione94. Ho avuto la possibilità di visitare proprio la struttura in Via Accursio ed ho avuto la possibilità di parlare con una delle operatrici della struttura. Anche in questa struttura sono ospitati soggetti in misura alternativa di sesso maschile. L’obiettivo principale è quello di accogliere e prendere in carico le persone, offrendo loro un sostegno morale insieme ad un sostegno più concreto e pratico. Lavorano nella struttura due educatori diurni, la notte rimangono nella struttura i Padri che la gestiscono. Gli educatori si impegnano nella costruzione di un rapporto di fiducia e responsabilizzazione con gli ospiti (in 94 Riportato sul sito internet http://toscanaoggi.it. 94 ISTITUTO MEME S.R.L.- MODENA ASSOCIATO UIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONNET A.I.S.B.L. BRUXELLES Virginia Pieri - SST in Scienze Criminologiche (primo anno) A.A. 2007/2008 genere sono ragazzi minorenni o maggiorenni stranieri e con una rete sociale e familiare assente), offrono colloqui anche giornalieri nel caso la persona mostrasse la necessità e valutano il percorso di riabilitazione. Nell’ultimo progetto in cui sono state inseriti gli ospiti, il tempo stabilito di permanenza nella struttura è stato di un anno. Dal momento dell’ingresso e per i successivi tre mesi gli operatori procedono ad una valutazione della persona, la sua capacità di inserimento, le attività svolte all’interno della residenza, le sue potenzialità, gli interessi per iniziare, in stretta collaborazione con la stessa, a compilare il progetto di reinserimento socio-lavorativo. La stesura del programma prevede un percorso personalizzato, costruito attraverso degli obiettivi a breve e lungo termine, nel corso del quale vengono aggiunti obiettivi intermedi e sono inserite delle regole da rispettare, oltre alle prescrizioni imposte dal Tribunale di Sorveglianza. Durante i successivi sei mesi l’ospite della struttura viene aiutato nella ricerca di un lavoro o di un corso formativo attinente alle sue capacità, attraverso la collaborazione di cooperative di tipo “B”95, il centro servizi, ditte disposte alla collaborazione, l’utilizzo del progetto indultati, borse lavoro, fino alla consultazione di annunci pubblicati su internet. Negli ultimi tre mesi viene affiancato l’individuo nella preparazione ad uscire dalla casa e iniziare un percorso in totale autonomia. La fase dell’uscita è sicuramente molto difficile per i ragazzi che si trovano a dover cercare un eventuale nuovo lavoro, una casa, senza il supporto di quella che per un anno è stata per loro come una famiglia. In questo momento nasce la paura della solitudine. Infatti tutti gli operatori cercano di creare all’interno 95 Vedi nota 91. 95 ISTITUTO MEME S.R.L.- MODENA ASSOCIATO UIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONNET A.I.S.B.L. BRUXELLES Virginia Pieri - SST in Scienze Criminologiche (primo anno) A.A. 2007/2008 della residenza quel calore, quella confidenza, quel sostegno che sono propri di una vera famiglia. Altre volte può capitare che manchi l’impegno da parte della persona di farsi carico delle proprie responsabilità. Nel colloquio con una delle operatrici, è emerso che l’integrazione all’interno di questa “famiglia” che si è creata all’interno della residenza e in generale il reinserimento sociolavorativo è più facile per i ragazzi giovani piuttosto che per le persone adulte. Quest’ultime hanno alle spalle una tempo vissuto nella devianza e nell’emarginazione più lungo, un’esperienza detentiva più lunga che rendono più difficile l’allontanamento dai vecchi stereotipi comportamentali e mentali. Durante i 12 mesi di permanenza, vengono fissati colloqui individuali una volta alla settimana per valutare, di volta in volta, il raggiungimento degli obiettivi pratici prefissati, insieme a colloqui centrati più sulla persona per fornire un sostegno di tipo emotivo. Mensilmente si tiene un’assemblea fra tutti gli ospiti della struttura dai ragazzi più piccoli a quelli più grandi, per un confronto su quelli che sono gli eventuali problemi nella residenza. Vengono anche promossi ogni quindici giorni cicli di studio su argomenti scelti dagli ospiti stessi, in modo da incoraggiare le potenzialità della persona. Questi “corsi” sono di natura più ludica e tematici per i minorenni. All’interno del servizio offerto dall’O.A.S.I. è possibile a mio avviso individuare in pratica il binomio sostegno-controllo. 96 ISTITUTO MEME S.R.L.- MODENA ASSOCIATO UIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONNET A.I.S.B.L. BRUXELLES Virginia Pieri - SST in Scienze Criminologiche (primo anno) A.A. 2007/2008 3.4.3-“L’Associazione Pantagruel”96 L’”Associazione Pantagruel”, sul territorio fiorentino, offre un sostegno rivolto alle detenute o alle donne in misura alternativa, inserendole all’interno di progetti promossi dalla stessa associazione. L’impegno degli operatori di questa associazione nasce inizialmente a Pistoia nel 1986 come Cooperativa Culturale. Nel 1991 la Cooperativa viene affiancata da una associazione di volontariato il “Circolo Ora d'Aria Pantagruel” che si occupava degli interventi nella Casa Circondariale, che poi, nel 1995, cambiò il nome nell’attuale “Associazione Pantagruel”. Segue da allora le problematiche del carcere e del dopo carcere: interviene con alcuni volontari nelle carceri di Firenze e Pistoia e continua poi a seguire i detenuti nel periodo del reinserimento nella società; dal 1999 ha sede a Firenze. I principali progetti che l'Associazione adesso sta portando avanti sono: - Liberarsi dalla necessità del carcere; - La poesia delle bambole; - Informacarcere; - “Il Panneggio”, giornale delle sezioni femminili di Sollicciano; - Educare con gli asini; - Solidarietà e carcere; - Progetto Bruno Borghi; - Informare per camminare insieme; - Mai dire Mai - Campagna per l’abolizione dell’ergastolo. Questi progetti hanno come caratteristica comune il fatto di partire dai bisogni delle detenute e dei detenuti che da anni i volontari dell’Associazione ascoltano nei colloqui individuali e di gruppo. Il 96 Per maggiori informazioni è possibile consultare il sito http://www.informacarcere.it. 97 ISTITUTO MEME S.R.L.- MODENA ASSOCIATO UIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONNET A.I.S.B.L. BRUXELLES Virginia Pieri - SST in Scienze Criminologiche (primo anno) A.A. 2007/2008 bisogno di esprimere la creatività, di farsi sentire, di trovare strumenti terapeutici, di superare le mura del carcere. Non si limitano ad intervenire nel carcere ma cercano di coinvolgere il più possibile la città, creando fin dall’inizio una rete di appoggio (associazioni, realtà varie, enti locali) e poi successivamente organizzando incontri, mostre, dibattiti all’esterno. Ancora offrono formazione, crescita di nuove capacità e talenti, posti di lavoro esterno. Si prefiggono l’obiettivo di aumentare l’informazione sul carcere che è troppo spesso un mondo separato, poco trasparente, mal conosciuto. Ho avuto la possibilità di conoscere il progetto “La Poesia delle Bambole”. Il progetto è nato dall’interesse di due dei volontari dell’Associazione sulla situazione delle sezioni femminili del carcere di Sollicciano. Ha avuto inizio nel 2001, con un corso di formazione all’interno delle sezioni femminili di Sollicciano, come momento di creatività ma anche come risposta ai bisogni economici e terapeutici di chi lo frequenta. Le prime operatrici insegnavano ad un gruppo di detenute a fare le bambole create nelle scuole Waldorf, le scuole che mettono in pratica la pedagogia di Rudolf Steiner. Le bambole della scuola Waldorf sono morbide, fatte con materiali naturali, a mano e costruite molto semplicemente. Gli occhi e la bocca sono dei semplici puntini. Sono caratterizzate da “un finale aperto” nel senso che permettono al bambino di concretizzare la fisionomia vaga della bambola in una rappresentazione personale. Agli occhi del bambino la stessa bambola può modificare la sua espressione, in base allo stato d’animo del bambino stesso. Il materiale con cui sono composte è la lana di pecora che si scalda tenendola in mano, questo la fa sembrare vera agli occhi del bambino. 98 ISTITUTO MEME S.R.L.- MODENA ASSOCIATO UIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONNET A.I.S.B.L. BRUXELLES Virginia Pieri - SST in Scienze Criminologiche (primo anno) A.A. 2007/2008 Steiner privilegia nella sua pedagogia lo sviluppo della creatività e dell’immaginazione nel bambino attraverso stimoli semplici che lui deve interpretare, reinventare97, fanno per esempio parte dei giochi delle scuole Waldorf teli di seta colorata di diverse dimensioni che in base alla fantasia del bambino possono diventare vestiti, cappelli, mantelli…. Successivamente al 2001 il progetto è uscito anche dal carcere, nel 2003 è stato allestito un laboratorio in Via Tavanti n.20 a Firenze. Qui tutt’ora sono impegnate ragazze e donne (adesso sono in totale 4) in misura alternativa (semidetenzione o affidamento in prova), che con un contratto di lavoro costruiscono bambole per poi venderle al pubblico. Prosegue anche il laboratorio all’interno del carcere in cui due volte a settimana due operatrici dell’Associazione insegnano ad un gruppo di 10/12 detenute il processo di costruzione della bambola. Con la costruzione di queste bambole, L’Associazione ha cercato di offrire un momento creativo e di libertà, che stimolasse l’immaginazione e la fantasia delle detenute. Sono state introdotte come strumento terapeutico per chi le fa, insieme alla funzione positiva che svolgeranno successivamente visto che i destinatari sono i bambini e i loro giochi. Ho avuto l’opportunità di visitare il laboratorio esterno, in cui vengono prodotte le bambole, ed assistere al lavoro di due signore. Una di loro mi ha spiegato il significato personale e il tipo di emozione che la costruzione di una di queste bambole può suscitare, soprattutto nelle donne detenute e soprattutto la prima volta. La realizzazione di una bambola equivale ad una nascita ed è 97 Per un maggior approfondimento sulla pedagogia di Rudolf Steiner http://www.rudolfsteiner.it. 99 ISTITUTO MEME S.R.L.- MODENA ASSOCIATO UIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONNET A.I.S.B.L. BRUXELLES Virginia Pieri - SST in Scienze Criminologiche (primo anno) A.A. 2007/2008 necessariamente accompagnata da tutte quelle emozioni che un evento simile può far suscitare. Non bisogna però dimenticare lo stato di detenzione in cui sono le ragazze, lontane spesso dalla famiglia, dai figli nel caso li abbiano, dall’affetto che questi possono darti. Alcune di queste ragazze interrompono solo dopo pochi giorni l’esperienza, giustificandosi con la mancanza di dimestichezza. Altre invece si impegnano e costruiscono le bambole per se, per mandarle ai loro figli e per regalarle a qualche bambino. L’impatto che suscita il veder nascere la propria bambola dipende molto dalla personalità del soggetto, dalla sua storia personale, dal suo stato d’animo, dal suo impegno a voler costruire qualcosa, imparare qualcosa che potrà magari sfruttare uscendo dal carcere. Un’importante constatazione ha fatto la signora che ho conosciuto nel laboratorio: il cambiare vita, attraverso la misura alternativa, attraverso la realizzazione delle bambole, attraverso un corso di formazione dipende soltanto dal tuo impegno e dalla tua volontà. L’Associazione Pantagruel offre quindi, concretamente, un’occupazione al di fuori del carcere che permette alle persone di avere quel requisito necessario per ottenere una misura alternativa. Allo stesso tempo offre un momento di svago per colmare l’inattività che spesso caratterizza la vita all’interno del carcere. 3.4.4- “La Casa di accoglienza di S. Caterina” Infine ho visitato la Casa di accoglienza di S. Caterina gestita dalle Suore dell’ordine di S.Vincenzo de Paoli situata in Via S. Caterina a Firenze. Le religiose offrono accoglienza a donne che escono dal carcere in misura alternativa. Ho avuto modo di conoscere la Madre 100 ISTITUTO MEME S.R.L.- MODENA ASSOCIATO UIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONNET A.I.S.B.L. BRUXELLES Virginia Pieri - SST in Scienze Criminologiche (primo anno) A.A. 2007/2008 Superiora della casa Suor Cristina insieme a Suor Rosa che da molti anni si occupa di volontariato all’interno del carcere, dove intrattiene colloqui con le detenute e i detenuti della sezione maschile. L’opera di accoglienza inizia già nel 1978, con Suor Rosa, presso la Casa Famiglia situata in via C. Bini a Firenze (la Casa della Madonnina del Grappa) in cui erano ospiti sia persone con problemi familiari, sia persone uscite dal carcere. Dopo dieci anni la casa di accoglienza viene spostata in un’altra struttura, sempre a Firenze a Santa Maria a Cintoia. Dal 2002 la struttura si stabilisce nella sede attuale di S. Caterina. Durante il 2007 la casa è stata ristrutturata per creare più stanze ed incrementare il livello di accoglienza; adesso può accogliere circa 10-12 persone. Nel colloquio avuto con Suor Cristina e Suor Rosa, riguardante la gestione della struttura e delle ospiti, ho potuto riscontrare anche l’elevato impegno che dimostrano nel superare gli eventuali problemi che è inevitabile incontrare operando in una struttura di questo tipo. Offrono alle persone ospiti, spesso sole e lontane dagli affetti, accoglienza, ricreando un clima ed un calore familiare. Allo stesso tempo si adoperano per sbrigare le pratiche burocratiche, mantenere i contatti con gli avvocati. Si impegnano a colmare il tempo delle giornate delle ospiti, soprattutto quelle che arrivano con la detenzione domiciliare, per esempio insegnano loro qualche lavoro manuale e coinvolgendole anche nella gestione della casa. Un’insegnante esterna, volontaria, impartisce loro lezioni di italiano (ricordo che spesso le ospiti della struttura sono straniere) una volta alla settimana. 101 ISTITUTO MEME S.R.L.- MODENA ASSOCIATO UIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONNET A.I.S.B.L. BRUXELLES Virginia Pieri - SST in Scienze Criminologiche (primo anno) A.A. 2007/2008 L’impegno delle religiose prevede anche la collaborazione con alcune delle cooperative di tipo “B”98 ed associazioni per offrire, quando possibile, un lavoro. Le religiose mostrano un impegno importante verso le donne in misura alternativa, tendendo a voler migliorare e incrementare il loro operato. 98 Vedi nota 91. 102 ISTITUTO MEME S.R.L.- MODENA ASSOCIATO UIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONNET A.I.S.B.L. BRUXELLES Virginia Pieri - SST in Scienze Criminologiche (primo anno) A.A. 2007/2008 CONCLUSIONI A mio avviso occorre sottolineare l’importanza dell’ideologia rieducativa in ambito carcerario e post-carcerario, ma allo stesso tempo occorre anche prestare attenzione a non commettere l’errore di utilizzare la concessione dei benefici extracarcerari, come le misure alternative, in modo automatico e in sostanza “indulgenziale”, con il solo obiettivo di sfoltire la popolazione carceraria. Bisogna considerare la natura di questi strumenti, quale ausilio per fasce di emarginati, autori di fatti di scarso allarme sociale, la cui precaria condizione sociale, in molti casi, ha portato a commettere il reato. È necessario porre l’attenzione a non estendere, troppo facilmente, le misure alternative a coloro che, oltre ad essere pienamente inseriti nella società, non bisognosi di sostegno da parte del servizio sociale, non mostrano alcuna comprensione del significato della misura e sono anche autori di reati particolarmente gravi. Inoltre non è possibile concedere la misura senza prescindere da un programma individualizzato e frutto di un’osservazione scientifica della personalità, adatto alla persona e che possa ridurre il rischio di recidiva. Dopo la concessione della misura è necessaria l’applicazione di quel binomio sostegno-controllo da parte dello Stato, che si potrebbe concretizzare con l’incentivazione di quelle strutture sociali che grazie ad operatori specializzati e volontari possono farsi carico dei soggetti avviati ad un percorso risocializzante, all’interno di una misura alternativa. La misura alternativa può essere ritenuta uno strumento volto alla prevenzione criminale solo nel momento in cui diventa contenitore di un programma rieducativo risocializzante individualizzato. 103 ISTITUTO MEME S.R.L.- MODENA ASSOCIATO UIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONNET A.I.S.B.L. BRUXELLES Virginia Pieri - SST in Scienze Criminologiche (primo anno) A.A. 2007/2008 Credo sia opportuno utilizzare questo criterio nell’applicazione delle misure alternative alla detenzione per giungere ad un esito positivo delle stesse, favorendo l’incremento sensibilizzando anche l’opinione pubblica. 104 delle concessioni e ISTITUTO MEME S.R.L.- MODENA ASSOCIATO UIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONNET A.I.S.B.L. BRUXELLES Virginia Pieri - SST in Scienze Criminologiche (primo anno) A.A. 2007/2008 BIBLIOGRAFIA - Marino R., Petrucci R., (2008) (a cura di), Codice Penale e leggi complementari, Edizioni giuridiche Simone, Napoli. - Mastronardi V., (2001) Manuale per operatori criminologici e psicopatologi forensi, Milano, Giuffrè Editore. - Merzagora I., Il colloquio criminologico. Il momento diagnostico e valutativo in criminologia clinica, Edizioni Unicopli, 1987 Milano. - Ferrario G., Campostrini F., Polli C., (2005) Psicologia e carcere. Le misure alternative tra psicologia clinica e giuridica, Franco Angeli, Milano. - Fiandaca, G., Musco, E., (2001) Diritto penale, parte generale, Bologna, Zanichelli Editore. - Fornari U., (1976) Alcune considerazioni sui compiti dello specialista nell’ambito dell’istituzione carceraria. Esperienze di rieducazione. 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BRUXELLES Virginia Pieri - SST in Scienze Criminologiche (primo anno) A.A. 2007/2008 LINK - http://www.michelucci.it. - http://www.giustizia.it. - http://www.oasifirenze.it. - http://www.padrimercedari.it. - http://www.informacarcere.it. - http://www.comune.fi.it/opencms/export/sites/retecivica/amm/g aranti/garante_detenuti/relazione/relaz2007.doc. - http://www.rudolfsteiner.it. 107